KARL MARX Treviri 1818 – Londra 1883 1. “MAESTRO DEL SOSPETTO” (secondo la definizione di Ricouer, filos francese contemporaneo) Marx, Freud e Nietzsche sono denominati “maestri del sospetto” perchè conducono una CRITICA RADICALE alla propria cultura d’appartenenza e alla civiltà dell’Ottocento. Sotto accusa vengono posti valori, tradizioni e idee che costituiscono la cultura stessa, i quali sarebbero un prodotto secondario rispetto a qualcos’altro. In particolare Marx vede la cultura in senso lato (filosofie, religioni, usi e costumi di una civiltà) come SOVRASTRUTTURA IDEOLOGIA, ideologia. La cultura ha la funzione di GIUSTIFICARE, LEGITTIMARE, RIPRODURRE una particolare STRUTTURA ECONOMICA di base. Il “sospetto” è quindi il considerare la cultura, non qualcosa di originario, ma qualcosa di secondario. 2. CARATTERI DEL MARXISMO Il marxismo si sviluppa su due caratteri fondamentali: la globalità e il legame con la prassi. a) L’analisi di Marx ha CARATTERE GLOBALE per cui società e storia non possono essere ridotte ad una dimensione esclusivamente filosofica o sociologica o economica. I fatti sociali non sono mai analizzati a comportamenti stagni, ma nella loro totalità. La filosofia si pone al servizio della storia e permette di smascherare l’alienazione dell’uomo. b) UNIONE DI TEORIA E PRASSI COME IDEALE. Per Marx il legame con la prassi è imprescindibile da qualunque processo d’analisi: l’interpretazione dell’uomo (economico-sociale) e del suo mondo (TEORIA) deve, al tempo stesso, essere impegno di trasformazione rivoluzionaria (PRASSI). La scelta rivoluzionaria, che contraddistingue Marx, ha origine proprio dal tentativo di tradurre in atto l’incontro realtà/razionalità che Hegel aveva solo pensato (teorizzato). Marx tenta di tradurlo in prassi proprio attraverso l’edificazione di una NUOVA SOCIETÀ. 3. MATRICI CULTURALI Le influenze culturali alla base del marxismo sono essenzialmente tre (Engels): - la filosofia classica tedesca da Hegel a Feuerbach - l’economia politica borghese da Adam Smith a Ricardo - il pensiero socialista da Saint Simon a Owen Tali matrici vengono ripensate da Marx alla luce di una sintesi creativa che, pur muovendo da esse, procede criticamente oltre i loro risultati, per sfociare in una nuova visione del mondo che mira ad attualizzare il rapporto teoria/prassi. Il suo pensiero avrà uno scopo pratico-politico. Marx scrisse: “i filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi, si tratta però di cambiarlo”. A) HEGEL E LA SINISTRA HEGELIANA Marx, in quanto “giovane hegeliano”, inizia il suo percorso filosofico come prosecutore dell’hegelismo ciò spiega, tra l’altro, la forte influenza di Hegel, per affinità prima e per opposizione poi sul pensiero di Marx. Egli critica, innanzitutto, la sinistra hegeliana perché non sana la distanza teoria/prassi; pur avendo 1 interpretato la filosofia come critica della realtà, non l'hanno estesa oltre il limite dell'interpretazione teorica: essa deve invece diventare prassi, guida per l'azione. Marx andrà via via staccandosi dall’hegelismo arrivando al capovolgimento del sistema e alla demistificazione del concetto idealistico di spirito. Per Hegel le realtà empiriche sono manifestazioni necessarie dello spirito; le istituzioni anzichè comparire per ciò che sono finiscono per essere allegorie e personificazioni di una realtà spirituale nascosta dietro di esse (“MISTICISMO LOGICO” di Hegel). L’idealismo fa dunque del concreto la manifestazione dell’astratto. Marx invece capovolge il sistema: inverte il soggetto col predicato, in modo da riconoscere di nuovo ciò che è veramente soggetto e ciò che è veramente predicato. Nonostante il processo di “demistificazione” Marx riconosce un grande merito all’hegelismo: la sua visione “DIALETTICA” ossia la concezione generale della realtà come totalità storico-processuale, costituita da elementi concatenati tra loro e mossa dalle opposizioni (MATERIALISMO DIALETTICO). Marx apprezza la dialettica, attraverso cui ritiene che Hegel abbia colto in modo puntuale e preciso la processualità della storia; l’errore sta appunto nel fatto che, la dialettica di Hegel è capovolta, perché (come già detto e come aveva già sostenuto Feuerbach), egli ha invertito i rapporti di predicazione e ha interpretato le istituzioni esistenti, le comunità e le leggi come predicati di una "mistica (=misteriosa, incomprensibile) sostanza universale", che per Hegel è la ragione. Di conseguenza Marx critica Hegel in relazione al rapporto società civile/Stato: Hegel subordina la società civile allo Stato, per Marx invece soggetto del processo dialettico è la STORIA, l’UOMO CONCRETO IN TERMINI SOCIOECONOMICI, non lo Spirito Assoluto. La storia assume così ruolo nuovo e determinante ed è intesa da Marx come insieme delle condizioni materiali di vita, cioè dei rapporti economici, politici... (MATERIALISMO STORICO). “Come non è la religione che crea l’uomo, ma l’uomo che crea la religione, così non è la costituzione che crea il popolo, ma il popolo che crea la costituzione”. B) IL PENSIERO DI FEUERBACH Secondo Marx, Feuerbach ha avuto il merito di riconoscere il capovolgimento dei rapporti di predicazione della filosofia hegeliana e di riconoscere Dio come una sorta di alienazione dell'uomo. Feuerbach considera la teologia come antropologia: non più un “discorso” su Dio, ma un “DISCORSO” DELL’UOMO SULL’UOMO. Non è Dio, dunque, ad aver creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato Dio. Partendo da questa riflessione arriva a vedere la religione come proiezione illusoria dell’essenza dell’uomo, ossia delle qualità umane: l’uomo, cioè, ha posto le proprie aspirazioni, i propri desideri più alti fuori di sè, li ha alienati, oggettivandoli in una divinità. Ciò che però Feuerbach non ha fatto è chiarire le motivazioni per cui l'uomo aliena la sua stessa essenza in Dio. Feuerbach si riferisce all'uomo in astratto, come essenza umana, e non considera l'uomo nelle sue condizioni materiali di vita. Secondo questa prospettiva si chiarisce subito il motivo per cui l'uomo ha bisogno di crearsi un Dio: la religione rappresenta, per l'uomo oppresso e diseredato una speranza di risarcimento nell'aldilà. Marx, “concretizza” l’uomo e critica la religione in quanto PRODOTTO SOCIALE: nella religione l’uomo aliena se stesso e diventa schiavo, prigioniero della religione stessa. È la società capitalistica che impedisce all’uomo il libero sviluppo delle sue potenzialità, impedendogli di essere padrone del proprio lavoro. La religione è, per Marx, “l’oppio dei popoli” nel senso che quando la società classista proibisce lo 2 sviluppo e la realizzazione dell’ “umanità” (essere uomini) dell’uomo, gli uomini alienano il loro essere proiettandolo in un Dio immaginario. È proprio in questi termini che la religione non è altro che un prodotto sociale. C) GLI ECONOMISTI CLASSICI (ADAM SMITH E DAVID RICARDO) Smith e Ricardo hanno sottolineato per primi quello che diverrà uno dei capisaldi della visione economica di Marx: il valore di una merce è determinato dalla quantità di lavoro necessario alla sua produzione (LEGGE del VALORE-LAVORO): il lavoro è la fonte della ricchezza e il valore è determinato dalla quantità di lavoro contenuto nelle merci, quindi la ricchezza delle nazioni è data dal valore creato dal lavoro: è il mercato a determinare la distribuzione dei capitali non lo Stato. Il torto di Smith e Ricardo sta nell'avere trasformato il capitalismo nella legge generale dell'economia, nell'averlo assolutizzato. Il capitalismo non è la legge di produzione, ma un modo di produzione storicamente esistente che, una volta fatto il suo tempo, crollerà come già accaduto per esempio al sistema feudale. Essi affermano che le cose vanno in un modo, ma non ci dicono perché, quindi non si pongono neanche il problema del cambiamento. Marx vuole eliminare la proprietà privata che avvantaggia il capitalista nei confronti dell’operaio che è sempre più alienato, perchè espropriato dal proprio lavoro. La teoria valore-lavoro, va accolta, perchè permette di comprendere la realtà sociale storicamente determinata, ma dev’essere SOVVERTITA, deve cioè consentire la PRASSI finalizzata a restituire il lavoro all’operaio e l’operaio a se stesso, tramite, appunto, l’abolizione della proprietà privata e il superamento del sistema capitalistico. Marx critica, soprattutto, la “simpatia universale” di Smith, secondo cui esiste una provvidenza che guida le azioni umane orientando gli interessi egoistici verso il bene collettivo. Per Marx il conflitto è la sostanza e il motore stesso della società, non è accidentale; è un fatto reale di natura socio-economica che si identifica con la condizione storica del salariato nell’ambito della società capitalistica. D) IL SOCIALISMO UTOPISTICO DI SAINT-SIMON Marx critica il socialismo utopistico perchè, nonostante per primo abbia criticato la società capitalistica e ne colga l’antagonismo delle classi come dimensione basilare della storia umana, non sa trovare una via d’uscita al problema che sia applicabile al mondo reale (DISTANZA TEORIA-PRASSI) e così facendo cade nel conservatorismo. Il socialismo utopistico non è in grado di offrire al proletariato le condizioni per emanciparsi, per queto resta nell’utopia. Marx propone un altro tipo di socialismo, un socialismo di tipo “scientifico” in grado cioè di scoprire la legge scientifica dello sviluppo della storia e del capitalismo e che quindi possa scardinare il sistema dall’interno, rovesciarlo, al fine di instaurare la dittatura del proletariato. 4. IL MATERIALISMO STORICO opera di riferimento: “L’ideologia tedesca” (Marx, Engels 1845-46) La critica a Feuerbach porta Marx all’attuazione del passaggio dall’umanesimo al materialismo storico e dall’antropologia speculativa ad un “SAPERE REALE” della storia. 3 Marx pone alla base del “movimento reale” della storia la contrapposizione tra scienza reale e ideologia. Il suo intento è “svelare” la verità sulla storia, al di là delle ideologie, attraverso il raggiungimento di un punto di vista obiettivo sulla società che permetta di descrivere gli uomini per ciò che sono realmente anzichè per ciò che possono apparire. Tale pensiero determina un nuovo modo d’intendere la filosofia: essa diventa “SCIENZA” DELLA STORIA, ossia strumento che permette la “sintesi dei risultati più generali che è possibile astrarre dall’esame dello sviluppo storico degli uomini”. La storia è per Marx, il PROCESSO MATERIALE ALLA CUI BASE STA IL LAVORO; essa non è un evento spirituale, ma un processo materiale fondato sulla DIALETTICA BISOGNO-SODDISFACIMENTO. Tale dialettica si esprime nel lavoro. Per questo alla base della storia c’è il LAVORO che, per Marx, è CREATORE DI CIVILTÀ E DI CULTURA. Il lavoro è il mezzo che permette all’uomo di essere tale e di distinguersi dagli animali, infatti, solo l’uomo, per necessità, comincia a PRODURRE (anzichè procurarseli) i propri mezzi di sussistenza. Per Marx, allora, nella società sono i RAPPORTI MATERIALI a determinare il nostro PENSIERO e la nostra COSCIENZA, essi sono decisivi per lo sviluppo storico; sono i mutamenti materiali a determinare l’ideologia, sono le forze economiche che provocano mutamenti e muovono la storia (esattamente il contrario di ciò che sosteneva Hegel). Marx, “maestro del sospetto”, per primo intende come prodotto derivato, la cultura, ciò che da sempre è stato considerato come originario. Le vere forze motrici della storia, non sono di natura spirituale o coscienziale (morale/eticità di Hegel), ma materiali ed economiche. La coscienza degli uomini è determinata dal loro essere sociale; “non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza” (“L’ideologia tedesca”). Marx chiama i rapporti economici STRUTTURA ECONOMICA, essa rappresenta le fondamenta, lo “scheletro economico” della società, include i rapporti materiali, economici e sociali; è la dialettica tra le forze produttive e i rapporti di produzione. In tale rapporto dialettico Marx individua tre aspetti: 1. le CONDIZIONI DI PRODUZIONE cioè le condizioni e le risorse naturali (clima, vegetazione, materie prime) che costituiscono le fondamenta della socoietà e determinano il tipo di produzione che la società può sviluppare (es. pesca al salmone in Norvegia, coltivazione dei datteri nel Sahara); 2. le FORZE PRODUTTIVE di una società cioè gli uomini (FORZA-LAVORO), i mezzi di produzione (terra, attrezzi, utensili...) e le conoscenze tecniche e scientifiche che permettono di organizzare e migliorare la produzione; 3. CHI POSSIEDE I MEZZI DI PRODUZIONE, da ciò derivano l’organizzazione stessa del lavoro (suddivisione dei ruoli) e i rapporti di proprietà (RAPPORTI DI PRODUZIONE). Dalla stuttura deriva la SOVRASTRUTTURA IDEOLOGICA, essa rappresenta il “tetto”, la cultura in senso lato: il modo di pensare, le istituzioni, la religione, l’arte, la filosofia, la scienza... quindi i rapporti giuridici, le forze politiche, le dottrine etiche e religiose... La sovrastruttura è sorretta dalla struttura per questo tutti gli aspetti che la costituiscono non devono essere intesi idealisticamente come realtà a se stanti, ma come espressioni della struttura da cui derivano. Per Marx, quindi, la struttura economica determina la sovrastruttura delle idee; non è la coscienza degli uomini a determinare il loro essere, ma al contrario, è il loro essere sociale a determinare la loro coscienza. 4 La storia vera è quella degli individui reali, della loro azione per trasformare la natura e delle loro condizioni materiali. Tra struttura e sovrastruttura c’è un’influenza reciproca; i rapporti sovrastrutturali possono avere effetto sulla struttura, ma la sovrastruttura non può avere una storia indipendente. È, infatti, il modo di produzione (struttura) a stabilire quali rapporti politici e ideologici (sovrastruttura) caratterizzano una società. Questo spiega il perchè dei cambiamenti nella storia, del modo di pensare e dei principi morali. Per Marx ciò che è ritenuto MORALMENTE GIUSTO è un prodotto della struttura della società. Egli non ritiene esista un diritto naturale valido per sempre, ma che sia la CLASSE DOMINANTE, la classe che detiene i mezzi di produzione, a decidere cosa sia/non sia moralmente giusto. La classe dominante crea le ideologie per autogiustificarsi ed autoconservarsi. Essere consapevoli di ciò è importante perchè significa spingere verso una trasformazione della concreta struttura economica (RIVOLUZIONE PROLETARIA), secondo Marx tale trasformazione avverrà attraverso le “leggi necessarie della dialettica” (MATERIALISMO DIALETTICO) RIASSUMENDO possiamo schematizzare il materialismo storico in tre tesi: 1. DISTINZIONE TRA STRUTTURA ECONOMICA (insieme dei mezzi di produzione) E SOVRASTRUTTURA IDEOLOGICA (cultura e produzioni umane quali la religione e la filosofia); 2. SUBORDINAZIONE DELLA SOVRASTRUTTURA ALLA STRUTTURA: i rapporti economici determinano sia il comportamento dell’uomo, sia le sue produzioni culturali, compresa religione e filosofia; 3. RUOLO DELL’IDEOLOGIA: strumento della classe dominante per giustificare e legittimare la condizione sociale ed economica esistente. 4. MATERIALISMO DIALETTICO E LA LEGGE DELLA STORIA Per Marx, come per Hegel, la dialettica rappresenta sia un MODO di ESSERE della REALTÀ, sia un MODO per COMPRENDERE efficacemente la REALTÀ. Tuttavia, poiché Marx crede che in Hegel la dialettica risulti «capovolta», ossia cammini (idealisticamente) «sulla testa», egli si propone di rimetterla (materialisticamente) «sui piedi», sforzandosi di liberarne il «nocciolo razionale» dal «rivestimento mistico». Marx utilizza la dialettica hegeliana interpretandola come la LEGGE FONDAMENTALE DELLO SVILUPPO STORICO, ma appunto la capovolge: ciò che diviene dialetticamente non è l’idea o lo spirito, ma la materia (cioè la struttura reale). Per Marx, la dialettica è un metodo d’indagine che consiste nel vedere la realtà che dev’essere studiata come una TOTALITÀ IN DIVENIRE costituita 1) da una serie di momenti intercollegati; 2) da un insieme di contraddizioni che ne rappresentano la molla di sviluppo ed il negativo da negare. Ad es., analizzare «dialetticamente» il capitalismo significa: 1) porre attenzione ai nessi che connettono organicamente, secondo un rapporto di «reciproco condizionamento», i vari momenti del ciclo economico (produzione, distribuzione, scambio ecc.); 2) evidenziare le contraddizioni (tra forze produttive e rapporti di produzione, fra capitalisti e salariati ecc.) che ne minano l’assetto interno e che ne fanno prevedere la fine futura, ossia l’inevitabile tramonto (da questo punto di vista, la dialettica si configura quindi come uno strumento che ci permette di comprendere, insieme al capitalismo, anche la negazione necessaria di esso). 5 In sintesi, dalla dialettica di Hegel, la filosofia materialistica di Marx ha essenzialmente ereditato: a) l’idea della processualità del reale; b) il modello della totalità organica; c) la tesi del negativo come «principio motore e generatore». Di essa ha invece rifiutato: a) la configurazione idealistica; b) il carattere aprioristico e speculativo; c) l’uso e l’abuso dello schema triadico di tesi, antitesi e sintesi. Forze produttive e rapporti di produzione, oltre che rappresentare la chiave di lettura della statica della società, si configurano anche come lo strumento interpretativo della sua dinamica, ossia come la legge stessa della storia. Lo sviluppo storico della struttura, razionale e necessario, è, secondo Marx, trasformazione dei modelli economici e, quindi, storia delle lotte di classe: fra la classe che detiene il potere e quella che aspira ad esso. OGNI MOMENTO STORICO GENERA IN SÉ LA CONTRADDIZIONE TRA OPPRESSORI ED OPPRESSI, contraddizione il cui esito inevitabile è di volta in volta il superamento dello stato di cose esistente. La STORIA di ogni società È SEMPRE STORIA DI LOTTA DI CLASSE, cioè lotta per stabilire chi possiederà i mezzi di produzione. Nell’antichità la lotta si svolse tra liberi e schiavi, nel medioevo tra feudatari e servi della gleba, nella Francia del ‘700 tra nobiltà e borghesia; nella sua epoca Marx considera il proletariato la classe oppressa e la borghesia l’oppressore. Per proletariato Marx intende la classe dei salariati, che per vivere sono costretti a vendere la loro forza lavoro, e, per borghesia, la classe dei capitalisti, classe che detiene i mezzi di produzione (classe dominante). Il capitalista investe denaro (D) per l’acquisto di merce (M) con la quale si ricaverà un capitale maggiore (D1). Essendo la storia lotta per il possesso dei mezzi di produzione, essa procede a causa dei mutamenti della struttura e, al tempo stesso, grazie ad essi. La classe dirigente, però non vuole cedere; ne segue, periodicamente, uno stato di frizione o di contraddizione fra i due elementi, che sfocia in una rivoluzione. Marx ritiene infatti che ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive tendano a corrispondere determinati rapporti di produzione e di proprietà, che si mantengono sino a quando favoriscono le forze produttive e vengono distrutti quando si convertono in ostacoli o catene per le medesime. «A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura...». “L’ideologia tedesca” 5. IL MANIFESTO e il SOCIALISMO SCIENTIFICO Tra il 1847 e il 1848 Marx ed Engels scrissero “Il Manifesto del partito comunista”. Il libro gli fu commissionato dalla Lega dei Comunisti per esprimere il loro progetto politico. L’opera espone il programma fondamentale del socialismo scientifico e del comunismo; rappresenta una nuova tappa del movimento 6 operaio internazionale ed espone, per la prima volta, il PROGETTO DI TRASFORMAZIONE della società. Tale trasformazione sarà resa possibile dalle condizioni materiali createsi sotto il dominio della borghesia e vedrà due fasi di realizzazione: a) La DITTATURA DEL PROLETARIATO: situazione sociale e politica che si sarebbe instaurata immediatamente dopo la rivoluzione proletaria. La dittatura del proletariato rappresenta una fase di transizione in cui il potere politico è detenuto dai lavoratori, nella costruzione di una società senza classi e senza Stato (comunismo). Con “DITTATURA DEL PROLETARIATO” o “DITTATURA RIVOLUZIONARIA DEL PROLETARIATO” Marx ed Engels intesero quindi una MISURA POLITICA TEMPORANEA E NECESSARIA per la transizione al comunismo compiuto, una fase dove il potere proletario avesse avuto modo di agire liberamente nel riorganizzare i rapporti di proprietà e di produzione della società capitalista, con necessari interventi dispotici qualora la situazione lo avesse richiesto (espropriazione della proprietà fondiaria, requisizioni di siti produttivi ecc.). Una fase di "poteri straordinari" transitoria che sarebbe cessata una volta raggiunte le condizioni necessarie per la gestione comunista della società. b) L’estinzione dello Stato quale organo separato dalla società e di qui l’istituzione del COMUNISMO. Insieme alla fine della dittatura del proletariato sarebbe cessata anche la funzione principale dello Stato nell'ottica marxiana, ovvero quella dell'oppressione di una classe sull'altra. Infatti il proletariato, una volta appropriatosi del controllo dello Stato, avrebbe attuato per la prima volta nella storia un'oppressione della maggioranza popolare sulla minoranza (la borghesia), continuando a sfruttare lo Stato come strumento di oppressione di classe. Una volta eliminate le condizioni che determinavano la divisione in classi della società (il modo di produzione capitalistico) la dittatura del proletariato come dittatura di classe non avrebbe più avuto ragione d'essere, esattamente come lo Stato, inteso appunto come strumento di oppressione. Questo processo avrebbe portato alla realizzazione del "superamento dello Stato" (Aufhebung des Staates) ed alla sua progressiva estinzione, condizione necessaria per il comunismo che prevedrà la collettivizzazione dei mezzi di produzione (società senza classi) e l’abolizione della proprietà privata. SOCIALISMO SCIENTIFICO: Marx ed Engels intendono con “scientificità” del socialismo tre “nuovi caratteri” del socialismo stesso: “ a) .... il socialismo da programma razionalistico di ricostruzione della società che si rivolge indistintamente alla sua parte intellettualmente illuminata si trasforma in programma di autoemancipazione del proletariato, in quanto portatore storico della tendenza oggettiva alla risoluzione comunistica delle contraddizioni economico-sociali del capitalismo... In questo senso il socialismo intende essere “scienza” della rivoluzione proletaria; b) ... il socialismo non si presenta più come un “ideale” ma come una necessità storica derivante dall’inevitabile tramonto nel modo capitalistico di produzione, che si annuncia oggettivamente nelle sempre più acute e frequenti crisi cui esso va incontro; 7 c) ... il socialismo usa ora un “metodo scientifico” di analisi della società e della storia, che ha i suoi punti di forza nel “materialismo storico”, con la teoria della successione storica dei modi di produzione, e nella “critica dell’economia politica”, con la teoria del plus- valore... ». II PARTITO COMUNISTA è l’avanguardia organizzata del movimento operaio, che deve guidare la classe lavoratrice alla rivoluzione: «Nella sua lotta contro il potere unificato delle classi possidenti, il proletariato può agire come classe solo organizzandosi in partito politico autonomo, che si oppone a tutti gli altri partiti costituiti dalle classi possidenti. Questa organizzazione del proletariato in partito politico è necessaria allo scopo di assicurare la vittoria della rivoluzione sociale e il raggiungimento del suo fine ultimo, la soppressione delle classi» Il Manifesto si apre con la famosa frase: “Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro...” La frase mira a sottolineare il fatto che la borghesia ha paura in quanto le forze proletarie sono pronte ad iniziare la rivoluzione. Marx ed Engels confermano la posizione del proletariato e la sua necessità d’agire nell’ultima frase del libro: “I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorchè le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i Paesi unitevi!” Da cosa crescerà, come maturerà la ribellione nella classe operaia? Marx analizza due aspetti insiti nel sistema capitalistico che concorrono entrambi alla rottora, causa della rivoluzione, tra forze produttive e rapporti di produzione e di proprietà: il concetto di ALIENAZIONE e la teoria del PLUS VALORE 6. IL CONCETTO DI ALIENAZIONE Per ALIENAZIONE si intende, in generale, LA PERDITA O LA CESSIONE DI UN BENE. Ad es., nel linguaggio giuridico si parla di alienazione di un patrimonio e in quello medico di alienazione delle facoltà mentali. Hegel utilizza il termine per alludere alla dialettica propria dello Spirito, il quale si perde nella natura e nell’oggetto per poi potersi ri-appropriare di sé in modo arricchito. Per Marx il sistema capitalistico si caratterizza per una conflittualità intrinseca che sta nell’opposizione fra capitale e lavoro salariato, fra borghesia e proletariato; egli esprime la conflittualità con il concetto di alienazione. Marx parla di ciò rifacendosi a Feuerbach, che affermava il carattere negativo di questa situazione dell’uomo religioso che si sottomette a una potenza estranea (Dio) che lui stesso ha posto. Marx sostiene che l’alienazione primaria non è quella spirituale, bensì quella socio-economica generata dalla proprietà privata capitalistica. Marx intende per ALIENAZIONE: LA SITUAZIONE STORICA DELL’OPERAIO NELLA SOCIETÀ CAPITALISTICA, in cui il salariato, per causa della proprietà privata, si trova: 1) scisso, separato sia rispetto al prodotto della sua attività (che appartiene al capitalista), sia rispetto alla sua attività stessa (che assume la forma di un lavoro costrittivo nel quale egli diventa strumento di fini a lui estranei); 8 2) in uno stato di dipendenza rispetto ad una potenza (il capitale) che egli stesso produce continuamente con il proprio lavoro: «L’oggetto che il lavoro produce, il prodotto del lavoro, si contrappone ad esso come un essere estraneo, come una potenza indipendente da colui che lo produce». La valorizzazione del mondo delle cose (proprietà privata) attraverso il lavoro, provoca la svalutazione del lavoratore che ne ha il merito. Il LAVORATORE È DEGRADATO A MERCE, quanto più produce merci, tanto più rafforza la posizione del capitalista beneficiario del suo lavoro. IL LAVORATORE È STRUMENTO DI UNA PRODUZIONE CHE MAI GLI APPARTERRÀ. Cosa succede a un uomo quando lavora? Per Marx quando l’uomo modifica la natura ne viene a sua volta modificato: la natura, infatti, interviene sull’uomo lasciando un’impronta nella coscienza umana. Marx parla di un rapporto reciproco tra “mano”, il lavoro e “spitito”, la conoscenza. Chi non lavora si esaurisce, si svuota perchè il lavoro è positivo in quanto strettamente connesso al fatto di essere uomo (dialettica bisognosoddisfacimento, produzione dei propri mezzi di sussistenza). Nel sistema capitalistico il lavoratore lavora per un altro; il lavoro non gli appartiene, è per lui qualcosa al di fuori di sè, è standardizzato e privo di senso. Egli non è che una pedina nel complesso ingranaggio della fabbrica: il suo posto può essere preso da qualcun altro senza che nessuno colga alcuna differenza. Tutto ciò fa si che l’operaio perda la sua stessa realtà umana divenendo ALIENATO: oltre alla forza-lavoro il lavoratore infatti cede se stesso. Per ben comprendere l’analisi di Marx è importante tener presente la situazione dei lavoratori della seconda metà dell’ Ottocento: orario eccessivo, nessuna tutela, ambienti insalubri, impiego indiscriminato di donne e bambini... il lavoro anzichè nobilitare (sua prerogativa!) rendeva bestie. L’operaio è una merce nelle mani del capitalista; il lavoro è esterno all’operaio, è soltanto un mezzo per soddisfare i bisogni estranei, e l’operaio diviene tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che produce. Nel suo lavoro l’operaio non si afferma, ma si nega, si sente non soddisfatto, ma infelice, sfinisce il suo corpo e il suo spirito. L’alienazione comprende, quindi, diversi livelli interconnessi: - alienato è l’operaio, in quanto la sua stessa vita (e non solo il suo lavoro!) diventa proprietà del capitalista; - alienata è l’attività lavorativa che diviene fine a se stessa, anzichè mezzo per la realizzazione dell’uomo; - alienato è l’oggetto del lavoro in quanto l’operaio lavora un oggetto che non gli appartiene e che gli verrà tolto; - alienato è, infine, l’intero genere umano in quanto perde la sua peculiarità ossia il poter trasformare la natura secondo un progetto consapevole. L’alienazione è quindi, per Marx, inscindibile dal sistema capitalistico e conseguenza diretta del regime di proprietà privata, la DIS-ALIENAZIONE potrà, allora, realizzarsi solo con la sua abolizione della proprietà privata, cioè con il COMUNISMO: quando ci sarà il superamento del regime della proprietà privata ci sarà anche il superamento l’alienazione, grazie proprio all’avvento del comunismo. 7. LA TEORIA DEL PLUSVALORE. La teoria del plusvalore spiega come il capitalista sfrutti l’operaio. Si traduce nella differenza tra il CAPITALE MAGGIORE (D1), derivato dall’investimento di denaro, e il DENARO INVESTITO (D). È quella parte del prodotto 9 creato dall’operaio con il lavoro che il capitalista non paga e che, quindi, va ad accrescere il suo capitale. Se per esempio il proletario lavora dodici ore e in sei ore produce tanto da coprire quanto il capitalista spende per il salario, il prodotto delle altre sei ore di lavoro è valore di cui si appropria il capitalista. Questo è il plusvalore (differenza tra D1 e D). Da ciò crescerà la ribellione nella classe operaia, che sempre più unita e organizzata, determinerà la fine del capitalismo con la rivoluzione e dopo una prima fase di DITTATURA DEL PROLETARIATO vi sarà l’avvento del COMUNISMO: SOCIETÀ SENZA PROPRIETÀ PRIVATA E QUINDI SENZA CLASSI E SENZA STATO. Vediamo i vari passaggi che determineranno la rivoluzione: 1) Il capitalista ACQUISTA, pagando il salario, la forza-lavoro, che è, ovviamente, una merce molto particolare. Essa rappresenta il CAPITATE VARIABILE (mentre il CAPITALE COSTANTE è rappresentato dai mezzi produttivi e dalle materie prime). Nel considerare la merce Marx afferma, inoltre, che essa può essere considerata in base al suo VALORE D’USO cioè la sua capacità di soddisfare un determinato bisogno umano, per il quale è stata prodotta (qualità della merce) e al suo VALORE DI SCAMBIO, cioè la possibilità di essere scambiata con altre merci, tale valore è dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrre quella determinata merce. 2) il lavoratore produce un valore maggiore di quello che gli è corrisposto; 3) questo eccesso (PLUSVALORE) è offerto gratuitamente al capitalista, ciò genera un SCAMBIO INADEGUATO (che favorisce il sorgere della ribellione); 4) detratti i salari e i costi produttivi si ricava il PROFITTO del capitalista; 5) il capitalista INVESTE il plusvalore per aumentare il proprio profitto. Per Marx a lungo andare questo sistema, ossia il sistema capitalistico, si presenta come un SISTEMA ECONOMICO AUTODISTRUTTIVO perchè manca di direzione razionale. È insito nel sistema stesso l’andare verso la propria rovina. Invece di promuovere l’emancipazione degli uomini, lo sviluppo delle forze produttive esso è indirizzato a concentrare il capitale nelle mani di pochi e, conseguentemente, ad aumentare il numero degli individui nella condizione di proletari: la classe operaia crescerà quantitativamente e si impoverirà sempre più. Come ? 1) Il sistema per ottenere maggiore efficienza cerca di controllare la CONCORRENZA, 2) ciò determina un AUMENTO DELLA DISOCCUPAZIONE, 3) con la disoccupazione DIMINUISCONO I SALARI, 4) DIMINUISCE di conseguenza il POTERE D’ACQUISTO ⇒ ⇒ per la PROPRIETÀ PRIVATA “scatta l’ora fatale”, si crea una SITUAZIONE RIVOLUZIONARIA in cui i proletari si sollevano i prendono il potere sui mezzi di produzione e, di conseguenza, determinano la sovrastruttura (chi detiene i mezzi di produzione stabilisce la morale in quanto classe dominante). Avremo allora la DITTATURA DEL PROLETARIATO, dove i proletari sottomettono con la forza la borghesia; essa è tuttavia (e cos’ì dev’essere!) una FASE DI TRANSIZIONE, di passaggio, perchè, nonostante ora sia il proletariato a dominare la nuova società, è ancora SOCIETÀ DI CLASSE. 10 Obiettivo finale dev’essere invece la REALIZZAZIONE di una SOCIETÀ SENZA CLASSI, SENZA PROPRIETà PRIVATÀ e SENZA STATO o COMUNISMO. Una società dove i mezzi di produzione sono posseduti da tutti, cioè dal popolo stesso. Una società dove “ognuno riceverà in base al bisogno e darà in base alle capacità”. Una società dove il lavoro apparterrà direttamente al popolo e l’alienazione capitalista finirà. L’opera in cui Marx analizza la società capitalista e il processo che porterà al comunismo è “Il Capitale” (l’opera più importante di Marx). È diviso in tre volumi: vol.1 “Processi di produzione” pubblicato nel 1867; vol.2 “Circolazione del capitale”, pubblicato postumo nel 1885 e vol.3 “Processo complesso della produzione capitalista”, pubblicato anche questo postumo nel 1894. Marx sbagliò l’analisi sulla fine del capitalismo perchè non tenne conto dello sfruttamento della natura, come fonte di guadagno, da parte dell’uomo; il socialismo riesce tuttavia a “combattere le società disumane”. 11