L’inserimento nel mercato del lavoro delle seconde generazioni:
un’analisi esplorativa attraverso i dati censuari.
Evelina Paluzzi*, Federico Benassi*, Concetta Salleo**
*Istituto Nazionale di Statistica (Istat), ** Università di Roma “La Sapienza”
Introduzione
La presenza straniera, come è noto, genera trasformazioni demografiche, sociali ed economiche nel
paese accogliente e, al contempo, è essa stessa in continuo mutamento. L’Italia, paese di
destinazione da almeno un trentennio di flussi migratori in progressivo aumento, non sfugge da
questa regola. Grazie al processo di radicamento nella società italiana, il fenomeno
dell’immigrazione ha subito nel tempo profondi cambiamenti, dando luogo a nuovi assetti sociali e
a nuovi gruppi demografici, portatori di problematiche e esigenze informative specifiche. La
crescente stabilità che caratterizza la presenza straniera in Italia sembra dunque essere una delle
prospettive di sicuro respiro sulla quale vale la pena riflettere: progetti migratori ‘conclusi’, che
perdono sempre più la connotazione di ‘progettualità’ – come qualcosa ancora da realizzare – per
assumere quella di ‘strutturalità’. L’incremento delle nascite di stranieri in Italia, il considerevole
afflusso di minori e di coniugi ricongiunti, l’aumento delle acquisizioni di cittadinanza nonché di
matrimoni misti costituiscono i principali fattori che vanno a modificare il volto dell’Italia ma anche
il volto dell’immigrazione stessa.
Uno degli aspetti più significativi e forse meno esplorati del fenomeno migratorio, sebbene in
espansione, è proprio la formazione di un contingente di giovani naturalizzati italiani, stranieri nati
in Italia e minori ricongiunti che, oltre a colmare un “vuoto” demografico dovuto alla contrazione
delle nascite da parte della popolazione autoctona, rappresenta una sempre più consistente quota
dell’offerta di lavoro nonché, in prospettiva, una componente rilevante del capitale umano italiano.
L’interesse verso questo segmento della popolazione non è legato solo all’incremento numerico ma
anche al problema della loro integrazione nel tessuto sociale ed economico. L’istruzione formale e
non formale consente l’avvio di un processo di socializzazione ma è l’inserimento nel mercato
occupazionale che offre l’opportunità di una progettualità di vita concreta. Se il mondo del lavoro si
sclerotizza e l’accesso è segmentato in relazione all’origine etnica anche per le seconde generazioni,
come già per le prime, c’è il rischio di una downward assimilation, condizione non riproponibile a
giovani che hanno aspettative professionali nuove a causa del mutato contesto sociale, dei modelli
con cui si confrontano, del possesso di titoli di studio elevati (Dalla Zuanna et al., 2009). A questo
proposito, Ambrosini (2004) scrive: “la qualità della convivenza […] la possibilità di arricchimento
del dinamismo economico e culturale, sono in ampia misura legati alle condizioni di vita che
verranno offerte alle seconde generazioni e alle opportunità di promozione sociale che
incontreranno”.
Analizzare, dunque, l’interconnessione tra seconde generazioni e lavoro e focalizzare l'attenzione
sulle analogie e/o diversità di inserimento occupazionale rispetto alle altre generazioni migratorie
diventa una delle chiavi di lettura privilegiate per testare sul campo l’effettiva integrazione. La
letteratura internazionale si è già occupata di tale problematica (Glaude e Borrel, 2002; Silberman e
Fournier 2006, Simon et al. 2006) e anche gli studi italiani sottolineano l’importanza di ampliare il
dibattito sui protagonisti principali della nostra società multiculturale di domani (Dalla Zuanna et
al., 2009; Strozza, 2009).
Obiettivi e popolazione di riferimento
Il trend di crescita dei nati in Italia da genitori stranieri e di coloro che vi sono giunti ad un certa età,
solleva dunque delle questioni non più rinviabili che intendiamo qui esaminare: stimare la rilevanza
demografica di tale contingente e studiarne l’inserimento occupazionale, con l’obiettivo di
comprendere se l'integrazione lavorativa presenta delle forme statiche o dinamiche sulla base degli
anni di permanenza in Italia. Conoscere questi elementi è sempre più importante al fine di
consentire alle istituzioni e ai diversi policy makers una programmazione socio-economica sempre
più tarata sulle esigenze della nuova realtà sociale che si sta delineando.
Chi sono oggi le seconde generazioni in Italia? Per rispondere a tale quesito è interessante partire
dallo studio delle definizioni di “seconda generazione” esistenti in letteratura. Ci riferiamo in
particolare alla classificazione proposta dal sociologo Rubén G. Rumbaut secondo la quale le
generazioni successive ai primo immigrati possono essere così distinte: generazione 2 (figli di
immigrati nati in Italia), generazione 1,75 (figli di immigrati giunti in Italia tra 0 e 5 anni),
generazione 1,5 (figli di immigrati giunti in Italia tra 6 e 12 anni), generazione 1,25 (figli di
immigrati giunti in Italia tra 13 e 17 anni).
Dall’esperienza degli altri paesi è noto che le seconde generazioni presentano problematiche
particolari nel momento del passaggio dalla famiglia alla scuola e dalla scuola al lavoro. Con il
presente contributo, si vuole analizzare il processo di integrazione nel mercato del lavoro di questi
giovani (G2; G1,75; G1,50; G1,25) al fine di comprendere se e in che misura, tra questi, esistano
degli aspetti differenziali sia in termini di accesso al lavoro che di qualificazione professionale,
anche in un ottica di genere e di provenienza geografica.
Esistono differenze generazionali? Gli uomini e le donne hanno le medesime opportunità
lavorative? Quanto la nazionalità di provenienza o l'area geografica ospitante influiscono nel
processo di inserimento nel mondo del lavoro?
La popolazione di riferimento è quindi costituita dagli stranieri nati in Italia e all’estero di età
compresa tra i 15 e i 34 anni al censimento 2011 distinti per genere, nazionalità, luogo di residenza
e, rispetto al lavoro, per condizione professionale, posizione nella professione, settore di attività
economica e attività economica svolta.
Dati e metodologie
I dati utilizzati sono quelli rilevati con il Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni
2011 ad un livello di dettaglio territoriale di ripartizione (Nord, Centro, Sud e Isole). La costruzione
della variabile “età all’anno di trasferimento” sarà funzionale alla definizione dei vari gruppi
generazionali. L'incrocio tra questi ultimi con le altre variabili obiettivo permetterà di costruire, tra
le altre misure, tassi di occupazione, disoccupazione, imprenditorialità e studiare l'articolazione in
classi lavorative da blue a white collars e l'eventuale overqualification dei soggetti analizzati.
Al fine di sintetizzare i risultati ottenuti, ridurre le categorie e individuare gruppi con analoghe
caratteristiche, si farà ricorso ad analisi multidimensionali simmetriche, in particolare ACP e
Cluster Analisys.
Risultati attesi
I risultati della ricerca rappresentano un primo approfondimento su base nazionale, attraverso
l’utilizzo di dati statistici non campionari, di un fenomeno, quello delle seconde generazioni e del
loro inserimento nel mercato del lavoro, in continua crescita e che è un elemento ormai
caratterizzante della società italiana.
Naturalmente, questo primo insieme informativo costituisce un primo step verso la costruzione di
un bagaglio conoscitivo di cui auspichiamo il continuo arricchimento, con il fine di poter
rappresentare una utile e robusta base sulla quale poggiare interventi ed azioni politiche di carattere
socio-economico.