Amedeo Lomonaco La globalizzazione e la mappa dei nuovi conflitti Il dibattito sulla crisi della modernità è in costante evoluzione, soprattutto nell’ambito delle scienze sociali. Una corrente di studi sociali legge l’attuale epoca come il risultato di una profonda rottura col passato e colloca la società in una dimensione postmoderna. I motivi di tale definizione sono riscontrabili nell’opera del teorico J.F. Lijotard, “La condizione postmoderna”, secondo il quale la fine delle “grandi narrazioni”, cioè delle ideologie, è la testimonianza tangibile della nascita di una nuova epoca. Fine delle narrazioni significa che l’uomo non ha più la capacità di raccontare il proprio futuro, di immaginare secondo una sequenza lineare perfettamente intelligibile il corso della propria vita. Secondo questa prospettiva la globalizzazione ha portato a compimento quanto annunciato con il postmoderno e con l’individualizzazione: il crollo del moderno. Il fenomeno della globalizzazione implica l’interazione di dinamiche complesse in un contesto multicausale in cui la dimensione economica è affiancata anche da processi tecnologici, politici e sociali. Il dicotomico e contemporaneo ruolo di mito e minaccia per la società, rendono la globalizzazione un concetto in costante evoluzione che rischia di perdere una sua connotazione ben definita. Ulrick Beck, grande interprete della società contemporanea, nel suo libro “Che cos’è la globalizzazione” costruisce il suo impianto critico analizzando tale fenomeno grazie al supporto delle principali teorie della sociologia della globalizzazione. La sociologia della globalizzazione rompe l’immagine ordinata dello Statonazione per sconfinare in uno spazio sociologico che descrive nuovi spazi sociali caratterizzati, secondo lo storico americano Immanuel Wallerstein, da un unico sistema nel quale tutti devono collocarsi in una divisione del lavoro. 1 Amedeo Lomonaco Rosenau, Gilpin ed Held si sono invece occupati di politica internazionale e hanno messo in risalto la nuova struttura della politica mondiale in cui attori transnazionali e nazional-statali competono e cooperano nella nuova arena globale. Secondo Roland Robertson, uno dei padri della teoria e della ricerca sulla globalizzazione culturale, nel contesto mondiale agiscono tendenze dicotomiche che fanno emergere la nuova dimensione del glocale in cui globalizzazione e localizzazione si fondono in un insieme complesso dove le due parti non si escludono perché il locale costituisce una parte del globale. L’omogeneizzazione dei bisogni e la convergenza degli stili di vita verso il modello dominante sono un altro segno caratteristico delle dinamiche di globalizzazione in atto. Le spinte all’omologazione e alla spersonalizzazione sono il risultato, secondo George Ritzer, del processo di mcdonaldizzazione che porta i prodotti dei modelli di riferimento ad occupare un posto di primo piano nella cultura di massa. Dall’esplorazione di queste teorie Bech dirige poi la propria analisi verso il pensiero globalista, inteso come punto di vista che segue l'ideologia del neoliberismo, per rimarcarne gli errori che sintetizza in questi punti: 1. il globalismo riduce la nuova complessità della globalità ad una sola dimensione, quella economica; 2. viene trascurato che il mondo in cui viviamo è molto lontano da un modello di libero mercato; 3. la globalizzazione economica viene spesso confusa con l'internazionalizzazione dell'economia; 4. il globalismo trae il suo potere dalla messa in scena di nuove minacce che possono provocare effetti su scala mondiale; 5. il globalismo neoliberale si esprime in modo non politico e segue le leggi del mercato mondiale; 2 Amedeo Lomonaco 6. l'espressione cultura globale è fuorviante perchè in gioco c'è una nuova definizione delle culture locali; 7. il globalismo neoliberale non solo diffonde paure ma paralizza politicamente. Nella società mondiale del rischio, sottolinea infine Beck, si devono attivare nuove sinergie sociali e politiche per agevolare uno sviluppo razionale della condizione umana e favorire la nascita di una "seconda modernità". Su un altro versante si collocano invece i teorici della società ultramoderna, cioè di un’epoca in cui tutte le peculiarità moderne si estremizzano connotando la società di valori in costante tensione che costituiscono una continua spinta verso il superamento di confini spazio/temporali. Il sociologo inglese Anthony Giddens vede nella nostra epoca lo sviluppo di una fase di radicalizzazione estrema della modernità. Il punto di partenza di Anthony Giddens è la critica della tesi sul postmoderno: secondo il sociologo inglese lo sviluppo sociale non si sta allontanando dalla postmodernità per puntare verso un nuovo ordine e la globalizzazione rappresenta uno dei tratti dominanti della modernità. L’antropologo francese Marc Augè individua nell’epoca moderna, come in una medaglia, due facce: una è la postmodernità l’altra è la surmodernità, cioè un vivere in cui il bisogno di dare un senso al presente costituisce il riscatto da una sovrabbondanza di avvenimenti, corrispondente ad una situazione che possiamo appunto definire di surmodernità per rendere conto della sua modalità essenziale: l’eccesso. Dopo aver rivisitato il dibattito sempre aperto tra i teorici del postmoderno e quelli dell’ultramoderno occorre ora delineare i principali processi che il fenomeno della globalizzazione comporta. In questa epoca in cui la realtà è in costante movimento si può infatti tracciare la mappa dei nuovi conflitti da cui nascono tre diversi processi a doppia faccia, nel senso che ognuno porta in sé il suo contrario. 3 Amedeo Lomonaco 1) Il I° processo è costituito dall’opposizione tra il concetto di globalizzazione e quello di localizzazione. Con l’espressione globalizzazione dei fenomeni ci riferiamo alla società di oggi, una società totalmente interdipendente che ha raggiunto i suoi confini spazio/temporali. La tendenza dominante è quella che configura un inglobamento delle esperienze: viene di fatto stravolto il confronto con un altrove e un esterno che vengono progressivamente a mancare. Il fenomeno della globalizzazione non è un motore di processi omogenei e al suo interno si scatenano dinamiche tra loro contrastanti. Così accanto a tendenze globalizzatrici esplodono le particolarità etniche e culturali, con una spinta sempre maggiore alla difesa delle differenze e alla tutela delle identità locali. 2) Il II° processo consiste nella relazione tra le opposte spinte alla massificazione e all’individualizzazione. Con la massificazione sociale l’organizzazione sociale e le comunicazioni si spingono verso la creazione di modelli astratti validi ovunque attraverso il principio della omogeneizzazione dei bisogni e del loro soddisfacimento. L’individualizzazione dei processi sociali porta invece ad un aumento delle risorse a disposizione degli individui facendo crescere domande ed esigenze specifiche. Questo fenomeno contraddittorio provoca la frammentazione del tessuto sociale e la nascita di nuove disuguaglianze. 3) Il III° processo riguarda lo scontro tra il criterio della razionalizzazione e quello della razionalità valoriale. La razionalizzazione è il criterio prevalente dell’organizzazione, esteso ormai a livello planetario in cui domina oggi la weberiana razionalità secondo lo scopo. La razionalità valoriale invece non si fonda su motivi di efficienza ma su principi di valore (sentimenti, emozioni, esperienze misurabili solo in senso qualitativo) e rappresenta una richiesta sempre più forte di risposte ad interrogativi profondi e a bisogni di tipo qualitativo. 4 Amedeo Lomonaco I tre conflitti descritti creano una frattura secca tra due schieramenti eterogenei: da una parte ci sono i sostenitori del villaggio globale, sostenitori di un individualismo sempre più spinto, dall’altra ci sono invece i difensori delle differenze, della razionalità secondo il valore. In base a tali posizioni il conflitto del terzo millennio sembra avviarsi verso uno scontro tra liberalismo e comunitarismo. Il liberalismo economico ritiene essenziale la libera iniziativa individuale per il funzionamento di un sistema economico, poiché gli interessi dei singoli si armonizzano nel mercato tramite la libera concorrenza e il libero scambio, portando alle condizioni di massimo benessere generale. Il neocomunitarismo è una tendenza di pensiero politico affermatasi negli Usa a partire dagli anni '70 che invoca il ritorno alla comunità come veicolo di valori condivisi per rafforzare i legami sociali e si oppone al liberalismo di cui critica l'individualismo come teoria sociale. Amedeo Lomonaco 5