POLANYI, K. Othmar Spann, filosofo del fascismo. IN: POLANYI, K. Cronache della grande transformazione. Torino: Einaudi Paperbacks, 1993. p. 255-259. Página 255 Othmar Spann, filosofo del fascismo L’essenza di un movimento sociale va cercata nella sua filosofia. La chiave per comprendere una filosofia romantica, poi, è la personalità del filosofo: donde l’importanza, per chi studia il fascismo, del professor Othmar Spann, della sua vita e delle sue opere. Filosofo e politico. Spann: un antesignano del rivolgimento sociale, sognatore e filosofo, profeta e politico. Le sue tesi sulla superiorità della struttura dello Stato medievale rispetto alla democrazia moderna risalgono al 1910. Circa dodici anni dopo in Italia, e dopo altri dodici in Germania e in Austria, sono state instaurate forme corporative di Stato. E almeno in Austria, il ruolo di Spann non è stato meramente accademico. Dietro il movimento della Heimwehr c’erano le sue idee. Fu lui a fornire a Steidle, capo della Heimwehr, la «Carta di Korneuburg » [nota 1], la prima presa di posizione a favore di un programma fascista. (Fra parentesi, Steidle se ne serví per tentare di impedire a Starhemberg di assumere già da allora la direzione del movimento). Spann, d’altronde, era pronto a farsi consigliere tanto di tendenze costituzionali quanto di movimenti rivoluzionari, purché fossero disposti a operare in direzione del suo ideale di società. Quando nel 1929 il cancelliere Schober aveva cercato di contrastare l’avanzata della Heimwehr mediante una riforma reazionaria della costituzione, Spann gli aveva prontamente sottoposto la bozza di un documento confacente, secondo lui, a tal uopo. Egli ha avuto tuttavia molta più importanza come docente che come consigliere Página 256 politico; per esempio tenendo, nel bel mezzo del fermento della Vienna rivoluzionaria del dopoguerra, una serie di dissertazioni all’università sul «vero concetto dello Stato», che neanche il più fiero oppositore della sua ideologia politica può far a meno di riconoscere come profetiche. Profezia romantica, ironia romantica. Spann dichiarò sorpassati il liberalismo e il socialismo in un tempo in cui sembrava ancora che dominassero incontrastati. Nonostante che da quasi ogni punto di vista Marx apparisse di gran lunga il teorico della società, il pensatore, l’uomo più grande, nel breve periodo il profeta di maggior successo è stato, paradossalmente, Spann; Eppure Spann, a differenza di Marx, era preso molto più da una visione speculativa del futuro lontano che dall’interesse per quello prossimo. Nonostante i suoi rapporti con Steidle e con Schober (e, si dice, anche con Hitler), nelle opere sulla politica e sul potere statale da lui pubblicate si trova a malapena un riferimento al fascismo italiano e tedesco. L’unica menzione degli avvenimenti storici, nei quali effettivamente si esprime in qualche modo la sostanza del suo sistema filosofico, si trova in una nota della terza edizione del libro sul «vero concetto dello Stato » [Nota 2]; l’autore vi cita, sia pure con una certa diffidenza, l’instaurazione dello Stato corporativo in Italia come un esempio, come una tendenza che corre parallela al suo modo di ragionare. Questo miscuglio di realismo sperimentale e di totale irrealtà è caratteristico di Spann. Marx non ci ha mai dato una descrizione delle istituzioni della società socialista, ma ha indicato instancabilmente i metodi che dovevano provocare il crollo del capitalismo. Spann, al contrario, ha riempito volumi e volumi descrivendo i dettagli e il modo di funzionare della società corporativa, ma non parla del modo in cui il cambiamento dovrebbe verificarsi. Dal tempo di Platone continuano a lasciare il loro segno nel mondo figure enfatiche e romantiche di filosofi che vanno a offrire i loro progetti di costituzioni perfette ai tiranni del giorno. Appartiene all’ironia della storia il fatto che Spann finora abbia sconfessato almeno in parte, ma anche molto aspramente, le realtà politiche che sembrano derivare dalle sue idee. Egli Página 257 non è d’accordo né con l’interpretazione data al corporativismo da Mussolini né con il fanatismo razziale di Hitler. Quanto più le controrivoluzioni nell’Europa centrale e meridionale possono essere considerate come la conferma nei fatti delle sue ideologie reazionarie, tanto più egli manifesta rimpianto perché la storia non segue correttamente i suoi precetti. Né Hitler né Mussolini, egli avverte, hanno davvero capito il suo sistema. Un pizzico di pedanteria è spesso un ingrediente dell’ironia romantica. La colpa è della causalità. Spann ha davvero una mentalità romantica nel pieno senso del termine. Egli colloca la vita più in alto del pensiero e il pensiero più in alto della verità. Nessun irrazionalista ha mai tentato di attaccare la scienza più spietatamente di lui. L’idea stessa di legge naturale e di necessità fisica gli appare non solo falsa e fuorviante, ma anche malvagia. Non esiste, secondo lui, una cosa come la causalità; e l’uomo, da quando ha concepito tale idea, non ha più capito il mondo e l’ha quindi mandato in rovina. Il principio di causalità nella scienza, infatti, è la sorgente dell’individualismo nella vita sociale. Questo è un assioma per Spann. E l’individualismo è la radice di tutti i nostri guai. «L’individualismo porta al liberalismo, il liberalismo al capitalismo, il capitalismo al marxismo, il marxismo al bolscevismo». Quindi il principio di causalità va eliminato a tutti i costi, anche al prezzo di sacrificare la scienza e il pensiero scientifico. Othmar Spann non è simplicemente un reazionario politico. Non è semplicemente un controrivoluzionario che esige il ristabilimento del regime predemocratico. Ciò che egli vuole è obliterare cinquecento anni di sforzo creativo nel campo del pensiero e in quello della prassi. Egli invoca un contro-Rinascimento. Ma come può essere eliminata dal pensiero l’idea di razionalità? E come si possono far scomparire dalla sfera dell’esistenza sociale l’individuo e le sue rivendicazioni? Come si può far ritornare sui suoi passi il pensiero, come si può autorizzare l’individuo a ritrasferire la propria responsabilità alla totalità? Página 258 La chiave è la tolalità. Spann comprende, correttamente, che, una volta sbarazzatosi del concetto di causalità, tutto il resto consegue quasi automaticamente. Tuttavia a questo fine è necessario un nuovo concetto che consenta al filosofo di risistemare liberamente l’immagine del mondo, senza timore delle cavillose critiche della scienza; che gli consenta di proporre ideali senza che sia questione della loro verità; ovvero un concetto che, come direbbero i filosofi nel loro linguaggio secco ma significativo, faccia tutt’uno, fondendoli insieme, del valore e della validità. È precisamente questa la qualità logica della chiave filosofica di Spann, la totalità. La totalità è la sola fonte e l’unica ragione dei fenomeni, nell’ambito delle idee come in quello dei fatti; le singole entità non sèno che articolazioni di essa. Gli eventi situati nel tempo e nello spazio non sono che articolazioni della totalità senza tempo e senza spazio. La totalità viene prima delle sue parti. Una pianta o una figura geometrica, un impero o un sillogismo, nei termini distorti della filosofia di Spann non sono altro che parti o membri, « giunture » dell’« ordinamento articolato» dell’unico Tutto. Siamo cosí trascinati fuori dall’ambito della scienza e gettati in quello della metafisica. Fintantoché si tratta della vita e della sfera organica possiamo supporre che il metodo sia corretto, essendo ovviamente la totalità solo un altro nome per l’organismo come un tutto. Ma diventa evidentemente assurdo non appena passiamo alla fisica o alla chimica, alle scienze tecniche e alle loro applicazioni tecnologiche, dove nessuna sofisticheria speculativa può mai bastare a espellere le categorie causali. Questo è vero a prescindere dal fatto che la teoria probabilistica in alcuni rami della fisica prende il posto di quella causale. Non può esserci infatti dubbio che nella terminologia di Spann il disconoscimento della causalità significa senz’altro il disconoscimento di qualsiasi tipo di causa razionale dei fenomeni naturali. Sia la causa fisica o psicologica, sia essa effettivamente una causa oppure solo un fattore funzionale, sia un fenomeno individuale o una media statistica, Spann comunque nega che il processo possa essere considerato altrimenti che come compimento o realizzazione della Totalità. Página 259 Metafisica, con una vendetta. È vero che un’organizzazione funzionale e corporativa è più adeguata alla natura essenziale della società, rispetto all’atomismo individualistico del capitalismo del laissez-faire. È molto vero anche che la struttura normale e costante della società è sempre, in qualche modo, cooperativa o corporativa, e non caotica, competitiva e centrifuga. Il concetto di totalità di Spann, però, va al di là di questa definizione ragionevole e scientifica del carattere organico della società. Le predilezioni romantiche di Spann fanno si che egli si rivolga verso il medioevo. Egli è nemico dichiarato dell’eguaglianza; ovvero, per usare i suoi termini che vogliono essere quasi spiritosi, egli irride l’eguaglianza degli ineguali. Solo l’eguaglianza degli eguali è compatibile con la Totalità. L’esito del suo metodo risulta ancora più impressionante riguardo all’idea di libertà, poiché in una società « totale » la libertà può essere concepita solo come l’agire dell’individuo in conformità con le regole prescritte per il suo bene. Perfino Spann arriva a mettere in guardia verso un eccesso di questo tipo di libertà nella società, che porterebbe, nota egli stesso con un certo sarcasmo, a imporre regole a ognuno riguardo a ogni cosa e a trasformare la fabbrica della società in un labirinto di statuti, decreti e regolamenti. Nella concezione romantica della società l’ineguaglianza diventa un idolo e il termine stesso di libertà diventa autoderisorio. [«New Britain», 23 maggio 1934]. NOTAS Nota 1- Página 255 [Maggio 1930]. Nota 2 – Página 256 [O. Spann, Der wahre Staat, Fischer, Jena 1931].