IL LOGO DEL SERVIZIO DIOCESANO VOCAZIONI di don Roberto Ruozi (per il SERVIZIO DIOCESANO VOCAZIONI) Può sembrare una piccola cosa, può sembrare quasi inutile e di scarso interesse il fatto che il Servizio Diocesano Vocazioni abbia un proprio simbolo, un proprio marchio. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, invece, per un ufficio diocesano, la presenza di un logo non è del tutto priva di rilevanza, perché il simbolo dice appartenenza, senso d’identità, dice visibilità e riconoscibilità agli occhi delle persone, conferisce paternità e unità alle varie iniziative che l’ufficio porta avanti, contro il possibile rischio che siano considerate come proposte disperse, slegate o frammentate. Ma i veri motivi che ci spingono a spendere tempo e inchiostro per presentare questo nuovo simbolo sono altri, motivi che vanno ben al di là dell’esigenza di farci pubblicità! La spiegazione delle figure che compongono il nostro marchio, infatti, diventa pretesto per parlare di vocazione, per gettare qualche spunto di riflessione, una piccola luce che può aiutare a fare chiarezza sul tema. Sebbene sia vero che, se un simbolo è ben fatto, è capace di “spiegarsi” da solo, è pur vero che sarebbe presunzione da parte nostra pensare di esserci improvvisati artisti così illuminati e aver creato un’immagine talmente chiara, auto-evidente, non ambigua da non richiedere alcuna decodificazione. Quindi non ci pare inutile fornire le giuste coordinate per la sua lettura. Forse qualcuno l’avrà già capito, comunque la chiave interpretativa dell’immagine va ricercata nel vangelo di Giovanni, alle parole di Gesù riportate al capitolo 12, versetto 24: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Il circolo delle figure vuole ripercorrere proprio la dinamica di questo piccolo chicco di grano che, una volta morto nel terreno, risorge come spiga piena di vita! Naturalmente il chicco di grano caduto a terra, da cui tutto ha origine, è Gesù stesso, è la sua vita offerta per noi, per amore, nel sangue versato sulla croce. La spiga grigia, ormai morente, dietro cui si allunga l’ombra della croce, lascia cadere nel grembo della terra un piccolo chicco, pieno di vita. La morte di Gesù non è, infatti, l’ultima parola, la croce di Cristo non è la fine, ma l’inizio di una vita nuova! Ogni vita, ogni vocazione, ha inizio da qui: da un amore che la precede, da un amore preveniente; “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato” (Ger 1,5) e ancora: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico” (Gv 1,48). Cristo ci ha amati anticipatamente e la nostra vita si innesta in questo amore, essa diventa, cioè, chiamata (vocazione) a rispondere a questo amore che ci precede, e ci interpella per primo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. (Gv 15,16) Il chicco di grano, morendo, davvero non rimane solo… germoglia! Come Eva dal primo Adamo, così dal costato aperto di Cristo (l’autentico Adamo!) sgorga la Chiesa. Ecco che allora dal terreno viene alla luce una giovane spiga ancora verde, una Chiesa acerba in cui, però, già scorre la linfa vivificante dello Spirito di Cristo. E così la spiga cresce, si fa bella, diventa matura… La spiga con i chicchi colorati è l’immagine della Chiesa adulta, della messe abbondante che biondeggia rigogliosa al sole, piena di vita, pronta per essere colta (cfr. Gv 4,35 o Mt 9,37 e Lc 10,2): in ogni suo chicco si manifesta la vita (e la vocazione) unica, irripetibile di ogni suo membro (da qui i diversi colori…). Il fatto che i chicchi siano tutti sulla stessa spiga indica che nella Chiesa le vocazioni o crescono tutte insieme oppure tutte insieme periscono; indica, inoltre, che le varie vocazioni sono volute da Dio per l’edificazione comune, fanno parte dello stesso organismo, beneficiano della stessa linfa vitale, e sono chiamate a prendersi cura le une delle altre, a interagire le une con le altre, a collaborare nella carità e nell’amore vicendevole perché tutto il corpo di Cristo ne venga edificato. Il motore che muove tutto, l’artefice di tutto questo dinamismo è lo Spirito Santo: è la sua fantasia, è la sua forza vivificante a fecondare e a rinnovare la Chiesa, è lui che ci attira e ci invita con “gemiti inesprimibili” a rispondere all’invito divino, a fare della nostra vita una risposta d’amore alla chiamata del Signore e ad andare verso di lui: “Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù.” (Ap 22,17.20). È lui che come un vento impetuoso soffia e continua a spingere la nave della Chiesa (cioè noi!) verso il suo porto, verso l’approdo sospirato che è l’incontro con lo Sposo. Nel simbolo abbiamo voluto sottolineare questo fatto trasformando la “V” in una specie di vela rivolta in avanti, quindi al futuro della vita, alla vita eterna! Perché che cos’è la vocazione se non il cammino che conduce alla vita eterna? Il simbolo è più di una semplice immagine pubblicitaria, diventa per l’SDV una vera e propria “sintesi teologica”, un modo immediato per ricordarci, con un semplice sguardo, che tutte le vocazioni nella Chiesa nascono dalla vita di Cristo e a lui conducono grazie all’azione dello Spirito Santo. Lui è il protagonista di tutto, il vero motore! E in un’epoca in cui l’attivismo impazza e diffusa è la convinzione che le cose (e la comparsa di nuove vocazioni!) riescano e funzionino solo grazie ai nostri sforzi, ricordarci di questo, anche attraverso l’ausilio di un semplice simbolo, ha indubbiamente la sua importanza.