Riforme e Rivoluzioni. Il 1989 e la fine del sistema sovietico . Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la URSS è una grande potenza. . L’URSS nel nuovo assetto post-bellico: la costruzione dell’“impero” sovietico Conferenza di Potsdam (1945). . La creazione dell’“Impero esterno”: L’esportazione del modello sovietico A partire dal 1948 i governi di coalizione degli Stati entro la zona di influenza sovietica, ovvero i Paesi dell’Europa orientale, furono sostituiti da governi a partito unico. Ha così inizio un processo di sovietizzazione Il sistema sovietico si divide quindi in: - Impero interno: le repubbliche che formano l’impero sovietico - Impero esterno: stati occupati dall’armata rossa durante la Seconda Guerra Mondiale che poi vanno sotto il loro controllo e prendono il nome di repubbliche popolari . Impostare modello sovietico nell’economia attraverso: Industrializzazione forzata • Collettivizzazione forzata • Nazionalizzazione forzata • Grandi purghe (titoismo…). . La rottura URSS/Jugoslavia (28 giugno 1948) . COMECON: (organizzazione per il coordinamento delle economie dell’area sovietica, 1949): assegnò compiti produttivi arbitrari agli Stati satelliti, che erano obbligati a comprare a prezzi fissi merci e materie prime esclusivamente dall’URSS, mentre scarsi erano gli scambi tra i paesi dell’Est. Destalinizzazione e “rivoluzioni” del 1956 . Dopo la morte Stalin, nel 1953, nel 1956 inizia la destalinizzazione. . Le aperture della nuova dirigenza collettiva Il sistema dei gulag messo in piedi in epoca staliniana, diretto dal Ministero degli Affari Interni, comportava costi troppo elevati. Era un sistema violento e poco produttivo, dove cominciavano a diffondersi forme di resistenza (es. Kengir, in Kazakhstan, 1954). Nel 1953 furono amnistiati oltre un milione di prigionieri e dal 1954 furono riabilitati molti detenuti politici. . L’ascesa di Chruščëv Nel 1953 divenne primo Segretario del Comitato Centrale del partito, imponendosi come leader indiscusso del paese e giungendo a cumulare, nel 1957, le cariche di segretario del partito e primo ministro. Prosegue la strada di aperture: “DISGELO” . Politica estera: la “coesistenza pacifica”: Riallacciamento delle relazioni con la Jugoslavia (1953) e riconciliazione (1955). Scioglimento del Kominform (Ufficio d’informazione dei partiti comunisti e operai, 1956). Conferenza di Ginevra (1955): consolidò il clima di distensione internazionale, mentre il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri dell’URSS, Nikolaij Bulganin, che aveva da poco sostituito Malenkov, rilanciava la “coesistenza pacifica” tra i due blocchi, ideata per la prima volta da Stalin ma ripresa da Chruščëv. Patto di Varsavia (14 maggio 1955): l’alleanza militare tra gli Stati comunisti del Blocco sovietico. Se è vero che il patto legava militarmente gli Stati satellite all’URSS, assegnava loro anche una dignità pari a quella dello Statoguida, consentendo anche la stipula di “accordi orizzontali” senza coinvolgere Mosca. . Politica interna: la destalinizzazione In politica interna, se il nuovo corso non introdusse mutamenti sostanziali nella struttura autoritaria del potere sovietico e nella gestione centralizzata dell’economia, segnò però alcuni importanti risultati: Fine delle “grandi purghe” In materia economica: rilancio dell’agricoltura (es. “campagna delle terre vergini”) e maggiore attenzione alle condizioni di vita dei cittadini. . Il XX congresso del PCUS (1956) In Unione Sovietica: buona accoglienza per la promessa di chiudere il periodo del Terrore (Chruščëv guadagna in prestigio). All’esterno: serie di disordini e proteste che minacciarono la stabilità dell’“impero esterno”. . L’“Ottobre polacco” (1956) Gomulka, nel 1956, diventa il primo segretario del Partito Operaio Unificato Polacco. Politica di cauta liberalizzazione e di parziale riconciliazione con la Chiesa. Non mise mai in discussione l’alleanza con l’URSS e l’appartenenza della Polonia al campo socialista (Patto di Varsavia). . L’insurrezione ungherese (1956) Mátyás Rákosi, Imre Nagy, Jànos Kàdàr Disgelo e muro di Berlino (1956-1961) . La questione tedesca (1949-1960) Le persone si spostano nella parte ovest e ciò fa danno economico alla parte est, quella socialista inizio costruzione del muro di Berlino. . L’ultimatum di Chruščëv (1958) Per il riconoscimento della RDT, propose una rinuncia generale sulla città e una generale “smilitarizzazione”. In caso contrario, entro sei mesi l’URSS avrebbe proceduto a regolarizzare le sue relazioni con la RDT. . Lo stallo e il quadro internazionale: 1. Abbattimento di un aereo spia U2 americano negli Urali (1960). 2. Questione di Cuba (“Baia dei porci”): il governo statunitense presieduto da John Fitzgerald Kennedy, da poco insediatosi alla Casa Bianca, concorse al tentativo di rovesciare il regime castrista (1961). . Il muro di Berlino (1961) Inizia ad esserci il filo spinato, per poi diventare un vero e proprio muro simbolo della guerra fredda. Distensione e intervento a Praga (1964-1968) . Il declino di Chruščëv: 1. Politica internazionale: a. Il muro di Berlino era stato visto come uno strumento per bloccare la fuga dei cittadini dell’est. b. La crisi dei missili di Cuba del 1962 aveva rivelato il tentativo sovietico di dislocare testate nucleari a un passo dagli USA. 2. 3. Politica interna, due provvedimenti sgraditi: a. Il rinnovo obbligatorio di 1/3 degli organi dirigenti (tentativo di controllo). b. La divisione di competenza del partito tra agricoltura e industria (rivalità interne). c. La ripresa delle misure coercitive: i dissidenti politici erano ora rinchiusi negli ospedali psichiatrici. Economia: a. Dopo un primo periodo di ripresa economica la situazione era peggiorata, soprattutto l’agricoltura, determinando scarsità di beni alimentari. b. La scelta di favorire i settori dell’edilizia e dell’agricoltura (nuovo piano settennale, 1959-1965) scontentò i potenti settori dell’apparato militare e dell’industria pesante. Chruščëv Brežnev . Il nuovo corso brezneviano: Politica interna: tolse i due provvedimenti che colpivano il PCUS e accentuò la repressione di ogni forma di dissenso (soprattutto intellettuali). Economia: proseguì sulla strada degli investimenti nel settore agricolo. Una riforma dette alle imprese più ampi margini di autonomia (ma più stretto controllo sui singoli settori produttivi). Politica estera: distensione ma politica di riarmo che assorbì quote crescenti del bilancio. . La “primavera di Praga” (1968) . L’intervento sovietico Riunione a Varsavia (14 luglio): Brežnev (URSS); Gomułka (Polonia); Ulbricht (RDT); Kàdàr (Ungheria); Zivkov (Bulgaria) Preoccupazione di un potenziale “effetto domino” sui paesi satelliti Invasione Husák. Perestrojka, Glasnost’, e crollo dell’URSS (1985-1991): . Gli anni ’70. L’URSS tra stagnazione economica e dinamismo in politica estera Nonostante la concomitante crisi economica, il paese continuò a investire nella corsa agli armamenti, mentre allargava la sua sfera di influenza in tutti i continenti: in Medio Oriente in America Latina in Africa in Asia occupazione, nel 1979 dell’Afghanistan, paese non allineato ma in posizione strategica per il controllo del Golfo Persico Guerra in Afghanistan (1979-1989). . La repressione del dissenso Alla stagnazione economica e al rinnovato dinamismo in politica estera faceva riscontro una forte accentuazione dei tratti burocratici e autoritari in politica interna. Eppure, nel 1975, l’URSS aveva partecipato, con altri 35 paesi, alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE), sottoscrivendo gli Accordi di Helsinki. La dichiarazione comprendeva principi quali: Rispetto della sovranità. Rispetto dell’autodeterminazione dei popoli. Cooperazione fra gli Stati. Impegno a non ricorrere alla forza. Inviolabilità dei confini e una garanzia sull’integrità territoriale degli Stati. E soprattutto: rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, di coscienza, di religione o di credo. . L’ascesa di Gorbačëv Alla morte di Brežnev, nel 1982, si susseguirono alla dirigenza due dirigenti anziani. Prima Jurij Andropov, blandamente riformista, che resse le sorti del paese tra il 1982 e il 1984, quando morì dopo una lunga malattia. Poi Konstantin Černenko, conservatore, che tenne il partito tra il 1984 e il 1985. Nel 1985 la segreteria del Partito comunista sovietico fu infine assunta da Michail Gorbačëv (1931), segretario molto più giovane e soprattutto che non aveva vissuto e non era stato coinvolto nello stalinismo. . Le riforme economiche: la Perestrojka Perestrojka (lett. “ricostruzione”, “ristrutturazione” → “riforma”) Con il nuovo piano, il nuovo segretario generale fece un primo significativo passo per la liberalizzazione dell’economia sovietica attraverso una serie di interventi volti a introdurre elementi di economia di mercato. Fu promossa una prima forma di decentralizzazione della gestione dell’economia mentre venivano progressivamente ampliati i diritti delle stesse imprese, soprattutto a partire dal 1987, quando furono create cooperative e prime aziende private (in ambito industriale e agricolo) e le imprese poterono cominciare a commerciare in maniera autonoma. . Le riforme istituzionali Nel 1988 promosse una nuova Costituzione, che non intaccava il sistema del partito unico, ma lasciava comunque spazio a un limitato pluralismo battaglia alla corruzione e ai privilegi dell’apparato politico. Le elezioni del Congresso dei Soviet del 1989 inaugurarono un sistema di candidature plurime (ma sempre su lista unica) che consentirono l’ingresso anche ad alcuni esponenti del dissenso. Tra questi il fisico Andrej Sacharov (1921-1989). . La Glasnost’ Glasnost’ (lett. “pubblicità” o “trasparenza”, in senso lato “libertà di espressione”) processo di liberalizzazione interna l’obiettivo era quello di isolare i conservatori del partito che stavano contrastando la Perestroika. In prima istanza fu ridotta la censura, poi fu consentita, progressivamente, una maggior libertà di stampa e di informazione; infine, gradualmente, furono liberati i dissidenti ancora incarcerati o internati. Il processo di allentamento della censura subì una battuta d’arresto in concomitanza con il tragico episodio di Černobyl’, quando, il 26 aprile del 1986, uno dei reattori della centrale nucleare. . La nuova distensione: In politica estera la linea Gorbačëv fu improntata al dialogo con l’Occidente e gli USA del repubblicano Ronald Reagan, salito alla presidenza nel 1981. Washington, 1987: Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) per la riduzione degli armamenti missilistici in Europa. 1989: Fine della guerra in Afghanistan. Ulteriori accordi per la riduzione degli armamenti furono presi da Gorbačëv con George Bush senior: incontri a Malta (1989) e a Washington (1990). 1990, Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa: trattato di non aggressione e di riduzione degli armamenti convenzionali tra paesi della NATO e paesi del Patto di Varsavia. . I movimenti separatisti Scoppio di una serie di movimenti autonomisti e indipendentisti fra le popolazioni non russe già facenti parte dell’Impero russo e poi inglobate entro i confini dell’Unione: repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania), repubbliche caucasiche (Armenia, Georgia, Azerbaigian), aree musulmane dell’Asia centrale (Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan, Kazakhstan). La dissoluzione del blocco sovietico . La Polonia: Grande influenza della Chiesa sulle masse popolari (1978: nuovo papato di Karol Józef Wojtyła, Giovanni Paolo II). 1980-1981: sindacato indipendente Solidarność, appoggiato dal clero cattolico e guidato dal leader-operaio Lech Wałęsa SCIOPERI. Wojciech Jaruzelski: segretario del Partito operaio polacco, con un colpo di stato militare assunse pieni poteri e mise fuori legge Solidarność. Accordi di Danzica (1988): Jaruzelski si impegnava a promulgare una riforma costituzionale che avrebbe consentito lo svolgimento, nel giugno del 1989, di libere elezioni. Le elezioni furono vinte dai candidati di Solidarność e fu formato un governo di coalizione presieduto dall’economista cattolico Tadeusz Mazowiecki. . L’Ungheria: Deposto Janos Kadar (1989), la nuova dirigenza riabilitò i protagonisti della ribellione del ’56, legalizzando i partiti e indicendo libere elezioni (per il 1990). Rimozione dei controlli polizieschi e delle barriere di filo spinato al confine con l’Austria, aprendo una prima vera e propria breccia nella cortina di ferro. . La caduta del muro Molti cittadini della RDT, a partire dall’estate, passarono nella RFT attraverso l’Ungheria e l’Austria → manifestazioni di protesta che misero in crisi il regime comunista (dimissioni del segretario Erich Honecker). La nuova dirigenza avviò il suo processo di riforma interna, liberalizzando la concessione dei visti d’uscita e dei permessi d’espatrio. Il 9 novembre 1989, furono infine aperti i confini fra le due Germanie, compresi i passaggi attraverso il muro di Berlino. . Il resto dell’Europa centro-orientale: La Cecoslovacchia fu attraversata da manifestazioni popolari che videro la partecipazione degli stessi protagonisti della “primavera di Praga” → caduta del gruppo dirigente della “normalizzazione” post-1968 e avvio di un processo di democratizzazione, che vide lo scrittore Václav Havel, perseguitato dal regime, divenire presidente della Repubblica. In Romania la transizione ebbe sviluppi drammatici per la resistenza opposta dalla dittatura personale di Nicolae Ceaușescu, abbattuta nel dicembre del 1989 da un’insurrezione popolare dopo un sanguinoso tentativo di repressione. Ceausescu fu catturato e giustiziato con la moglie. Seguirono fine del 1989 la Bulgaria e, un anno dopo, l’Albania. . Libere elezioni nell’Europa dell’Est (1990) In tutti i paesi dell’Europa centro-orientale la democratizzazione infine travolse quegli stessi gruppi dirigenti che l’avevano avviata: Ungheria: le elezioni libere segnarono l’affermazione del Forum Democratico Ungherse (MDF), un partito di centro-destra, conservatore e cristiano-democratico. Cecoslovacchia: la vittoria andò a una formazione di centro-sinistra, il Forum Civico del nuovo presidente Václav Havel. Polonia: le elezioni presidenziali portarono alla vittoria Lech Wałęsa (1943) (Solidarność era stato riconosciuto legalmente). . La transizione guidata dai comunisti: In Romania i dirigenti del comunismo riformato mantennero il controllo nonostante le proteste popolari. Ion Iliescu nel 1989 assunse la direzione del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN). L’FSN, preso il potere e costituito un governo provvisorio, indisse le elezioni presidenziali per il 20 maggio 1990 da cui uscì presidente lo stesso Iliescu. Anche in Bulgaria e in Albania, gli eredi dei partiti comunisti mantennero il potere nella fase di transizione, ma furono sconfitti nelle successive consultazioni politiche. . La transizione guidata dai comunisti: la Jugoslavia: 1980: morte di Tito Le elezioni del ’90 accentuarono le forti spinte centrifughe già operanti all’interno dello Stato federativo. In Slovenia e Croazia vinsero partiti autonomisti. In Serbia prevalse Slobodan Milošević , deciso a riaffermare il ruolo egemone dei serbi in una Jugoslavia unita. . La riunificazione tedesca Il governo Germania occidentale guidò la riunificazione dei due Stati attraverso l’assorbimento della Germania orientale nelle strutture istituzionali ed economiche della RFT Trattato per l’unificazione economica e monetaria e trattato di unificazione. Il crollo dell’Unione Sovietica Le due principali cause del crollo dell’Unione Sovietica sono: 1. Il tentativo di riformare lo Stato 2. Guerra fredda con USA . Il tentato golpe Nel 1991 Gorbačëv fu sequestrato in Crimea da una congiura orchestrata da un gruppo di dirigenti e da membri delle forze armate con un tentativo di colpo di Stato, sperando nell’appoggio popolare e nell’esercito. Il golpe fallì a Mosca protesta popolare capeggiata dal presidente della Repubblica russa El’cin. Crollo dell’autorità centrale: 1. Da un punto di vista economico, la riforma stentava ad avere risultati credibili. 2. Da un punto di vista politico, il pluralismo lasciò spazio all’emergere di tendenze autoritarie e tradizionaliste. . Comunità degli Stati indipendenti (CSI) Davanti alle spinte centrifughe (Georgia, Armenia, Moldavia, Ucraina), Gorbačëv propose un nuovo trattato di unione, meno rigido ma che consentisse la sopravvivenza dell’URSS come Stato, entità militare e soggetto di politica internazionale. Il tentativo non riuscì per la concomitante iniziativa della Russia con il presidente El’cin, dell’Ucraina con il presidente Leonid Kravčuk, e della Bielorussia con il capo del Soviet Supremo Stanislaŭ Šuškevič, che si accordarono per una comunità di Stati sovrani. Il 21 dicembre del 1991, ad Alma Ata (Kazakistan), i rappresentanti di undici repubbliche diedero vita alla nuova Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Il 25 dicembre, Gorbačëv annunciò le sue dimissioni, mentre veniva sostituita sul Cremlino la bandiera sovietica con quella russa.