POLANYI, K. Elliot o l’impero? IN: POLANYI, K. Cronache della grande transformazione. Torino: Einaudi Paperbacks, 1993. p. 132134. Página 132 Elliot o l’impero? La politica di protezionismo agricolo del ministto dell’agricoltura Walter Elliot [Nota 1] può condurre facilmente a un nuovo ordinamento della politica imperiale britannica, di grande importanza per tutta l’economia mondiale. Era molto chiaro, a chi voleva intenderlo, il fatto che una svolta dell’Inghilterra verso l’autosufficienza agraria avrebbe indebolito i legami economici dell’Impero. Proprio e soprattutto su una piú stretta interdipendenza economica, d’altra parte, si fondano le speranze inglesi di consolidare il vincolo con gli stati affiliati, i quali politicamente tendono a separarsi. In questo senso dalla Conferenza economica imperiale tenutasi a Ottawa nel 1932 ci si attendeva un nuovo slancio anche per la politica mondiale della Gran Bretagna. La divisione naturale del lavoro tra la madrepatria industriale e gli stati affiliati d’oltremare, produttori di materie prime, doveva essere alla base di un ordinamento stabilito intanto, nei suoi principî generali, per cinque anni. Il mercato inglese si assicurava i prodotti agricoli dei Dominions mediante i dazi preferenziali; si rinunciò a qualsiasi contingentamento dell’importazione di carne, fino alla nuova disciplina adottata per via dell’Argentina; l’importazione degli altri prodotti fu liberalizzata, e fu inoltre garantita la rinuncia a qualsiasi limitazione per tutta la durata dell’accordo. In compenso la madrepatria si aspettava non solo dazi preferenziali, ma anche un abbassamento generale dei dazi nei Dominions, sicché l’incipiente industrializzazione di questi ultimi veniva ad avere un limite. Un potenziamento dell’agricoltura inglese, come quello sollecitato da Elliot, avrebbe ora necessariamente come conseguenza che resterebbero tagliati fuori i corrispondenti prodotti agricoli dei paesi d’oltreoceano. Che si tratti di cePágina 133 reali, di lardo o di prodotti caseari, per nominare soltanto i tre prodotti preferiti di Elliot, in ogni caso la maggior produzione interna dovrà avvenire a spese delle importazioni d’oltreoceano. Soltanto la relativa esiguità della produzione interna di cereali, cosí come la circostanza che il lardo viene importato quasi esclusivamente dalla Danimarca e da altri stati non imperiali, impedisce finora che si manifesti la scissione spalancatasi tra politica agraria e politica imperiale dei Conservatori. (Nessun paese sfugge alle conseguenze di un’autosufficienza agraria forzata: in Francia si è avuta un’irrimediabile crisi della coltura di cereali come conseguenza del fallimento della protezione doganale. In Germania un aumento del livello dei prezzi interni che compromette gravemente l’esportazione. In Inghilterra rischiano di saltare tutti i presupposti di una politica imperiale di divisione del lavoro). L’approssimarsi del termine temporale stabilito a Ottawa obbliga ora a prendere qualche decisione. Un dibattito alla Camera dei comuni, in maggio [Nota 2], è stato significativo in proposito. Nell’ottobre dell’anno scorso il governo della Nuova Zelanda aveva inviato a Londra, come poi si venne a sapere, un’interpellanza imbarazzante: era disposta l’Inghilterra ad aprire stabilmente il proprio mercato alle esportazioni agricole neozelandesi, se la Nuova Zelanda avesse fatto lo stesso, e senza limitazioni, riguardo ai prodotti inglesi? Si trattava di una proposta di liberalizzazione commerciale reciproca. Il governo inglese fece intendere, concisamente, che non prendeva in considerazione tale eventualità. Il ministro per i Dominions Thomas, rispondendo a un’interrogazione alla Camera dei comuni, spiegò che non si era trattato insomma di una proposta seria, ma soltanto di una mossa di politica interna del governo neozelandese per tacitare gli agricoltori inquieti, che da una diminuzione dei dazi sui prodotti industriali non si aspettavano niente di meno che la garanzia di uno sblocco delle proprie esportazioni verso la Gran Bretagna. Il governo neozelandese però, secondo Thomas, non pensava sul serio di sacrificare l’industria del paese. In questo modo non si coglieva il nocciolo della questione. Sebbene sia perfettamente credibile che anche il governo neozelandese non desideri alcun mutamento improvviso dell’intera politica commerciale, sebbene esso ben sappia, Página 134 inoltre, che l’Inghilterra non può lasciar determinare la propria politica imperiale dal più piccolo dei paesi affiliati, il rifiuto opposto dall’Inghilterra era nondimeno di fondamentale importanza. Significava che l’Inghilterra, nonostante Ottawa, non intendeva rinviare il proprio piano di sviluppo agricolo in cambio di più stretti rapporti economici con i Dominions. In questo modo la situazione ancora esistente pochi anni fa risulta praticamente rovesciata. Nella prima Conferenza economica imperiale tenuta a Londra [Nota 3] erano i Dominions che non volevano sacrificare la protezione della propria industria in cambio di uno sblocco del mercato inglese. Oggi è la madrepatria che non vuole rinunciare a garantire un mercato interno per i propri prodotti alimentari, in cambio di una libera esportazione industriale nei Dominions. Le cose a dire il vero non sono ancora arrivate a questo punto. Anche se la Nuova Zelanda, prevalentemente agricola, potrebbe benissimo prendere in considerazione l’abbandono della propria industria, gli altri grandi stati affiliati non lo farebbero in nessun caso. È vero che la politica economica reale procede quasi sempre mediando tra estremi. L’incidente con la Nuova Zelanda dimostra, comunque, che questa linea mediana in Inghilterra si è fortemente spostata a sfavore della politica economica imperiale. [19 maggio 1934]. NOTAS Nota 1 – página 132 [Illustrata in precedenza da Polanyi negli articoli Sir Walter Elliot zur Selbstversorgung, «Ö. V. », XXVI, n. 21, 17 febbraio 1934, pp. 454-55, e Agrarische Zwangwirtschaft in England, «Ö. V.», XXVI, n. 23, 3 marzo 1934, pp. 499-501]. Nota 2 – página 133 [Il 7 maggio. Cfr. «The Economist », CXVIII, 12 maggio 1934, pp. 101516]. Nota 3 – página 134 [Nel 1911].