EUROPA - 3 LE RADICI DELL’EUROPA Una riflessione sull’identità europea L'Europa , in passato, ha prestato poca attenzione alla ricerca della sua identità forse perché si è sempre identificata con il mondo intero. Oggi emerge forte una riflessione sull'identità europea ma è difficile dare una risposta univoca. Vi sono diversi approcci volti a definire l'Europa come civilizzazione culturale o come entità geopolitica o, ancora, come una realtà economica ben caratterizzata. Ma ciò che caratterizza l'Europa più di ogni altra cosa è, forse, la sua storia intesa come divenire di popoli, lingue ed istituzioni. Certamente dare una identità definita all'Europa è cosa assai ardua forse per il fatto stesso che essa non si riconosce in una realtà compiuta quanto in una mancanza tanto da poter dire che l'Europa ritrova la sua identità quando decide di negarla e si riscopre "molteplice". Edgar Morin scriveva che l'Europa è un complesso «il cui carattere è di riunire insieme senza confonderle le più grandi diversità e di associare i contrari in maniera non separabile» (in “Penser l'Europe”). Sembra che i popoli europei si sentano uniti proprio dalle differenze, ma in una prospettiva dialogica. “Unità nella diversità” è il motto scelto per l'Unione suggerito proprio dagli studenti europei. Allora potremmo definire l'Europa, con Morin, una “unità molteplice” alla luce di una “identità differenziale” centrata sul dialogo tra le culture per cui è possibile sentirsi europei e italiani, europei e francesi, europei e inglesi e prossimamente anche europei e polacchi. Giovanni Paolo II, al Sinodo dei Vescovi per l'Europa, (Città del Vaticano, 3 ottobre 1999) ha detto che è urgente una cooperazione fraterna in questo periodo storico in cui il continente sperimenta una nuova fase del processo di integrazione e una sua forte evoluzione in senso multiculturale e multietnico. E dalle capacità di orientarsi in questa nuova fase, sapendo articolare la novità che ne può scaturire, sta il futuro dell'Europa in un progetto che sappia coniugare identità e pluralità. L'ingresso di nuovi Paesi nell'Unione cambia continuamente il suo volto, ma non snaturano il processo ed il progetto europeo nella misura in cui vi è una maturazione delle coscienze in questo senso portando alla creazione di un ethos condiviso. Si tratta di attuare un progetto dialogico di una Europa autenticamente e liberamente unita e nello stesso tempo autenticamente e consapevolmente molteplice dove si riescano a comporre culture e funzioni, territori e comunità senza egemonie o fusioni nell'ottica della convivialità delle differenze che va oltre la norma, le regole che pure ha di bisogno questa nostra nuova patria. Questi concetti sono presenti anche in alcune norme dei Trattati istitutivi della Comunità europea e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Infatti l’articolo 151 del Trattato di Roma prevede che: “La Comunità contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune.”. Il Preambolo della Carta di Nizza, a sua volta recita: “Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà… L’Unione contribuisce al mantenimento e allo sviluppo di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei…”. STORIA DELL’IDEA DI EUROPA Se proviamo a considerare oggi l’Unione Europea, troveremo che essa si pone sotto gli occhi di tutti come una realtà economica e politica in crescita; se però ci interroghiamo sulle sue origini, potremmo avere qualche difficoltà a rispondere così su due piedi.Da dove viene l’idea di Europa unita? La geografia è la prima risposta che viene in mente: a nord il Circolo Polare, ad ovest l’Oceano, a sud il Mediterraneo, ad est gli Urali ed il Bosforo. Vada per i primi tre punti cardinali, ma ad est un confine che separi due continenti proprio non c’è! Basta pensare a due esempi moderni, l’ex U.R.S.S. e la Turchia, entrambe con un piede (o qualcosa in più!) nei due continenti. Non per niente si parla spesso di continente eurasiatico: citando un dizionario di italiano “Continente: I maggiori complessi di terre emerse, isolati da oceani”; a rigore, dunque, come segnala lo stesso vocabolario, anche l’Africa fa parte dello stesso continente! Mettiamo da parte la geografia e ricorriamo allora alla storia: la parola Europa si ritrova per la prima volta nell’inno omerico ad Apollo, dove però sta ad indicare la sola Grecia centrale! Col tempo tuttavia il concetto si evolve e nel V sec. giunge a riferirsi anche alle terre ad occidente della Grecia: in Eschilo, nei Persiani, si può comunque notare come l’Europa nasca per contrapposizione ai “barbari” Persiani, e si consideri ancora l’orizzonte greco come privilegiato. Altra fonte antica è la cosiddetta “Tavola delle Nazioni”, contenuta nel capitolo 10 della Genesi, in cui Iafet viene indicato come il capostipite delle genti europee: alcuni nomi di popoli sono simili, altri necessitano di una interpretazione, ma gli studiosi sono concordi in questa identificazione. Andiamo avanti nel tempo, e consideriamo Roma: il suo Impero si estende su tutto il Mediterraneo (che è un collegamento più che un confine!), ma a nord, pur spingendosi fino alla Britannia, lascerà ampi spazi inesplorati oltre il Reno, che diventerà il confine da difendere contro le popolazioni barbariche: la Germania, oggi uno dei principali sostenitori dell’Unione, è praticamente al di fuori di essa in età antica! Le stesse popolazioni sono protagoniste, nel V secolo, della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, che ha sempre colpito l’immaginario collettivo. Dal punto di vista culturale però le cose non cambiano: i “barbari” sono già stati evangelizzati, sono da lungo tempo a contatto con la complessa realtà dell’Impero e decidono di mantenerne, almeno in parte, le istituzioni. La Chiesa, oltre a provvedere alla progressiva conversione di popolazioni sempre più lontane, diventa un punto di riferimento anche istituzionale, la cattedrale si fa luogo pulsante della vita pubblica, il vescovo diventa guida della comunità. In questi secoli si viene così a formare un sostrato comune di elementi culturali che caratterizzeranno gli stati per gli anni a venire, il cristianesimo e la cultura classica: siamo negli anni in cui i padri della Chiesa scrivono le loro opere, traducono la Bibbia in latino, iniziano la selezione dei testi classici che formeranno il patrimonio culturale dell’Europa per molti anni. Qualche anno dopo il termine “Europenses” viene utilizzato da un cronista che narra la battaglia di Poitiers: ancora una volta è una definizione in negativo, visto che Europei sono i Franchi che fronteggiano gli arabi di Spagna: il termine non ha ancora nessuna valenza unitaria, designa anzi un solo popolo! Da qui inizia però, se vogliamo, la caratterizzazione dell’Europa come mondo cristiano opposto a quello musulmano: non per niente le Crociate saranno (purtroppo!) i primi eventi a vedere una reale coesione di intenti fra i regnanti d’Europa, ed anche qui con le dovute cautele storiche. La situazione rimane più o meno invariata nel corso dei secoli: è la comune matrice culturale e religiosa a costituire il solo motivo di unità nell’Europa medievale come in quella degli stati assoluti, una cultura conservata e diffusa dalla Chiesa: basti pensare alle istituzioni monastiche, la cui cultura è ben riconoscibile nei diversi stili costruttivi adottati e presenti in tutti i paesi europei. A partire dall’Illuminismo nasce l’idea di cosmpolitismo degli intellettuali: letterati, scienziati, filosofi, artisti creano una sorta di comunità sovranazionale, si scambiano idee, dialogano o discutono accanitamente fra loro: in Europa iniziano a circolare ideali di uguaglianza e fraternità (che la chiesa predica da centinaia di anni: chissà da dove è venuta quest’idea…), che sono alla base dei futuri rivolgimenti politici. Le tracce di questo cosmopolitismo sono oggi nei nostri programmi scolastici: immaginatevi se dovessimo, studiando la letteratura, considerare solamente gli autori italiani: non potremmo capire Ariosto senza la Chanson de Roland, così come non potremmo capire parte di Svevo senza conoscere Joyce. QUANDO IL SOGNO DIVENTÒ REALTÀ Quella di un’unione europea sembrava insomma un’idea destinata a rimanere l’utopia condivisa dal mondo culturale e religioso? Il periodo dei nazionalismi inasprì tale impressione, facendo anche emergere degli ideali distorti di Europa: sono i casi diversi eppur non diversi di Napoleone ed Hitler, che tentarono entrambi di assoggettarsi l’intero continente; sono eventi in cui ben poco rilievo hanno avuto gli ideali, in cui ha prevalso la volontà di dominio di un singolo. Ancor meno hanno fatto per la realizzazione di tale unità quanti, al termine di questi terribili conflitti, furono chiamati a ristabilire l’ordine e l’equilibrio: si pensi alla Restaurazione o alla divisione della Germania in due parti. Dopo poco tempo però anche i politici europei iniziarono a muoversi per dar corpo a quello spirito d’unione che circolava fra gli stati: il primo passo consistente si ha con Robert Schumann, lo statista francese che nel 1950 propose un piano per la regolamentazione dell’industria di carbone ed acciaio; un anno dopo Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi costituirono la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Appena sei anni più tardi la collaborazione economica si ampliò con la nascita della Comunità Economica Europea. Nel 1973, dopo l’ingresso di altri stati, fra cui la Gran Bretagna, si ha la prima elezione a suffragio universale del Parlamento europeo, ed un anno dopo nasce il Consiglio europeo: l’Unione Europea come la conosciamo oggi nasce con il trattato di Maastricht nel 1992. IL FRUTTO DALLE RADICI… Se vogliamo, insomma, l’Unione ha un fondamento di tipo economico: dobbiamo ritenere tale anche il suo spirito? Fortunatamente, no. Ai tanti cittadini dell’Unione non importano solo la stabilità economica o un maggior potere sul piano internazionale: assumersi un impegno costante di promozione della dignità umana, della pace, del rispetto dell’altro ed esserne esempio in tutto il mondo, questo è il motivo per cui l’Unione Europea è stata sognata da tante persone nel corso degli anni. Per quanto oggi si tenda a dimenticarlo, il sostrato culturale di cui abbiamo seguito il cammino nei secoli è oggi parte integrante del patrimonio di tutti gli europei: un patrimonio che fondamentalmente è stato trasmesso dai cristiani, e che fa dell’Europa un paese con un solo spirito. Tutti i paesi europei hanno sempre avuto in comune dei valori etici e morali, oltre a quelli culturali già visti, ed ora i cittadini di questi paesi hanno il sogno di vedere un ente sovranazionale che realizzi questi valori in politica, che abbia una voce più forte a livello mondiale per rappresentare questi valori. Il ruolo svolto dai cristiani in questo processo non è costituito solo dall’enorme opera culturale dei monaci di Benedetto, custodi della letteratura, o dall’opera di diffusione della fede e della cultura fino all’Irlanda ed alla Russia, non è solo la presenza costante del Papato, nel bene e nel male, nella politica europea, ma è anche legato a nomi di persone, come Alcide De Gasperi in Italia, che hanno fortemente voluto la realizzazione dell’Unione Europea ed operato in questo senso: oggi tutto questo rischia di essere escluso dalla costituzione europea. È possibile, ammesso e non concesso che l’Europa si regga oggi su valori “laici”, rinnegare secoli di storia cristiana? L’ESORTAZIONE DEL PAPA E DEL PRESIDENTE CIAMPI Nell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa, il Papa ha affermato: «L'Europa ha bisogno di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale. Tale spinta non le può venire che da un rinnovato ascolto del Vangelo di Cristo. Tocca a tutti i cristiani impegnarsi per soddisfare questa fame e sete di vita». Anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nel suo messaggio di fine anno 2003, si è soffermato sul processo di integrazione europea affermando che: «ll senso di identità nazionale, il nostro patriottismo, si sono arricchiti di stimoli nuovi, che vengono dai progressi compiuti sulla via dell'unificazione dell'Europa. Progressi importanti. Non lasciamoci ingannare dal mancato successo di una Conferenza: è già accaduto in passato. Abbiamo superato molti ostacoli, e anche questa volta li supereremo. Per superarli occorrono slancio ideale e volontà politica.» In Radici culturali e spirituali dell’Europa, Giovanni Reali, professore di Storia della filosofia antica dell’Università “Vita Salute San Raffaele” di Milano, traccia un’identikit dello “spirito” europeo: L’identità europea Mai e in nessun luogo i semplici trattati creano da soli una vera comunità; infatti, al massimo essi la esprimono. Non si può costruire una casa comune europea senza avere un’idea dell’Europa conforme con le sue identità. Non si può costruire una casa comune europea senza ricostruire non solo l’idea di Europa, ma anche e specialmente l’idea dell’uomo europeo conforme con le sue identità. Oggi più che mai emerge la profondità dell’intuizione di Platone: lo stato non è se non un’immagine rispecchiata e ingrandita dell’anima dell’uomo, in quanto il vero Stato viene costruito innanzi tutto nell’interiorità dell’uomo, nella sua anima. La “casa europea” non può dunque essere costruita in maniera adeguata se non viene costruita nell’anima stessa dell’uomo europeo. L’Europa non è stata una realtà geografica e neppure politica, bensì una realtà spirituale, per continuare a essere tale, dovrà, in ogni caso, cercare di fare rinascere e mantenere vivo quello “spirito” originario. Poiché l’Europa è stata (e dovrebbe continuare a essere, anche dopo la sua unificazione politica) una “realtà spirituale”, un’”idea”, bisogna riconoscere che essa è nata da radici culturali e spirituali ben precise. Ma quali sono queste radici? Secondo Giovanni Reale sono: 1. la cultura greca; 2. il messaggio cristiano; 3. la grande rivoluzione scientifica. LE RADICI CULTURALI E SPIRITUALI La cultura greca La prima radice da cui è nata l’Europa consiste nella creazione operata dai Greci dell’elemento razionale da cui ha avuto inizio una cultura con caratteristiche del tutto peculiari. Soprattutto grazie al contributo dei grandi filosofi Socrate, Platone, Aristotele (la prima S.p.a. ad essere creata al mondo!) è avvenuto un mutamento rivoluzionario: il passaggio dal tradizionale modo di “pensare per immagini e miti”, strettamente connesso con la “cultura arcaica dell’oralità”, al nuovo modo di “pensare per concetti”. Fu il genio di Socrate che scoprì ciò che stava accadendo e ne definì le conseguenze psicologiche e linguistiche. Il metodo dell’astrazione da lui proposto come metodo; il problema viene specificamente riconosciuto come linguistico (logos) non meno che psicologico. Platone operò, come lui stesso l’ha chiamata, una “seconda navigazione”, ossia il passaggio del pensare, mediante la dialettica, dal piano del sensibile al piano puramente razionale con la scoperta dell’essere intelligibile del mondo delle Idee e delle pure Forme. Da questa forma mentis è sorta la scienza. È in quel periodo che si sono sviluppate la scienza geometrica, l’astronomia e la cosmologia nei rapporti con la metafisica, la medicina (separata dai “sacerdoti guaritori”). Il collegamento tra filosofia e scienza era indissolubile tanto che Platone nel Carmine affermava: «Non è il vivere secondo scienza che permette di agire bene e di essere felici, né il vivere secondo tutte le altre scienze, ma secondo una soltanto, quella del bene e del male». È sempre con i filosofi greci che si “scopre l’uomo e la cura dell’anima”. Socrate scriveva: «non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun’altra cosa prima e con maggiore impegno dell’anima, in modo che diventi buona il più possibile, sostenendo che la virtù non nasce dalle ricchezze, ma che dalle virtù stesse nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli uomini, e in privato e in pubblico». Il messaggio cristiano Il fondamento spirituale dell’Europa, è uno dei concetti chiave del Cristianesimo, ossia il concetto di “uomo” come “persona” , con la connessa rivalutazione radicale del corpo umano. Quello di “persona” è un concetto che i Greci non avevano raggiunto; quanto al corpo, poi, i Greci ne avevano un concetto negativo. Il primo luogo, già nell’Antico Testamento l’uomo è detto immagine di Dio. Nella Genesi Dio afferma: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza». Con la venuta di Cristo, con il Figlio di Dio che si fa uomo, con il Logos che si incarna e prende corpo come quello degli uomini, viene conferita all’uomo stesso come persona una sacralità in senso totale, impensabile nel contesto del pensiero dei Greci. I corpi umani sono membra di Cristo. Da “carcere” e “prigione” il corpo diventa “tempio dello Spirito”: una tesi, questa, davvero sconvolgente e dirompente nell’ambito del pensiero greco e occidentale. L’individualismo, il collettivismo, il totalitarismo sono forme di negazione del concetto di persona. Nell’epoca in cui viviamo è innegabile che stiamo assistendo allo smarrimento del concetto cristiano di persona e allo stesso tempo senza il cristianesimo, l’uomo non può conoscere pienamente se stesso. Il cristiano ha come riferimento un Dio diverso da quello del Dio di Aristotele: se Dio fosse davvero come dice il grande filosofo, gli uomini si sentirebbero abbandonati, vittime delle proprie colpe, in balia del destino. Il Dio d’Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei Cristiani è un Dio di amore e di consolazione; è un Dio che riempie l’anima e il cuore di quelli che egli possiede; è un Dio che fa loro sentire interiormente la loro miseria, e la sua misericordia infinita; che si unisce al più profondo della loro anima, che la riempie di umiltà, di gioia, di fiducia, di amore; che li rende incapaci di altro fine che non sia Lui stesso. La grande rivoluzione scientifica La più recente radice culturale dell’Europa consiste nella “rivoluzione scientifico-tecnica”, che inizia nel XVI secolo e che trova in Galileo Galilei uno dei suoi emblemi. La nuova scienza è la meccanica che studia le condizioni pure, astratte, del movimento. La grande rivoluzione fu l’applicazione sistematica del metodo matematico-sperimentale a tutte le scienze e ciò segnò l’inizio dell’età moderna. La scienza ha dato forma all’Europa nel suo divenire storico e nella sua stessa estensione geografica. Ciò non vuol dire, ovviamente, che altre culture non abbiano ottenuto risultati importanti e duraturi in determinati settori del sapere scientifico. Tuttavia si può senz’altro dire che solo in Europa la scienza ha creato un modello culturale autonomo ed egemone, e con segnata evidenza a partire dall’Età Moderna. Prima dell’Età Moderna le scienze erano intese come “conoscenza del particolare” e la filosofia che, in quanto “visione dell’intero”, detiene il primato assiologico. Ora, con la nascita della scienza moderna, tale rapporto sembra entrare in crisi, e ai giorni nostri pare oramai capovolto. La conoscenza scientifica è assunta da molti come punto di riferimento paradigmatico per ogni tipo di conoscenza che si tenda a qualificare come “valida”. Nasce così una vera e propria forma di “dogmatismo scientifico”. Gli sviluppi prodigiosi della scienza e della tecnica hanno avuto molte conseguenze positive; ma vi sono state anche conseguenze collaterali negative inattese e minacciose. La scienza sembra, in alcuni casi, essersi allontanata dalla filosofia e dal messaggio cristiano e in tal modo non riesce ad affrontare e risolvere quei problemi di fondo che riguardano l’uomo in quanto tale. L’importanza delle radici Per fuggire il presagio di Eugene Ionesco: “Gli uomini girano in tondo in quella gabbia che è il pianeta, perché hanno dimenticato che si può guardare il cielo” sembra quanto mai fondamentale che l’Europa si riappropri delle proprie radici culturali e spirituali. La salvaguardia e il ritorno alle origini sono indispensabili per rendere l’Europa capace di assimilare i pensieri diversi da quelli europei. L’identità culturale europea può continuare ad esistere solo nella misura in cui è in grado di rinnovarsi giorno per giorno, in un lavoro incessante di decostruzione e ricostruzione. “Il multiculturalismo porta alla Bosnia e alla balcanizzazione; è l’interculturalismo che porta all’Europa” scrive il politologo Sartori. Dobbiamo radicarci nell’Europa per aprirci al mondo come dobbiamo aprirci al mondo per radicarci in Europa. LA SFIDA OGGI È stato il Papa a ricordare tante volte l’importanza che ognuno di noi ha nel costruire l’Europa col suo impegno quotidiano: “il ‘sì’ di una singola persona, dato con generosità e mantenuto fedelmente nel proprio ambiente, può veramente innescare e promuovere efficacemente profondi cambiamenti per il bene sul piano sia ecclesiale che sociale”. Le costituzioni di molti paesi, continua il Santo Padre, contengono riferimenti ai valori cristiani ed alla responsabilità davanti a Dio: questa però non deve rimanere lettera morta. Gli eventi di questi giorni sembrano tuttavia non rispondere a queste speranze: alla seconda prova, dopo un primo fallimento all’epoca del Kosovo, l’Europa è venuta meno al suo ruolo culturale ed etico di promotrice della pace e del dialogo nel mondo; stavolta, con l’aggravante di essere cresciuta moltissimo, sia dal punto di vista economico che politico. Allora, secondo le parole del Pontefice, sta a noi fare il primo passo, continuando a portare avanti la nostra riflessione, sostenendo le idee ed i valori che riteniamo essenziali per l’Europa, esercitando la democrazia in tutte le sue forme, dalla riunione al voto. Ma, soprattutto, facendo il nostro dovere di studenti! PROPOSTE PER METTERSI IN MOVIMENTO Prova a proporre la sintesi del libro del Prof. Reale al prof. di storia, di lettere o di religione della tua classe. La sintesi può essere spunto per una riflessione in classe o in una attività di punto di incontro dove si possono confrontare diverse visioni e interpretazioni della storia e dalle radici europee. Raccogliendo ulteriore materiale proponi di sviluppare il tema delle radici culturali e spirituali europee e gli sviluppi dell’integrazione europea nella tesina per l’Esame di Stato. Un esercizio: rileggiamo il passato, provando ad immaginare delle “altre Europe”: potrebbe dipendere molto dalla vostra immaginazione, ma un minimo di preparazione storica può consentirvi una lettura piuttosto realistica degli eventi… provare per credere! Scegliete una delle seguenti situazioni storiche da cui sarebbe potuta nascere una differente Europa, rileggetene insieme i punti cruciali, fissate soprattutto gli aspetti culturali e la società dell’epoca. Immaginate se: o Alessandro Magno avesse conquistato l’Europa occidentale e creato un unico impero dall’Atlantico all’Indo (diffusione del culto del sovrano come divinità; progetto di integrazione totale delle diverse popolazioni) o L’Impero Romano avesse resistito alle popolazioni barbariche e si fosse rinsaldato, giungendo ai giorni nostri inalterato (mancata estensione a nord dell’Europa e conseguente centralità del Mediterraneo; forte legame fra potere politico e Chiesa, con possibile subordinazione di quest’ultima) o San Benedetto non avesse fondato il suo ordine e nessuno avesse curato la trasmissione della cultura dell’antichità (perdita dei classici; perdita della storia e filosofia antica; mancanza di bonifiche nei territori abbandonati) o I franchi fossero stati sconfitti dagli Arabi e non fossero riusciti a creare il Sacro Romano Impero (tanti piccoli regni in Europa; Italia soggetta ai Longobardi; presenza consistente di Musulmani in terra europea) o Lutero non avesse dato inizio alla Riforma protestante o Napoleone fosse riuscito nel suo intento di conquista dell’intera Europa o Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale, giungendo ad un accordo con gli Stati Uniti (nascita di un’Europa ariana e razzista; sterminio completo delle “razze inferiori”) Ovviamente, sono solo alcuni degli scenari possibili: l’importante è che si tratti di situazioni in cui si possa immaginare un coinvolgimento almeno parziale dei territori che oggi formano l’Unione. In ognuna di queste situazioni provate a domandarvi: sarebbero nati ugualmente i valori che oggi noi cittadini europei riteniamo ci appartengano? Si sarebbero conservati gli ideali giunti fino a noi? ALTRI SPUNTI PER LA RIFLESSIONE Giovanni Paolo II, sommo pontefice «La fede cristiana ha plasmato la cultura dell’Europa, facendo un tutt’uno con la sua storia e, nonostante la dolorosa divisione fra Oriente e Occidente, il cristianesimo è diventato “la religione degli Europei stessi”. Il suo influsso è rimasto notevole anche nell’epoca moderna e contemporanea, malgrado il forte e diffuso fenomeno della secolarizzazione. (…) Questo patrimonio non può essere disperso». (Angelus del 20 luglio 2003) «L’Europa è il Continente che, nei due trascorsi millenni, più di ogni altro è stato segnato dal Cristianesimo (…). Anche se tutto ciò non è venuto meno, è però indispensabile un rinnovato impegno di fronte alle sfide della secolarizzazione (…). Custodendo il senso cristiano della domenica si offre all’Europa un contributo notevole per la tutela di una parte essenziale del proprio patrimonio spirituale e culturale». (Angelus del 3 agosto 2003) «Servizio di amore è inoltre riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia, ad educare i giovani, i fidanzati e le famiglie stesse a vivere e diffondere il «Vangelo della vita», lottando contro la cultura della morte. Solo grazie all’apporto di tutti è possibile costruire in Europa e nel mondo una «città degna dell’uomo» e un ordine internazionale più giusto e solidale». (Angelus del 10 agosto 2003) «Non si può negare che, in questi nostri tempi, l’Europa attraversi una crisi di valori, ed è importante che recuperi la sua vera identità. Il processo di allargamento dell’Unione Europea ad altri Paesi non può guardare solo aspetti geografici ed economici, ma deve tradursi in una rinnovata concordia di valori da esprimere nel diritto e nella vita». (Angelus del 17 agosto 2003) Jean Delumeau, storico e scrittore «Non sono convinto che nel Medioevo il popolo ne sapesse molto di più, e che i portici delle cattedrali fossero davvero, come si dice talvolta, la Bibbia dei poveri. D’altra parte, le pale d’altare d’epoca barocca erano concepite con intento pedagogico. Oggi per conoscere e comprendere la nostra eredità, che è il lascito comune dei nostri antenati, occorre fare appello a guide ed esperti. La cristianità, in effetti – non lo si può negare – ha fallito. È morta in quanto costruzione autoritaria e sistema politico-religioso s’inquadramento della popolazione. Ugualmente, da storico, non posso non constatare il disprezzo, il distacco dei nostri contemporanei nei confronti della religione cristiana e del credo essenziale del cristianesimo. Non si può negare la cristianizzazione dell’Europa e, oltre le frontiere europee, quella delle classi dirigenti dei Paesi ex cristiani. Ma negare la nostra eredità cristiana vorrebbe dire negare la nostra storia. Il cristianesimo, molto più di tutte le altre religioni dell’umanità, ha saputo evolversi, mostrare un’autentica capacità d’adattamento, di ringiovanimento, di rinnovamento. Nato dall’ebraismo, ha saputo in particolare adottare, adattare, assimilare la filosofia greca. Ma la Chiesa, volendo restare fedele ad Aristotele, ha perso il treno nel XVII secolo con Galileo e nel XIX con Darwin. Oggi i nostri figli, i nostri nipoti, studiano a scuola l’origine dell’umanità prima di sentire parlare al catechismo di Adamo ed Eva. Come volete che accettino quello che si dice loro sulla creazione, quando sanno quanta fatica ha fatto l’uomo, nel corso di milioni di anni, per assumere la postura eretta? La Bibbia non intendeva fornire un testo scientifico, bensì far capire che quando l’umanità ha avuto una certa libertà l’ha utilizzata male, in particolare a causa dell’orgoglio. Ci troviamo oggi davanti ad un vuoto dovuto al crollo delle ideologie, ma anche al crollo della fede nel progresso della scienza e della convinzione che la scienza possa essere portatrice di un’autentica liberazione. La scienza ha certamente consentito di migliorare la salute e le condizioni della vita quotidiana, ma oggi si sa che non risolverà le inquietudini metafisiche dell’uomo – non è suo compito -, non porterà felicità, anzi può persino portare il contrario della felicità. Anche le speranze religiose si sono offuscate. Oggi – situazione inedita – la maggior parte della gente non è atea, ma agnostica. Al tempo stesso, il movimento di modernizzazione ha considerevolmente accelerato. Non c’è nulla di fisso. Tutto si muove. Il messaggio cristiano però è intatto. L’essenziale del messaggio cristiano è l’incarnazione e la resurrezione, unico nella storia religiosa ed è rivolto a tutti, altro elemento estremamente nuovo. Questo messaggio di fraternità, di rispetto, d’amore verso tutti gli esseri umani e per ciascuno fa parte del patrimonio spirituale e religioso dell’umanità, e in particolare dell’Europa.» (Da Avvenire, pag. 27 del 26 settembre 2003) Card. Audrys Backis, arcivescovo di Vilnius (Lituania) «Nonostante l’evidente processo di secolarizzazione va tenuto presente che i valori fondamentali a cui si richiama l’Europa hanno l’impronta del cristianesimo: i principi di libertà, giustizia ed uguaglianza, il rispetto dei diritti umani, il concetto di persona e della sua inviolabilità, affondano le loro radici culturali nella tradizione cristiana. Nessuno può negarlo. Da noi è diverso. Proprio perché per cinquant’anni siamo stati sottomessi al regime sovietico dove i diritti umani non esistevano, adesso siamo molto sensibili a quei principi. Vogliamo difenderli ad ogni costo e siamo coscienti che per farlo non possiamo dimenticare le radici cristiane in cui affondano. Che la nuova Costituzione Europea non prenda atto di questa verità storica è indubbiamente un fatto negativo. Ma quel che davvero mi preoccupa è il problema della legislazione europea. Difende la vita o promuove l’eutanasia? Proibisce o favorisce la clonazione? Difende la famiglia o la equipara ad una delle tante unioni di fatto? È su questi temi cruciali che si gioca il futuro delle società europee.» (Da Avvenire, pag. 8 del 4 ottobre 2003)