Introduzione: stadiazione clinica e stadiazione patologica di un tumore Diagnosi di neoplasia ad un paziente → fin dove arriva la neoplasia? Prima di impostare qualsiasi algoritmo successivo è fondamentale stabilire se la neoplasia sia operabile o meno. Esempio – caso clinico: il paziente arriva con sei mesi di tosse persistente, che non muta, non risponde ai farmaci si procede con un algoritmo diagnostico: un algoritmo diagnostico prevede una serie di passaggi successivi, a partire da esami poco cruenti per il paziente e poco costosi, per arrivare progressivamente ad esami sempre più cruenti per il paziente e sempre più costosi; in questo caso il medico curante prescrive una doppia proiezione del torace, per esaminare lo stato dei suoi polmoni all'esame il paziente mostra la presenza di una lesione polmonare nodulare centrale (quando la tosse è stizzosa la lesione è quasi sempre centrale) o una lesione polmonare nodulare periferica; in questo caso poniamo che la lastra abbia rivelato la presenza una lesione centrale – un nodulo di 2 cm localizzato nella zona ilare del polmone destro occorre innanzitutto fare al paziente una stadiazione clinica e successivamente una stadiazione patologica prima di tutto occorre capire cosa sia questo nodulo ricorrendo ad un esame cruento: la broncoscopia con la broncoscopia si raggiunge la zona bronchiale interessata, nel nostro caso il bronco principale destro e si effettuano due prelievi: (a) PRELIEVO CITOLOGICO: metodica: generalmente uno scraping o un brushing → le cellule vengono strisciate su un vetrino e inviate al laboratorio di anatomia patologica la diagnosi citologica si basa sull'osservazione di elementi cellulari singoli strisciati su un vetrino le cellule osservate possono essere riconosciute dal punto di vista citologico come: normali iperplastiche displastiche francamente carcinomatose (tumore maligno) talora il prelievo citologico consente di effettuare anche il riconoscimento dell'istotipo tumorale, ad esempio: carcinoma squamoso adenocarcinoma altro tipo di carcinoma, ad esempio microcitoma (b) PRELIEVO ISTOLOGICO: metodica: asportazione di un frammento di tessuto rispetto alla citologia, il prelievo istologico consente di ottenere un'inclusione del tessuto da analizzare, offrendo la possibilità di: fare una sezione e una colorazione per la diagnosi, in genere con ematossilina-eosina interrogare il tumore con l'impiego dell'immunoistochimica il prelievo istologico è molto più completo rispetto alla citologia, in quanto consente di: fare la diagnosi di cancro con sicurezza fare la diagnosi dell'istotipo tumorale, cioè capire la sua istogenesi, identificando le cellule da cui deriva valutare altri parametri tissutali biologici fondamentali per instaurare una terapia ed impostare un successivo algoritmo diagnostico e terapeutico dopo la broncoscopia si procede ad effettuare una TAC che consente di fare la stadiazione clinica del paziente. Stadiazione clinica: la stadiazione clinica comprende: 1. identificazione del processo patologico in atto 2. riconoscimento nosografico del processo patologico → di cosa si tratta? 3. valutazione dell'estensione della lesione in genere si fa o una TAC toracica o una TAC total body solitamente escluso l'encefalo, ovviamente qualora il paziente non abbia problemi specifici di tipo cerebrale, quindi una sintomatologia cerebrale che possa essere messa in evidenza con un esame neurologico adeguato nell'ambito della stadiazione clinica, la TAC consente di valutare: T: dimensione del tumore (il dato istologico consente inoltre di definire l'istotipo del tumore e il suo grado di differenziazione) N: verificare la presenza di eventuali metastasi ai linfonodi locoregionali → linfoadenopatie locoregionali M: verificare la presenza di eventuali metastasi a distanza la stadiazione clinica consiste in: 1. individuazione del tumore 2. identificazione del tumore → dare “nome e cognome” al tumore 3. valutazione dell'estensione del processo neoplastico → capire se il tumore sia ancora ragionevolmente localizzato nell'organo dal quale ha preso origine o se abbia già dato metastasi (una ripetizione di se stesso) ai linfonodi locoregionali o a qualche organo a distanza la stadiazione clinica condiziona in maniera determinante l'approccio terapeutico al paziente neoplastico: si deve portare al letto operatorio un paziente che sia bonificabile dal punto di vista oncologico se durante la stadiazione clinica il paziente risulta essere ad uno stadio della malattia avanzato dal punto di vista neoplastico (→ N positivo; M possibile positivo) si procede con una terapia alternativa alla rimozione chirurgica, generalmente una terapia neoadiuvante quale la chemioterapia, al fine di indurre una citostasi della malattia neoplastica ed eventualmente una remissione o regressione degli eventi metastatici, e solo allora poter procedere alla rimozione chirurgica. Stadiazione patologica: studio dell'organo rimosso e di tutta la catena linfonodale associata all'organo rimosso. Stadiazione clinica → indagine di imaging, quindi si avvale di tecniche quali: ecografia TAC risonanza magnetica angiografia. Stadiazione patologica → possibile solamente su un pezzo rimosso chirurgicamente, pertanto si effettua solo quando il paziente presenta: un certo T N=0; N=1 → assenza o presenza di metastasi linfonodali, in quanto spesso è difficile stabilire se siano presenti o meno metastasi linfonodali M=0 → paziente libero da metastasi a distanza: regola generale che vale per la maggior parte dei tumori, come il cancro al polmone: se il paziente si presenta con una stadiazione clinica M+, generalmente non è indicata l'operazione chirurgica fanno eccezione alcune neoplasie come il cancro del colon, che può essere operato anche in presenza di metastasi epatiche perché ha senso, in termini di sopravvivenza del paziente, asportare la neoplasia colica primitiva e la metastasi epatica sìncrona o metàcrona. Essendo eseguita su un pezzo chirurgico, la stadiazione patologica presuppone sempre un'indagine istologica: rimozione del pezzo campionamento significativo del pezzo chirurgico allestimento di blocchi di paraffina conservazione del materiale biologico (patrimonio genetico) dei pazienti → molto importante per lo sviluppo di nuove terapie mirate per ciascuna categoria di tumore. Apparato genitale femminile – CERVICE UTERINA CARCINOMA SQUAMOSO DELLA CERVICE UTERINA L'apparato genitale femminile riproduttivo è costituito da: vulva vagina cervice dell'utero corpo dell'utero salpingi ovaia nel concetto di apparato genitale femminile rientra inoltre la mammella. Nel complesso, tutti gli organi genitali femminili, compresa la mammella, sono organi ormono-dipendenti → sono sensibili alle variazioni mensili delle concentrazioni di estrogeno e progesterone: estrogeno → ORMONE DELLA PROLIFERAZIONE CELLULARE: favorisce l'attività mitotica (=proliferativa) degli organi sensibili progesterone → AZIONE STABILIZZANTE, SECRETORIA, MODULATRICE: il progesterone lavora su “quello che gli ha preparato l'estrogeno”, cioè l'estrogeno prepara l'organo bersaglio all'azione del progesterone → l'estrogeno prepara l'endometrio alla fecondazione, il progesterone stabilizza l'endometrio; se avviene la fecondazione, il prodotto del concepimento s'insedia nella mucosa endometriale e ha inizio l'ontogenesi, il progesterone è l'ormone che sostiene la gravidanza. L'utero è costituito da due porzioni in continuità anatomica, ma con due distinte funzioni: corpo dell'utero cervice dell'utero: aggettando nel terzo posteriore della vagina, è di fatto una parte di utero esteriorizzata, in comunicazione con l'ambiente esterno tramite il canale vaginale l'orifizio uterino esterno (OUE) segna il confine tra: ⊶ endocervice → porzione cervicale situata prossimalmente (cranialmente) all'OUE: costituisce la porzione interiorizzata della cervice; comprende il canale cervicale, in continuità anatomica diretta con il corpo dell'utero ⊶ esocervice → porzione della cervice situata distalmente (caudalmente) all'OUE: costituisce la porzione esteriorizzata della cervice. Miometrio: costituito da tessuto muscolare liscio rappresenta la struttura portante dell'utero il tessuto muscolare liscio è perenne → non va incontro a iperplasia (=proliferazione), ma solamente incontro a ipertrofia, come accade nel periodo gravidico. Perimetrio: tonaca sierosa peritoneale riveste esternamente l'utero di origine mesoteliale → è simile a: ✤ mesotelio che riveste tutti i visceri addominali ✤ pleura, foglietti parietale e viscerale. Endometrio: mucosa che forma lo strato più interno della parete dell'utero la tonaca mucosa del corpo dell'utero è costituita da un epitelio di rivestimento e da una lamina propria: l'epitelio di rivestimento cilindrico semplice è formato da due tipi di cellule (cigliate e secernenti) la cui proporzione varia nelle fasi del ciclo; le cellule secernenti presentano un apice ricco di microvilli la lamina propria è formata da connettivo ricco di cellule e povero di fibre collagene che ha, nell'insieme, le caratteristiche di un tessuto molto giovane, in quanto si rinnova ogni ventotto giorni nel periodo fertile della donna; nella lamina propria sono presenti numerose ghiandole tubulari semplici che ne occupano l'intero spessore raggiungendo il miometrio la tonaca mucosa del canale endocervicale è costituita da un epitelio di rivestimento e da una lamina propria: l'epitelio di rivestimento cilindrico semplice è costituito da cellule secernenti muco e rare cellule cigliate la lamina propria contiene ghiandole tubulari ramificate (cripte cervicali) il cui secreto (muco cervicale) costituisce una sorta di tappo a livello dell'OUE e varia le proprie caratteristiche in funzione della stimolazione ormonale nelle diverse fasi del ciclo mestruale, diventando più fluido in corso di ovulazione per favorire la progressione degli spermatozoi lungo il canale endocervicale la tonaca mucosa dell'esocervice (ectocervice), in diretta continuità con quella endocervicale, è costituita da un epitelio di rivestimento e da una lamina propria: l'epitelio di rivestimento squamoso pluristratificato (aka pavimentoso composto) non cheratinizzato è ricco di glicogeno e in continuità con quello vaginale, analogamente strutturato → questo tipo di epitelio, caratterizzato da elevata resistenza, è predisposto al contatto con l'ambiente esterno la lamina propria si solleva in papille riccamente vascolarizzate; mancano del tutto le ghiandole esame colposcopico (colposcopia): esame poco invasivo, eseguito abitualmente nella pratica ginecologica tramite il colposcopio, uno strumento che consente di studiare sia le caratteristiche macroscopiche (cioè la morfologia) sia le caratteristiche microscopiche della cervice uterina, offrendo la possibilità di ingrandire l'immagine di oltre venti volte → alterazioni dell'aspetto macroscopico dell'esocervice possono sottendere sia malattie infiammatorie che malattie neoplastiche, in particolare la cancerogenesi esocervicale giunzione squamocolonnare (GSC): punto in cui l'epitelio squamoso pluristratificato non cheratinizzato dell'esocervice trapassa nell'epitelio cilindrico monostratificato del canale endocervicale originariamente il punto di giunzione è interiorizzato, cioè situato internamente all'OUE, in maniera tale che tutta quanta la parte in contatto con l'ambiente esterno sia ricoperta da un idoneo rivestimento epiteliale pluristratificato; con la pubertà, sotto lo stimolo estro-progestinico, si verifica una progressiva estensione della componente ghiandolare verso l'esterno, cioè oltre l'OUE (il processo può essere accelerato da eventi infettivi e infiammatori); in molti casi le ghiandole esteriorizzate, traumatizzate dal contatto con l'ambiente esterno, vanno incontro a fenomeni di metaplasia squamosa come meccanismo di difesa nel 70% della popolazione femminile sessualmente attiva, l'epitelio cilindrico monostratificato ghiandolare si estende oltre l'OUE → l'esteriorizzazione della mucosa endocervicale (→ area compresa tra la GSC originale e la GSC esteriorizzata), prende il nome di zona di trasformazione: ⊶ la terminologia ginecologica definisce ectropion l'esteriorizzazione delle ghiandole endocervicali; di fatto, l'ectropion rappresenta una situazione para-fisiologica, più che francamente patologica ⊶ in corrispondenza della zona di trasformazione ha origine il processo neoplastico → la zona di trasformazione rappresenta il punto di partenza della cancerogenesi cervicale ⊶ l'esame colposcopico si prefigge di individuare questa zona, calcolarne l'estensione, studiarne le caratteristiche macroscopiche ed eventualmente eseguire i prelievi necessari per studiare la progressione neoplastica della cervice dell'utero ⊶ essendo dominata dall'input progestinico, la gravidanza comporta modificazioni a livello della zona di trasformazione il 30% della popolazione femminile con la giunzione squamocolonnare interiorizzata è costituito principalmente da: ⊶ donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali (suore) ⊶ donne che non hanno mai avuto figli (suore) ⊶ donne che non hanno mai contratto infezioni a livello del tratto cervico-vaginale. Incidenza e mortalità: al giorno d'oggi, la prima neoplasia nella donna per incidenza è rappresentata dal tumore della mammella, seguito dal tumore del polmone (secondo per incidenza, ma primo per mortalità) fino a 25-30 anni fa, il tumore della cervice uterina rappresentava il primo tumore femminile per incidenza ed era caratterizzato da elevata mortalità (è ancora così nelle zone dove non è disponibile il test di screening) attualmente l'incidenza del tumore della cervice uterina rimane ancora piuttosto elevata, ma la mortalità si è marcatamente ridotta grazie alla DIAGNOSI PRECOCE → la diagnosi precoce consente di individuare il tumore in una fase estremamente precoce, quando è ancora curabile: il fatto che l'esocervice sia un organo esteriorizzato consente l'impiego di un protocollo di screening della neoplasia, che consente di individuare uno stadio di precancerosi o cancerogenesi della cervice uterina requisiti fondamentali per l'attuazione di un protocollo di screening: basso costo → l'esame deve poter essere eseguito sul maggior numero possibile di pazienti accessibilità e facile esecuzione → l'esame deve poter essere attuato dal maggior numero possibile di strutture e operatori sanitari (ambulatori, consultori, etc) anche privi di una formazione ginecologica specialistica bassa invasività → l'esame dev'essere poco traumatico per il paziente: in quest'ottica, per quanto riguarda la cervice uterina, dev'essere un esame citologico, non istologico metodica: ESAME CITOLOGICO: 1. scraping della parte superficiale dell'epitelio tramite un'apposita spatola (spatola di Eyre): l'epitelio squamoso non cheratinizzato si presta molto bene a questo tipo di esame perché: ⊶ come tutti gli epiteli predisposti al contatto con l'ambiente esterno, ha un turnover molto elevato → si rinnova completamente ogni 15-20 giorni ⊶ strati dell'epitelio squamoso esocervicale (dal più profondo al più superficiale): ✤ l'epitelio poggia su una membrana basale stabile ✤ strato delle cellule staminali dell'epitelio → provvedono al ricambio del tessuto: il nucleo è molto grande rispetto al citoplasma: il rapporto nucleo-citoplasmatico è molto elevato nelle cellule staminali, quindi nettamente a favore del nucleo, in accordo con la loro sostenuta attività proliferativa ✤ procedendo verso l'alto, le cellule cambiano significativamente aspetto: il nucleo si rattrappisce, diventando molto piccolo rispetto al citoplasma: il rapporto nucleo-citoplasmatico è progressivamente sempre più sbilanciato verso il citoplasma, diminuendo fino alla scomparsa completa del nucleo il citoplasma si schiarisce, fino a rendersi otticamente vuoto a causa della riduzione dell'attività biosintetica degli organelli citoplasmatici, con conseguente perdita della componente energetica della cellula e,di conseguenza, dell'eosinofilia questa evoluzione è espressione di un processo di progressiva senescenza cellulare ✤ strato più superficiale: le cellule vanno incontro ad apoptosi, si esfoliano e sono eliminate all'esterno 2. esame microscopico del prelievo citologico: in una cervice normale, le cellule prelevate dallo strato superficiale dell'epitelio tramite scraping devono essere al termine del proprio ciclo vitale, presentandosi con le caratteristiche tipiche della senescenza: ⊶ nucleo piccolo ⊶ citoplasma chiaro. CIN (Cervical Intraepithelial Neoplasia, neoplasia intraepiteliale cervicale): rappresenta la progressione neoplastica della cervice dell'utero il meccanismo eziopatogenetico della trasformazione neoplastica dell'esocervice uterina è legato sostanzialmente all'infezione cronica da virus della famiglia HPV: l'infezione della mucosa da HPV non implica necessariamente l'insorgenza del cancro: sono stati descritti più di 100 genotipi di HPV, di cui alcuni sono normali saprofiti delle mucose, altri invece hanno un significato trasformante nell'ambito dell'epitelio esocervicale i genotipi di HPV maggiormente correlati alla progressione neoplastica dell'epitelio esocervicale sono: 16, 18, 31, 33, 35, 55 i genotipi 6 e 11 non sono tanto implicati nella cancerogenesi cervicale, ma sono responsabili della formazione di condilomi: condiloma: lesione proliferativa situata a livello dei genitali esterni maschili o femminili, di aspetto piano o arborescente, priva di significato in termini di progressione neoplastica, ma altamente invalidante sia dal punto di vista fisiologico che da quello psicologico sedi d'insorgenza tipiche nel maschio → glande, prepuzio, regione perineale e regione perianale sedi d'insorgenza tipiche nella femmina → vulva, vagina, cervice, regione perineale e regione perianale esistono genotipi HPV coinvolti nella cancerogenesi delle vie aeree superiori (tumori squamosi della testa e del collo HPV-correlati, generalmente tumori del faringe): è molto importante riuscire a identificare nell'ambito dei carcinomi squamosi delle vie aeree superiori quelli che hanno i genotipi HPV, perché rispondono alla terapia antivirale, oltre che alla radio/chemioterapia → i pazienti con carcinoma delle vie aeree superiori HPV+ ricevono sia la chemio/radioterapia sia il trattamento antivirale, pertanto hanno una prognosi migliore l'incidenza del carcinoma squamoso delle vie aeree superiori correlato all'infezione da HPV è in aumento in tutto il mondo di pari passo con la diffusione dell'infezione da HPV molto spesso il carcinoma del faringe HPV-correlato si manifesta in uno stadio iniziale T[x], perché il primo segno della sua presenza consiste nel riscontro di una metastasi laterocervicale diffusione dei genotipi HPV e delle patologie correlate nel mondo: i genotipi ad alto rischio oncogeno sono distribuiti abbastanza uniformemente in tutto il mondo in Occidente e nel Sud-est asiatico l'elevata incidenza dell'infezione HPV è fortemente correlata al carcinoma del faringe (ci troviamo quindi nell'ambito dei tumori della testa e del collo) meccanismo della carcinogenesi cervicale HPV-correlata: 1. l'infezione si trasmette per via sessuale: il maschio è solitamente portatore sano dell'infezione, contribuendo alla sua diffusione 2. HPV è in grado di infettare: cellule basali immature dell'epitelio squamoso della mucosa esocervicale; dal momento che HPV non è in grado di infettare le cellule squamose superficiali mature che rivestono l'esocervice, la colonizzazione dello strato basale dell'epitelio è possibile esclusivamente in presenza di microtraumi nella mucosa esocervicale cellule squamose metaplastiche immature presenti nella giunzione squamocolonnare cellule ghiandolari e cellule neuroendocrine della mucosa cervicale le cellule ghiandolari e neuroendocrine non aiutano l'efficace replicazione di HPV, pertanto questi tipi cellulari possono andare incontro a trasformazione maligna, dando luogo a adenocarcinomi e carcinomi adenosquamosi e neuroendocrini, ma tali sottotipi tumorali sono meno comuni 3. generalmente il maschio non ha alcun tipo di lesione a livello dei genitali esterni; nella donna l'infezione si manifesta con sintomi altamente aspecifici 4. il sistema immunitario della femmina immunocompetente può eliminare il virus → se la clearance del virus non avviene l'infezione cronicizza → la persistenza del virus nell'epitelio esocervicale apre la strada alla sua trasformazione neoplastica. Prevenzione dell'infezione da HPV: in Italia è stato recentemente introdotto un programma vaccinale contro l'infezione da HPV generalmente il virus si contrae con i primi rapporti sessuali → ha senso vaccinare bambine che non abbiano ancora avuto rapporti sessuali → il SSN rimborsa la somministrazione del vaccino alle bambine fino ai 12 anni il vaccino rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale (Gardasil) è contro i genotipi 6, 11, 16 e 18; per gli altri genotipi, la decisione di vaccinare le bambine è a discrezione delle famiglie il vaccino consiste nella somministrazione di tre dosi → le bambine sono convocate la prima volta all'età di undici anni il vaccino si è dimostrato molto efficace nella prevenzione dell'infezione primaria da HPV in America, dove ha avuto enorme diffusione poiché l'efficacia e la durata del vaccino è valutata sui 5-8 anni, non ci sono ancora dati sicuri sull'opportunità o meno di riproporre un ulteriore richiamo a 5-8 anni dalla prima vaccinazione; [lezione successiva] la copertura vaccinale ha durata grossomodo triennale; al termine di questo periodo, qualora l'adolescente vaccinata entro i dodici anni non abbia ancora avuto rapporti sessuali, si può ripetere la somministrazione; [http://www.biomedit.it/rivista/2007-01-12.asp] i dati sulla persistenza dell'immunità negli individui vaccinati non sono abbondanti: uno studio indica la persistenza dell'immunità nel 100% degli individui dopo 17,4 mesi e nel 94% degli individui dopo tre anni e mezzo un altro studio indica una protezione nel 94,3% dei vaccinati a quattro anni e mezzo [http://www.biomedit.it/rivista/2007-01-12.asp] diversi studi sono in corso per chiarire quale sia la corretta somministrazione: ad oggi il vaccino viene somministrato in tre dosi per iniezione, sebbene si stia analizzando l'efficacia di una doppia somministrazione e se un richiamo orale sia efficace per garantire la persistenza dell'immunogenicità. Diagnosi precoce: il PAP test è un prelievo citologico che consiste nell'asportazione di un campione di cellule dallo strato più superficiale desquamante dell'epitelio tramite la spatola di Eyre quadri evidenziabili tramite l'esame citologico: PAP test normale → mucosa esocervicale normale: poche cellule epiteliali senescenti → le cellule si possono contare nucleo pre-picnotico (rattrappito, raggrinzito) citoplasma ampio e molto chiaro, pallido, scarsamente colorabile il rapporto nucleo-citoplasmatico è nettamente a favore del citoplasma PAP test normale → la donna, soprattutto se sessualmente attiva, è invitata a ripresentarsi dopo un anno PAP test patologico → prima tappa della progressione neoplastica della mucosa esocervicale: SIL (Squamous Intraepithelial Lesion, lesione intraepiteliale squamosa) a basso grado: caratteristiche citologiche della SIL a basso grado: ✤ le cellule epiteliali desquamate non sono senescenti, ma ricordano sempre più quelle dello strato basale dell'epitelio, principalmente a causa dell'aumento di dimensione dei nuclei con alterazione del rapporto nucleo-citoplasmatico → a colpo d'occhio, alla colorazione con ematossilina-eosina, la colorazione violacea dei numerosi e voluminosi nuclei prevale nettamente sul rosa pallido citoplasmatico ✤ le cellule nello striscio sono molto più numerose del normale, affastellate tra loro → non è possibile contarle con esattezza ✤ il nucleo può essere poco più grande rispetto al normale, tuttavia il rapporto nucleocitoplasmatico non è più così nettamente sbilanciato verso il citoplasma come nella mucosa normale → il rapporto nucleo-citoplasmatico aumenta ✤ possono essere contemporaneamente presenti “nuclei nudi”, totalmente privi di aloncino citoplasmatico, e nuclei circondati da un'ingente quantità di citoplasma ✤ non sempre i nuclei con alterato rapporto nucleo-citoplasmatico sono particolarmente numerosi ed evidenti → a volte occorre andare a cercarli nello striscio tra le normali cellule epiteliali senescenti iperplasia epiteliale reattiva: con la citologia non sempre è possibile vedere un epitelio assolutamente normale, anche in assenza di precancerosi, perché la cervice dell'utero è frequentemente sede di processi infettivi e traumatismi → tali condizioni, alterando il turnover cellulare, possono provocare un incremento della proliferazione cellulare del tutto privo di significato dal punto di vista oncologico: ✤ la presenza di cellule con rapporto nucleo-citoplasmatico elevato e ipercromatismo nucleare circondate da abbondanti granulociti neutrofili indica un processo infiammatorio in atto → l'infiammazione si accompagna a fenomeni riparativi, con un incremento della proliferazione epiteliale → non occorre ripetere l'esame citologico dopo pochi mesi, ma bisogna curare la paziente relativamente al problema che ha indotto il fenomeno riparativo epiteliale ✤ la presenza di emazie indica una perdita di tessuto, vale a dire un'erosione/ulcerazione dell'epitelio → la perdita di tessuto elicita una reazione tissutale finalizzata al ripristino della sua integrità, il che implica un aumento della proliferazione cellulare → il risultato dell'esame citologico non è significativo in assenza di cellule infiammatorie che possano indicare un processo flogistico acuto, si pone diagnosi di SIL (Squamous Intrepithelial Lesion, lesione intraepiteliale squamosa) a basso grado la citologia può inoltre individuare alterazioni cellulari coerenti con l'infezione da HPV: ✤ coilociti → grosse cellule con nucleo globoso e un alone chiaro perinucleare o un ampio citoplasma otticamente vuoto ✤ alterazioni nucleari → principalmente indentature dei contorni nucleari e ipercromatismo nucleare questo tipo di alterazioni cellulari sono indicative, ma non diagnostiche di infezione HPV → la citologia è in grado di individuare il disturbo maturativo dell'epitelio cervicale (SIL a basso grado) verosimilmente HPV-correlato, ma per fare diagnosi d'infezione da HPV con certezza e individuare i genotipi virali responsabili occorre passare al successivo livello diagnostico, facendo ricorso alla prova di biologia molecolare: ✤ ibridazione in situ ✤ PCR la presenza di infezione virale HPV può essere messa in evidenza anche con tecniche immunoistochimiche basate sull'utilizzo di un anticorpo specifico per un antigene strutturale HPV → l'immunoistochimica può confermare la diagnosi d'infezione HPV, ma non è in grado di definire il genotipo virale responsabile, che rimane di competenza della biologia molecolare la SIL a basso grado solitamente tende a ritornare alla normalità nel giro di alcuni mesi o anni → il riscontro di una SIL a basso grado con cellule contenenti genoma HPV 16 o 18 non richiede alcun approccio terapeutico immediato, ma un adeguato follow-up della paziente diagnosi istologica: il concetto citologico di SIL a basso grado (lesione squamosa) corrisponde al concetto istologico di CIN 1 (displasia lieve): displasia: alterazione delle singole cellule e del rapporto che le singole cellule hanno tra loro nell'ambito di un tessuto → la displasia è un concetto squisitamente tissutale la citologia consiste nel prelievo di un campione cellulare che viene strisciato su un vetrino, pertanto non è in grado di definire i rapporti tra le cellule nel contesto del tessuto → la citologia è in grado di definire la tipologia cellulare come normale, iperplastica, displastica o maligna, ma non può gradare la displasia caratteristiche istopatologiche della CIN (tali caratteristiche sono comuni a ogni tipo di epitelio che vada incontro a un processo displastico): atipie nucleari: ✤ aumento del rapporto nucleo-citoplasmatico ✤ ipercromatismo nucleare ✤ pleomorfismo nucleare, anisocariosi ✤ aumento dell'irregolarità della polarità nucleare ✤ indentature dei contorni nucleari alterazioni nell'attività mitotica: ✤ aumento del numero di figure mitotiche ✤ aumento dello spessore epiteliale (in rapporto alla superficie dell'epitelio) ✤ aumento delle configurazioni anomale perdita della differenziazione (maturazione e disposizione architettonica ordinata nel contesto dell'epitelio): ✤ riduzione del grado di differenziazione fino all'assenza totale di differenziazione cellulare ✤ riduzione della proporzione di cellule epiteliali correttamente differenziate nella mucosa ✤ aumento del numero di nuclei per unità di superficie ✤ perdita della corretta polarizzazione cellulare con disorganizzazione della normale architettura tissutale → le cellule perdono progressivamente la normale morfologia appiattita e l'orientamento parallelo le une alle altre nel contesto dell'epitelio e tendono a disporsi con un andamento vorticoide disordinato CIN 1 o displasia lieve: la displasia interessa il terzo inferiore dell'epitelio CIN 2 o displasia moderata: la displasia interessa i due terzi inferiori dell'epitelio CIN 3 o displasia severa: la displasia interessa il tessuto a tutto spessore carcinoma in situ: neoplasia limitata all'epitelio che non supera la membrana basale sovrapponibile al concetto di CIN 3 (displasia severa): alterazione neoplastica delle cellule che interessa l'epitelio a tutto spessore → si preferisce comunque utilizzare il termine “CIN 3/displasia severa” perché meno traumatico per la paziente dal punto di vista psicologico il carcinoma in situ corrisponde allo stadio T[is]: ✤ T → dimensione del tumore ✤ is → in situ non avendo superato la membrana basale, il carcinoma in situ non entra in contatto con i vasi ematici e linfatici della sottomucosa, pertanto non è in grado di dar luogo a diffusione metastatica → allo stadio di carcinoma in situ, la neoplasia è per definizione bonificabile al 100% tramite exeresi chirurgica oltre alla mucosa esocervicale, l'infezione HPV può riguardare le ghiandole endocervicali (ghiandole tubulari ramificate secernenti, delimitate da una membrana basale tappezzata da un epitelio cilindrico secernente), inducendo in esse un processo di metaplasia squamosa su cui può successivamente insorgere il processo displastico: nell'endocervice, l'infezione HPV (ancora una volta principalmente genotipi 16 e 18) provoca una metaplasia squamosa delle ghiandole endocervicali → analogamente a quanto accade nell'epitelio esocervicale, la metaplasia squamosa delle ghiandole endocervicali progredisce a tappe successive verso la displasia e verso il carcinoma → il processo carcinogenetico che interessa la mucosa esocervicale può coinvolgere anche le ghiandole endocervicali con meccanismi che passano attraverso la metaplasia squamosa sotto lo stimolo dell'infezione HPV, un'entità ghiandolare come la ghiandola endocervicale, che normalmente dovrebbe dare origine a un adenocarcinoma, va incontro a metaplasia squamosa e dà origine a un carcinoma squamoso nella mucosa esocervicale, rivestita da epitelio squamoso, il processo è diretto: infezione HPV → displasia lieve → displasia moderata → displasia severa → carcinoma squamoso nelle ghiandole endocervicali il processo passa attraverso la fase di metaplasia squamosa: infezione HPV → metaplasia squamosa → displasia lieve → displasia moderata → displasia severa → carcinoma squamoso l'algoritmo diagnostico si configura come segue (protocollo di Bethesda): PAP test normale; colposcopia normale → la paziente è invitata a ripresentarsi dopo un anno paziente di mezza età (40 anni) con PAP test positivo per SIL a basso grado → non si esegue lo studio del genotipo, perché non ne vale la pena, dal momento che è molto più verosimile che il suo sistema immunitario elimini il virus nel giro di tre-quattro mesi paziente giovane (15-16 anni) con PAP test positivo per SIL a basso grado di probabile natura virale → si esegue lo studio del genotipo virale: se i genotipi responsabili sono quelli ad alto rischio oncogeno la giovane è messa in un follow-up più stretto di tipo citologico, ma non si eseguono ulteriori indagini diagnostiche, in quanto la lesione può sia progredire nel giro di alcuni anni sia guarire PAP test positivo per SIL ad alto grado (lesione squamosa a rischio di progressione neoplastica) → occorre passare al livello diagnostico-terapeutico successivo, che consiste in un prelievo istologico tramite colposcopia per la quantificazione dell'estensione del processo displastico nell'ambito dell'epitelio, cioè per la gradazione della CIN: l'esecuzione della colposcopia richiede una formazione ginecologica specialistica → dev'essere eseguita da un ginecologo l'indagine può avere tre esiti possibili: ✤ displasia severa/carcinoma in situ → all'esame colposcopico non sono presenti lesioni macroscopicamente evidenti (non sono presenti ulcere o lesioni proliferanti esofitiche): l'epitelio è piatto → il ginecologo non vede niente perché il carcinoma in situ è una lesione neoplastica in cui il difetto maturativo (l'attività mitotica) interessa l'epitelio a 3/3, ma nulla più di questo: la lesione non ha ancora prodotto ulcerazioni o formato lesioni vegetanti né protuberanze → non ci sono alterazioni immediatamente osservabili, ma trattandosi comunque di una lesione neoplastica, differente rispetto al normale tessuto, è possibile renderla evidente tramite metodiche d'indagine indirette: vascolarizzazione anomala (aka aberrante, atipica, eccedente): l'epitelio normale manda segnali alla membrana basale e la membrana basale manda segnali all'epitelio, necessari per la stabilizzazione del tessuto; nel contesto della trasformazione neoplastica, questo tipo di comunicazione viene progressivamente a mancare → un disturbo maturativo epiteliale si accompagna molto spesso alla disregolazione dell'ambiente extra-epiteliale, con la comparsa di vascolarizzazione anomala (anche in assenza di infiltrazione del tessuto sottoepiteliale) → la vascolarizzazione anomala della lesione può essere sfruttata per individuare l'area in cui l'epitelio è trasformato, consentendo al ginecologo di identificare una zona assolutamente piatta, macroscopicamente normale, ma sede di trasformazione neoplastica ⊶ la vascolarizzazione anomala può riguardare i vasi del tessuto sottoepiteliale, manifestandosi come iperemia → osservabile a partire da CIN 2 ⊶ la vascolarizzazione anomala può riguardare la formazione di nuovi vasi sanguigni situati all'interno dell'epitelio neoplastico → osservabile a partire da CIN 3 ⊶ lo studio della vascolarizzazione anomala (con conseguente iperemia) è utile anche nell'approccio terapeutico alla vescica, ai polipi del colon e a molti altri organi ⊶ la crescita tumorale nell'ambito di un tessuto provoca una reazione infiammatoria, che si accompagna assai frequentemente a neoangiogenesi, portando a una vascolarizzazione anomala dell'area interessata aree aceto-bianche: poiché la maggior parte di queste lesioni è correlata ad una virosi HPV, il ginecologo può mettere in evidenza l'area patologica spennellando la regione esocervicale con acido acetico: sia le lesioni di tipo virale che quelle in cui è già cominciata l'oncogenesi sono aceto-bianche → l'applicazione dell'acido acetico sull'esocervice conferisce un tipico aspetto bianco “a carta geografica” all'area interessata dalla patologia, rendendo evidente il carcinoma in situ la vascolarizzazione anomala e le aree aceto-bianche consentono al ginecologo di individuare con precisione la sede del grave difetto maturativo dell'epitelio esocervicale evidenziato dalla citologia → in corrispondenza di tali aree il ginecologo esegue una biopsia mirata della portio per la diagnosi istologica ⊶ senza tali accorgimenti, il ginecologo dovrebbe effettuare la biopsia alla cieca, rischiando di prelevare, al posto dei campioni di mucosa esocervicale patologica, campioni di mucosa normale, non rappresentativi del processo di oncogenesi in atto e quindi estremamente fuorvianti dal punto di vista diagnostico ✤ carcinoma invasivo infiltrante → lesione ulcerativa: all'esame colposcopico si osservano ulcere che penetrano dentro l'esocervice → esecuzione di un prelievo stadiante sulla lesione neoplastica e sulla cervice limitrofa → la diagnosi istologica consente di: porre diagnosi di cancro identificare l'istotipo della neoplasia studiare il grado di differenziazione della neoplasia capire se la neoplasia abbia già infiltrato il tessuto sottostante o non abbia ancora superato la membrana basale → quando la lesione è macroscopicamente evidente ha già anche quasi certamente superato la membrana basale ✤ carcinoma esofitico → lesione protrudente: all'esame colposcopico si osserva una proliferazione esofitica dell'esocervice. Approccio terapeutico al carcinoma della cervice uterina: lo stadio clinico del carcinoma condiziona in maniera determinante il trattamento opzioni terapeutiche: ✤ chirurgia: conizzazione isterectomia isterectomia radicale terapia citoriduttiva finalizzata alla riduzione della massa tumorale e, di conseguenza, dello stadio tumorale, in previsione di un successivo intervento chirurgico: ✤ radioterapia ✤ chemioterapia poiché il cancro della cervice uterina è la neoplasia più frequente della donna giovane (20-25 anni), è sempre da tenere in considerazione il problema della fertilità: gli interventi di chirurgia radicale di cui sopra (asportazione dell'utero, asportazione dell'utero e degli annessi) comportano grave menomazione o perdita completa della capacità di procreare → più è precoce lo stadio in cui si interviene, più è conservativo il trattamento chirurgico. Trattamento chirurgico del carcinoma della cervice uterina: isterectomia radicale → asportazione di utero e annessi (ovaie) ✤ se lo stadio della malattia è tale per cui non si possono preservare gli annessi, l'isterectomia radicale comporta la perdita completa e irreversibile del materiale genetico trasmissibile della donna, compromettendone in maniera definitiva la capacità di procreare isterectomia → rimozione dell'utero ✤ l'isterectomia priva la paziente della capacità di sostenere una gravidanza, ma non ne compromette la fertilità conizzazione → chirurgia mini-invasiva, che consiste nella rimozione della sola parte di tessuto dove è localizzata la malattia ✤ di fatto si asporta un vero e proprio cono di cervice uterina ✤ la resezione può essere effettuata con il bisturi oppure con il laser; solitamente si preferisce il bisturi ✤ perché l'intervento abbia un significato di bonifica oncologica della paziente il ginecologo deve avere un'idea precisa circa la posizione e l'estensione della lesione → dal momento che la CIN 3/displasia severa (carcinoma in situ) è una lesione piatta, non visibile direttamente, occorre metterla in evidenza tramite spennellamento con acido acetico o studio della vascolarizzazione anomala subepiteliale ✤ il cono di tessuto cervicale asportato è inviato all'anatomia patologica per la microstadiazione, che consiste nel definire l'estensione effettiva della lesione neoplastica, cioè se si tratti di: carcinoma in situ carcinoma microinvasivo carcinoma invasivo a tutti gli effetti (carcinoma infiltrante) ✤ la microstadiazione è fondamentale perché consente di stabilire se: il carcinoma non ha superato la membrana basale → la conizzazione ha consentito la rimozione completa della neoplasia → la paziente è stata curata completamente da quel cancro se la paziente è portatrice di un'infezione cronica HPV può sviluppare un altro tumore HPV-correlato, ma da quello che ci si era prefissi di asportare tramite conizzazione è sicuramente guarita il carcinoma ha superato la membrana basale → la neoplasia non è stata completamente rimossa → la paziente non è stata bonificata dal punto di vista oncologico → la paziente non è stata curata completamente da quel cancro ✤ oltrepassata la membrana basale, il carcinoma diventa capace di dare metastasi a distanza: oltrepassata la membrana basale, il carcinoma si trova immediatamente in contatto con un ambiente riccamente vascolarizzato → le cellule neoplastiche possono penetrare nei vasi linfatici ed ematici, aprendo la strada alla diffusione metastatica nell'ospite ✤ ai fini di una corretta microstadiazione è indispensabile lo studio di sezioni seriali del campione di tessuto → lo studio di un'unica fettina istologica del campione tissutale non può essere considerata attendibile in quanto: dal tessuto rimosso sono prelevati piccoli campioni dello spessore di 5mm → i campioni di tessuto sono messi dentro appositi contenitori di plastica → i campioni sono disidratati attraverso una scala crescente di alcol, diafanizzati e inclusi in paraffina per poter effettuare le sezioni istologiche la sezione istologica è spessa 5 micron, talvolta anche meno, dal momento che lo spessore ideale per visualizzare un monostrato di cellule e non più strati di cellule sovrapposti sarebbe pari a soli 3 micron se di un blocchetto di 5mm si studia un'unica sezione istologica spessa 5 micron, significa che 9/10 del tessuto rimangono inclusi nel blocchetto di paraffina e non vengono adeguatamente studiati per individuare eventuali aree in cui la neoplasia abbia già oltrepassato la membrana basale, diventando invasiva “quello che non si taglia rimane dentro il blocchetto e non si vede”, rimanendo un “non diagnosticato”: questa regola generale è valida per lo studio di tutti i tessuti → una diagnosi istologica che non sia basata sullo studio di più sezioni seriate del campione incluso in paraffina non può essere considerata valida ✤ per quantificare la probabilità che un tumore che abbia superato la membrana basale dia luogo a diffusione metastatica occorre basarsi su studi epidemiologici su larga scala, che consentono di fare una stratificazione del rischio, fondamentale per impostare una comunicazione efficace con la paziente e definire insieme il consenso informato: il medico deve spiegare adeguatamente alla paziente quali sono i rischi della neoplasia; in base alle spiegazioni ricevute la paziente decide, firmando, di accettare un profilo di rischio → un medico che non informa adeguatamente la paziente è perseguibile dal punto di vista legale, quindi quando si parla di consenso informato bisogna sapere che cosa si sta dicendo (“Non si può raccontare alla malata che Cristo è morto di freddo” [Prof. D'Errico]) ✤ criteri anatomo-patologici per la microstadiazione e la definizione del profilo di rischio di metastatizzazione del carcinoma microinvasivo: estensione del carcinoma microinvasivo: estensione della neoplasia perpendicolarmente alla membrana basale → infiltrazione neoplastica in direzione perpendicolare alla membrana basale (estensione verticale): il carcinoma è considerato microinvasivo fino a 5mm di estensione verticale → oltre i 5mm di estensione verticale il carcinoma è francamente invasivo estensione laterale della neoplasia, parallelamente alla membrana basale: il carcinoma è considerato microinvasivo fino a 7mm di estensione orizzontale → oltre i 7mm di estensione orizzontale il carcinoma è francamente invasivo presenza di linfangite carcinomatosa in prossimità del carcinoma microinvasivo: presenza di cellule neoplastiche all'interno dei vasi linfatici → il riscontro di cellule neoplastiche all'interno dei vasi linfatici è sempre un criterio prognostico negativo, in quanto si associa ad un elevato rischio di metastasi linfonodali (analogo discorso vale per i vasi ematici) presenza di una marcata aberrazione nucleare delle cellule → neoplasia ad alto grado → neoplasia scarsamente differenziata ✤ tenendo presenti tali considerazioni sul rischio di sviluppare metastasi, dopo l'intervento di conizzazione e la microstadiazione per la paziente si configurano diverse possibilità terapeutiche: paziente di 25 anni con carcinoma squamoso microinvasivo di 2mm in verticale e 2mm in orizzontale e non ha linfangite carcinomatosa → bassissimo rischio di metastasi ai linfonodi locoregionali entro il primo anno dall'intervento secondo le statistiche internazionali → la paziente si tiene l'utero e va incontro alla gravidanza, rimanendo in follow-up paziente di 25 anni con carcinoma squamoso microinvasivo di 4mm in verticale e 5mm in orizzontale con linfangite carcinomatosa → basso rischio di metastasi ai linfonodi locoregionali → la paziente fa la bonifica dei linfonodi locoregionali e va incontro alla gravidanza, rimanendo in follow-up; il rischio di occorrenza di metastasi nell'immediato è eliminato con la bonifica dei linfonodi locoregionali, ma ovviamente persiste il rischio di metastasi a distanza nel tempo paziente di 25 anni con carcinoma squamoso microinvasivo borderline di 5mm in verticale e 7mm in orizzontale con linfangite carcinomatosa → molto spesso il desiderio di una donna di avere un figlio supera il timore della diffusione metastatica e la donna sceglie di correre il rischio, donde l'importanza di fornire alla paziente informazioni assolutamente corrette e precise affinché l'interessata possa decidere consapevolmente nell'ambito del consenso informato al trattamento ✤ risposta desmoplastica (desmoplasia): reazione fibrosa aspecifica dello stroma all'infiltrazione neoplastica; la desmoplasia conferisce al tumore una consistenza dura, talvolta lapidea. Stadiazione del carcinoma della cervice uterina [effettuata secondo il sistema TNM e secondo il sistema della Federazione Internazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici (FIGO), 2009]: STADIO 0 → carcinoma in situ (carcinoma preinvasivo) STADIO I → carcinoma strettamente confinato alla cervice uterina (il coinvolgimento del corpo dell'utero non cambia lo stadio) ✤ STADIO IA → carcinoma invisibile che può essere diagnosticato solo al microscopio; l'invasione è limitata ad un coinvolgimento stromale non superiore a 5mm in profondità e a 7mm in estensione orizzontale STADIO IA1 → invasione stromale non superiore a 3mm in profondità e a 7mm in estensione orizzontale STADIO IA2 → invasione stromale superiore a 3mm, ma non superiore a 5mm, in profondità e non superiore a 7mm in estensione orizzontale ✤ STADIO IB → carcinoma clinicamente visibile confinato alla cervice uterina o malattia preclinica superiore allo stadio IA STADIO IB1 → carcinoma clinicamente visibile non superiore a 4cm nel diametro maggiore STADIO IB2 → carcinoma clinicamente visibile superiore a 4cm nel diametro maggiore STADIO II → carcinoma della cervice che invade i tessuti oltre l'utero, ma non fino alla parete pelvica o al terzo inferiore della vagina: ✤ STADIO IIA → non evidente coinvolgimento parametriale STADIO IIA1 → lesioni clinicamente visibili non superiori a 4cm nel diametro maggiore STADIO IIA2 → lesioni clinicamente visibili superiori a 4cm nel diametro maggiore ✤ STADIO IIB → coinvolgimento parametriale presente STADIO III → carcinoma che giunge fino alla parete pelvica: all'esplorazione rettale non evidenza di spazio libero da malattia tra il tumore e la parete pelvica; il carcinoma raggiunge il terzo inferiore della vagina; idronefrosi o rene escluso, non dovuti ad altra causa ✤ STADIO IIIA → coinvolgimento del terzo inferiore della vagina ✤ STADIO IIIB → estensione alla parete pelvica e/o idronefrosi o rene escluso STADIO IV → carcinoma esteso oltre la piccola pelvi o che ha invaso la mucosa della vescica o del retto (istologicamente provato), escluso l'edema bolloso; questo stadio comprende anche i casi con disseminazione metastatica ✤ STADIO IVA → estensione agli organi adiacenti ✤ STADIO IVB → estensione agli organi a distanza. N.B.: La D'Errico ha esplicitamente dichiarato che, ai fini dell'esame, non è tanto importante ricordare questa stadiazione, quanto piuttosto saperne interpretare il significato, come al paragrafo seguente. La stadiazione indirizza l'approccio terapeutico alla paziente: fino a un certo stadio il tumore è operabile, dopodiché l'intervento chirurgico non è più indicato e occorre procedere con la terapia neoadiuvante → la stadiazione serve a capire se e quando ha senso procedere con l'intervento chirurgico i tumori allo stadio I sono operabili perché sono confinati alla cervice dell'utero o interessano la parte posteriore della vagina allo stadio II, con interessamento della parete cervicale a tutto spessore e/o infiltrazione del fornice vaginale posteriore, la chirurgia da sola non ha un significato di bonifica oncologica, per cui si ricorre alla terapia neoadiuvante, solitamente alla brachiterapia (radioterapia mirata) eventualmente in associazione a chemioterapia, allo scopo di citoridurre e solo a quel punto procedere all'intervento chirurgico negli stadi III e IV non esiste alcun tipo di margine chirurgico → l'unica opzione è trattare la paziente con un sistema radiochemioterapico neoadiuvante, a volte senza riuscire a ottenere un risultato che consenta di procedere all'intervento chirurgico in donne giovani che arrivano alla diagnosi allo stadio III o IV, se la radiochemioterapia citoriduce molto, come solitamente accade soprattutto nel caso della radioterapia, si passa poi all'intervento chirurgico demolitivo per eseguire il debulking tumorale, consistente nell'asportazione di tutto quanto il tessuto neoplastico presente nella paziente allo stadio IV i linfonodi locoregionali sono sempre coinvolti, ma già allo stadio II devono essere comunque asportati per valutarne l'eventuale coinvolgimento neoplastico nell'ambito dello staging TNM lo stadio tumorale è il criterio principale per la stima della sopravvivenza a 5 anni: STADIO I (carcinoma in situ e carcinoma microinvasivo) → 81-96% STADIO II → 65-87% STADIO III → 35-50% STADIO IVA → 15-20%. CONDILOMA e CARCINOMA VERRUCIFORME Condiloma: malattia a trasmissione sessuale che si manifesta come una lesione epiteliale proliferativa virusindotta il condiloma è privo di significato precanceroso a breve termine, ma può progredire a carcinoma maligno dopo molti anni di malattia condilomatosa non trattata il meccanismo patogenetico del condiloma è legato all'infezione da parte dei genotipi HPV 6 e 11 la morfologia delle lesioni può variare: lesioni piatte proiezioni a cavolfiore, fortemente in rilievo papule escrescenze epiteliali carnose localizzazione delle lesioni: femmina → cervice uterina, vagina, vulva, perineo, regione perianale maschio → glande e prepuzio, scroto, perineo, regione perianale la sintomatologia include: prurito dolori localizzati la malattia è molto fastidiosa sia fisicamente che psicologicamente trattamento delle lesioni: rimozione chirurgica con laser o bisturi crioterapia con azoto liquido → nebulizzazione di azoto a temperatura molto bassa, analogamente alla procedura utilizzata per le verruche comuni imiquimod → agonista del Toll-like receptor 7 podofillotossina se non curati, nel tempo i condilomi possono progredire a carcinoma verruciforme, una tipologia particolare di carcinoma squamoso. Carcinoma verruciforme: rappresenta la progressione neoplastica maligna del condiloma dopo anni di malattia condilomatosa non adguatamente trattata carcinoma indolente → ha un bioritmo di crescita estremamente lento l'infiltrazione avviene con un meccanismo di tipo espansivo o bulging → il tumore ha un fronte invasivo ampio che si accresce lentamente, nello stesso tempo tende a formare grandi masse protrudenti localizzazione tipica: maschio → glande e regione perianale femmina → vagina, vulva e regione perianale il trattamento consiste nell'escissione chirurgica della neoplasia → non rimosso, il carcinoma tende ad assumere grandi dimensioni e ad ulcerarsi bassa aggressività biologica: scarsa tendenza a penetrare nei vasi ematici e linfatici → scarsa tendenza a dare metastasi linfonodali i linfonodi che drenano la cervice e quelli che drenano vagina e vulva non sono gli stessi: linfonodi locoregionali per la cervice: linfonodi pelvici → periuterini, periaortici, periiliaci linfonodi locoregionali per il glande, la vagina e la vulva: linfonodi inguinali. ADENOCARCINOMI DELLE GHIANDOLE ENDOCERVICALI L'endocervice è molto ricca di ghiandole tubulari ramificate secernenti. Principali istotipi tumorali delle ghiandole endocervicali: adenocarcinoma usuale (convenzionale) adenocarcinoma mucinoso di tipo intestinale adenocarcinoma villoghiandolare carcinoma adeno-squamoso. Progressione neoplastica delle ghiandole endocervicali: le ghiandole endocervicali sono in grado di dare origine a un carcinoma squamoso perché possono andare incontro a metaplasia squamosa, sulla quale può svilupparsi la displasia e, successivamente, il carcinoma vero e proprio alcuni genotipi HPV, specialmente 16 e 18, sono coinvolti, oltre che nel meccanismo patogenetico del carcinoma squamoso delle ghiandole endocervicali, anche nella patogenesi dell'adenocarcinoma endocervicale l'adenocarcinoma della cervice è un cancro più problematico del carcinoma squamoso eso/endocervicale perché le ghiandole endocervicali sono localizzate all'interno della parete della cerice uterina (una parte si esteriorizza dando luogo alla zona di trasformazione, tuttavia la maggior parte è situata internamente) → lo screening tramite Pap test, così valido per il carcinoma esocervicale, perde un po' di significato per quanto riguarda le neoplasie che insorgono a livello delle ghiandole endocervicali; fortunatamente, quando sono correlati con l'infezione HPV 16 o 18, gli adenocarcinomi che insorgono dalle ghiandole endocervicali si associano frequentemente ad alterazioni morfologiche dell'epitelio che riveste il canale endocervicale → il Pap test consente di individuare la presenza di cellule ghiandolari con atipie citologiche → il reperto di elementi ghiandolari con atipie citologiche fanno sospettare la presenza di un disturbo maturativo dell'epitelio ghiandolare endocervicale → la tappa successiva dell'algoritmo diagnostico consiste nell'esecuzione di biopsie endocervicali: nelle donne che hanno partorito le biopsie si possono fare da sveglie in regime ambulatoriale nelle nullipare in genere è necessario dilatare forzatamente il canale endocervicale, pertanto è richiesta la narcosi le ghiandole endocervicali hanno un processo pre-carcinomatoso e un processo carcinomatoso: il processo pre-carcinomatoso consiste nell'iperplasia epiteliale, un aumento della proliferazione e, conseguentemente, del numero di cellule che formano le ghiandole endocervicali; non c'è ancora un processo neoplastico in atto, ma nell'ambiente epiteliale è presente uno stimolo che induce l'aumento della proliferazione → le ghiandole endocervicali appaiono: molto numerose rispetto alla quantità di stroma, ammassate le une contro le altre rivestite da epitelio pluristratificato l'iperplasia ghiandolare non è necessariamente un processo pre-neoplastico, però implica un rischio aumentato di evoluzione maligna, come tutti i processi iperplastici (iperproliferazione) → il rischio di andare incontro a trasformazione carcinomatosa aumenta in maniera direttamente proporzionale all'aumento dell'attività proliferativa dell'epitelio trasformazione maligna: nell'ambito dell'epitelio iperplastico compare l'atipia ghiandolare, il precursore morfologico dell'adenocarcinoma endocervicale nell'endocervice, l'iperplasia è un aumento del numero sia delle ghiandole che delle cellule che le costituiscono → l'iperplasia è un disturbo che riguarda sia la proliferazione che la struttura ghiandolare: le ghiandole sono più ricche di cellule (sono costituite da un numero maggiore di cellule) le ghiandole sono più vicine fra loro, arrivando ad essere quasi back-to-back il rischio specifico di adenocarcinoma compare allorché si manifesta l'atipia nucleare → l'atipia nucleare è il precursore morfologico dell'adenocarcinoma del canale endocervicale adenocarcinoma in situ: l'atipia interessa tutto l'epitelio ghiandolare in modo marcato, ma non ha ancora superato la membrana basale → dal momento che ogni ghiandola è circondata da una membrana basale, l'adenocarcinoma in situ è un tumore situato dentro la ghiandola lo stadio di carcinoma invasivo corrisponde al superamento della membrana basale da parte delle cellule neoplastiche; nel caso dell'adenocarcinoma endocervicale, la diagnosi di adenocarcinoma in situ è complessa perché è molto difficile valutare l'integrità della membrana basale nelle sezioni istologiche degli epiteli ghiandolari: mentre gli epiteli squamosi poggiano su una membrana basale continua, quindi è possibile valutare molto bene la displasia e la progressione neoplastica, negli epiteli ghiandolari ogni ghiandola è avvolta singolarmente dalla membrana basale, che pertanto ha un andamento estremamente irregolare in tutti gli epiteli, la membrana basale non ha una struttura particolarmente visibile con le colorazioni di routine, quindi non si vede bene in ematossilina-eosina l'adenocarcinoma in situ delle ghiandole endocervicali è un processo proliferativo neoplastico in cui: le cellule ghiandolari assumono le caratteristiche distintive delle cellule neoplastiche: alterazione del rapporto nucleo-citoplasmatico nucleo ipercromico presenza di mitosi nucleoli evidenti tutti i caratteri che contraddistinguono la cellula neoplastica elencati nei paragrafi precedenti le cellule neoplastiche occupano tutta o in parte la struttura ghiandolare le cellule neoplastiche non hanno ancora superato la membrana basale e si trovano tutte all'interno della ghiandola d'origine. Adenocarcinoma endocervicale usuale (o convenzionale o classico): istotipo tumorale più frequente nell'endocervice si caratterizza per la netta somiglianza con le ghiandole endocervicali normali, dotato addirittura di attività secernente → l'adenocarcinoma endocervicale usuale (convenzionale) del canale endocervicale deve il nome alla somiglianza morfologica con le ghiandole endocervicali dalle quali ha avuto origine si accompagna molto spesso alla presenza di un marcato infiltrato di granulociti neutrofili all'interno della struttura ghiandolare. Adenocarcinoma mucinoso: istotipo tumorale di origine endocervicale si caratterizza per la tendenza a produrre mucina: la trasformazione neoplastica delle cellule ghiandolari dell'endocervice dà origine a una neoplasia muco-secernente, che assume caratteristiche molto simili alle ghiandole del colon l'adenocarcinoma mucinoso deve il nome al fatto che le cellule neoplastiche vanno incontro a un processo di sdifferenziazione, dando luogo a un tumore in grado di produrre mucina e morfologicamente simile ad alcuni carcinomi ben differenziati del colon → diagnosi differenziale con metastasi di adenocarcinoma colico. Adenocarcinoma villoghiandolare: istotipo ad aggressività biologica minore → decorso biologico meno aggressivo rispetto agli altri carcinomi endocervicali. Carcinoma adeno-squamoso: carcinoma misto, costituito da una componente adenocarcinomatosa (ghiandolare) e da una componente squamosa istotipo di apparente derivazione esocervicale: in realtà il tumore ha origine dalla ghiandola endocervicale andata incontro a metaplasia squamosa, dando luogo contemporaneamente sia all'adenocarcinoma che al carcinoma squamoso ogni istotipo è caratterizzato da aggressività biologica differente → ogni istotipo correla con un diverso andamento biologico della neoplasia. Apparato genitale femminile – ENDOMETRIO ADENOCARCINOMI DELL'ENDOMETRIO Classificazione tradizionale degli adenocarcinomi endometriali sencondo la WHO: adenocarcinoma endometrioide variante comune: adenocarcinoma endometrioide con differenziazione squamosa varianti rare: ✤ adenocarcinoma villoghiandolare ✤ adenocarcinoma secretorio ✤ adenocarcinoma a cellule ciliate adenocarcinoma sieroso adenocarcinoma a cellule chiare adenocarcinoma mucinoso carcinoma a cellule squamose carcinoma di tipo misto carcinoma indifferenziato. Versione semplificata della classificazione WHO secondo la D'Errico: adenocarcinoma di tipo I → carcinoma estrogeno-dipendente: risente di uno stimolo estrogenico prolungato ed è preceduto dall'iperplasia endometriale; corrisponde all'adenocarcinoma endometrioide con le sue varianti (vedi classificazione WHO al punto precedente): adenocarcinoma endometrioide: adenocarcinoma più frequente dell'endometrio unico adenocarcinoma dell'endometrio preceduto dall'iperplasia endometriale con atipia citologica → il precursore dà segni clinici della propria presenza, quali sanguinamento e ispessimento della rima endometriale, che consentono di diagnosticare la neoplasia in stadio precoce sempre più frequentemente ricorda molto l'endometrio normale da cui ha origine perché si sviluppa attraversando le tappe della progressione neoplastica precedentemente descritte adenocarcinoma di tipo II → adenocarcinoma estrogeno-indipendente: non è correlato alla presenza di uno stimolo estrogenico persistente: adenocarcinoma sieroso → prototipo del carcinoma non correlato alla stimolazione estrogenica adenocarcinoma a cellule chiare. Stadiazione clinico-patologica e trattamento degli adenocarcinomi endometriali: criteri fondamentali per la stadiazione clinico-patologica degli adenocarcinomi endometriali: infiltrazione del miometrio grado di differenziazione infiltrazione del miometrio: corrisponde al T, cioè le dimensioni del tumore e la sua estensione nello spessore della parete uterina è valutata tramite ecografia e TC in sede preoperatoria ai fini della bonifica oncologica della paziente, aiuta a decidere se, oltre all'isterectomia radicale, occorre anche asportare i linfonodi locoregionali ✤ la stadiazione clinica riveste un'importanza cruciale nella scelta dell'approccio chirurgico più adeguato, tanto che spesso durante l'intervento viene richiesta una stadiazione patologica estemporanea allo scopo di fare una stima precisa della probabilità che il processo neoplastico abbia dato luogo a coinvolgimento linfonodale (N): l'attuale approccio chirurgico alla malattia neoplastica si sta orientando verso l'identificazione del linfonodo sentinella, finalizzata ad evitare al paziente i disagi legati al mancato drenaggio linfatico della sede interessata, a meno che non sia strettamente necessario → la rimozione della catena linfonodale pelvica causa grandi (e permanenti) problemi di drenaggio linfatico agli arti inferiori, quindi occorre valutare molto attentamente se sia opportuno praticare la linfadenectomia dal momento che la stadiazione clinico-patologica è cruciale per decidere se eseguire o meno la bonifica dei linfonodi locoregionali in corso di isterectomia, si ricorre frequentemente alla stadiazione intraoperatoria su un frammento della parete uterina (la sezione istologica estemporanea si esegue al criostato) poiché la diagnosi dell'istotipo tumorale è già stata fatta tramite biopsia in corso di isteroscopia, la stadiazione intraoperatoria si basa sulla profondità dell'infiltrazione neoplastica all'interno della parete uterina per stimare la probabilità del coinvolgimento linfonodale grado di differenziazione: sistema articolato su tre livelli che esprime il grado di differenziazione della neoplasia: ✤ GRADO 1 (G1): adenocarcinoma ben differenziato → componente ghiandolare superiore al 95%, crescita solida inferiore al 5% ✤ GRADO 2 (G2): adenocarcinoma moderatamente differenziato → componente ghiandolare compresa tra 50% e 95%, crescita solida inferiore al 50% ✤ GRADO 3 (G3): adenocarcinoma scarsamente differenziato → componente ghiandolare inferiore al 50%, crescita solida superiore al 50% la differenziazione del tumore è data dalla quantità di tessuto simil-ghiandolare presente al suo interno: quanto più l'adenocarcinoma è differenziato, tanto più somiglia all'endometrio da cui ha avuto origine → quanto meno è differenziato l'adenocarcinoma, tanto minore sarà la sua componente ghiandolare, tanto maggiore sarà la componente sdifferenziata a crescita solida solo ed esclusivamente per l'adenocarcinoma endometrioide, per valutare il grado si studia anche l'atipia nucleare → la presenza di atipia nucleare, anche in un contesto strutturalmente ben differenziato, alza il grado istologico ✤ un adenocarcinoma endometrioide costituito al 98% di strutture ghiandolari che presenta una marcata atipia nucleare non è G1, ma G2 ✤ il grado di differenziazione dell'adenocarcinoma endometrioide è uno dei parametri impiegati per la stadiazione → la stadiazione condiziona l'approccio chirurgico alla paziente un adenocarcinoma in stadio avanzato può richiedere la somministrazione di una terapia citoriduttiva in previsione dell'intervento chirurgico. ADENOCARCINOMA DI TIPO I: ADENOCARCINOMA ENDOMETRIOIDE Ciclo mestruale: consiste in una serie di modificazioni degli epiteli ormono-dipendenti della femmina nell'arco di un periodo pari a circa 28 giorni il ciclo mestruale è regolato da due ormoni: ✤ estrogeno → ormone della proliferazione: regola l'attività proliferativa di tutti gli epiteli ormonodipendenti della femmina → epitelio vulvare, epitelio vaginale, epitelio cervicale, endometrio, epitelio ovarico, epitelio mammario ✤ progesterone → ormone della gravidanza: esercita un effetto stabilizzante: prepara l'utero all'impianto dell'ovulo fecondato prepara la mammella (lobuli e dotti), alla produzione di latte sintetizzato dal corpo luteo se avviene il concepimento e si instaura la gravidanza, il corpo luteo si trasforma in corpo luteo gravidico e produce progesterone per i nove mesi successivi se il concepimento non avviene e non si instaura una gravidanza, il corpo luteo va incontro a un processo di involuzione che si accompagna a un crollo dei livelli ormonali, dando luogo alla fase desquamativa dell'endometrio che si manifesta con la mestruazione il ciclo mestruale è una variazione ormonale cui va incontro la donna ciclicamente e che in condizioni normali dura 28 giorni il ciclo mestruale ha durata variabile da donna a donna e può essere raccorciato (meno frequentemente) o allungato, andando oltre i 28 giorni: poiché la fase progestinica ha una durata fissa pari a 14 giorni, nelle donne che hanno un ciclo mestruale che dura oltre i 28 giorni il prolungamento del ciclo è necessariamente a carico della fase estrogenica → una donna che ha un ciclo lungo, a cominciare dal menarca fino alla menopausa, avrà una fase estrogenica più lunga di alcuni giorni rispetto alla fase progestinica, che è fissa, quindi una maggiore esposizione relativa agli estrogeni → iperestronismo relativo: la paziente non ha valori patologici di estrogeno in circolo, ma globalmente nel corso della propria vita è più esposta all'estrogeno categorie di donne maggiormente esposte all'estrogeno: ✤ donne con ciclo mestruale di durata superiore a 28 giorni ✤ donne con menarca precoce (a 8-9 anni) ✤ donne con menopausa tardiva ✤ donne obese → essendo dotato di attività enzimatica aromatasica il tessuto adiposo periferico metabolizza il deidroepiandrosterone e l'androstenedione in estrogeno → le donne obese hanno una maggiore produzione periferica di estrogeno ✤ nullipare → il progesterone è l'ormone della gravidanza: per tutto il periodo della gravidanza e dell'allattamento, l'input progestinico prevale sull'input estrogenico → più gravidanze sostiene una donna, minore è il suo periodo di esposizione globale agli estrogeni → la nullipara è esposta più a lungo all'input estrogenico nel corso del proprio periodo fertile una maggiore esposizione all'input estrogenico correla con un aumento del rischio di sviluppare il cancro dell'endometrio e il carcinoma della mammella → le donne sovraesposte all'input estrogenico non sono a rischio specifico di sviluppare un carcinoma, ma a rischio generico, hanno cioè una maggiore probabilità di sviluppare il cancro nel contesto dell'endometrio, l'input estrogenico induce la proliferazione dell'epitelio ghiandolare (fase proliferativa del ciclo mestruale); se l'ovulo è fecondato e si impianta, il corpo luteo gravidico mantiene la gravidanza; se l'impianto dell'ovulo non si verifica, si ha il crollo del picco ormonale e la desquamazione dell'endometrio → l'endometrio è un organo sotto il diretto controllo dell'asse ipotalamo-ipofisario-ovarico, costituendo il bersaglio finale dell'equilibrio tra estrogeno e progesterone la mestruazione rappresenta il ricambio della mucosa endometriale che anticipa una nuova fase proliferativa l'endometrio è un organo estrogeno-dipendente → i disturbi della fase estrogenica possono provocare l'insorgenza di patologie neoplastiche dell'endometrio, nello specifico l'adenocarcinoma endometrioide. Iperplasia endometriale e adenocarcinoma endometrioide: l'adenocarcinoma endometrioide è un tumore dell'endometrio che correla con un incremento relativo dell'esposizione all'estrogeno insorge solitamente nel periodo post-menopausale, costituendo il cancro più frequente della donna dai 52-53 anni in poi il precursore morfologico dell'adenocarcinoma endometrioide è rappresentato dall'iperplasia endometriale il precursore morfologico è una pre-cancerosi, cioè un'entità non ancora francamente neoplastica, ma che precede l'insorgenza del tumore → l'esistenza di un precursore morfologico consente di individuare il cancro in uno stadio molto precoce → una volta identificata, la popolazione a rischio può essere mantenuta sotto controllo con tecniche di imaging ✤ generalmente, una donna che sta bene dopo la menopausa non si pone più il problema di andare dal ginecologo a farsi controllare una volta all'anno → è importante che il curante o il ginecologo di riferimento spieghino alle pazienti a rischio (obese, nullipare, etc) la necessità di eseguire gli opportuni controlli allo scopo di individuare precocemente l'iperplasia endometriale iperplasia endometriale: ✤ disordine strutturale di tipo proliferativo dell'endometrio caratterizzato dall'aumento numerico della componente cellulare e della componente ghiandolare → aumento numerico delle cellule che tappezzano le ghiandole e delle ghiandole situate all'interno della mucosa endometriale ✤ l'iperplasia è un aumento numerico della componente epiteliale della mucosa endometriale a scapito della componente stromale (stroma citogeno in cui giacciono le ghandole endometriali, anch'esso sottoposto al controllo ormonale): normalmente il rapporto ghiandola-stroma è pari a 1:4 → la componente stromale è quattro volte più abbondante rispetto alla componente ghiandolare nell'iperplasia, la componente ghiandolare comincia ad aumentare rispetto alla componente stromale ✤ l'iperplasia è: un disordine proliferativo che non ha ancora significato neoplastico un disordine strutturale, in cui la componente epiteliale prevale progressivamente su quella stromale → a seconda del rapporto ghiandola-stroma, individuiamo due tipi di iperplasia: iperplasia semplice → il rapporto ghiandola-stroma si porta verso l'unità (1:1) iperplasia complessa → disordine strutturale in cui il rapporto ghiandola-stroma è a favore della ghiandola, con tendenza alla scomparsa dello stroma come per l'endocervice, il precursore morfologico del cancro è l'atipia citologica ✤ l'iperplasia endometriale è una situazione pre-cancerosa perché esprime l'aumento del rischio di sviluppare un cancro dell'endometrio ✤ l'atipia citologica inserita nell'iperplasia semplice o nell'iperplasia complessa è il marcatore morfologico della progressione neoplastica, cioè rappresenta il rischio specifico di evoluzione maligna dopo la menopausa, lo stimolo progestinico scompare del tutto, dal momento che non si formano più corpi lutei; anche lo stimolo estrogenico si riduce notevolmente, fin quasi a scomparire → poiché l'endometrio è una mucosa ormono-dipendente e la menopausa implica la cessazione del drive ormonale, l'endometrio di una donna in menopausa è normalmente atrofico in alcune particolari circostanze, però, i livelli di estrogeno possono persistere elevati anche dopo la menopausa, come nel caso di situazioni dismetaboliche a livello del tessuto adiposo periferico (donna obesa), che, dotato di attività enzimatica aromatasica, continua a produrne una certa quantità ecografia: ✤ esame non invasivo che permette di visualizzare adeguatamente l'endometrio e costituisce pertanto la prima tappa dell'algoritmo diagnostico; ✤ l'ecografia si può eseguire: per via transaddominale → prevede la vescica piena per consentire la visualizzazione dell'utero posteriormente per via transvaginale → la sonda arriva in prossimità dell'utero e dell'ovaio e quindi consente di studiare molto meglio gli organi in questione rispetto alla transaddominale ✤ la cavità endometriale è una cavità virtuale: normalmente il corpo dell'utero non ha una cavità beante, ma le pareti endometriali anteriore e posteriore collabiscono → l'endometrio della parete anteriore è enface con l'endometrio della parete posteriore → l'ecografia vede la rima endometriale, uno spessore dell'endometrio dato dalle pareti anteriore e posteriore collabite: nella donna fertile, lo spessore della rima endometriale correla con la fase del ciclo mestruale → lo spessore endometriale aumenta durante tutta la fase proliferativa sotto l'input estrogenico, si mantiene spesso durante la fase secretiva per via dell'edema cui va incontro l'epitelio sotto lo spinta progestinica (parete anteriore spessa + parete posteriore spessa = rima endometriale spessa); alla fine della mestruazione la rima endometriale è notevolmente ridotta nella donna in post-menopausa in cui non c'è più lo stimolo estroprogestinico, lo spessore della rima endometriale è generalmente inferiore a 5-10mm perché l'endometrio è atrofico ✤ osservando la rima endometriale all'indagine ecografica si può distinguere un endometrio normale dal punto di vista funzionale (privo di stimolazione anomala alla proliferazione) da uno proliferante in maniera tipica o atipica, caratterizzato da un ispessimento della rima endometriale ✤ se la rima endometriale è ispessita si passa alla tappa successiva dell'algoritmo diagnostico sanguinamento vaginale: ✤ la donna in post-menopausa con la rima endometriale ispessita ha quasi sempre anche un altro sintomo: il sanguinamento vaginale → il sanguinamento vaginale in post-menopausa è il primo sintomo evidente dell'iperplasia endometriale ✤ il sanguinamento vaginale è un sintomo che ha significato differente a seconda del periodo della vita in cui si verifica: prima della menopausa (al di fuori del ciclo mestruale) → perdita ematica intermestruale dopo la menopausa → perdita ematica anomala per definizione; può avere carattere di: emorragia → abbondante perdita ematica spotting → piccole perdite di sangue donna di 51 anni in menopausa da 8 mesi con rima endometriale spessa 2cm: ✤ è presente uno stimolo estrogenico prolungato senza opposizione, cioè senza una fase progestinica lo stimolo estrogenico persistente può essere costituito ad esempio dalla conversione di androgeni e androstenedione in estrogeno a livello del tessuto adiposo periferico ✤ la signora ha cicli anovulatori da 8 mesi ✤ la signora non assume HRT (terapia ormonale sostitutiva): somministrata ad alcune donne in post-menopausa, consiste in un'associazione estroprogestinica molto equilibrata che si articola su 14 giorni di terapia estrogenica e 14 di terapia progestinica, al termine dei quali si verifica la desquamazione dell'endometrio (mestruazione) controindicata in donne con familiarità per carcinoma mammario o carcinoma endometriale, dal momento che prolunga l'esposizione allo stimolo estrogenico ✤ in questo caso, è poco probabile che la condizione sia patologica; più verosimilmente si tratta di una situazione transitoria parafisiologica → si effettua il 17-alfa-medrossiprogesterone test, che consiste nella somministrazione di progesterone per 14 giorni; al termine di questo periodo l'endometrio desquama e si verifica la mestruazione → la signora deve tornare a fare un controllo della rima endometriale per verificare l'entità e la velocità di ricostituzione dello spessore della rima endometriale donna di 75 anni con rima endometriale spessa 2cm (nella donna in menopausa lo spessore normale della rima endometriale è inferiore a 5mm): ✤ fisiologicamente, lo stimolo estrogenico dovrebbe essere assente da 20-25 anni, di conseguenza l'endometrio dovrebbe essere atrofico → nella paziente anziana l'elevato spessore della rima endometriale generalmente sottende una situazione di iperplasia endometriale ✤ in questo caso non può trattarsi di una situazione transitoria parafisiologica, come nell'esempio precedente, pertanto non ha senso fare il test del medrossiprogesterone; a questo punto, l'algoritmo diagnostico prevede l'esecuzione di una biopsia del tessuto endometriale per studiarne le caratteristiche istologiche biopsia endometriale: ✤ modalità di prelievo del tessuto endometriale: curettage endometriale (raschiamento) → metodica tradizionale si esegue in anestesia generale perché, oltre a essere una procedura dolorosa in sé, richiede la dilatazione del canale endocervicale con una pinza di Novak si va all'interno dell'endometrio e si raschia alla cieca, asportando materiale endometriale → lo svantaggio principale della metodica è costituito dall'impossibilità di vedere che cosa si sta prelevando isteroscopia → metodo alternativo al raschiamento, molto più “nobile” perché consente di vedere la mucosa endometriale la procedura richiede la dilatazione del canale endocervicale e della cavità uterina, normalmente virtuale, affinché possa accogliere la sonda ottica → la dilatazione della cavità uterina si ottiene insufflando anidride carbonica, dopodiché si introduce la sonda ottica e si va a vedere la mucosa endometriale; l'aspetto macroscopico della mucosa endometriale può essere caratterizzato dalla presenza di: ⊶ aree focali di ispessimento irregolare → si accompagnano molto spesso a neoangiogenesi e, quindi, a una vascolarizzazione atipica, analogamente a quanto accade per il carcinoma in situ della cervice uterina; in corrispondenza di queste aree si deve effettuare la biopsia ⊶ ispessimento diffuso vantaggi: consente di vedere la mucosa endometriale per eseguire biopsie mirate → tecnica mirata e precisa ⊶ se l'iperplasia endometriale ha distribuzione focale, ma l'operatore deve opera alla cieca, non esiste alcuna garanzia che si riesca ad asportare il focolaio iperplastico → l'isteroscopia è la diagnostica di elezione perché consente di visualizzare la mucosa uterina per eseguire biopsie mirate ⊶ l'isteroscopia è da preferirsi al raschiamento a maggior ragione se si tiene conto del fatto che l'iperplasia è frequentemente situata nell'endometrio dei recessi tubarici, laddove la mucosa si allunga verso la salpinge, una sede particolarmente difficile da raggiungere svantaggi: la dilatazione del canale endocervicale e dell'utero può essere relativamente ben tollerata dalla donna che ha partorito, ma è molto dolorosa per la nullipara → la paziente può essere molto intollerante alla procedura, per cui occorre rimandarla a una seconda seduta in anestesia → nella nullipara sarebbe opportuno programmare l'isteroscopia in anestesia fin dall'inizio. Materiale tratto dall'ultima edizione del libro di Kurman (esperto di uteri che piace molto alla D'Errico): l'iperplasia endometriale consiste in un progressivo aumento numerico delle ghiandole endometriali e delle cellule che le tappezzano a scapito dello stroma citogeno; le ghiandole iperproliferanti hanno morfologia irregolare rispetto alle ghiandole normali in relazione all'estensione del processo, si distinguono due modalità di distribuzione dell'iperplasia endometriale: ✤ iperplasia endometriale diffusa ✤ iperplasia endometriale focale in relazione al progressivo aumento del rapporto ghiandola-stroma, si distinguono due tipi di iperplasia endometriale: ✤ iperplasia endometriale semplice → il rapporto ghiandola-stroma è superiore alla norma (1:4), ma inferiore all'unità (1:1) ✤ iperplasia endometriale complessa → il rapporto ghiandola-stroma supera l'unità (1:1): la componente ghiandolare prevale sulla componente stromale in relazione al rischio specifico di progressione neoplastica, si distinguono due tipi di iperplasia endometriale: ✤ iperplasia endometriale senza atipia citologica ✤ iperplasia endometriale con atipia citologica l'atipia citologica è un marcatore specifico di progressione neoplastica perché indica un processo di iniziazione e promozione tumorale in atto → la presenza di atipia citologica correla con il rischio specifico di sviluppare un adenocarcinoma endometrioide ✤ l'unica lesione associata a un reale e significativo aumento del rischio di sviluppare un adenocarcinoma endometrioide è l'iperplasia endometriale (semplice o complessa) con atipia citologica ✤ l'iperplasia endometriale con atipia citologica progredisce a adenocarcinoma endometrioide nel 40% dei casi aspetti clinici dell'iperplasia endometriale: ✤ le pazienti con iperplasia endometriale presentano tipicamente un sanguinamento ✤ l'iperplasia è dovuta alla presenza di uno stimolo estrogenico persistente, continuo, senza opposizione progestinica ✤ nelle donne in età fertile, l'iperplasia endometriale non è un evento frequente; possono sviluppare iperplasia endometriale prima della menopausa le seguenti categorie di pazienti: donne obese → l'obesità favorisce l'insorgenza dell'iperplasia endometriale tramite la conversione di androstenedione in estrogeno a livello del tessuto adiposo periferico donne con ovaio policistico → la policistosi ovarica è costituita da un insieme di condizioni caratterizzate da alterazioni strutturali e funzionali dell'ovaio che hanno come denominatore comune una tendenza a fare cicli anovulatori sindrome di Stein-Leventhal → rappresenta una delle possibili manifestazioni della policistosi ovarica, ma non ne è sinonimo: non tutte le donne con ovaio policistico sviluppano necessariamente la sindrome di Stein-Leventhal, che costituisce pertanto un sottoinsieme della popolazione affetta da policistosi ovarica; la sindrome consiste in un iperandrogenismo il cui quadro clinico si caratterizza per: ⊶ giovane età ⊶ obesità ⊶ ipertensione ⊶ irsutismo marcato donne diabetiche → generalmente affette da diabete di tipo II, quindi solitamente anche obese donne ipertese ✤ dopo la menopausa, il sanguinamento vaginale non significa in assoluto iperplasia endometriale, perché anche l'endometrio atrofico può sanguinare: l'iperplasia si associa a un sanguinamento consistente e abbondante l'endometrio atrofico sanguina in modo molto meno significativo rispetto all'endometrio iperplastico, le perdite sono minime e irregolari, con carattere di spotting iperplasia endometriale senza atipia citologica – aspetti istologici: ✤ aumento del rapporto ghiandole-stroma ✤ ghiandole strutturalmente disomogenee per taglia e forma ✤ stratificazioni nucleari 2-4 volte superiori alla norma ✤ presenza di figure mitotiche iperplasia endometriale con atipia citologica – aspetti istologici: ✤ l'atipia citologica riguarda principalmente i nuclei: alterazione del rapporto nucleo-citoplasmatico: i nuclei sono molto numerosi e voluminosi → la basofilia (colore blu) dei nuclei prevale sull'acidofilia (colore rosa) del citoplasma e dello stoma citogeno extracellulare → a colpo d'occhio, il colore del preparato istologico tende al blu nuclei di forma tondeggiante → caratteristica propria della progressiione neoplastica endometriale: i nuclei perdono la loro tipica forma cilindrica, diventando rotondi perdita della polarità nucleare → segno di sdifferenziazione: la cellula non riconosce più le cellule vicine nell'ordine strutturale del tessuto nucleoli estremamente prominenti. Meccanismo molecolare della progressione neoplastica dell'endometrio: nel meccanismo di progressione neoplastica dell'endometrio è presente una base genica costituita da: instabilità microsatellitare inattivazione precoce del gene oncosoppressore PTEN: ✤ svolge un ruolo cruciale nello sviluppo dell'iperplasia e dell'adenocarcinoma endometrioide ✤ riscontrata nell'iperplasia endometriale con atipia e nell'adenocarcinoma endometrioide correlato, ma non nell'iperplasia endometriale senza atipia ✤ l'inattivazione del prodotto proteico del gene PTEN stimola la sintesi proteica e la proliferazione cellulare, inibisce l'apoptosi e favorisce la fosforilazione di AKT, coinvolto nella cascata di trasduzione del segnale della fosfatidilinositolo 3-chinasi (PI3K): la perdita del gene PTEN provoca la fosforilazione e attivazione di AKT l'attivazione di AKT determina la fosforilazione del recettore dell'estrogeno indipendentemente dalla presenza del suo ligando (l'estrogeno, per l'appunto) attivazione di vie normalmente attivate dagli estrogeni attivazione tardiva dell'oncogene KRAS: ✤ riscontrata sia nell'iperplasia endometriale con atipia che nell'adenocarcinoma endometrioide correlato. Trattamento dell'iperplasia endometriale: donna in età fertile (inferiore a 40 anni): ✤ controllo istologico per verificare la presenza o meno di atipia citologica: prognosi: l'iperplasia endometriale senza atipia può regredire l'iperplasia endometriale senza atipia citologica può progredire in adenocarcinoma endometrioide, ma il processo è molto lento (richiede circa 10 anni) e passa sempre attraverso la fase di iperplasia con atipia citologica nella donna in età fertile, l'adenocarcinoma endometrioide ha una biologia piuttosto blanda → prima della menopausa, l'adenocarcinoma endometrioide classico è un tumore a bassa aggressività biologica ✤ alla luce di questa prognosi, soprattutto in assenza di atipia citologica, il trattamento consiste in un follow-up della paziente con possibile maternità, la quale tra l'altro implica un'esposizione della mucosa endometriale al progesterone che certamente giova alla situazione ✤ se la donna non desidera avere figli si può tentare il trattamento progestinico prolungato finalizzato al contenimento dell'iperplasia endometriale, ovviamente sempre accompagnato da un adeguato follow-up donna in peri-menopausa (40-55 anni): ✤ in questa fascia di età, l'iperplasia senza atipia citologica è solitamente correlata a mancata ovulazione, cioè si tratta di un'iperplasia di tipo funzionale da iperstimolazione estrogenica, una condizione parafisiologica autolimitante → l'iperplasia endometriale da iperstimolazione estrogenica si controlla efficacemente con una terapia di opposizione all'estrogeno (terapia progestinica) ✤ l'iperplasia endometriale con atipia confermata all'esame istologico può essere trattata con: terapia progestinica abbinata a follow-up istologico ogni 3 mesi: il trattamento ha alcuni significativi svantaggi: ⊶ la terapia progestinica provoca fastidiosi disturbi, quali insonnia, tensione, leggera depressione ⊶ la paziente deve ripetere un esame invasivo come l'isteroscopia ogni 3 mesi isterectomia semplice ✤ da qui si evince l'importanza di inviare al patologo le informazioni cliniche riguardanti la paziente, come l'età e la data dell'ultima mestruazione, che consentono di interpretare correttamente il quadro istologico donna in post-menopausa (sopra i 55 anni): ✤ in questa fascia di età esiste un'elevata probabilità che il sanguinamento vaginale sottenda un'iperplasia endometriale con atipia citologica o un carcinoma ✤ nella paziente in post-menopausa (soprattutto se è più vicina ai 55), un'iperplasia endometriale senza atipia può essere espressione di uno stimolo estrogenico persistente → questo tipo di iperplasia tende a regredire con la terapia contro-estrogenica (17-alfa-medrossiprogesterone) → dopo la terapia progestinica si esegue un controllo: se l'iperplasia endometriale si riforma si procede all'isterectomia, che generalmente a quest'età prevede anche l'esportazione di entrambi gli annessi ✤ se la paziente in post-menopausa ha iperplasia endometriale con atipia citologica si esegue sempre isterectomia, perché la lesione ha significato pre-canceroso, quindi dev'essere asportata. Aspetto macroscopico dell'adenocarcinoma endometrioide: l'impiego su larga scala di ecografia e isteroscopia ha consentito di rilevare lesioni sempre più precoci → la diagnosi precoce consente di individuare lesioni molto piccole, pertanto quadri di sostituzione endometriale estesa sono un riscontro sempre meno frequente la componente ghiandolare può anche accompagnarsi a proiezioni micropapillari esofitiche che aggettano nel lume e condizionano molto spesso anche l'aspetto ecografico della neoplasia. ADENOCARCINOMI DI TIPO II: ADENOCARCINOMA SIEROSO Adenocarcinoma sieroso: adenocarcinoma estrogeno-indipendente per definizione tumore tipico della post-menopausa → età media 66 anni poiché non dipende dallo stimolo estrogenico, è un tumore che si sviluppa nel quadro dell'atrofia endometriale, solitamente all'interno di uteri di piccole dimensioni si contraddistingue per un'elevata aggressività biologica: l'adenocarcinoma sieroso ha una crescita particolarmente vigorosa → anche al giorno d'oggi molte donne anziane (sopra i 70 anni) arrivano in prima diagnosi con una lesione maligna vegetante che protrude dall'orifizio uterino esterno → la diagnosi istologica di adenocarcinoma sieroso si può fare anche su un campione della lesione vegetante che protrude dall'OUE, senza spingersi all'interno della cavità uterina per evitare di provocare ulteriore dolore alla paziente la clinica è pressoché assente → l'adenocarcinoma sieroso non dà sintomi particolari: dal momento che insorge in un contesto di atrofia endometriale, l'esame ecografico mostra una rima endometriale normale in qualche caso la paziente può avere un blando spotting, ma talmente saltuario da non sentire l'esigenza di rivolgersi al medico carcinoma endometriale intraepiteliale (EIC, Endometrial Intraepithelial Carcinoma): costituisce il precursore morfologico dell'adenocarcinoma sieroso il carcinoma endometriale intraepiteliale è costituito da cellule identiche a quelle dell'adenocarcinoma sieroso, ma manca di una identificabile invasione stromale → a questo stadio privo di invasione stromale, la neoplasia è assolutamente curabile a differenza dell'iperplasia endometriale che precede l'adenocarcinoma endometrioide, questo precursore morfologico non dà segno di sé → la diagnosi di carcinoma endometriale intraepiteliale è perlopiù casuale: la paziente si rivolge al medico per uno spotting, si sottopone a isteroscopia, il ginecologo non vede nulla, ma se riscontra aree di vascolarizzazione atipica effettua un prelievo bioptico, sul quale si fa diagnosi istologica di carcinoma endometriale intraepiteliale la lesione può talora essere presente nel contesto di un polipo endometriale asportato dal momento che il carcinoma endometriale intraepiteliale è il precursore morfologico di un tumore ad alta aggressività biologica, il trattamento consiste nell'isterectomia l'iperplasia endometriale senza atipia può dare luogo a progressione maligna, ma: ha bisogno di tempo (anche 10 anni) ha bisogno dello stimolo estrogenico il progesterone può farla regredire il carcinoma endometriale intraepiteliale è una lesione pre-cancerosa che, lasciata a se stessa, in un tempo che non si conosce dà luogo inesorabilmente all'adenocarcinoma sieroso, un tumore ad elevata aggressività biologica → la diagnosi casuale di EIC implica la rimozione immediata dell'utero, perché la tappa successiva della progressione neoplastica è l'invasione stromale, cioè l'adenocarcinoma sieroso infiltrante caratteristiche istologiche: l'adenocarcinoma sieroso è solitamente costituito da papille o micropapille tappezzate da cellule neoplastiche il quadro citologico mostra: marcata atipia citologica elevato rapporto nucleo-citoplasmatico elevata attività mitotica con figure mitotiche atpiche elevata atipia nucleare → eterocromasia, nucleoli prominenti accanto ai lembi di endometrio neoplastico sono quasi sempre presenti lembi di endometrio atrofico → la presenza di endometrio atrofico adiacente la lesione maligna suggerisce che la neoplasia è insorta su un endometrio privo di qualsivoglia stimolazione estrogenica, andato incontro all'atrofia tipica dell'età l'adenocarcinoma sieroso inizia presumibilmente come neoplasia dell'epitelio di superficie che poi si estende alle strutture ghiandolari adiacenti e in seguito invade lo stroma endometriale si ritiene che la sua prognosi, generalmente peggiore, sia una conseguenza della tendenza a esfoliare, a diffondersi attraverso le tube e a impiantarsi sulla superficie peritoneale analogamente a quanto accade negli stessi istotipi in sede ovarica l'adenocarcinoma sieroso è per definizione un tumore di grado 3 e correla con uno stadio avanzato l'adenocarcinoma sieroso ha una marcata propensione per la diffusione extrauterina: si associa sempre a linfangite carcinomatosa diffusa e coinvolgimento linfonodale nonostante il coinvolgimento relativamente superficiale dell'endometrio, può essere associato a un esteso interessamento peritoneale, suggerendo una tendenza alla disseminazione tubarica (e linfatica, vedi punto precedente) dal punto di vista immunistotipico: il 75% dei carcinomi endometriali intraepiteliali e il 90% degli adenocarcinomi sierosi è positivo per mutazioni a carico di p53: l'analisi immunoistochimica mostra accumuli intracellulari di p53 non funzionante la prima tappa molecolare della progressione neoplastica consiste nella mutazione di p53, che in questo tumore risulta mutata fin dalle prime fasi della progressione neoplastica (fase intraepiteliale): mentre nella maggior parte dei tumori la mutazione a carico di p53 avviene in una fase piuttosto tardiva della progressione neoplastica, nel carcinoma sieroso è la prima mutazione che si verifica [note to self: sarà per questo che è così aggressivo?] la quasi totalità di questi tumori è negativa per i recettori estro-progestinici, come appare ovvio, trattandosi di tumori estrogeno-indipendenti. Adenocarcinoma a cellule chiare: è un adenocarcinoma poco frequente dell'utero non corrisponde esattamente alla distinzione degli adenocarcinomi endometriali in estrogeno-dipendenti ed estrogeno-indipendenti colpisce donne in post-menopausa → età media 60 anni: avanzata, ma inferiore a quella dell'adenocarcinoma sieroso caratteristiche istologiche: dal punto di vista morfologico, analogamente a quanto accade per questo stesso istotipo tumorale nelle neoplasie ovariche, il tumore può avere: ✤ struttura solida ✤ struttura tubulare ✤ struttura papillare ✤ struttura microcistica dal punto di vista citologico, l'elemento fondamentale è la cellula chiara, che deve il proprio aspetto alla ricchezza in glicogeno: ✤ la cellula chiara è PAS-positiva per definizione ✤ dopo trattamento con PAS-diastasi, che manda via il glicogeno, il citoplasma appare otticamente vuoto analogamente ai tumori ovarici dello stesso istotipo, sono presenti corpi ialini extracellulari: ✤ i corpi ialini sono PAS-positivi e PAS-diastasi resistenti → i corpi ialini sono costituiti da mucopolisaccaridi neutri, non da glicogeno caratteristiche immunoistotipiche: ✤ analogamente all'adenocarcinoma sieroso, la maggior parte degli adenocarcinomi a cellule chiare presentano p53 mutata e sono negativi per i recettori estro-progestinici ✤ le caratteristiche immunofenotipiche consentono sia di fare la diagnosi istologica sul tumore originario che il riconoscimento dell'origine endometriale di eventuali metastasi a distanza analogamente all'adenocarcinoma sieroso papillifero, l'adenocarcinoma a cellule chiare è un istotipo ad elevata aggressività biologica, quindi per definizione un tumore di grado 3 (G3), che correla con uno stadio avanzato → come per l'adenocarcinoma sieroso papillifero, una diagnosi di adenocarcinoma endometriale a cellule chiare implica che, molto probabilmente, la neoplasia non sarà operabile in prima battuta. TUMORI STROMALI DELL'UTERO Tumori puri stromali: derivano dallo stroma citogeno, la componente mesenchimale sottoepiteliale della mucosa uterina in cui giacciono le ghiandole endometriali analogamente all'epitelio, lo stroma citogeno dell'endometrio è sensibile all'input estro-progestinico → come l'epitelio, anche lo stroma citogeno tende a diminuire di cellularità dopo la menopausa, quando viene meno lo stimolo estro-progestinico dalla componente stromale può derivare il sarcoma uterino indifferenziato: tumore a bassa incidenza, ma non raro colpisce esclusivamente donne anziane → età media: 70 anni, o comunque generalmente dopo i 65 anni tumore ad elevata aggressività biologica → anche questo tumore corrisponde a uno stadio avanzato per definizione → la diagnosi serve a indirizzare il trattamento verso opzioni alternative alla chirurgia, anche se le condizioni cliniche generali della paziente sono buone e consentirebbero l'intervento. Tumori misti muelleriani (tumori stromali con componente epiteliale): derivano dal dotto di Mueller, che dà origine a tutto l'apparato genitale femminile presentano sia una componente epiteliale che una componente stromale le due componenti possono essere presenti in fase biologica diversa, in particolare: la componente stromale è sempre maligna la componente epiteliale può essere benigna o maligna: ✤ componente epiteliale benigna → il tumore prende il nome di adenosarcoma: “adeno” → fa riferimento alla componente ghiandolare benigna “sarcoma” → fa riferimento alla componente mesenchimale maligna: l'adenosarcoma è una neoplasia maligna di origine mesenchimale nonostante la componente epiteliale sia benigna, la neoplasia ha comunque carattere maligno → l'adenosarcoma si comporta come un tumore maligno di origine stromale (un sarcoma, per l'appunto) che tende a metastatizzare per via ematica, analogamente alla maggior parte dei sarcomi ✤ componente epiteliale maligna → il tumore prende il nome di carcinosarcoma: sono maligne sia la componente stromale che quella epiteliale; in base all'istotipo della componente mesenchimale maligna il carcinosarcoma può essere distinto in: carcinosarcoma omologo → componente mesenchimale maligna classica, morfologicamente omogenea: il carcinosarcoma è costituito da una componente maligna di origine epiteliale più o meno differenziata e da una componente maligna di origine mesenchimale morfologicamente omogenea → la componente mesenchimale ha tutta quanta la stessa identica espressione morfologica che ricorda il leiomiosarcoma (tumore mesenchimale maligno delle cellule muscolari lisce) la componente mesenchimale, seppur maligna, mantiene comunque la linea differenziativa del tessuto mesenchimale uterino normale carcinosarcoma eterologo → nell'ambito della componente mesenchimale maligna compaiono aspetti di differenziazione verso tipologie mesenchimali diverse dal tessuto mesenchimale uterino normale, dal quale la neoplasia ha avuto origine: la componente mesenchimale è così poco differenziata che di fatto la cellula neoplastica, percorrendo a ritroso le tappe della differenziazione, può riacquisire la capacità di formare strutture mesenchimali diverse da quelle che forma nel tessuto mesenchimale uterino d'origine la cellula mesenchimale si sdifferenzia e si ridifferenzia, assumendo le caratteristiche di tessuti mesenchimali diversi da quello nativo dello stroma uterino → rispetto alla componente mesenchimale omologa, la componente eterologa è espressione di un'ulteriore sdifferenziazione e successivo rimodellamento morfologico regredendo, la componente mesenchimale si sdifferenzia al punto di raggiungere una fase di cellula staminale che, ridifferenziandosi, dà origine a morfologie mesenchimali diverse → accanto alla componente mesenchimale maligna classica avremo aree di differenziazione cartilaginea o ossea pertanto nei carcinosarcomi eterologhi si riscontrano: componente maligna sarcomatoide analoga a quella del carcinosarcoma omologo aree mesenchimali maligne ridifferenziate in cartilagine maligna o tessuto osseo maligno i tumori misti muelleriani rappresentano meno del 5% delle neoplasie maligne del corpo dell'utero; anche questi tumori sono poco frequenti, però non sono rari → l'incidenza aumenta parallelamente all'aumento della vita media tipico della post-menopausa → età media: 70 anni sintomatologia clinica: i tumori misti muelleriani si manifestano solitamente in maniera improvvisa con sanguinamenti importanti → emorragie con espulsione di materiale necrotico: una sintomatologia così eclatante indubbiamente porta la paziente a consultare un medico nella maggior parte dei casi, al momento della diagnosi tutto il collo e la cavità uterina appaiono sostituiti da una grossa massa con componente necrotica endocavitaria che spesso protrude dall'orifizio uterino esterno classificazione dei tumori misti muelleriani: adenofibroma: ✤ componente epiteliale neoplastica benigna ✤ componente mesenchimale neoplastica benigna adenosarcoma: ✤ componente epiteliale neoplastica benigna ✤ componente mesenchimale neoplastica maligna carcinofibroma: ✤ componente epiteliale neoplastica maligna ✤ componente mesenchimale neoplastica benigna carcinosarcoma: ✤ componente epiteliale neoplastica maligna ✤ componente mesenchimale neoplastica maligna caratteristiche istologiche → aspetti morfologici: i tumori misti muelleriani possono presentarsi come tumori da collisione in cui accanto alla componente ghiandolare è presente una componente mesenchimale assolutamente indifferenziata → tumore da collisione con aree chiaramente epiteliali che si scontrano con aree francamente mesenchimali → la diagnosi istologica è abbastanza agevole in altri casi si riconoscono ghiandole ben differenziate e un mesenchima più francamente neoplastico → anche in questi casi la diagnosi è abbastanza semplice i tumori misti possono talvolta pesentarsi con quadri in cui questa facilità diagnostica non si può avere con l'ematossilina-eosina, perché la crescita tumorale appare assolutamente solida → all'esame istologico si osserva una proliferazione di cellule ad abito epitelioideo assolutamente indifferenziate ad alto indice mitotico → in questi casi si rende necessario ricorrere all'analisi immunoistochimica con una citocheratina wide-spectrum caratteristiche istologiche → proprietà immunoistochimiche: metodica: analisi immunoistochimica con citocheratina wide-spectrum ogni epitelio esprime prevalentemente un certo tipo di citocheratina, che lo contraddistingue → l'espressione di specifiche citocheratine correla con un certo tipo di differenziazione epiteliale: ✤ le cellule epiteliali del colon tendono a iperesprimere la citocheratina 20 e non esprimono la citocheratina 7 ✤ le cellule epiteliali dei dotti biliari, del pancreas, del polmone e della mammella tendono a esprimere la citocheratina 7 e non esprimono la citocheratina 20 ✤ le cellule epiteliali da cui hanno origine i tumori dello stomaco e quelle di alcuni tumori pancreatici esprimono sia la citocheratina 7 che la citocheratina 20 conoscere l'origine del tumore è importante perché molti pazienti arrivano in prima diagnosi con una metastasi a distanza (tipicamente epatica): ✤ con la TC si individua un nodulo polmonare/con l'ecografia si individua un nodulo epatico ✤ si esegue una biopsia; la biopsia può essere TC-guidata o eco-guidata e consente il prelievo di una piccola carota di materiale (delle dimensioni dell'ago con cui viene effettuato il prelievo) ✤ nella maggior parte dei casi, il quesito clinico è: “nodulo epatico → epatocarcinoma? colangiocarcinoma? metastasi? altro?” → l'anatomia patologica deve riconoscere il tumore e individuarne l'origine per dare un inquadramento nosografico alla lesione e per accorciare gli algoritmi diagnostici che devono essere applicati successivamente ✤ appare dunque evidente l'importanza dell'immunoistochimica, in quanto il pattern di espressione delle citocheratine (profilo citocheratinico) consente di identificare l'epitelio da cui ha avuto origine la neoplasia in questo caso, l'applicazione di una citocheratina wide-spectrum, in grado di individuare i pattern di espressione citocheratinica di vari epiteli, mostra la presenza di: ✤ una componente epiteliale assolutamente positiva, molto reattiva ✤ una componente mesenchimale che non è in grado di esprimere alcuna citocheratina, dal momento che si tratta di un tessuto di derivazione mesodermica e non epiteliale caratteristiche istologiche: differenziazione della componente mesenchimale del carcinosarcoma eterologo → nel contesto della componente mesenchimale del carcinosarcoma eterologo si possono riscontrare: componente mesenchimale a morfologia sarcomatoide (come nel carcinosarcoma omologo) componente mesenchimale a morfologia rabdoide → la componente mesenchimale si ridifferenzia verso un tessuto muscolare striato, ovviamente neoplastico, a maggior ragione atipico se consideriamo che la parete uterina è costituita da tessuto muscolare liscio componente mesenchimale a morfologia cartilaginea → ovviamente si tratta di tessuto cartilagineo neoplastico, indifferenziato; la ridifferenziazione verso un tessuto cartilagineo atipico è un'evenienza abbastanza frequente nel carcinosarcoma eterologo conoscere questo tipo di lesioni è importante dal punto di vista pratico: in una paziente anziana, quindi con un utero piccolo e il canale endocervicale stenotico (anche se ha avuto figli), eseguire la biopsia di una massa intrauterina può essere estremamente complicato, infatti l'unico campione prelevabile è spesso proprio quella piccola porzione della massa che protrude dall'OUE → il riscontro di aree cartilaginee o rabdoidi nel contesto della biopsia consente di porre diagnosi di tumore misto muelleriano di tipo eterologo → il riconoscimento di un tumore ad alta aggressività biologica come questo ha determinate implicazioni terapeutiche. ENDOMETRIOSI presenza di focolai di mucosa endometriale (ghiandole + stroma citogeno) in zone ectopiche molto frequente i focolai endometriosici sono sensibili all'input estro-progestinico → prima della menopausa, i focolai endometriosici seguono il ciclo mestruale → le ghiandole endometriali immerse nello stroma citogeno vanno incontro a una fase proliferativa, a una fase di modificazione secretoria indotta dal progesterone, e infine a una fase desquamativa localizzazione dei focolai di mucosa endometriale ectopica [in ordine decrescente per frequenza]: ovaie legamenti uterini setto rettovaginale cavo del Douglas peritoneo pelvico → focolai endometriosici liberi nella pelvi intestino crasso, tenue e appendice ileo-cecale mucosa cervicale e vaginale tube di Falloppio cicatrici laparotomiche parete della vescica può essere coinvolta potenzialmente qualsiasi sede anatomica → sono stati descritti casi di localizzazione delle lesioni endometriosiche alle mucose nasali o faringee; tuttavia, questi casi sono molto rari e le sedi più frequenti rimangono comunque gli organi pelvici miometrio → i focolai sono compresi nello spessore della parete miometriale [il Robbins definisce questa condizione “adenomiosi”] eziologia → sono state proposte due principali teorie per spiegare lo sviluppo dell'endometriosi: TEORIA METASTATICA → l'endometriosi si impianta in regioni anomale: nel quadro dell'endometriosi, il termine “metastatico” si riferisce alla presenza di tessuto endometriale in posizioni extrauterine, ma non implica alcun meccanismo di diffusione neoplastica la mestruazione retrograda attraverso le tube di Falloppio si verifica regolarmente anche in donne normali e potrebbe essere responsabile della diffusione di tessuto endometriale nella cavità peritoneale l'endometriosi si riscontra anche nella mucosa cervicale, specialmente in seguito a procedure chirurgiche, che favorirebbero l'impianto dall'alto la teoria metastatica può spiegare la “disseminazione” dell'endometriosi a siti distanti tramite “metastasi” ematogene e linfatiche teoria più accreditata, fornisce una spiegazione plausibile per la maggior parte dei casi di endometriosi TEORIA METAPLASTICA → l'endometriosi deriva direttamente dall'epitelio celomatico (mesotelio di pelvi o addome), dal quale originano durante lo sviluppo embrionale i dotti di Mueller e, in seguito, l'endometrio caratteristiche distintive del tessuto endometriosico rispetto all'endometrio normale: l'endometriosi evoca un'intensa attivazione della cascata infiammatoria → elevati livelli di PGE2, IL-1β, TNF e IL-6 PGE2 ha un ruolo fondamentale nella sintomatologia dolorosa tipica del disturbo le cellule stromali endometriosiche iperesprimono enzimi chiave della steroidogenesi (come l'aromatasi, assente nel normale stroma endometriale), producendo grandi quantità di estrogeni → gli estrogeni favoriscono la sopravvivenza e la persistenza del tessuto endometriosico in sede ectopica gli inibitori dell'aromatasi possono essere impiegati con discreto successo nel trattamento farmacologico dell'endometriosi PGE2 stimola la sintesi locale degli estrogeni basi molecolari delle anomalie specifiche del tessuto endometriosico: le anomalie sembrano legate a modifiche epigenetiche in due geni che codificano per recettori nucleari: gene che codifica per il fattore steroidogenico 1 gene che codifica per il recettore β degli estrogeni ipometilazione dei promotori dei geni che codificano per i recettori nucleari → sovraespressione patologica dei geni → attivazione di una cascata molecolare che favorisce l'iperproduzione di estrogeni e prostaglandine queste stesse alterazioni sono presenti non solo nel tessuto endometriosico ectopico, ma anche, in misura minore, nel normale endometrio uterino delle pazienti con endometriosi caratteristiche istologiche: il periodico sanguinamento del tessuto endometriosico provoca la formazione di coaguli nella sede interessata → i coaguli appaiono come noduli di colore variabile dal rosso-bluastro al giallo-marrone quando la malattia è molto estesa, l'organizzazione dei coaguli determina la formazione di ampie aderenze fibrose tra le tube, le ovaie e le altre strutture, fino all'obliterazione del cavo del Douglas cisti cioccolato (endometriomi) → le ovaie possono essere deformate dalla presenza di grandi masse cistiche (3-5cm di diamtero) ripiene di liquido marrone risultante da una precedente emorragia forme aggressive di endometriosi possono infiltrare i tessuti, elicitando una reazione fibrosa con formazione di aderenze clinica dell'endometriosi: l'endometriosi può dare luogo ad una sintomatologia dolorosa eclatante: essendo sensibili all'input estro-progestinico, i focolai di mucosa endometriale ectopica danno luogo a un sanguinamento nella pelvi durante la fase desquamativa del ciclo mestruale → il sanguinamento nel peritoneo provoca un risentimento peritoneale → il risentimento peritoneale è una condizione molto dolorosa → il sintomo principe dell'endometriosi è il dolore il dolore si manifesta quasi sempre sia nella fase desquamativa (durante la mestruazione) che durante il periodo ovulatorio il dolore è localizzato al basso ventre e alla regione pelvica → spesso la paziente lamenta una “dolorabilità alle ovaie”, termine che, sebbene talvolta improprio perché non sempre sono coinvolti gli annessi, rende comunque bene l'idea della sede pelvica del dolore l'endometriosi è una patologia che incide pesantemente sulla qualità della vita → il dolore può essere intenso e intrattabile al punto da impedire alla paziente di svolgere le proprie attività quotidiane disuria e perdite ematiche urinarie: l'endometriosi costituisce una delle cause più frequenti di perdite ematiche urinarie in donne con una sintomatologia eclatante il reperto di sangue nelle urine in una giovane donna, in associazione con il caratteristico dolore sopra descritto, pone il sospetto di endometriosi vescicale dolore alla defecazione e sangue occulto fecale → dovuti alla presenza di focolai endometriosici nel retto e nel sigma sterilità → primo sintomo nel 30-40% delle donne dismenorrea → mestruazione dolorosa dispareunia → dolore durante il coito disturbi intestinali da coinvolgimento del tenue irregolarità mestruale un'endometriosi diffusa che coinvolga retto, vescica e pelvi può essere scambiata per una lesione neoplastica del retto → il campione bioptico della lesione inviato all'anatomia patologica dev'essere accompagnato da precise informazioni cliniche sulla paziente (età, sintomatologia, eventualmente pregressa diagnosi di endometriosi diffusa) per consentire un'adeguata interpretazione dell'esame istologico stadiazione della malattia endometriosica: nell'ambito delle malattie neoplastiche, la stadiazione si riferisce alla diffusione del processo patologico verso organi limitrofi o a distanza nel caso di lesioni non neoplastiche, la stadiazione si riferisce alla diffusione del processo patologico dalla sede in cui questa patologia è più frequente ai tessuti limitrofi la stadiazione correla sempre con la sintomatologia e con le complicanze dell'endometriosi la stadiazione (=valutazione della diffusione della malattia) si fa attraverso la risonanza magnetica → la risonanza magnetica è l'esame di elezione per fare diagnosi di endometriosi e studiarne la diffusione trattamento dell'endometriosi → l'endometriosi necessita di un trattamento per via della sintomatologia dolorosa che, soprattutto in stadio avanzato, riduce fortemente la qualità della vita della paziente: terapia farmacologica → blocco dell'asse ipotalamo-ipofisario con GnRH-antagonisti (antagonisti del Gonadotropin Releasing Hormone, antagonisti del fattore di rilascio delle gonadotropine): all'origine della sintomatologia dolorosa è l'input estro-progestinico → il blocco dell'asse ipotalamo-ipofisario con GnRH-antagonisti (antagonisti del Gonadotropin Releasing Hormone, antagonisti del fattore di rilascio delle gonadotropine) provoca l'interruzione del ciclo mestruale della paziente → non più stimolata dal ritmo estro-progestinico, l'endometriosi tende progressivamente a regredire, cioè a comportarsi come se fosse subentrata la menopausa: la strategia terapeutica farmacologica è utilizzabile solo per un breve periodo della vita della paziente → il trattamento farmacologico è impiegato in donne con endometriosi che desiderano avere una regressione temporanea dei sintomi nel caso di una donna di 18 anni con endometriosi diffusa non è pensabile bloccare l'asse ipotalamo-ipofisario fino alla menopausa → terapia chirurgica terapia chirurgica → resezione chirurgica dei focolai di endometriosi: utilizzata per trattare lesioni molto diffuse la risonanza magnetica consente di studiare i focolai di endometriosi successivamente, in laparoscopia (addome chiuso) l'operatore individua e rimuove chirurgicamente i focolai endometriosici dopo la resezione chirurgica è comunque indicato un blocco farmacologico temporaneo dell'asse ipotalamo-ipofisario con GnRH-antagonisti, per mettere a riposo sia l'ovaio che i focolai endometriosici correlati follow-up della paziente → generalmente dopo l'intervento si ha una drastica remissione della sintomatologia l'endometriosi non trattata, rimanendo per molti anni bersaglio della stimolazione estroprogestinica, può andare incontro a progressione neoplastica (cancerizzazione) → i focolai endometriosici possono essere sede d'insorgenza di tumori primitivi a morfologia endometriale in regioni ectopiche, soprattutto pelvi e organi pelvici. Apparato genitale femminile – MIOMETRIO TUMORI MESENCHIMALI PURI DELL'UTERO Parete dell'utero: la parete dell'utero ha una componente epiteliale, l'endometrio, costituito da ghiandole situate nello stroma citogeno la parete dell'utero ha una componente mesenchimale, il miometrio, costituito da tessuto muscolare liscio: il tessuto muscolare liscio è perenne → può andare incontro a ipertrofia, ma non a iperplasia ✤ nel corso della gravidanza, il miometrio va incontro a ipertrofia per consentire la significativa dilatazione dell'utero, che deve raggiungere un volume pari a 50 volte quello normale per accogliere il feto a termine analogamente all'endometrio, il miometrio è sottoposto al controllo estro-progestinico → pur non essendo sottoposto al controllo estro-progestinico in tutte le altre sedi dell'organismo (ad esempio nella parete intestinale), nell'utero il tessuto muscolare liscio è sensibile a questo tipo di input ormonale ✤ l'immunoistochimica consente di rilevare l'espressione di recettori per estrogeno e progesterone da parte del tessuto muscolare liscio miometriale. La componente mesenchimale nativa della parete dell'utero (miometrio) può dare origine a tumori mesenchimali puri → due entità biologiche: leiomioma → tumore benigno del tessuto muscolare liscio della parete dell'utero → lesione mesenchimale benigna leiomiosarcoma → tumore maligno del tessuto muscolare liscio della parete dell'utero → lesione mesenchimale maligna; rappresenta la controparte maligna del leiomioma. Leiomioma: tumore mesenchimale benigno dell'utero sensibile all'input estro-progestinico → il leiomioma è una lesione proliferativa a carico del tessuto muscolare liscio dell'utero che può insorgere a qualsiasi età, ma predilige le donne in pre-menopausa, a partire dai 15 anni → può interessare anche donne estremamente giovani: essendo sottoposto anche al controllo del progesterone, il leiomioma può modificarsi, cambiando forma e dimensione, durante la gravidanza il leiomioma può regredire in seguito alla riduzione della concentrazione ematica di estrogeno e progesterone → il leiomioma tende a regredire dopo la menopausa sfruttando l'ormono-dipendenza del leiomioma, la terapia farmacologica mira alla riduzione della concentrazione ematica di estrogeno e progesterone tramite il blocco dell'asse ipotalamo-ipofisario la lesione proliferativa può essere singola, ma più frequentemente si tratta di lesioni multiple a seconda della posizione che occupano nell'ambito della parete uterina, si distinguono: leiomiomi intramurali → compresi nello spessore della parete miometriale leiomiomi sottomucosi → situati subito sotto la mucosa endometriale leiomiomi sottosierosi → situati subito sotto la sierosa che ricopre esternamente l'utero leiomiomi peduncolati → protrudono dalla superficie sierosa dell'utero, aggettando nel cavo del Douglas le dimensioni alla diagnosi sono estremamente variabili, a seconda della sintomatologia con cui la lesione si manifesta nella paziente, inducendola a rivolgersi al medico: rimanendo quasi del tutto asintomatiche, le lesioni possono raggiungere dimensioni notevoli (10-1215cm...) un nodulo intramurale o peduncolato generalmente non dà sintomi, per cui la donna lo tollera molto bene un leiomioma sottomucoso o un leiomioma che protruda nella cavità uterina può invece dare un sanguinamento, pertanto può essere diagnosticato anche quando ha ancora dimensioni piuttosto ridotte la diagnosi è sempre ecografica: la paziente ha uno spotting, un sanguinamento irregolare intermestruale, si rivolge allo specialista, che riscontra tramite ecografia la presenza di un'alterazione della struttura causata da una lesione muscolare liscia in via di accrescimento approcci terapeutici → molteplici, dipendono dall'età e dalla clinica della paziente: paziente di 20 anni con leiomioma endocavitario sottomucoso che si manifesta con un sanguinamento: ✤ formazioni leiomiomatose intramurali sottomucose o intracavitarie possono ostacolare l'impianto dell'ovulo fecondato, con ovvie ripercussioni sulla fertilità ✤ data la giovane età della paziente, la soluzione farmacologica (blocco dell'asse ipotalamoipofisario) non è indicata, né tantomeno si può pensare di attendere la possibile regressione spontanea del leiomioma dopo la menopausa ✤ nel caso di lesioni sintomatiche endocavitarie o sottomucose di dimensioni ridotte, si procede alla resezione per via transvaginale (in isteroscopia) → il leiomioma viene asportato per morcellamento, cioè staccando piccoli pezzi con un resettoscopio fino a bonifica completa; l'intervento è breve e poco traumatico, dura circa 15-20 minuti e si esegue in anestesia generale ✤ nel caso di lesioni sintomatiche peuncolate o sottosierose, si procede alla resezione per via laparoscopica → con la paziente in anestesia generale, si insuffla anidride carbonica nell'addome, in modo tale da scollare gli organi per rendere ben visibili l'utero e gli annessi, dopodiché vengono eseguite piccole incisioni per l'introduzione di una sonda ottica e di un resettoscopio; con la sonda ottica si individua la lesione, con il resettoscopio si esegue la carottazione, che consiste nell'asportazione di piccole carotine di tessuto fino a bonifica completa → tecnica mini-invasiva, consente di evitare la laparotomia; al risveglio la paziente può avvertire dolore irradiato alla spalla provocato da un risentimento del nervo frenico dovuto alla compressione del diaframma, che dura poche ore e poi si risolve; la paziente si ricanalizza immediatamente e può andare a casa il giorno seguente ✤ indipendentemente dalla tecnica utilizzata, i frammenti di tessuto asportati sono sempre inviati all'anatomia patologica per la conferma istologica definitiva della diagnosi di leiomioma. Caratteristiche istologiche: possono verificarsi tre situazioni biologiche diverse: leiomioma leiomioma atipico leiomiosarcoma leiomioma e leiomiosarcoma costituiscono i due spettri, rispettivamente benigno e maligno, dello stesso tumore mesenchimale derivante dal tessuto muscolare liscio dell'utero tra leiomioma e leiomiosarcoma è compreso il leiomioma atipico, che corrisponde a una situazione di incertezza, nell'impossibilità di stabilire con esattezza se la neoplasia sia benigna o maligna → malignità impredittibile/malignità borderline/tumore a basso potenziale maligno: non è possibile prevedere con sicurezza se la neoplasia avrà un comportamento benigno o maligno → come trattiamo una paziente con leiomioma atipico? → certamente occorre un follow-up stretto nel tempo successivo alla resezione, ma oltre a questo? parametri morfologici macroscopici per la diagnosi differenziale tra leiomioma, leiomioma atipico e leiomiosarcoma: età → alcune patologie tendono a presentarsi in una determinata fascia di età e sono eccezionali in altre: ✤ il leiomioma è fortemente correlato alla stimolazione ormonale estro-progestinica → il leiomioma tende a manifestarsi prima della menopausa ✤ una lesione proliferativa miometriale insorta in post-menopausa, in assenza di stimolazione estro-progestinica di altra natura (HRT), deve far sospettare il leiomiosarcoma in caso di sospetto leiomiosarcoma è assolutamente controindicata la rimozione per via laparoscopica, in quanto il morcellamento della lesione provoca la disseminazione di cellule neoplastiche nel cavo peritoneale, promuovendo la diffusione del tumore nell'addome ✤ la peri-menopausa (40-55 anni) è la fascia di età maggiormente associata alla comparsa di leiomiomi atipici invasività e margini tumorali → l'esame ecografico consente di stabilire se la lesione espansiva dell'utero abbia margini netti o indistinti: ✤ il leiomioma solitamente presenta margini molto netti ed è privo di qualsiasi atteggiamento di invasività nei confronti dei tessuti limitrofi ✤ tutti quanti i leiomiosarcomi hanno margini indistinti e manifestano, per definizione, una tendenza all'invasione dei tessuti circostanti superficie di taglio → osservabile quando la lesione proliferativa nodulare dell'utero viene asportata in toto chirurgicamente, non per morcellamento o carottazione: ✤ nel leiomioma, la superficie di taglio è quasi sempre molto netta, protrudente ✤ nel leiomiosarcoma, la superficie di taglio si presenta irregolare, con aree soffici, depresse necrosi macroscopica → la presenza di necrosi è riscontrabile sia all'esame microscopico che all'osservazione a occhio nudo: le aree di necrosi sono gialle, granulose, spesso maleodoranti, molto evidenti macroscopicamente ancor prima che all'esame istologico: ✤ la necrosi macroscopica non è mai presente nelle lesioni benigne ✤ la necrosi macroscopica può essere presente nel leiomioma atipico ✤ la necrosi macroscopica è sempre presente e visibile anche a occhio nudo nel leiomiosarcoma dimensione → parametro macroscopico utile sia per la diagnosi istologica che per l'esame ecografico: ✤ le lesioni benigne tendono ad avere dimensioni ridotte, inferiori a 5cm ✤ le lesioni borderline o lesioni a prognosi non valutabile possono avere dimensioni variabili dai 5 ai 15cm ✤ i leiomiosarcomi hanno per definizione dimensioni superiori a 10cm parametri istologici (microscopici) per la diagnosi differenziale tra leiomioma, leiomioma atipico e leiomiosarcoma: invasione vascolare → nella stragrande maggioranza delle lesioni neoplastiche, l'invasione vascolare è un criterio istologico che correla in maniera significativa con l'aggressività biologica, consentendo di distinguere nettamente i tumori benigni da quelli probabilmente o sicuramente maligni → anche nel caso dei tumori del tessuto muscolare liscio dell'utero, il riscontro di invasione vascolare orienta nettamente verso una diagnosi di malignità: ✤ l'invasione vascolare non è mai evidente nel leiomioma, né nel leiomioma atipico più probabilmente benigno ✤ l'invasione vascolare è presente nel 33% dei leiomiomi probabilmente maligni e nel 33% dei leiomiosarcomi necrosi istologica → la necrosi si vede anche a occhio nudo, rientrando tra i caratteri macroscopici per la diagnosi differenziale, ma rappresenta un parametro molto utile anche in ambito istologico: ✤ la necrosi istologica è sempre assente nel leiomioma ✤ la necrosi istologica è presente nel 33% dei leiomiomi atipici probabilmente benigni ✤ la necrosi istologica è sempre presente nel leiomioma atipico probabilmente maligno e nel leiomiosarcoma atipia citologica: ✤ l'atipia citologica non è presente nelle forme benigne ✤ l'atipia citologica può essere presente in modo molto lieve nelle forme probabilmente benigne ✤ l'atipia citologica è sempre molto evidente nelle forme maligne probabili o conclamate indice mitotico → insieme alla necrosi, consente di esprimersi definitivamente in merito alla malignità del tumore, cioè se sia probabilmente maligno o sicuramente maligno: ✤ nel leiomioma, l'indice mitotico è sempre basso, minore di 5 per 10 HPF (High Power Field, campi a forte ingrandimento) ✤ nel leiomioma atipico, l'indice mitotico è compreso tra 5 e 9 per 10 HPF ✤ nel leiomiosarcoma, l'indice mitotico è superiore a 10 per 10 HPF la combinazione dei suddetti parametri macroscopici e istologici consente di distinguere con buona precisione le condizioni verosimilmente o sicuramente benigne da quelle verosimilmente o certamente maligne riassumendo quanto detto qui sopra, i parametri fondamentali per la diagnosi differenziale definitiva tra leiomioma e leiomiosarcoma sono costituiti da: età della paziente atipia citologica necrosi tumorale indice mitotico leiomioma → lesione proliferativa benigna del tessuto muscolare liscio dell'utero: atipia citologica → assente o, qualora presente, in forma molto lieve necrosi tumorale → assente indice mitotico → l'assenza di atipia, necrosi e invasione vascolare indicano chiaramente la natura benigna della lesione, rendendo superfluo il calcolo dell'indice mitotico leiomiosarcoma → lesione proliferativa maligna del tessuto muscolare liscio dell'utero: atipia citologica → presente; può essere moderata o severa necrosi → presente indice mitotico → anche in questo caso non è necessario contare le mitosi, perché solitamente atipia severa e necrosi si accompagnano a un numero così elevato di mitosi che già a colpo d'occhio è evidente come l'indice mitotico sia superiore a 10 per 10 HPF (però lo specializzando schiavizzato “che deve imparare” viene costretto a contarle ugualmente) leiomioma atipico → tumore a basso potenziale maligno/malignità borderline/malignità impredittibile: è impossibile prevedere se il comportamento biologico della lesione sarà benigno o maligno: atipia citologica → presente necrosi → presente, in genere non particolarmente diffusa o marcata indice mitotico → il numero di mitosi è piuttosto elevato; l'indice mitotico dev'essere valutato in relazione al quadro istologico complessivo, insieme a tipologia ed entità della necrosi e al grado di atipia citologica a seconda di tipologia ed entità della necrosi tissutale e del grado di atipia citologica, la neoplasia è considerata francamente maligna quando l'indice mitotico supera 10/10HPF (o 20/10HPF): ✤ atipia citologica lieve o assente + necrosi: + indice mitotico inferiore a 10/10HPF → leiomioma atipico + indice mitotico superiore a 10/10HPF → leiomiosarcoma ✤ atipia citologica moderata o severa diffusa + necrosi assente o ialina: + indice mitotico inferiore a 10/10HPF → leiomioma atipico + indice mitotico superiore a 10/10HPF → leiomiosarcoma ✤ atipia citologica moderata o severa focale + necrosi assente o ialina + indice mitotico inferiore a 20/10HPF → leiomioma atipico la diagnosi istologica di leiomioma atipico corrisponde a una situazione di malignità impredittibile, in cui non è possibile esprimersi con certezza sulla natura benigna o maligna della lesione → l'indice mitotico è piuttosto rilevante, è presente una certa quantità di necrosi, ma il tutto non arriva ad avere la sufficienza diagnostica per poter essere definito “leiomiosarcoma” → la paziente non dev'essere trattata con chemio- o radioterapia, ma occorre un follow-up strettissimo per individuare tempestivamente le recidive di malattia: la prima ricorrenza di malattia si verifica solitamente a livello pelvico i tumori mesenchimali maligni dell'utero tendono a metastatizzare per via ematica → gli organi target della metastatizzazione per via ematica di questo tumore sono rappresentati da: ✤ polmone ✤ fegato ✤ osso. Apparato genitale femminile – OVAIO Generalità: in continuità anatomica diretta con le fimbrie salpingee contiene i gameti femminili → costituisce la sede della maturazione del follicolo ooforo: follicolo primordiale → ovocita primario (=bloccato nella profase della prima divisione meiotica) circondato da un monostrato di epitelio follicolare (cellule della granulosa) appiattito follicolo intermedio → ovocita primario circondato da cellule piatte e cubiche follicolo primario → ovocita primario di volume aumentato, circondato da un epitelio follicolare (cellule della granulosa) cubico o cilindrico: follicolo primario unilaminare → ovocita primario circondato da un unico strato di epitelio follicolare cubico (cellule della granulosa cubiche) follicolo primario multilaminare → ovocita primario circondato da diversi strati di epitelio follicolare cubico (cellule della granulosa cubiche); l'ovocito inizia a produrre la zona pellucida, un rivestimento glicoproteico PAS-positivo follicolo secondario → ulteriore proliferazione delle cellule della granulosa; ispessimento della zona pellucida; il follicolo tende a spostarsi nella parte più profonda della corticale; parallelamente, le cellule stromali che lo circondano si organizzano a formare la teca del follicolo, nel contesto della quale vengono a definirsi uno strato interno, steroidogenico, e uno più esterno, connettivale follicolo preantrale → ovocita primario circondato da più strati di cellule della granulosa cubiche, teca interna e teca esterna; le cellule della granulosa secernono il liquido follicolare, dando luogo a una cavitazione focale del follicolo (corpi di Call-Exner) follicolo cavitario (follicolo antrale) → follicolo con cavità follicolare (antro) originato dalla confluenza dei corpi di Call-Exner; lo sviluppo dell'antro spinge l'ovocito, circondato da pochi strati di epitelio follicolare, verso la periferia della vescicola che si va ingrandendo: cumulo ooforo → cellule della granulosa + ovocito primario all'interno corona radiata → strato di epitelio follicolare immediatamente circostante la cellula uovo follicolo maturo (follicolo di Graaf) → sporge sulla superficie dell'ovaio come una piccola formazione cistica visibile all'ecografia; alcune ore prima dell'ovulazione, l'ovocito completa la prima divisione meiotica, con la formazione del primo globulo polare e di un ovocito secondario, bloccato nella metafase della seconda divisione meiotica: un picco nella secrezione adenoipofisaria di LH (ormone luteinizzante) provoca l'ovulazione, con eliminazione dell'ovocito circondato dalla corona radiata nel decorso fimbrico trasportato passivamente dalla corrente mucosa, l'ovocito percorre la tuba di Falloppio raggiungendo l'utero sotto lo stimolo continuo dell'ormone LH adenoipofisario, il follicolo si trasforma in corpo luteo: cellule luteiniche di origine granulosa → le cellule della granulosa aumentano di volume e acquisiscono le caratteristiche degli elementi steroidogenici, iniziando a secernere progesterone in risposta all'ormone luteinizzante cellule luteiniche di origine tecale → anche le cellule della teca interna aumentano di volume e iniziano a secernere progesterone e androstenedione in risposta all'ormone luteinizzante corpo luteo mestruale → se l'ovulo non è fecondato, il corpo luteo va incontro a luteolisi, con apoptosi di buona parte delle cellule luteiniche corpo luteo gravidico → se l'ovulo è fecondato e s'impianta nell'endometrio, il corpo luteo continua a funzionare, raggiunge dimensioni notevoli e secerne grandi quantità di estrogeni e progesterone che sostengono le prime sette-otto settimane della gravidanza (dopodiché gli subentra la placenta); al termine della gravidanza, il corpo luteo gravidico va incontro a luteolisi con gli stessi meccanismi del corpo luteo mestruale l'esito finale della luteolisi è la formazione del corpo albicante, una piccola massa sferoidale fibrosa relativamente acellulare di colorito biancastro, che rimane nell'ovaio: il corpo albicante può andare incontro a sclerosi, diventando corpo fibroso in qualche caso, durante la mestruazione, a livello del corpo luteo può verificarsi un'emorragia secondaria che residua in un ematoma con formazione del corpo luteo emorragico, destinato a trasformarsi in un corpo nigro a causa del proprio contenuto di pigmenti di origine ematica morfogenesi embrionale e modificazioni strutturali successive: l'ovaio viene a definirsi come entità evolutiva intorno all'8° settimana dello sviluppo embrionale nel contesto dell'abbozzo embrionale si definiscono i follicoli primordiali → l'ovaio fetale è un'esplosione di follicoli; non tutti i follicoli presenti nell'ovaio della neonata raggiungeranno la completa maturazione alla nascita, l'ovaio è costituito esclusivamente da follicoli primordiali in età fertile, si verifica ciclicamente, a cadenza pressappoco mensile, la maturazione completa di un singolo follicolo dopo la menopausa, analogamente a tutto quanto l'apparato genitale femminile, l'ovaio va incontro a involuzione → aspetto normale dell'ovaio dopo la menopausa: corticale ben evidente midollare espansa contenente i vasi la maggior parte dell'ovaio è occupata dai corpi albicanti, che appaiono come noduli eosinofili e rappresentano il residuo dell'attività ovarica fisiologica dal menarca alla menopausa la donna nasce con il suo corredo (patrimonio) genetico: essendo già presente come tale nell'organismo della donna alla nascita, il gamete femminile è maggiormente esposto a mutazioni del DNA rispetto al gamete maschile, prodotto ex novo sotto l'input testosteronico quando si sottopongono a esami radiologici, le bambine devono essere adeguatamente protette per preservare l'integrità del loro patrimonio genetico l'ovaio è costituito da tre zone fondamentali: epitelio celomatico → epitelio superficiale, molto simile al mesotelio; può essere piatto, cubico o lievemente cilindrico; può dare origine a specifici istotipi tumorali zona corticale → zona contenente i follicoli oofori e un ricco stroma di sostegno con abbondanti fibroblasti zona midollare → contiene l'afferenza dei vasi ematici e linfatici. Patologia ovarica: la patologia ovarica più frequente è quella neoplastica la biologia delle neoplasie ovariche comprende diversi spettri: tumori benigni tumori borderline (tumori a malignità incerta/impredittibile) tumori maligni presentazione clinica: sintomatologia generalmente assente nelle fasi precoci della malattia quando presente, il sintomo è strettamente correlato a: biologia della lesione → benigna vs maligna dimensioni della lesione → l'esame ecografico consente di individuare lesioni benigne, ma anche maligne, di dimensioni ridotte la sintomatologia delle lesioni neoplastiche dell'ovaio è molto variegata e altamente aspecifica sintomatologia: data la sede anatomica dell'ovaio, la patologia ovarica può estrinsecarsi con manifestazioni a carico degli organi contigui: sintomi urinari sintomi gastro-intestinali distensione addominale, ascite, dolore sanguinamento vaginale di tipo funzionale quadro acuto di dolore dovuto a torsione o rottura della massa ovarica benigna o maligna sindromi paraneoplastiche → si manifestano quasi sempre in uno stadio avanzato della malattia neoplastica maligna dell'ovaio. Diagnosi di tumore ovarico (può essere utile considerare il termine “tumore” nell'antica accezione della patologia generale, come “aumento volumetrico dell'organo”): età → anche in questo caso rappresenta un parametro clinico fondamentale: molti tumori benigni tendono a manifestarsi nella giovane i tumori maligni sono tipici della post-menopausa i tumori borderline interessano maggiormente la fascia di età compresa tra i 25 e i 35 anni visita ginecologica → consente di studiare i contorni degli organi pelvici: utero (corpo uterino) → contorni, dimensioni, struttura ovaio → contorni, dimensioni, struttura → variano in funzione dell'età della paziente: nella donna in età fertile, l'ovaio è un organo di 3-4cm, con profili più o meno regolari → ogni mese in una delle ovaie si forma de novo il corpo luteo → la crescita del corpo luteo modifica la conformazione (il profilo) dell'ovaio dopo la menopausa, l'ovaio va incontro a involuzione → nella donna di 70 anni, l'ovaio si presenta come un piccolo organo involuto di circa 2cm il riscontro di un aumento volumetrico a carico dell'ovaio impone il passaggio alla tappa successiva dell'algoritmo diagnostico, che si articola su due esami: esame strumentale: ecografia → l'ecografia rappresenta il gold standard per la valutazione dello stato delle ovaie esame ematochimico: dosaggio ematochimico del CA-125 sierico: il CA-125 è un marcatore tumorale che aumenta in modo sensibile nel siero delle pazienti affette da neoplasie ovariche, specialmente di istotipo sieroso papillifero → nelle forme neoplastiche avanzate, la concentrazione sierica del CA-125 può superare anche di 100 volte il valore normale il CA-125 può aumentare con andamento oscillatorio, senza mai raggiungere valori estremamente elevati, in corso di: tumori benigni e maligni dell'ovaio diversi dall'istotipo sieroso papillifero risentimenti pleurici risentimenti mesoteliali mesotelioma la concentrazione sierica del CA-125 è indicativa di neoplasia maligna per valori almeno 15-20 volte superiori alla norma, mentre sue oscillazioni di minore entità sono più frequentemente correlate a: tumori benigni dell'ovaio tumori o infiammazioni della pleura tumori o infiammazioni del mesotelio peritoneale fattori prognostici → parametri fondamentali per la valutazione diagnostica e terapeutica della paziente con tumefazione ovarica: età della paziente: molti tumori benigni tendono a manifestarsi nella giovane i tumori maligni sono tipici della post-menopausa i tumori borderline interessano maggiormente la fascia di età compresa tra i 25 e i 35 anni dimensioni dell'ovaio: nella donna in età fertile, l'ovaio è un organo di 3-4cm, con profili più o meno regolari → ogni mese in una delle ovaie si forma de novo il corpo luteo → la crescita del corpo luteo modifica la conformazione (il profilo) dell'ovaio dopo la menopausa, l'ovaio va incontro a involuzione → nella donna di 70 anni, l'ovaio si presenta come un piccolo organo involuto di circa 2cm stadio → interessamento di eventuali strutture limitrofe: costituisce il criterio prognostico fondamentale → sopravvivenza a 5 anni: stadio I → 90% stadio II → 80% stadio III → 15% stadio IV → 4% 86 punti percentuali di differenza in termini di sopravvivenza tra le pazienti diagnosticate in stadio I e quelle diagnosticate in stadio IV tipo istologico grado istologico → grado di differenziazione residuo tumorale → massa tumorale residua dopo il trattamento chemioterapico neoadiuvante: diagnosi di tumore ovarico in stadio avanzato → non è possibile asportare chirurgicamente tutto quanto il tumore → non è possibile intervenire chirurgicamente per eseguire la bonifica oncologica della paziente → trattamento farmacologico: somministrazione della chemioterapia neoadiuvante a scopo citoriduttivo → riduzione della cellularità e delle dimensioni del tumore → intervento chirurgico di debulking tumorale: asportazione di tutto ciò che rimane di neoplastico nella pelvi della paziente dopo il trattamento farmacologico neoadiuvante. Classificazione dei tumori ovarici: tumori derivanti dall'epitelio celomatico di superficie: ✤ istotipi tumorali: ✹ sieroso ✹ mucinoso ✹ endometrioide ✹ a cellule chiare ✹ transizionale ✹ squamoso ✤ dall'epitelio celomatico totipotente possono insorgere tumori con morfologia e istotipo assolutamente differenti → “dall'epitelio celomatico può venir fuori un po' di tutto” ✤ macroscopicamente, a seconda della modalità di crescita nel contesto dell'ovaio, i tumori ovarici possono essere: ✹ esofitici → il tumore cresce sulla superficie dell'ovaio → la proliferazione altera significativamente la struttura e i contorni dell'ovaio → la massa può essere riscontrata alla palpazione ✹ intracistici → il tumore sostituisce progressivamente il parenchima ovarico → alla palpazione si avverte solo un aumento dimensionale dell'ovaio; all'ecografia, il parenchima ovarico non ha più l'ecogenicità di un ovaio normale ✤ biologicamente, i tumori ovarici possono essere: ✹ benigni ✹ borderline → forma molto frequente ✹ maligni tumori derivanti da cellule della linea germinale: ✤ teratoma ✹ teratoma cistico maturo (cisti dermoide) ✹ teratoma immaturo ✤ tumori del sacco vitellino ✤ tumori a cellule germinali miste tumori stromali e dei cordoni sessuali: ✤ tumori della granulosa ✤ fibromi ✤ tecomi ✤ fibrotecomi ✤ tumori a cellule del Sertoli ✤ tumori a cellule del Leydig ✤ ginandroblastoma tumore maligno non altrimenti specificato cancro metastatico da tumore primitivo non ovarico. Tumori derivanti dall'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio – TUMORI SIEROSI DELL'OVAIO Generalità: derivano dall'epitelio celomatico di superficie → sono tumori epiteliali per definizione che si esprimono istologicamente con una morfologia sierosa biologicamente, possono essere: benigni borderline maligni sono i tumori più frequenti in assoluto dell'ovaio → rappresentano il 30-40% di tutti i tumori ovarici; di questi: il 70% sono benigni il 5-10% sono borderline il 20-25% sono maligni frequentemente bilaterali all'esordio → a differenza della maggior parte dei tumori ovarici e indipendentemente dalla forma biologica benigna, borderline o maligna, i tumori sierosi tendono a interessare entrambe le ovaie all'esordio di fatto, l'istotipo sieroso è l'unico tumore primitivo dell'ovaio a manifestarsi bilateralmente; l'altro tumore tipicamente bilaterale dell'ovaio è la metastasi da tumore primitivo non ovarico: in una donna giovane di 20-25 anni, una tumefazione bilaterale visibile all'ecografia è più verosimilmente un tumore sieroso bilaterale in una donna di 60 anni, una tumefazione bilaterale visibile all'ecografia è più verosimilmente una metastasi da tumore primitivo non ovarico. Tumori sierosi benigni: massima incidenza nella quinta decade → insorgono nel periodo peri-menopausale o subito dopo la menopausa nella maggior parte dei casi rappresentano un riscontro casuale aspetto macroscopico: ✤ a seconda della modalità di crescita nel contesto dell'ovaio, il tumore sieroso benigno può essere: esofitico → il tumore si accresce alla superficie dell'ovaio, assumendo un aspetto di tipo papillare intracistico → il tumore si accresce all'interno del parenchima ovarico ✤ a seconda dell'organizzazione interna della massa, il tumore sieroso benigno può essere: uniloculato → nella maggior parte dei casi, il tumore sieroso benigno si presenta come una cisti a contenuto liquido evidente all'esame ecografico → il tipico aspetto ecografico è indicativo della natura benigna della lesione multiloculato aspetto microscopico: l'istotipo sieroso è, fra tutti, quello che somiglia maggiormente all'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio dal quale deriva → la cisti è tappezzata da un epitelio piatto oppure cilindrico ciliato maturo, monostratificato o in doppio strato la cisti contiene sempre un liquido sieroso limpido dosaggio sierico del CA-125 → il CA-125 può essere lievemente aumentato nel siero delle pazienti con tumore sieroso benigno dell'ovaio; l'incremento è tuttavia molto lieve, nettamente inferiore alle impennate di 20 o 30 volte superiori alla norma che si verificano nelle forme borderline e maligne trattamento chirurgico: ✤ è molto importante caratterizzare per quanto possibile precisamente la lesione, definendone l'istotipo e la biologia (benigna, borderline, maligna) in sede preoperatoria al fine di scegliere il trattamento chirurgico più appropriato, facile e sicuro per la paziente ✤ l'opzione laparoscopica consente di rimuovere esclusivamente la lesione focale → in laparoscopia, la lesione è rimossa, aspirata e inviata all'esame istologico. Tumori sierosi borderline (SBTs, Serous Borderline Tumors): rappresentano il 25-30% dei tumori sierosi “non benigni”, senza tuttavia essere francamente maligni → non sono benigni, ma la loro aggressività biologica è bassa massima incidenza tra i 30 e i 50 anni → interessano una fascia di età più giovane rispetto a quella maggiormente colpita dal tumore sieroso benigno: il tumore sieroso borderline rappresenta un problema per la donna in età fertile → considerando che l'età della primiparità è significativamente aumentata negli ultimi anni, il picco d'incidenza del tumore sieroso borderline si verifica proprio nella fascia di età in cui la maggior parte delle donne fa il primo figlio nel 30% dei casi sono bilaterali nel 70% dei casi sono in stadio I → i tumori sierosi borderline sono spesso curabili all'esordio aspetto macroscopico: endofitici (intracistici) → la crescita della lesione nel contesto del parenchima ovarico provoca un aumento delle dimensioni dell'organo; la natura cistica della lesione comporta una significativa alterazione della consistenza e dell'ecogenicità dell'ovaio: alla palpazione, l'ovaio presenta dimensioni aumentate con punti di minore resistenza all'ecografia, l'ovaio appare disomogeneo, sostituito da lesioni cistiche irregolari, spesso sepimentate, che ne alterano significativamente l'ecogenicità; il potere di risoluzione dell'ecografia consente di escludere la benignità della lesione e avviare la paziente al trattamento chirurgico, ma non permette di distinguere il tumore sieroso borderline dal tumore sieroso maligno multiloculati → la lesione cistica è spesso sepimentata all'interno quasi sempre accompagnati da escrescenze papillari esofitici → quando si accrescono alla superficie sierosa dell'ovaio, possono modificarne completamente la morfologia, sia dal punto di vista palpatorio (l'ovaio presenta una superficie irregolare) che dal punto di vista ecografico: in alcuni casi l'intera superficie ovarica può essere ricoperta da escrescenze papillari le escrescenze papillari possono interessare non solo l'ovaio, ma anche la salpinge e il punto di attacco della salpinge all'utero dosaggio sierico del CA-125 → il CA-125 può essere aumentato in modo molto marcato, in relazione all'estensione della lesione trattamento chirurgico: la lesione è asportata in laparoscopia e inviata all'esame istologico estemporaneo → se la lesione ha natura francamente maligna all'esame istologico estemporaneo, si procede alla rimozione di entrambe le ovaie e dell'utero; va da sé che la paziente deve essere preparata a quest'evenienza e aver accettato le possibili conseguenze dell'intervento tramite consenso informato: dal momento che si tratta di una diagnosi estremamente difficile, l'esame microscopico estemporaneo non rappresenta il gold standard → l'esame estemporaneo serve solamente a stabilire se, citologicamente e strutturalmente, si tratti di una lesione borderline o francamente maligna, per indirizzare l'intervento chirurgico in corso: lesione borderline → si asporta esclusivamente la massa tumorale, lasciando in sede l'utero e ciò che resta dell'ovaio lesione francamente maligna → si asportano entrambe le ovaie e l'utero al contrario, l'esame istologico estemporaneo è risolutivo nell'approccio chirurgico alle neoplasie mammarie: il nodulo mammario è asportato e inviato all'esame istologico estemporaneo, che ne definisce la natura biologica benigna o maligna: lesione maligna → a seconda della posizione del nodulo, si asporta il linfonodo sentinella o l'intera mammella lesione benigna → si asporta esclusivamente la lesione l'estemporanea è risolutiva anche nello studio dei margini di resezione di alcune neoplasie maligne → il pezzo chirurgico asportato è inviato all'esame istologico estemporaneo per stabilire se i margini di resezione siano o meno coinvolti nella malattia neoplastica: i margini di resezione non contengono cellule neoplastiche (sono liberi da malattia) → non è necessario asportare ulteriore tessuto i margini di resezione contengono cellule neoplastiche (sono coinvolti nella malattia neoplastica) → occorre asportare ulteriore tessuto concentrico alla sede della lesione rimossa nel caso del sospetto leiomiosarcoma, l'estemporanea non è mai risolutiva, dal momento che la complessità della diagnosi implica uno studio approfondito di molteplici parametri (grado di atipia, presenza di necrosi, indice mitotico e altri) la cui valutazione richiede tempo → i tempi tecnici di un esame microscopico del genere non sono compatibili con una diagnosi estemporanea nel corso dell'intervento chirurgico l'aspetto macroscopico è fondamentale nella diagnostica delle masse ovariche: il chirurgo è il primo a vedere direttamente la lesione in laparoscopia, quindi solitamente riesce subito a farsi un'idea di cosa possa trattarsi le lesioni esofitiche tendono a esfoliare (=a perdere cellule) → le cellule esfoliate si raccolgono nel cavo del Douglas → dopo aver rimosso la lesione dall'ovaio, occorre eseguire il lavaggio del cavo del Douglas impianti pelvici → così come si accrescono sull'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio, i tumori sierosi borderline mostrano una spiccata tendenza a diffondersi lungo le sierose, dando luogo a impianti pelvici: la pelvi presenta una superficie molto ampia, costituita da: pareti anatomiche della pelvi superficie sierosa di tutti gli organi viscerali (tenue, colon, etc) rimossa la lesione principale e le eventuali lesioni sull'ovaio controlaterale, occorre studiare tutta la regione pelvica ed eventualmente eseguire biopsie multiple → le biopsie sono mirate: con la sonda ottica laparoscopica si ricercano segni della presenza di impianti tumorali nell'ambito delle pareti anatomiche della pelvi e della superficie sierosa degli organi pelvici: nessun riscontro di impianti tumorali nella pelvi → esecuzione del mapping, una mappatura random della superficie pelvica ed eventualmente delle sierose viscerali riscontro di una moltitudine di impianti tumorali nella pelvi (alto stadio) → non è possibile asportare tutti quanti gli impianti pelvici; se ne asportano alcuni per la diagnosi istologica definitiva, rimandando la paziente all'oncologo. Aspetto microscopico: papille strutturalmente complesse a stroma lasso o denso, rivestite da epitelio cubico ciliato, con vari gradi di atipia citologica solitamente il tumore sieroso borderline si presenta come una neoplasia a basso grado e alto stadio: basso grado: l'atipia citologica dell'epitelio che riveste le papille è lieve, meno marcata rispetto ai carcinomi le cellule sono abbastanza differenziate e non mostrano le caratteristiche anaplastiche tipiche del carcinoma → il tumore è ben differenziato le cellule dell'epitelio che riveste le papille sono monostratificate alto stadio → la neoplasia tende a diffondersi nel peritoneo pelvico, coinvolgendo la pelvi in più punti l'attività mitotica non è mai particolarmente elevata nella maggior parte dei casi, le cellule epiteliali neoplastiche rivestono le papille, ma sono assenti nello stroma → il tumore sieroso borderline è intraepiteliale → non è in grado di dare metastasi a distanza, ma tende a diffondere nella pelvi migrando e impiantandosi lungo la sierosa dell'epitelio celomatico e del peritoneo → il tumore sieroso borderline può presentare problemi di bonifica chirurgica anche in prima diagnosi possono essere presenti focolai di microinvasione: gruppi di cellule che invadono lo stroma ovarico → il tumore non è più intraepiteliale per individuare i focolai di microinvasione occorre visualizzare quasi tutto il campione di tessuto asportato, effettuando prelievi multipli → un esame così approfondito richiede tempi incompatibili con la diagnosi istologica estemporanea → la diagnosi istologica estemporanea può essere solamente orientativa, ma non risolutiva → occorre attendere la diagnosi istologica definitiva la presenza di focolai di microinvasione non altera la prognosi, quindi nemmeno l'approccio terapeutico alla paziente → il trattamento chirurgico dev'essere il più possibile conservativo, nell'ottica di preservare il patrimonio genetico e la fertilità della paziente riassumendo: istologicamente, il tumore sieroso borderline è un tumore a bassa aggressività biologica, fondamentalmente intraepiteliale e blando dal punto di vista citologico (basso grado), che tuttavia mostra una spiccata tendenza a diffondersi lungo la sierosa pelvica (alto stadio). Impianti peritoneali da tumore sieroso borderline dell'ovaio: placche o noduli peritoneali, solitamente non superiori a 1-2cm (D'Errico: “non sono robe che devi andare a cercare studiando la vascolarizzazione anomala, ma veri e propri noduli visibili a occhio nudo”) più frequenti in donne con tumori sierosi broderline a crescita esofitica possono essere di due tipi: impianti peritoneali invasivi: costituiscono il 12% degli impianti peritoneali caratterizzati da una proliferazione disordinata di componente epiteliale e stromale presentano marcata atipia citologica i margini delle lesioni sono sempre infiltrativi a carico del tessuto limitrofo → l'impianto peritoneale invasivo è un vero e proprio carcinoma in grado di infiltrare e dare metastasi, pertanto ha significato biologico completamente diverso rispetto all'impianto peritoneale non invasivo si tratta di una diagnosi estremamente difficile, che sovente richiede il parere di uno specialista in ginecopatologia (=che vede 1000-1500 casi all'anno) perché condiziona in maniera determinante l'approccio terapeutico alla paziente impianti peritoneali non invasivi: costituiscono la maggioranza (88%) degli impianti peritoneali il tumore sieroso borderline migra lungo la sierosa peritoneale, si impianta e cresce senza invadere il tessuto sottostante; l'impianto peritoneale non invasivo ha lo stesso significato biologico del tumore sieroso esofitico non invasivo che si accresce alla superficie dell'ovaio due tipi istologici differenti, anche dal punto di vista macroscopico: impianti epiteliali → proliferazioni di cellule epiteliali atipiche che somigliano a quelle del tumore sieroso benigno, in forma di placchette granulose o micropapillari visibili sulla sierosa peritoneale impianti desmoplastici → reazioni fibrose o stromali contenenti cellule epiteliali atipiche e talvolta corpi psammomatosi, concrezioni calcifiche a struttura lamellare del tutto identiche a quelle che si riscontrano nel carcinoma papillifero della tiroide, che accompagnano molto frequentemente i tumori sierosi ovarici sia borderline che maligni; gli impianti peritoneali desmoplastici non sono costituiti da papille, ma da placchette o nodulini di consistenza dura sulla sierosa peritoneale. Comportamento biologico degli impianti peritoneali da tumore sieroso borderline dell'ovaio: possono configurarsi due tipologie di situazioni: ipotesi 1 – donna in età fertile con lesione bilaterale dell'ovaio → apparente bonifica chirurgica completa della pelvi della paziente: l'ovaio destro è parzialmente coinvolto → in laparoscopia, la porzione di ovaio destro coinvolta è asportata e inviata all'esame istologico estemporaneo (campione 1), lasciando in sede l'emisezione dell'ovaio l'ovaio sinistro mostra piccole escrescenze sulla superficie → la porzione di ovaio sinistro contenente le escrescenze papillari è asportata e inviata all'esame istologico estemporaneo, lasciando in sede l'emisezione dell'ovaio sul campione 1, la diagnosi istologica estemporanea è di “tumore sieroso borderline” → lavaggio del cavo del Douglas e studio della sierosa peritoneale → piccole placchette o nodulini eventualmente presenti vengono asportati e mandati all'esame istologico definitivo (non a quello estemporaneo!) nella maggior parte dei casi si configura una situazione di tumore sieroso borderline bilaterale senza microinvasione, con associati impianti peritoneali non invasivi consulenza oncologica follow-up della paziente per individuare precocemente eventuali riprese di malattia: ecografia dosaggio sierico del CA-125 → il CA-125 è un ottimo campanello d'allarme che segnala la ripresa di malattia primo controllo dopo 3 mesi: CA-125 secondo controllo dopo 6 mesi: CA-125 + ecografia → se la paziente è libera da lesioni dopo 6 mesi e vuole un figlio, programma di fare un figlio in genere però non riceve la terapia stimolatoria ormonale a causa del problema neoplastico ovarico, perciò si programma una maternità spontanea la paziente può rimanere libera da malattia per il resto della propria vita; in caso di ripresa di malattia, si verifica un aumento del CA-125 → occorre procedere al second look: in laparoscopia, si studia nuovamente la sierosa ovarica e tutta la sierosa peritoneale → eventuali lesioni localizzate sono asportate e mandate all'esame istologico definitivo (non all'esame estemporaneo) situazioni del genere possono protrarsi anche per molti anni → gli impianti peritoneali che continuano a formarsi nell'ambito della pelvi nel corso degli anni vengono man mano rimossi; in situazioni del genere non si ricorre alla chemioterapia: essendo a basso grado di atipia citologica, molto ben differenziati, istologicamente vicini all'epitelio d'origine, questi tumori rispondono male alla chemioterapia ipotesi 2 – paziente in età fertile con tumore sieroso borderline e impianti peritoneali multipli → gli impianti peritoneali sono troppi per poter essere rimossi durante un unico intervento di laparoscopia: in laparoscopia, si asportano tutte le lesioni ovariche macroscopicamente evidenti, ma gli impianti peritoneali sono troppi e non è possibile asportarli tutti quanti per motivi di tempo (la paziente ha l'addome pieno di anidride carbonica, che esercita una pressione positiva sul diaframma) → tutti i noduli asportati sono inviati alla diagnosi istologica definitiva la diagnosi istologica definitiva è “tumore sieroso borderline con impianti peritoneali associati non invasivi” → si dà per scontato che anche gli impianti peritoneali lasciati in sede non siano invasivi follow-up stretto della paziente: dosaggio sierico del CA-125 second look programmato dopo 3-4 mesi, perché alcuni impianti, non potendo essere rimossi nel corso del primo intervento per motivi di tempo, sono stati lasciati in sede il trattamento chirurgico dev'essere sempre di tipo conservativo nella donna fertile, perché questo tipo di lesioni può anche non ripresentarsi e rimane prioritario preservare la fertilità della paziente la ricorrenza avviene nel 5-10% dei casi la trasformazione dell'impianto peritoneale in carcinoma infiltrante è rara → situazioni come quelle sopra descritte possono protrarsi anche per molti anni: gli eventuali impianti peritoneali riscontrati nel corso del follow-up sono asportati tramite successive laparoscopie (second look) e inviati all'esame istologico definitivo → se l'esame istologico conferma la natura non invasiva degli impianti asportati la paziente rimane in follow-up laparoscopico, ma non occorre prendere ulteriori misure terapeutiche la presenza di impianti peritoneali invasivi correla con una prognosi infausta → gli impianti invasivi hanno biologia francamente maligna → gli impianti peritoneali invasivi sono veri e propri carcinomi infiltranti l'impianto invasivo può essere trattato farmacologicamente con la chemioterapia, ma questa opzione terapeutica è controindicata nelle pazienti che desiderano la gravidanza. Tumori sierosi borderline primitivi del peritoneo: non comportano il coinvolgimento dell'ovaio → l'epitelio ovarico può essere normale o minimamente coinvolto insorgono da residui muelleriani peritoneali si localizzano principalmente nel peritoneo pelvico dosaggio sierico del CA-125 → aumento aspecifico del CA-125: aumento del CA-125 in assenza di lesioni ovariche ecograficamente evidenti le pazienti si sottopongono a laparoscopia esplorativa per uno studio della pelvi dal punto di vista istologico, i tumori sierosi borderline primitivi del peritoneo somigliano agli impianti non invasivi macroscopicamente si presentano come aree di fibrosi o fini granulazioni la prognosi è generalmente buona spesso costituiscono un reperto accidentale in corso di laparotomia praticata per altre patologie (isterectomia radicale, resezione colica, interventi sul tenue, etc) → trattandosi di un reperto accidentale, occorre capire di cosa si tratti, caratterizzando istologicamente le lesioni e defininendone la natura biologica → le lesioni macroscopicamente evidenti sono asportate e inviate all'esame istologico estemporaneo → diagnosi istologica estemporanea di “tumore sieroso borderline del peritoneo” → bisogna controllare le ovaie della paziente, perché il tumore sieroso borderline primitivo del peritoneo può accompagnarsi a localizzazioni a livello ovarico. Trattamento del tumore sieroso borderline dell'ovaio: paziente anziana, in post-menopausa → non è necessario cercare di preservare la fertilità della paziente, sottoponendola a un intervento conservativo seguito da una lunga serie di controlli (CA-125, second look, etc) → si procede direttamente con: isteroannessectomia bilaterale con prelievi peritoneali mapping peritoneale lavaggio del cavo del Douglas paziente giovane, prima della menopausa → è prioritario fare il possibile per preservare la fertilità della paziente: trattamento chirurgico il più possibile conservativo con prelievi peritoneali lavaggio del cavo del Douglas chemioterapia solo nelle pazienti con impianti invasivi follow-up con: ecografia CA-125 eventualmente follow-up laparoscopico con second look programmati → la programmazione del second look è in relazione all'aspetto ecografico e alle variazioni sieriche del CA-125. Tumori sierosi maligni → carcinoma sieroso papillifero: il carcinoma sieroso papillifero costituisce lo spettro maligno del tumore sieroso dell'ovaio incide principalmente in post-menopausa → età media: 55 anni quasi sempre asintomatico, almeno all'inizio, fino a stadi piuttosto avanzati → solitamente diagnosticato in stadio II o III (70% delle prime diagnosi) trattamento chirurgico → laparotomia + stadiazione chirurgica: si interviene direttamente con una laparotomia il carcinoma sieroso papillifero si accresce con modalità esofitica, mostrando una spiccata tendenza a coinvolgere il peritoneo in prossimità dell'utero e, per contiguità, le sierose rettale e vescicale → durante l'intervento, l'operatore constata che il tumore è in stadio così avanzato da rendere impossibile lo scollamento dell'utero dal retto posteriormente e dalla vescica anteriormente → in questa situazione, la laparotomia assume carattere esplorativo con esecuzione di prelievi per la diagnosi istologica chemioterapia neoadiuvante a scopo citoriduttivo, per rendere possibile l'intervento chirurgico → asportazione di utero, ovaie e tutto il residuo tumorale macroscopicamente visibile (debulking tumorale): i carcinomi ovarici sono tumori a elevata aggressività biologica, caratterizzati da un elevato indice mitotico → la chemioterapia neoadiuvante è solitamente efficace la prognosi delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato dipende anche dal residuo tumorale (quantità di cellule neoplastiche vitali residue rispetto all'ambiente necrotico) la chemioterapia neoadiuvante serve a citoridurre la massa neoplastica, consentendo di procedere al debulking tumorale aspetto macroscopico: bilaterale nel 30% dei casi si accresce vigorosamente, dando origine a masse di grandi dimensioni → l'asse maggiore della neoplasia può raggiungere e superare 15-20cm massa a struttura grossolanamente cistica, spesso con aree di necrosi ed emorragia si contraddistingue per la presenza di aree cistiche con residui papillari aspetto istologico: microstruttura papillare le papille sono rivestite da un epitelio fortemente atipico → marcata atipia citologica → atipia nucleare: pleomorfismo nucleare figure mitotiche atipiche cellule multinucleate le cellule neoplastiche possono raggiungere un grado di indifferenziazione tale da rendere irriconoscibile l'istotipo sieroso nel complesso, la crescita neoplastica: è molto complessa fortemente irregolare, disordinata può essere solida marcata invasività: il carcinoma sieroso infiltra i tessuti → l'invasione tissutale si accompagna a: desmoplasia reazione dell'ospite linfangite carcinomatosa non dà luogo a dubbi diagnostici → all'esame istologico, si presenta come un tumore francamente maligno caratterizzato da marcata atipia cellulare e invasività. Tumori derivanti dall'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio – TUMORI MUCINOSI DELL'OVAIO Generalità: dal punto di vista biologico, anche i tumori mucinosi possono essere: benigni borderline maligni a differenza dei tumori sierosi, che si presentano come lesioni o benigne o borderline o maligne, il tumore mucinoso costituisce uno spettro biologico → una massa di tumore mucinoso può contenere aree sia benigne, sia borderline, sia francamente maligne di tutti i tumori mucinosi ovarici: il 75% sono benigni il 10% sono borderline il 15% sono maligni (carcinomi) la diagnosi di tumore mucinoso è molto complessa e richiede lo studio di un grandissimo numero di prelievi → l'esame istologico estemporaneo non può essere risolutivo, occorre attendere il referto definitivo quasi sempre monolaterale aspetto macroscopico: in prima diagnosi, il tumore mucinoso si presenta quasi sempre come una massa di grandi dimensioni, il cui asse maggiore può superare 10-15cm e spesso raggiungere 20cm: ✤ alla palpazione si riscontra una massa monolaterale di grosse dimensioni ✤ all'ecografia l'ovaio appare sostituito da una massa di grandi dimensioni costituita da cisti pluriconcamerate l'esame palpatorio e l'ecografia indirizzano subito verso il trattamento chirurgico → si procede direttamente alla laparotomia; la laparoscopia è controindicata in quanto: ✤ le dimensioni della massa non ne consentono un'agevole rimozione per via laparoscopica ✤ la lesione può rompersi nella pelvi con fuoriuscita del contenuto cellulare neoplastico, dando luogo a impianti pelvici aspetto istologico: l'istotipo mucinoso è rivestito da un epitelio mucinoso, cioè un epitelio in grado di produrre mucina la produzione di mucina può avvenire secondo due modalità, che si rispecchiano nella morfologia del tumore: ✤ morfologia simile all'epitelio intestinale, con presenza di goblet cells (cellule caliciformi mucipare classiche) ✤ morfologia simile alle ghiandole endocervicali la massa neoplastica può includere: ✤ aree cistiche mucinose sicuramente benigne ✤ aree complesse microcistiche → possono avere significato biologico di componente borderline o di carcinoma mucinoso → data la complessità della lesione, l'esame istologico estemporaneo non è adatto a caratterizzarla: per definirne le proprietà biologiche occorre uno studio più approfondito. Tumori mucinosi borderline: lesioni monolaterali si presentano in prima diagnosi con un diametro medio di 19cm quasi sempre multicistici quasi sempre includono una componente benigna per la diagnosi di tumore mucinoso borderline occorre eseguire un prelievo ogni centimetro → per una massa del diametro massimo di 19cm, ad esempio 19x12cm, sarà necessario eseguire almeno 35-40 prelievi → in questo caso è particolarmente evidente l'impraticabilità dell'esame estemporaneo ai fini della diagnosi dal punto di vista morfologico, i tumori mucinosi borderline si suddividono in: ✹ tumori mucinosi borderline di tipo intestinale: IMBT → Intestinal-type Mucinous Borderline Tumor la componente muco-secernente è simile a quella intestinale (colica) → all'esame istologico si osservano strutture ghiandolari molto complesse, tappezzate da elementi cellulari con nuclei piccoli, allineati alla base, e cellule caliciformi mucipare intercalate; nel complesso, l'aspetto microscopico della lesione ricorda quello dell'adenoma colico (polipo adenomatoso del colon) rappresentano l'85% dei tumori mucinosi borderline biologicamente meno aggressivo rispetto al tumore mucinoso borderline a morfologia endocervicale → prognosi più favorevole ✹ tumori mucinosi di tipo endocervicale: EMBT → Endocervical-like Mucinous Borderline Tumor la componente muco-secernente somiglia all'epitelio delle ghiandole endocervicali rappresentano il 15% dei tumori mucinosi borderline ha comportamento biologico più aggressivo rispetto al tumore mucinoso borderline a morfologia intestinale → prognosi peggiore il tumore mucinoso borderline ha caratteristiche biologiche analoghe al tumore sieroso borderline: ✹ blanda atipia citologica; le cellule neoplastiche sono stratificate → tumore a basso grado ✹ proliferazione epiteliale senza invasione stromale → tumore intraepiteliale. Tumori mucinosi maligni: aspetto microscopico: singoli elementi ghiandolari assolutamente irregolari caratteristiche biologiche della neoplasia: inflitrazione stromale → reazione tissutale all'invasione: stroma desmoplastico, flogosi atipia citologica marcata → atipia nucleare: nuclei ipercromici di grandi dimensioni. Trattamento dei tumori mucinosi: donna in post-menopausa con massa ovarica monolaterale di 20-25cm: asportazione chirurgica in laparotomia la massa asportata è inviata all'esame istologico estemporaneo → l'esame estemporaneo consente di identificare l'istotipo mucinoso, ma per la diagnosi occorre attendere il referto istologico definitivo isteroannessectomia bilaterale: rimozione dell'utero e di entrambe le ovaie, a meno che, data l'età, non sussista un elevatissimo rischio operatorio per la paziente donna in età fertile con massa ovarica monolaterale di 20-25cm: asportazione chirurgica in laparotomia la massa asportata è inviata all'esame istologico definitivo, che richiede circa 20-25 giorni → in base alla diagnosi istologica definitiva si imposta il trattamento successivo della paziente: cisti benigna → nessun ulteriore trattamento tumore mucinoso borderline (e basta) → l'ovaio si lascia in sede; nessun ulteriore trattamento, solo follow-up carcinoma mucinoso → isteroannessectomia bilaterale, indipendentemente dall'età. Pseudomixoma peritonei: aspetto macroscopico: il peritoneo pelvico è quasi interamente occupato da masse gelatinose le masse gelatinose possono contenere elementi cellulari le masse gelatinose sono localizzate su: pareti anatomiche della pelvi superficie degli organi pelvici istologicamente ricorda il tumore mucinoso borderline di tipo intestinale (IMBT) causato dalla rottura di un carcinoma mucinoso nella pelvi con disseminazione di cellule neoplastiche nel peritoneo, come può accadere nel corso di un intervento chirurgico → rappresenta l'espressione di massima diffusione di una neoplasia mucinosa maligna nella pelvi femminile può avere origine da carcinomi mucinosi primitivi dell'ovaio o dell'appendice cecale; talvolta il carcinoma mucinoso dell'ovaio può essere espressione di un carcinoma mucinoso primitivo dell'appendice → in caso di riscontro di un tumore mucinoso dell'ovaio è sempre buona pratica studiare tutto il peritoneo pelvico e rimuovere l'appendice comportamento biologico: variabile a seconda del grado di atipia delle cellule neoplastiche eventualmente presenti all'interno della massa gelatinosa rappresenta una situazione clinica drammatica; l'approccio chirurgico è estremamente complicato. Tumori derivanti dall'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio – CARCINOMA ENDOMETRIOIDE DELL'OVAIO Generalità: carcinoma ovarico solitamente monolaterale incide principalmente tra le donne in post-menopausa → età media: 54 anni associazione con endometriosi pelvica e adenocarcinoma endometrioide: nel 42% dei casi le pazienti con carcinoma endometrioide dell'ovaio hanno una storia clinica di endometriosi pelvica: le donne con endometriosi pelvica tendono a sviluppare il carcinoma endometrioide dell'ovaio a un'età più precoce (circa 5-10 anni prima) rispetto alle donne senza storia clinica di endometriosi pelvica nell'ambito del tumore o alla sua periferia è molto frequente il riscontro di residui endometriosici → i residui endometriosici si presentano come piccole cisti endometriosiche associate alla neoplasia nel 15-20% dei casi, il carcinoma endometrioide dell'ovaio è associato alla presenza di un adenocarcinoma endometrioide dell'endometrio spesso il carcinoma endometrioide dell'ovaio è riscontrato in pazienti che si rivolgono al ginecologo per un sanguinamento vaginale → l'esame ecografico rivela un ispessimento della rima endometriale e una tumefazione ovarica. Aspetto macroscopico: massa di notevoli dimensioni la massa è costituita da tessuto giallastro con ampie aree necrotiche la superficie di taglio ha aspetto irregolarmente mammellonato, cerebroide. Aspetto istologico: morfologicamente identico all'adenocarcinoma endometrioide dell'endometrio [vedere paragrafo “ENDOMETRIO – ADENOCARCINOMA ENDOMETRIOIDE”] → l'adenocarcinoma endometrioide dell'ovaio assomiglia molto alle ghiandole endometriali analogamente all'adenocarcinoma endometrioide dell'endometrio, il grado condiziona lo stadio: grado II → tessuto molto ben differenziato, simile all'endometrio aumentando il grado di atipia, il tumore perde la differenziazione ghiandolare, dando luogo a crescita solida. Tumori derivanti dall'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio – CARCINOMA A CELLULE CHIARE Generalità: analogo al carcinoma a cellule chiare dell'endometrio aggressivo per definizione oltre all'aggressività biologica intrinseca, il carcinoma a cellule chiare risponde molto peggio alla chemioterapia rispetto a tutti gli altri tumori che originano dall'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio interessa principalmente donne nel periodo immediatamente successivo alla menopausa analogamente al carcinoma endometrioide dell'ovaio, si manifesta più frequentemente in pazienti con storia clinica di endometriosi → carcinoma endometrioide e carcinoma a cellule chiare prediligono donne con storia clinica di endometriosi. Aspetto macroscopico: massa di notevoli dimensioni → l'asse maggiore può raggiungere 20-25cm la massa può essere: parzialmente solida e cistica parzialmente cribrata, microcistica possono essere presenti aree di emorragia. Aspetto istologico: l'elemento distintivo della neoplasia è la cellula chiara, con caratteristiche analoghe alla cellula chiara del carcinoma a cellule chiare dell'endometrio: ampio citoplasma il citoplasma è pieno di glicogeno: PAS-positivo PAS diastasi-negativo la morfologia della lesione è variabile → l'aspetto microscopico può essere: solido e compatto, costituito da cellule chiare vagamente ghiandolato, reticolare tubulo-papillare, con cellule caratterizzate da marcata atipia citologica la diagnosi istologica estemporanea è estremamente difficile; data l'elevata aggressività biologica intrinseca della neoplasia, in caso di sospetto carcinoma a cellule chiare dell'ovaio si procede sempre a isteroannessectomia con eventuale asportazione dei linfonodi locoregionali, indipendentemente dall'età della paziente. Tumori derivanti dall'epitelio celomatico di superficie dell'ovaio – TUMORI DI BRENNER Generalità: dal punto di vista biologico possono essere: benigni → nel 90% dei casi borderline maligni → nel 10% dei casi sempre monolaterali → l'ovaio controlaterale non è coinvolto essendo sempre monolaterali e benigni nel 90% dei casi, la rimozione chirurgica dell'ovaio coinvolto corrisponde alla bonifica oncologica della paziente. Aspetto macroscopico: lesioni espansive dell'ovaio consistenza dura, sostenuta colore giallo sul piano di taglio. Aspetto istologico: il tumore è costituito da cellule che ricordano l'epitelio transizionale, simili alle cellule epiteliali della vescica e dell'uretere. Variante maligna: caratterizzata da: elevata aggressività biologica marcata atipia nucleare numerose mitosi trattamento: isteroannessectomia bilaterale con linfoadenectomia dei linfonodi pelvici. Tumori derivanti da cellule della linea germinale dell'ovaio – TERATOMA Generalità: lesione neoplastica che può contenere l'espressione di tutti e tre i foglietti embrionali → la lesione può contenere vari tipi di tessuto derivanti dai foglietti embrionali, più frequentemente si tratta di: tessuti a differenziazione epiteliale tessuti a differenziazione mesenchimale. Teratoma cistico maturo (cisti dermoide): rappresenta una delle lesioni ovariche più frequenti in assoluto predilige l'età fertile con picco d'incidenza tra i 30 e i 40 anni, ma può manifestarsi a qualsiasi età può essere presente una componente cistica aspetto microscopico: il teratoma cistico maturo può contenere l'espressione di tutti e tre i foglietti embrionali → la lesione può contenere vari tipi di tessuto derivanti dai foglietti embrionali: differenziazioni tissutali di frequente riscontro: ghiandole sebacee epitelio squamoso peli capelli abbozzi dentari epitelio bronchiale cartilagine tutte le componenti derivanti dai tre foglietti embrionali presenti nella cisti raggiungono la piena maturità istologica → la lesione è morfologicamente benigna la competenza embrionale è talmente rilevante e i tessuti possono differenziarsi in modo talmente pertinente da conferire al tumore un aspetto pressoché umanoide, quasi un abbozzo mostruoso di essere umano accanto alla componente epiteliale si differenziano e maturano anche altre componenti → si possono riscontrare aree di epitelio a differenziazione bronchiale accanto ad aree di tessuto mesenchimale (ad esempio cartilagineo) → in ogni caso, tutte le componenti eventualmente presenti all'interno della lesione raggiungono la competenza differenziativa del tessuto maturo → tutte le componenti raggiungono la piena maturità istologica problemi diagnostici all'imaging: potendo contenere derivazioni di tutti e tre i foglietti embrionali, ecograficamente la cisti dermoide appare solida e strutturata, più simile a una lesione maligna che a una lesione benigna → nell'impossibilità di caratterizzarne più precisamente la natura biologica, tutte le lesioni sono asportate chirurgicamente e inviate all'esame istologico definitivo la componente che si differenzia e matura può andare incontro a trasformazione neoplastica: il riscontro di tessuto altamente differenziato nel contesto del teratoma cistico non consente di escludere la presenza di una componente maligna → l'esame istologico deve analizzare campioni multipli del teratoma cistico per escludere la presenza di aree maligne la presenza di una componente neoplastica maligna infiltrante nel contesto del teratoma cistico maturo condiziona in maniera determinante il comportamento biologico della lesione. Teratoma immaturo: dal punto di vista biologico, il teratoma immaturo è una lesione francamente maligna in grado di dare metastasi tumore più frequente in assoluto nella giovane età → picco d'incidenza nelle prime due decadi di vita istologicamente costituito da tessuti immaturi frammisti a elementi maturi il teratoma immaturo deriva dalle cellule della linea germinale → quasi sempre le pazienti presentano un aumento della concentrazione sierica di alcuni marcatori tumorali: ✹ α-fetoproteina (AFP) → proteina sintetizzata da: tumori germinali, in particolare tumori che si differenziano verso il sacco vitellino epatocarcinoma ✹ antigene carcinoembrionario (CEA): aumenta in maniera molto significativa in presenza di carcinomi dell'intestino crasso, in particolare carcinoma colico può aumentare in misura minore in presenza di: carcinoma pancreatico carcinoma mammario carcinoma polmonare ✹ Ca 19-9 → aumenta notevolmente in presenza di: adenocarcinomi pancreatici altri carcinomi derivanti dai dotti biliari (=colangiocarcinoma) ✹ CA-125 → vedi sopra ai paragrafi “OVAIO – GENERALITÀ – DIAGNOSI DI TUMORE OVARICO” e “TUMORI SIEROSI DELL'OVAIO” l'aumento dei marcatori tumorali associato alla giovanissima età della paziente (entro i 20 anni) è fortemente indicativo della presenza di una massa ovarica. Cancro metastatico da tumore primitivo non ovarico l'ovaio è bersaglio della diffusione metastatica di molti tipi di neoplasie maligne → metastatizzano all'ovaio: carcinoma mammario carcinoma polmonare carcinoma gastrico carcinoma colico la metastasi ovarica è quasi sempre preceduta da una storia di cancro: paziente con storia di carcinoma mammario con tumefazioni bilaterali dell'ovaio dopo la chemioterapia o a distanza di 5 anni → la prima ipotesi diagnostica è sicuramente la metastasi ovarica del carcinoma mammario paziente con storia di carcinoma gastrico che nei tre anni successivi alla resezione gastrica sviluppa un tumore bilaterale dell'ovaio → è verosimile che si tratti di metastasi del carcinoma gastrico tipicamente bilaterale: la bilateralità della patologia neoplastica ovarica è fortemente suggestiva di metastasi anche l'istotipo sieroso papillifero tende a essere bilaterale, ma ha caratteristiche ecografiche distintive che ne consentono l'agevole identificazione assume particolare importanza quando la donna non ha una storia clinica di carcinoma caso clinico tipico: paziente giovane (30-35 anni) con massa di 10-12cm sull'ovaio destro e un aumento volumetrico non meglio definibile con le tecniche di imaging sull'ovaio sinistro: la sintomatologia può esordire in maniera drammatica con un quadro di peritonite acuta legato a torsione o rottura della massa ovarica: in pieno benessere, insorgenza spontanea di un dolore addominale acuto molto intenso, riferito alla regione sovrapubica accesso diretto al pronto soccorso generale o ginecologico può configurarsi un quadro di shock, con malessere generalizzato, ipotensione, polso filiforme emergenza clinica: si esegue immediatamente un'ecografia addominale, che mostra la presenza di tumefazioni bilaterali dell'ovaio → emergenza chirurgica → nella maggior parte delle lesioni ovariche l'estemporanea non è il gold standard, ma semplicemente un orientamento diagnostico che dev'essere confermato all'esame definitivo; in questa situazione, invece, l'esame istologico estemporaneo assume un'importanza cruciale nella donna giovane senza pregressa storia clinica di cancro, un tumore ovarico bilaterale muco-secernente rappresenta sovente una metastasi da carcinoma colico: il carcinoma colico non è una prerogativa dell'età anziana comportamento biologico aggressivo molto spesso la prima manifestazione è costituita dalla metastasi bilaterale dell'ovaio se l'esame estemporaneo suggerisce una probabile metastasi da neoplasia colica, nel corso dell'intervento chirurgico di emergenza si procede all'esplorazione palpatoria del colon per individuare la massa del tumore primitivo. Tumore di Krukenberg: espressione metastatica ovarica del carcinoma gastrico: rappresenta l'evoluzione più frequente del carcinoma gastrico nella donna → insorge in pazienti con storia clinica di neoplasia → sono fondamentali una dettagliata anamnesi e una visita ginecologica attenta per individuare eventuali cicatrici addominali, indicative di pregresso intervento chirurgico per carcinoma gastrico il carcinoma gastrico insorge dopo i 50 anni, quando le ovaie dovrebbero andare incontro a involuzione fisiologica il follow-up del carcinoma gastrico prevede l'ecografia pelvica per la valutazione dell'ovaio → il riscontro di un aumento volumetrico bilaterale delle ovaie, eventualmente associato ad alterazioni morfologiche, è fortemente suggestivo di metastasi ovariche da carcinoma gastrico aspetto istologico: solitamente la neoplasia primitiva è costituita dal carcinoma gastrico a cellule ad anello con castone (signet-ring cells), caratterizzate da citoplasma ripieno di mucina con dislocazione del nucleo alla periferia della cellula sostituzione progressiva di cellule ad anello con castone al normale parenchima ovarico: si accompagna a una reazione fibrotica desmoplastica può lasciare immodificata la morfologia dell'ovaio.