UROLOGIA Dott. Sasso 25/10/2007 h 8:30/10:30 DISFUNZIONE ERETTILE Nell’ambito delle disfunzioni sessuali maschili sono state identificate principalmente quattro problematiche: Eiaculazione precoce Deficit erettile (DE) Disordini della fase orgasmica Disordini di desiderio sessuale ipoattivo Molto spesso il paziente tende a confondere i vari aspetti, parlando di disfunzione erettile quando invece si è in presenza di un problema eiaculatorio, o viceversa. La definizione di disfunzione erettile più importante è quella del NIH Consensus Development Panel on Impotence, ovvero “inabilità ad ottenere o mantenere una erezione soddisfacente per una soddisfacente attività sessuale” In questa definizione rientrano dei parametri di tipo quantitativo e qualitativo. Da un punto di vista qualitativo possiamo fare una differenziazione in: Forme lievi Forme moderate: nella gran parte delle volte non è possibile ottenere o mantenere un’erezione valida Forme complete: non si riesce mai ad ottenere o mantenere un’erezione valida Il primo studio da un punto di vista epidemiologico apparso in letteratura, cardine per gli studi successivi, è quello di Feldman del 1994: uno studio epidemiologico condotto sulla popolazione maschile del Massachusetts nell’area di Boston, in cui sono stati screenati più di 1700 soggetti. Erano tutti uomini di età compresa tra i 40 e i 70 anni, e ci si è trovati di fronte ad un 52% di pazienti che soffriva di un disturbo dell’erezione. Nel 17% dei casi si trattava di forme lievi, ma le forme complete e le forme moderate erano la gran parte. Si calcola che negli Stati Uniti trenta milioni di uomini soffrano di DE, mentre nel mondo siamo nell’ordine di più di cento milioni di soggetti affetti da forme più o meno gravi. Nello studio di Feldman si è visto che l’età è ovviamente un fattore molto rilevante; con il passare degli anni il disturbo si fa sempre più presente, ma la cosa interessante è che mentre le forme lievi rimangono più o meno nella stessa percentuale da un punto di vista epidemiologico, le forme moderate e complete vanno aumentando progressivamente. In Francia il 42% degli uomini ha disturbi della sessualità, in un range compreso tra i 18 ed i 94 anni; in Inghilterra il 32% ha difficoltà ad avere un’erezione, il 20% ha difficoltà a mantenerla. In Italia è stato condotto nel 1997 (congiuntamente dalla Società italiana di Urologia, dalla Società italiana di Andrologia e dalla Società italiana di Medicina generale) uno studio epidemiologico che in termini numerici è il più importante al mondo (sono stati screenati quasi 13.000 soggetti). E’ emerso che il 12.8% degli uomini italiani ha un disturbo dell’erezione, e una gran parte di questi sono posizionati in una fascia alta di età, tra i 65 ed i 70 anni e sopra i 70 anni. La fascia più a rischio in cui il problema inizia ad emergere è quella tra i 50 e i 60 anni. C’è un incidenza tra i 20 e i 24 anni che è superiore a tutte le fasce di età successive (per ritrovare un valore di questo tipo dobbiamo arrivare a 50 anni); ciò può essere spiegato con il fatto che questo è il momento più significativo da un punto di vista della 1 formazione sessuale del soggetto ed è il momento più a rischio per le tossicodipendenze, per i rapporti interpersonali e per l’inserimento nel mondo del lavoro. In questa fascia di età il maschio italiano è più scoperto, perché non è seguito e valutato da nessuno, ed esce anche fuori dal controllo della vita familiare. L’altro dato interessantissimo di questo studio è che solo la metà degli intervistati era pronta a risolvere il problema: ed è proprio a questo livello che si inserisce il lavoro della classe medica, attraverso un’informazione corretta, prevenzione, e laddove sia necessario, trattamento. L’80% del campione presentava una DE di natura organica, e ciò cambia completamente tutte le carte, dal momento che nell’immaginario comune si tratta di disturbi di natura psicologica nella gran parte dei casi. Fattori di rischio Età: Nella popolazione anziana è stata osservata un’erezione ritardata, una minore rigidità peniena, una minore sensibilità, un aumento del tempo refrattario, una minore frequenza delle erezioni notturne (che tutti gli uomini hanno; rappresenta un sistema di mantenimento della funzione stessa), una minore forza dell’eiaculazione e minore volume dell’eiaculato. L’età è il fattore di rischio dell’uomo sano; la DE è il risultato degli effetti fisiologici del processo dell’invecchiamento, ma, sebbene aumenti con l’invecchiamento, non ne è una conseguenza inevitabile. Sempre di più oggi, con l’allungamento della sopravvivenza, c’è una richiesta di una vita di relazione anche con l’aumentare dell’età. Molta gente divorzia nella fascia di età compresa tra i 55 e 58 anni, per rimettersi nel mercato degli affetti e della vita di relazione, necessitando di risolvere queste problematiche. L’NIH Consensus Panel ha affermato la necessità di opporsi all’accettazione della DE come una causa naturale dell’invecchiamento, quindi la classe medica dovrebbe impegnarsi a diagnosticare correttamente e trattare la DE senza tollerarla. Livello di scolarità: il rischio della DE tende a ridursi con l’incrementare degli anni di scolarità. Diabete Mellito: sia nel diabete di tipo 1 che nel diabete di tipo 2 il rischio di DE è superiore al 50% (range 20-75%). Lo studio di Feldman parlava di una prevalenza nei diabetici di completa DE nel 28% dei casi. Nel diabetico il danno che determina DE è di natura arteriogenica, venogenica, neurogena, psicogena ed endocrinologica. I soggetti diabetici hanno una probabilità 3 volte maggiore di sviluppare una DE rispetto ad un uomo non diabetico, sono affetti da DE in età più giovane e soprattutto nel momento in cui non è stata fatta ancora una diagnosi di diabete, la DE può esserne il sintomo di esordio. Il rischio di sviluppare DE nella popolazione diabetica aumenta quando ci troviamo di fronte ad un diabete giovanile, quando c’è uno scarso controllo della glicemia, quando si associa a un forte consumo di alcool e fumo di sigaretta, e in presenza di neuropatia diabetica. Lipidi – Obesità: c’è una diminuzione statisticamente significativa della qualità dell’erezione nei pazienti obesi, un grado di rigidità 1.32 versus 1.62 in pazienti non obesi e un’aumentata prevalenza dei fattori di rischio vascolare (p<0.05) riconducibili ad un danno arteriogenico dell’erezione. Sindrome metabolica: si verifica una resistenza insulinica che spesso porta ad una riduzione del tasso di androgeni in circolo. C’è un aumentato rischio di sviluppare aterosclerosi e la DE che si sviluppa in questi casi è legata anche alla produzione dell’ossido nitrico sintetasi. Ipertensione: una DE è presente nel 45% degli uomini affetti da ipertensione. In Italia ci sono tredici milioni di ipertesi, di cui circa sette milioni di maschi. L’aumento della 2 pressione arteriosa determina un danno parietale con riduzione del calibro arterioso, si riduce l’ossigenazione tissutale e l’inflow cavernoso e si instaura un danno endoteliale responsabile della DE. DE e malattia cardiovascolare hanno in comune gli stessi fattori di rischio, che sono quelli riconducibili alla disfunzione endoteliale, ovvero: Diabete mellito Ipertensione Dislipidemia Fumo di sigaretta Familiarità La DE può essere considerata quindi come un vero e proprio marker delle malattie cardiovascolari: il 54% dei pazienti lamenta DE, il 73% di questi segnalano DE in epoca antecedente la comparsa di sintomi anginosi. Da uno studio fatto in Canada durato 4 anni su pazienti tra i 50 e i 60 anni che si presentavano in pronto soccorso per un accidente coronarico, è emerso che più della metà aveva avuto un disturbo dell’erezione nei tre anni precedenti. Infatti, la comparsa di DE è risultata precedere il manifestarsi di sintomi coronarici in media di circa 4,5 anni. Lo studio di Montorsi del 2002, effettuato su 100 pazienti con coronaropatia, ha dimostrato che una percentuale significativa di pazienti sviluppa DE prima di coronaropatie. Da qui l’importanza di indagare su questi problemi sia in termini anamnestici che diagnostici. Insufficienza renale cronica: determina un deficit dell’erezione, una diminuzione della libido (interferendo sul meccanismo androgenico), infertilità. Si tratta di un meccanismo multifattoriale, condizionato dalla riduzione di testosterone circolante, insufficienza vascolare, alterazione della innervazione autonoma, alterazione nervosa somatica, terapie plurime. Late-onset hypogonadism (LOH): molti anni fa si parlava di Andropausa (decadimento ormonale molto più lento e sfumato rispetto alla menopausa femminile), si è passati poi ad un concetto di Climaterio maschile, poi agli acronimi ADAM/PADAM ed infine adesso è stato introdotto il termine di LOH, che si riferisce ad una sindrome clinica e biochimica associata all’invecchiamento, caratterizzata da un corredo sintomatologico tipico e da una riduzione dei livelli ematici di testosterone. Sindrome che può portare ad un significativo deterioramento della qualità della vita e della funzione di vari organi ed apparati. L’ipogonadismo inizia a diventare significativo soprattutto nella fascia di età compresa tra i 60 e i 69 anni, per poi aumentare nel tempo. Quali sono gli effetti biologici del testosterone? Il testosterone agisce a vari livelli: Libido Funzione erettile Densità ossea (esistono moltissimi studi in cui è dimostrato che la percentuale di osteoporosi nel maschio con bassi livelli di testosterone, quindi con il passare degli anni, è percentualmente significativa al pari della tendenza di osteoporosi nella donna in età post-menopausale) Distribuzione della massa adiposa Incremento della massa muscolare Umore Il testosterone influenza l’erezione regolando il gene per l’ossido nitrico sintetasi di origine neuronale (il primum movens dei meccanismi dell’erezione). Ciò ha un ruolo nella regolazione della pressione intracavernosa, con miglior ossigenazione e prevenzione dei danni ischemici da ipercapnia e fibrosi, e pertanto riconduce a un rilassamento cavernoso e all’erezione. 3 Ipertiroidismo: aumentano i livelli estrogenici con potenziale diminuzione della libido Ipotiroidismo: si abbassano i livelli di testosterone e aumentano quelli di prolattina. Iperprolattinemia: c’è probabilmente un’inibizione dell’attività dopaminergica e un diminuito livello di Gonadotropin Releasing Hormone ( livelli del testosterone circolante). Depressione: nei depressi c’è una riduzione globale dell’attività sessuale nel 50-90% dei casi. I dati mondiali sulla depressione sono sconcertanti: il numero dei soggetti affetti da tale problema è in grandissima espansione, non a caso i farmaci che hanno una maggior quota di mercato sono proprio gli antidepressivi (fino a poco tempo fa il farmaco più venduto era il Prozac). Farmaci: moltissimi farmaci, anche di uso comune, possono determinare una DE. Antipertensivi (un po’ tutti, proprio a causa dell’ abbassamento pressorio e della diminuzione di inflow arterioso). In quest’ambito, quelli che in assoluto danno maggiori problemi sono i beta-bloccanti, meno gli ACE inibitori e meno ancora i sartani. Farmaci antitumorali Ormoni Psicofarmaci: influenzando le vie di trasmissione dei neurotrasmettitori coinvolti nella funzione sessuale. Il Trazodone (Trittico) può causare priapismo. Fumo di sigaretta: è un problema epidemiologicamente significativo, soprattutto nelle fasce giovanili di età. Riduce le erezioni notturne ma soprattutto determina una DE di natura arteriogenica facilitando lo sviluppo di placche aterosclerotiche; la nicotina, inoltre, ha un effetto vasocostrittivo, in particolar modo a livello del microcircolo, determinando un danno circolatorio ( ipossia) e della muscolatura del pene. Il numero di sigarette fumate è strettamente correlato alla gravità della DE, così come il numero di anni della dipendenza (smettere di fumare dopo 30 anni non cancella i danni apportati). Consumo dell’alcool: Insieme al fumo e alle tossicodipendenze,è un fattore di rischio per la fascia di età compresa tra i 20 ed i 24 anni, in cui c’è una prevalenza significativa rispetto alle altre fasce di età. Il consumo eccessivo di alcool (> a 600 ml/settimana), in importante aumento soprattutto nelle fasce giovanili, è associato con una aumentata probabilità di DE minima da 17 a 29%. Attività sportiva, in particolar modo alcune quali il ciclismo: la bicicletta è deleteria per tutte quelle che sono le problematiche connesse all’apparato genitale maschile (oltre che alla DE c’è il rischio di sviluppare prostatiti, stenosi dell’uretra, uretriti, traumatismi della prostata). Nella DE il problema è che c’è una sindrome da schiacciamento del perineo a livello dell’emergenza delle due arterie cavernose, il che determina un danno ipossico a carico dei tessuti cavernosi e della muscolatura peniena. Questo problema non interessa soltanto il ciclista professionista, ma anche quello non agonista. Inoltre, oramai circa l’80% dei ciclisti fa utilizzo di sostanze dopanti, quasi tutti assumono integratori, ormoni, in maniera non controllata, che hanno gravi ripercussioni sull’apparato genitale. Cominciano ad apparire sul mercato delle selle con imbottiture particolari proprio per contrastare l’emergere di questo problema. 4 Abuso di sostanze: soprattutto eroina, cocaina, metadone e derivati dell’oppio. Determinano una depressione del SNC e una ipotestosteronemia. La cocaina, in particolar modo, determina una fibrosi tissutale che causa un danno a carico della muscolatura peniena. Associata all’efedrina, può determinare danni importanti quali il priapismo. Molto spesso, la tendenza è quella di utilizzare queste sostanze (soprattutto la cocaina) per migliorare le proprie prestazioni sessuali, mentre è l’esatto opposto: inizialmente si può avere uno stato di eccitazione, ma successivamente c’è uno stato di depressione che determina un peggioramento dell’erezione stessa. Lesioni e patologie neurologiche: Disordini neurologici centrali: Morbo di Alzheimer, Morbo di Parkinson, eteroformazioni, accidenti vascolari. Sclerosi multipla: colpisce soggetti in età giovanile, intorno ai 35-40 anni, con delle potenzialità di vita di relazione importanti. Il 40% di questi pazienti sviluppa un deficit dell’erezione. Traumi pelvici: soprattutto quelli della strada, in particolar modo quelli motociclistici, in cui si distinguono lesioni classiche da serbatoio o da carena della moto. Trattamenti radioterapici: uno dei campi di maggiore applicazione nel maschio è il trattamento del carcinoma della prostata. Uno dei problemi nel trattamento chirurgico del cancro della prostata è il deficit dell’erezione secondario alla chirurgia: la radioterapia è stata proposta come alternativa terapeutica con la stessa efficacia, ma soprattutto con una forte riduzione della possibilità di sviluppare successivamente una DE. In realtà non è proprio così, perché i radioterapisti negli anni hanno presentato una prevalenza di DE nel 25% dei pazienti radiotrattati. In uno studio molto recente pubblicato nel corrente anno su Radiation Oncology è stato dimostrato che dopo radioterapia tridimensionale conformazionale (la tecnica in assoluto più recente) il 28% dei pazienti trattati per cancro alla prostata presenta una DE, percentuale che dopo 2 anni sale al 36%, dopo 3 anni al 38%. Gli effetti secondari della radioterapia, pertanto, si estrinsecano nel tempo. Chirurgia Urologica: si può sviluppare DE soprattutto in seguito a prostatectomia radicale, La percentuale può essere migliorata se si riescono a conservare le benderelle poste lateralmente alla prostata, dove decorrono i nervi erigendi. Anche una chirurgia urologica più semplice, per ipertrofia prostatica, può determinare danno erettile in una percentuale di casi fino al 32%. Chirurgia pelvica/perineale: soprattutto la chirurgia retto-colica (in passato le attenzioni del chirurgo erano volte soprattutto alla cura del tumore, oggi si cerca di preservare la qualità della vita); circa il 95% dei pazienti sottoposti a resezione addomino-perineale presenterà successivamente una DE. Chirurgia vascolare: by-pass e impianti protesici a livello degli arti inferiori, dei tronchi iliaci comuni, interni ed esterni possono determinate DE. Anche la chirurgia vascolare sta evolvendo sempre più verso un’endochirurgia, con una diminuzione di queste problematiche. 5 CONCLUSIONI La DE è associata a patologie di frequente riscontro nella pratica ambulatoriale Può essere un segnale per altre malattie importanti Può essere effetto di terapia in corso E’ correlata ad abitudini e stili di vita molto comuni E’ correlata ad abitudini e stili di vita molto comuni E’ sottodiagnosticata Fisiologia dell’erezione Il pene è l’unico organo del corpo umano che modifica le proprie dimensioni e il proprio metabolismo. E’ stato dimostrato, inoltre, che lavora sul metabolismo lipidico e non glucidico, proprio perché richiede un’energia talmente alta che non può essere resa disponibile con il metabolismo glucidico. In condizioni di flaccidità, il sangue entra negli spazi lacunari attraverso le arterie, viaggia all’interno di questi spazi virtuali, e fuoriesce attraverso le venule. Durante l’erezione, aumenta l’inflow, questi spazi si rilasciano, si distendono e vanno a bloccare le venule subtunicali intrappolando il sangue all’interno dei corpi cavernosi. Questo meccanismo è sotto il controllo di neuromediatori del sistema colinergico ed in particolar modo dell’ossido nitrico, che determina un rilasciamento. Invece il sistema adrenergico, a base di adrenalina, determina una contrazione. Ed è per questo che soggetti con ipertono adrenergico, ad alta emotività, molto spesso non riescono ad avere un’erezione: ciò è alla base della cosiddetta “ansia da prestazione”. L’aumentato tono adrenergico, infatti, determina il mantenimento di uno stato di contrazione all’interno delle fibre muscolari dei corpi cavernosi. Inoltre, l’endotelio ha un ruolo molto importante: è un vero e proprio organo neuroendocrino che produce una serie di sostanze quali l’ossido nitrico (responsabile del rilasciamento), le endoteline di tipo 1 (contratturanti) e di tipo 2 (rilascianti) e le prostaglandine. 6 Inquadramento diagnostico Visita andrologica: Corretta anamnesi medica: inquadrare eventuali fattori di rischio per la DE , qualora non fossero già stati precedentemente rilevati. Esame obiettivo andrologico: valutazione accurata dei genitali esterni, della prostata e valutazione neurologica di base. Diagnostica di laboratorio: Assetto lipidico completo Assetto glucidico Assetto ormonale (dosaggio testosterone) Dosaggio PSA (esame cardine per una diagnosi precoce del tumore della prostata, va effettuato negli uomini over 50 una volta all’anno; se sono presenti fattori di rischio per il tumore della prostata, il dosaggio di PSA e la visita andrologica devono essere effettuati più precocemente, a 40 anni) Diagnostica di secondo livello (test di farmacoerezione intracavernosa, rigidometria notturna peniena, audio video sexual stimulation, ecocolordoppler penieno dinamico): perde sempre più di valore, si continuano a fare molti ecocolordoppler dinamici del pene, che sono comunque da riservare alle gravi forme organiche o quando è indicata la terapia chirurgica. Principi di terapia Counselling psicosessuologico Terapia orale Terapia iniettiva Terapia sostitutiva Terapia chirurgica Quali sono i criteri della scelta terapeutica? Bisogna individuare le condizioni organiche e/o la situazione psicologica reversibili sottostanti e/o potenzialmente responsabili della DE e tutto ciò va valutato in relazione ai risultati diagnostici, alla motivazione del paziente e della partner, alla salute psico-fisica e mentale. Esistono dei problemi di natura etica su cui si dibatte molto, come ad esempio il trattamento di queste problematiche nei soggetti con devianze mentali o sieropositivi, o la castrazione chimica nei pedofili. Modificazione dello stile di vita: Smettere di fumare Diminuzione del peso corporeo Diminuzione od eliminazione dell’alcool Corretto controllo della pressione arteriosa Attività fisica Astensione dall’uso di stupefacenti Etc. 7 Terapia delle eventuali malattie sottostanti: Ipertensione Malattie cardiovascolari Diabete Iper/Ipotiroidismo; Iperprolattinemia Ipogonadismo Malattie neurologiche ? Etc. Terapia orale: esistono ormai in commercio tre farmaci principali Sildenafil (VIAGRA) Vardenafil (LEVITRA) Tadalafil (CIALIS) Sildenafil e Vardenafil hanno una struttura chimica abbastanza simile, a differenza del Tadalafil, che ha una formula completamente diversa. Questo spiega perché la sua azione farmacologica sia diversa. Sono tutti inibitori delle 5-fosfodiesterasi, che intervengono sul meccanismo del cGMP. Da un punto di vista farmacocinetico, Sildenafil e Vardenafil hanno un Tmax molto ridotto rispetto al Tadalafil; in particolar modo, il Vardenafil è quello che entra per primo in circolo e la sua azione cessa dopo circa 4 ore (in modo simile al Sildenafil), a differenza del Tadalafil, che ha un’azione molto più prolungata (arriva fino a 17.5 h). Si è detto che questi farmaci sono controindicati nei cardiopatici, ma di fatto l’unica vera controindicazione assoluta è rappresentata dalla terapia con nitroderivati. Si tratta ormai di farmaci sicuri, che possono essere utilizzati in tutti i pazienti con DE. Qualche giorno fa è emersa una nota dell’FDA secondo la quale questi farmaci possono determinare ipoacusia o sordità: sono stati segnalati 29 casi, in una fascia di età superiore ai 60 anni, che non sono significativi rispetto all’utilizzo di milioni di pillole giornaliere. Le nuove frontiere della ricerca nella terapia orale della DE prevede l’associazione di testosterone e inibitori delle PDE5 e l’associazione di ipocolesterolizzanti e inibitori delle PDE5. Il lavoro cardine di Shabsigh ha dimostrato una positivizzazione alla risposta negativa alla sola terapia con il Sildenafil nei pazienti trattati con testosterone. Questo è stato dimostrato successivamente in altri studi: in uno studio del 2003 su 120 pazienti che non rispondevano alla terapia con il Viagra, è stata evidenziata una percentuale significativa di risposta all’associazione con il testosterone. Terapia sostitutiva con testosterone: oggi viene impiegato anche il testosterone in gel. A un mese di terapia, si evidenzia l’azione del testosterone su più livelli: sull’attività sessuale, sul desiderio sessuale, sulla positivizzazione dell’umore. In uno studio del 2004, si è visto che su 69 pazienti che non rispondevano al solo trattamento con Cialis (età media 59 anni), il 40% diventava responsivo dopo 4 settimane di associazione con Testogel. A 10 settimane questa percentuale saliva al 65%. Ciò è riconducibile al fatto che il testosterone aumenta la disponibilità di NO e amplifica l’espressione e la risposta agli inibitori delle PDE5 sia in vivo che in vitro, pertanto è indicata una terapia associativa. Oggi si è visto che non esiste una correlazione con il cancro della prostata, anzi, addirittura iniziano ad apparire i primi studi in cui si propone l’utilizzo di testosterone in gel nei soggetti sottoposti a prostatectomia radicale per cancro alla prostata. Naturalmente, quando 8 si fa una terapia con testosterone, bisogna tenere conto di vari parametri che vengono modificati con l’assunzione di questo ormone, come l’ematocrito, che aumenta (non a caso viene assunto per migliorare le prestazioni fisiche nelle attività sportive agonistiche, poiché migliora l’ossigenazione dei tessuti ed aumenta la massa muscolare). • • • • • MESSAGGI CHIAVE L’attivazione del NO è testosterone-dipendente La terapia sostitutiva con T migliora sia la funzione erettile che la risposta ai PDE5-I Le linee guida internazionali raccomandano uno screening per l’ipogonadismo in pz con DE E’ consigliabile screenare la popolazione a rischio quale diabetici e anziani La terapia per la DE ed ipogonadismo si è modificata da monoterapia a terapia combinata con PDE5-i Terapia iniettiva: viene effettuata attraverso prostaglandine intracavernose; è riservata a pazienti che non rispondono alla terapia orale, che non possono far uso della terapia orale (soggetti ad esempio che fanno uso di cerotti a base di nitrati) o che sono stati sottoposti ad una chirurgia radicale della pelvi e non rispondono alla terapia orale. Ingegneria tissutale: ricostruzione di un normale tessuto erettile usando cellule autologhe. L’ obiettivo è quello di ottenere tessuto cavernoso per la ricostruzione del pene nei casi di ampia perdita di tessuto (es IPP severa). Cellule muscolari lisce umane coltivate in vitro su una matrice acellulare sono state impiantate nei corpi cavernosi di animali, ottenendo risultati morfologicamente e funzionalmente apprezzabili. Terapia genica: Obiettivo della terapia genica è quello di introdurre materiale genetico (DNA o RNA) all’ interno di cellule di un organo bersaglio, al fine di migliorante la funzionalità. Viene utilizzato un vettore, che è un plasmide o un virus. Il pene rappresenta l’organo ideale per la terapia genica, essendo un organo esterno è facilmente trattabile e non richiede manovre particolari come per un organo situato all’interno della cavità addominale. Terapia chirurgica: rappresenta il terzo livello terapeutico e può essere arteriosa, venosa o protesica. Chirurgia arteriosa: va riservata a pazienti giovani (<40 aa) affetti da DE in esiti di trauma pelvico-perineale con lesione completa delle arterie cavernose. Questo perché dobbiamo andare a rivascolarizzare un territorio che deve essere sano. Di conseguenza ci deve essere l’assenza di fattori di rischio per patologie cardiovascolari, diabete, ipertensione. Secondo le linee guida internazionali, è una procedura chirurgica da eseguirsi esclusivamente c/o Centri di eccellenza. Chirurgia venosa: la legatura venosa non è avallata come scelta di terapia chirurgica dalla EAU (European Association of Urology) e dalla AUA (American Urological Association). Solo il 31% dei pazienti ha riportato erezioni di buona qualità dopo 4 anni circa dall’intervento. Tuttavia, la legatura venosa può rappresentare una terapia alternativa in pazienti selezionati. Chirurgia protesica: rappresenta il vero trattamento chirurgico della DE. Possiamo pensare di poter ricorrere a questo tipo di chirurgia in pazienti con una DE organica e che non rispondono alla terapia orale o farmaco-iniettiva, in pazienti con DE che non vogliono un trattamento orale o iniettivo, e in pazienti con DE definitiva. C’è da dire che sta aumentando il numero di candidati all’impianto protesico dopo l’effetto 9 Viagra (molta gente assume il Viagra, non risponde al farmaco e consulta il medico). Quali sono le raccomandazioni? Valutazione clinica del paziente sulla reale possibilità di avere attività sessuale Riservare l’intervento chirurgico solo in caso di fallimento di altre terapie meno invasive o di intolleranza alle stesse Attenta e chiara informazione sull’intervento e sulle possibili complicanze e sequele Negli anni si sta passando da una medicina della salute ad una medicina del benessere e nell’ambito di questo passaggio la medicina della sessualità ha un suo ben preciso posizionamento. Domanda: è utile l’impiego del Viagra per le disfunzioni sessuali femminili? La risposta è no, si stanno sviluppando altri tipi di trattamento, come dei gel a base di prostaglandine, che hanno un effetto vasodilatatore (il clitoride ha la stessa conformazione del pene). Si è visto che il testosterone ha un ruolo fondamentale nella sessualità femminile, tant’è che cominciano a svilupparsi anche degli studi che prevedono il trattamento con testosterone nella donna. Questo è importante anche nella terapia del climaterio femminile. Il secondo tema da trattare sarebbe stato l’INFERTILITA’, ma essendo un argomento molto vasto, per mancanza di tempo ci occupiamo del varicocele, responsabile nel maschio di gran parte dei quadri di infertilità. VARICOCELE E’ una patologia caratterizzata dalla comparsa di varici del plesso pampiniforme, estremamente frequente, il più delle volte sottostimata, che può essere causa di infertilità. E’ presente soprattutto nella popolazione giovanile: fino a qualche tempo fa, attraverso la visita di leva effettuata alla maggiore età, si faceva un primo screening sul maschio, in cui si potevano evidenziare i quadri di varicocele con grande frequenza. Con l’abolizione della visita di leva, si è creata una finestra buia nell’ambito delle problematiche maschili: l’uomo lascia l’età pediatrica a 16 anni e non viene più visitato dal medico fino all’età di 35-40 anni, quando emerge il problema dell’infertilità. Correggere il varicocele precocemente significa avere una percentuale di recupero della fertilità molto alta rispetto ai 35-40 anni. Fattori predisponenti Flebectasia Insufficienza del cremastere Sbocco a 90° della vena spermatica sinistra nella vena renale di sinistra: questo fa sì che il varicocele sia molto più frequente a sinistra. A destra è meno frequente perché la vena spermatica entra direttamente nella cava con un angolo di 30°. Gradiente pressorio tra v. cava e v. renale Nut-Craker syndrome alta e bassa: ci può essere una Sindrome dello Schiaccianoci laddove la vena renale incrocia i vasi iliaci. 10 Diagnosi Segni e sintomi: Sensazione di peso scrotale soprattutto dopo stazione eretta prolungata Palpazione di sacco di vermi Emiscroto più grosso e pendulo L’esame clinico in clino e soprattutto in ortostatismo con la manovra di Valsalva rileva un aumento dell’ingorgo venoso Diagnosi differenziale La diagnosi di varicocele è piuttosto semplice, ma può porsi il problema della diagnosi differenziale con le seguenti condizioni: Orchiepididimiti (flogosi dell’apparato genitale maschile) Idrocele (raccolta di liquido all’interno della sacca scrotale) Traumi scrotali (ematocele) Tumori del testicolo Cisti del funicolo spermatico Diagnostica di primo livello Ecodoppler scrotale con valutazione orchidometrica per valutare la presenza di un eventuale ipogonadismo, un’ipotrofia testicolare che ci fa pensare ad un danno del parenchima secondario alla presenza di varicocele Ecografia renale (eventuale): ormai non c’è un’indicazione, se non nel varicocele del bambino, poiché soprattutto al di sotto dei 5 anni esiste la possibilità di sviluppare un tumore di Wilms, che può determinare stasi venosa a monte e quindi varicocele. Può esserci varicocele secondario anche nell’adulto in età avanzata, nel caso sia presente una massa di grandi dimensioni che invade anche la cava, ma sono casi molto rari Spermiogramma nei pazienti > 18 anni per valutare l’eventuale presenza di un quadro di infertilità associato Diagnostica di secondo livello Dosaggi ormonali FSH, LH, Testosterone Esami colturali nel sospetto clinico e laboratoristico di flogosi urogenitali Varicocele e infertilità: le cause Incremento temperatura scrotale: è stato molto studiato negli anni passati; vennero addirittura utilizzati degli strumenti che venivano posizionati sullo scroto e ne 11 abbassavano la temperatura per mantenere un buon trofismo testicolare. Sono poi andati in disuso. Reflusso di steroidi surrenalici e/o tossine renali: correlato alla stasi ematica. Danno ipossico-anossico dovuto alla stasi ematica Danno istopatologico Ipoplasia delle cellule germinali con arresto maturativo Ispessimento della membrana basale Patologia da stress della cellula del Leydig con accumulo di lipofuscina e cristalli citoplasmatici Quando trattare il varicocele? Varicocele monolaterale sinistro o destro: Sintomatico: alterazioni persistenti di uno o più parametri seminali (numero, motilità, morfologia); ipotrofia testicolare soprattutto nei soggetti <18 anni ( i parametri seminali non hanno ragione di essere valutati perché non è avvenuto uno sviluppo completo) Persistente in caso di sintomaticità o alterazione dei parametri seminali Grado III , ovvero varicocele volumetricamente importante; esiste un varicocele subclinico (grado 0), di grado I,di grado II e di grado III. anche se normospermico fino ai 40 anni Varicocele bilaterale Correzione contestuale (destro + sinistro) se il varicocele a destra è almeno di II o III grado Correzione differita del varicocele controlaterale anche di I grado se dopo almeno 9-12 mesi dal primo intervento persiste dispermia (alterazione di almeno uno dei parametri seminali) Varicocele e azoospermia L’azoospermia è l’assenza di spermatozoi nel liquido seminale. Intervento non opportuno Azoospermia da alterazioni cromosomiche 12 Azoospermia con valori molto elevati di Gonadotropine Intervento opportuno Azoospermia con testicoli <10 ml e Gonadotropine normali Azoospermia ostruttiva Azoospermia idiopatica Terapia La terapia del varicocele è chirurgica, la terapia medica ha solo un valore complementare. Non esistono studi clinici controllati e randomizzati in doppio cieco sulle terapie mediche complementari nel varicocele. Studi clinici non controllati propongono l’uso di flebotrofi, gonadotropine, antiestrogeni, antiossidanti. Tali terapie non devono essere somministrate prima del trattamento correttivo e sono da effettuare in caso di dispermia persistente dopo almeno 6 mesi dalla adeguata correzione del varicocele. Legatura chirurgica: Sovrainguinale o Retroperitoneale (Ivanissevich e Palomo): prevedono la legatura alta della vena e dell’arteria spermatica. VANTAGGI Tale tecnica permette di eseguire un intervento veloce a causa del numero esiguo di vene presenti a quel livello (c’è un unico tronco della vena spermatica, che ancora non si è divisa in più rami). SVANTAGGI Difficile identificazione delle vene spermatiche esterne, cremasteriche e perforanti il canale inguinale. Necessità di anestesia generale e ospedalizzazione ( per questo viene praticata meno rispetto al passato). Inguinale (Bernardi): comincia ad avere uno spazio sempre più ristretto VANTAGGI Tale tecnica permette di identificare tutte le vene ectasiche Possibile anestesia locale Bassa percentuale di recidive SVANTAGGI Tempi operatori più lunghi 13 Si va ad aprire il canale inguinale, e questo comporta nel tempo la possibilità di una minor resistenza del canale inguinale stesso con la comparsa di eventuali ernie. Subinguinale (Marmar e modifiche) VANTAGGI Tale tecnica permette di identificare tutte le vene ectasiche Anestesia locale Bassa percentuale di recidive Immediata ripresa del paziente Ferita esteticamente invisibile SVANTAGGI ?????????????? Tecniche di Sclerotizzazione: Anterograda (Tauber): si va ad isolare il plesso pampiniforme a livello subinguinale e poi per via ascendente-anterograda si inietta il liquido sclerosante. Retrograda con accesso trans-femorale o trans-brachiale Antero – retrograda combinata VANTAGGI Tale tecnica permette di identificare tutte le vene ectasiche Anestesia locale: ciò garantisce una rapida ripresa del paziente, ma oramai l’acceso subinguinale garantisce tempi di ospedalizzazione più brevi Percentuale di recidive estremamente bassa, pressoché assente nella procedura antero –retrograda combinata Immediata ripresa del paziente. SVANTAGGI Complicanze infiammatorie e funzionali legate all’agente sclerosante Da eseguirsi solo in centri altamente specializzati, in cui è presente una radiologia interventistica che sappia effettuare queste procedure 14 Tecniche microchirurgiche Non trovano una vera e propria applicazione clinica, vengono effettuate in centri selezionati. Legatura (Goldstein) Anastomosi (Belgrano, Ishigami) tra vena spermatica e safena. Tecnica laparoscopica E’ una tecnica gravata da maggiori rischi perioperatori ed anestesiologici, indicata solo in caso di varicocele bilaterale o in caso di contemporaneo intervento per altre ragioni. Proporre una chirurgia laparoscopica per varicocele significa essere fuori da tutte le linee guida internazionali, ed essere a rischio di malpractice e contenzioso medico-legale. In numerosi studi, si è visto che c’è un aumento dell’incidenza delle gravidanze, che raddoppia nei pazienti trattati rispetto a quelli non trattati. Inoltre, l’utilità della correzione del varicocele va considerata anche in termini di miglioramento del liquido seminale in previsione di una riproduzione assistita. Carmen e Andrea 15