XXIII Ciclo di Dottorato di Ricerca in Fisiopatologia Chirurgica Angio-Cardio-Toracica ed Imaging Tesi di dottorato “Caratterizzazione della placca carotidea instabile: indicazioni al trattamento chirurgico o endovascolare” Dottorando: Dott. F. Accrocca Tutor: Prof. L. Irace Coordinatore: Prof. F. Benedetti-Valentini Introduzione Lo stroke è la seconda causa di morte più comune nei paesi industrializzati con un’incidenza approssimativa di 400/100 000 nuovi casi per anno nella popolazione generale1-3. Sebbene sia possibile che alcuni stroke associati alla malattia aterosclerotica carotidea possano essere dovuti ad ipoperfusione4, la maggioranza degli stroke è legata a processi di embolizzazione di una placca aterosclerotica o ad occlusione acuta di un’arteria carotidea con propagazione del trombo a distanza. Il grado di stenosi, dovuto alla presenza di una placca carotidea aggettante nel lume, costituisce il criterio più comunemente utilizzato per l’identificazione di sottogruppi di pazienti ad alto rischio di stroke5. Evidenze cliniche cumulative riportate da diversi trial suggeriscono che gradi più importanti di stenosi sono correlati con una maggiore severità del quadro clinico6,7. Inoltre, il rischio di stroke è chiaramente aumentato in pazienti portatori di stenosi sintomatiche8. Per stenosi < 50% il rischio annuale di stroke è dell’1% mentre per stenosi > 50% diviene pari al 3%. Per quanto riguarda i pazienti che hanno già sperimentato un episodio ischemico cerebrale, secondo i dati del NASCET6 il rischio annuale di stroke è pari al 13% in presenza di una stenosi carotidea > 70%. Diversa sembra essere la storia naturale delle stenosi asintomatiche. Infatti, dallo studio ACAS9 è emerso che in 88 pazienti con un grado di stenosi tra l’80 e il 99% non vi era un rischio di stroke superiore rispetto ai pazienti con stenosi tra il 70 e l’80%, né rispetto ai pazienti portatori di stenosi tra il 60 e il 70%. A supporto di questo concetto, vi è il dato che la frequenza di embolizzazione al Doppler transcranico nelle 24 ore è maggiore in pazienti con attacchi ischemici transitori recenti, rispetto a pazienti con gradi di stenosi simili ma asintomatici 10. Questi dati suggeriscono quindi che, a prescindere dal grado di stenosi, vi siano due tipi di malattia aterosclerotica carotidea: una forma stabile, con un basso rischio di produrre un’embolia di materiale friabile dalla placca stessa, ed una seconda forma, instabile, ad alto rischio di complicanze emboligene e/o trombotiche ed insorgenza conseguente di stroke. In definitiva, è ormai chiaro da una parte come il solo grado di stenosi non basti ad identificare pazienti ad alto rischio di sviluppare un evento cerebrovascolare acuto, e dall’altra come il riconoscimento di altri fattori sia oggi diventato assolutamente necessario per stratificare correttamente il rischio di complicanze ischemiche cerebrovascolari in pazienti portatori di aterosclerosi carotidea. Negli ultimi anni è ormai stato acquisito il concetto che il meccanismo responsabile degli eventi acuti coronarici e cerebrovascolari sia dovuto al progressivo accrescimento, progressione e destabilizzazione di una placca aterosclerotica con formazione di un trombo occludente o con l’embolizzazione di parti di questo a distanza. Studi anatomo-patologici e clinici hanno ormai chiarito che il rischio di rottura è legato più alle caratteristiche istomorfologiche della placca che alle sue dimensioni e al grado di stenosi luminale che essa provoca. Placche instabili sono caratterizzate da un grosso core lipidico, un cappuccio fibroso sottile, un ricco infiltrato di cellule infiammatorie macrofagiche e scarse cellule muscolari lisce. La metodica di immagine ecografica è estremamente utile per un primo screening di individuazione dei pazienti portatori di lesioni aterosclerotiche stenosanti del circolo carotideo. L’impiego routinario di software che si avvalgono dell’analisi quantitativa della scala dei grigi o dell’analisi integrata degli echi riflessi recentemente sviluppati 11, sebbene di grande valenza nel riconoscimento di lesioni vulnerabili, sono ancora in attesa di una validazione clinica su larga scala e risultano ancora di difficile integrazione nella pratica clinica per la loro complessità. Vi è inoltre da considerare che essendo la prevalenza di soggetti ad alto rischio bassa nella popolazione generale, la problematica della sensibilità e specificità di una metodica per il riconoscimento di una lesione vulnerabile risulta maggiormente amplificato. In considerazione che nessun test è così sensibile e specifico, vi è ancora un’alta percentuale di errori diagnostici, con numerosi falsi positivi e falsi negativi. Riteniamo però che la sensibilità e la specificità nel riconoscere lesioni aterosclerotiche complesse possono però oggi essere migliorate, affiancando alle tecniche di immagine12-14 delle batterie di marker bioumorali di rischio facilmente ottenibili e riproducibili. Tale informazione potrebbe risultare di notevole ausilio per stabilire non solo la “placca” a rischio, ma soprattutto il “paziente” a rischio di sviluppare un evento cerebrovascolare acuto. Materiali e metodi Il progetto di ricerca consta di una prima fase in cui si selezionano mediante esame ultrasonografico e esame Risonanza Magnetica vascolare i pazienti affetti da una stenosi carotidea (sintomatica o asintomatica), suscettibile di intervento di rivascolarizzazione carotidea (tromboendarterectomia o stenting), dovuta ad una placca che presenti caratteristiche tali da definirla “vulnerabile” o “instabile”. La seconda fase è costituita dal trattamento della stenosi carotidea mediante intervento di TEA o stenting. La terza fase è costituita dallo studio della placca con l’ausilio dell’esame istopatologico (nei casi di TEA) e dall’analisi dei risultati. In particolare i risultati in termini di eventi neurologici del trattamento delle stenosi carotidee da placca vulnerabile saranno confrontate nell’ambito dei due sottogruppi, TEA (sottogruppo A), e stenting (sottogruppo B) e tra questi e un gruppo di pazienti con stenosi da placca “non vulnerabile” o stabile. La ricerca che proponiamo deve essere della durata minima di un anno. Le figure `professionali coinvolte sono un chirurgo vascolare, un angiologo, un radiologo vascolare ed un anatomopatologo. Lo studio è di tipo prospettico con un’analisi statistica di tipo comparativo in quanto si valuta la sensibilità e la specificità delle metodiche diagnostiche e i risultati del gruppo di pazienti selezionato con un gruppo di controllo. Considerando il volume globale di interventi di rivascolarizzazione carotidea eseguiti presso la Cattedra di di Chirurgia Vascolare del Policlinico Umberto I diretta dal Prof. B.Gossetti, che consta di 130 casi/anno, si può ipotizzare di identificare un 2030% circa di stenosi carotidee da placca vulnerabile. Tale progetto di ricerca può contare verosimilmente su un numero di casi pari a circa 25-35, serie quindi limitata, tuttavia tale da possedere carattere di significatività. Si può schematizzare la ricerca secondo la seguente flow-chart: Pz con stenosi carotidea EcoColorDoppler tronchi epiaortici (I livello diagnostico) placca stabile placca vulnerabile Caratteristiche Eco placca vulnerabile TEA o Stent (II livello diagnostico) AngioRm vasi epiaortici + Caratteristiche RM placca vulnerabile RM (III livello diagnostico) cerebrale pre Angiografia TSA TEA carotidea + Stenting carotideo Esame istologico (III livello diagnostico) RM cerebrale post Tutti i pazienti saranno inseriti in un database che comprende dati demografici, fattori di rischio, dati ultrasonografici e dati della Risonanza Magnetica, valutazione istopatologica. All’esame EcoColorDoppler verranno definiti la % della stenosi, la lunghezza della placca, la sede della lesione (bulbo, carotide interna, origine, distale), carotide esterna, stenosi o occlusione della carotide controlaterale, superficie, margini, ecogenicita’, componente lipidica, calcificazioni, presenza di ulcerazioni, emorragia intraplacca, scala dei grigi (GSM < > 25). All’esame angioRM saranno valutate anche qui la % della stenosi, la lunghezza della placca, la sede della lesione (bulbo, carotide interna, origine, distale), carotide esterna, stenosi o occlusione della carotide controlaterale, superficie ma anche il potenziamento della lesione con il mezzo di contrasto e l’emorragia intraplacca. Verranno infine registrati i risultati del trattamento in termini di pervietà della carotide disostruita, complicanze perioperatorie e a 30 giorni, minor e major stroke, mortalità ed incidenza di microembolizzazioni cerebrali asintomatiche postoperatorie. Il follow-up è limitato dalla durata dello studio ma i dati significativi che vogliamo valutare si verificano nell’immediato periodo post-operatorio. Esistono dei criteri di esclusione sono: encefalopatie di natura degnerativa, vasculiti ed aritmie che potrebbero essere causa di eventi ischemici cerebrali e dunque falsare i risultati. I pazienti del gruppo di controllo (stenosi carotidea da placca stabile) non saranno sottoposti ad esame RM cerebrale post-operatorio di routine come invece i pazienti del gruppo “placca vulnerabile”. Ciò avviene per ovvi problemi etici ed economici e purtroppo non consente il confronto dei risultati di eventuali microembolizzazioni cerebrali asintomatiche post-TEA carotidea. In caso, invece, di minor o major stroke post-TEA ovviamente verrà eseguito un esame RM cerebrale post-operatorio. Risultati attesi La metodica di immagine ecografica è estremamente utile per un primo screening di individuazione dei pazienti portatori di lesioni aterosclerotiche stenosanti del circolo carotideo con le caratteristiche della “vulnerabilità”. Vi è tuttavia ancora un’alta percentuale di errori diagnostici, con numerosi falsi positivi e falsi negativi. Riteniamo quindi che la sensibilità e la specificità nel riconoscere lesioni aterosclerotiche complesse possono però oggi essere migliorate, affiancando alle immagini ultrasonografiche quelle che ci fornisce la Risonanza Magnetica, specie nell’auspicabile versione con bobina dedicata. Tale informazione potrebbe risultare di notevole ausilio per stabilire non solo la “placca” a rischio, ma soprattutto il “paziente” a rischio di sviluppare un evento cerebrovascolare acuto. La scelta terapeutica, chirurgica od endovascolare, dovrebbe fondarsi sul riconoscimento della morfologia della placca carotidea per offrire al paziente la migliore opzione possibile. Protocollo di ricerca Scopo della ricerca Identificare e definire criteri diagnostici obiettivabili per caratterizzare le placche carotidee instabili e per ottimizzare il miglior protocollo terapeutico. Figure professionali coinvolte: Chirurgo vascolare Radiologo vascolare Durata della ricerca 3 anni con inizio settembre 2008 Tipo di studio: prospettico Numero di pazienti selezionati: 100 pz affetti da stenosi carotidea suscettibile di intervento di rivascolarizzazione carotidea (TEA o Stenting), la cui placca abbia caratteristiche definibili come “instabile”. Pz Anamnesi Età Asintomatico/sintomatico Tipo di sintomatologia (CI, vertebro-basilare,) Fattori di rischio PCR, VES esami di laboratorio TC cerebrale +/Lato controlaterale 1mo esame: EcoColorDopller vasi epiaortici: (eseguito possibilmente da un solo, max due operatori) Si definiscono: % della stenosi lunghezza della placca sede Bulbo, CI origine, distale, CE Controlaterale GSM < > 25 Placca instabile PLACCA INSTABILE: stabilire le caratteristiche della placca instabile cosi da poterne codificare la presenza o meno in base a quattro parametri principali: Fibrous cap +/Calcificazioni +/Core lipidico-necrotico +/Emorragia intraplacca +/- 2o esame: AngioRM vasi epiaortici con bobina dedicata: (eseguito possibilmente da un solo, max due operatori) Si definiscono: % della stenosi lunghezza della placca sede Bulbo, CI origine, distale, CE Controlaterale Placca instabile Si scartano le stenosi da placca non instabile. Le stenosi da placca instabile (si valuta la % sul totale) vengono selezionate per il tipo di trattamento terapeutico. TEA chirurgica Stenting (CAS) Per quanto riguarda il CAS, bisogna considerare ulteriormente la possibilità di utilizzare stent differenti a seconda della lesione. Stent a open cell Stent a closed cell Si registrano i risultati delle due metodiche in termini di: Minor stroke Major stroke Complicanze minori (ematomi) Lesione dei nervi cranici Successo tecnico Fattibilità della metodica Pervietà immediata Pervietà a 30 gg, 6 mesi , 1 anno (max) Metodo Tutti i pazienti vengono inseriti in un database che comprende dati demografici, fattori di rischio, dati di laboratorio, dati ultrasonografici e dati della Risonanza Magnetica, dati istopatologici. 1° fase della ricerca Verranno confrontati diagnostici ed istopatologici al fine di determinare le caratteristiche della placca instabile. 2° fase della ricerca I risultati del trattamento TEA vs stenting verranno confrontati in termini di: •pervietà della carotide trattata* •complicanze perioperatorie (minor e major stroke) •mortalità •incidenza di nuove lesioni cerebrali ischemiche asintomatiche ** Indicazione chirurgica In caso di placca carotidea instabile si preferisce un’opzione chirurgica tradizionale (TEA). Solo in caso di condizioni generali del paziente ad alto rischio (ASA III-IV) si preferisce l’opzione endovascolare (stenting) Caratteristiche della placca prese in esame (all’esame ultrasonografico e all’esame AngioRM) 1.sede della lesione (bulbo, carotide interna, origine, distale), carotide esterna 2.% della stenosi 3.estensione della placca 4.superficie (presenza di ulcerazioni) 5.struttura (grado di ecogenicità, presenza di aree emorragiche alla RM) Caratteristiche della placca prese in esame (all’esame istologico) 1.infiltrato di cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti T) 2.impronte di cristalli colesterolo core lipidico 3.spessore del cappuccio fibroso < 100 μm 4.CD34 presenza di microvasi 5.VEGF 6.Depositi di Fe emorragia Risultati Presso l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia vascolare ed endovascolare dell’Ospedale S.Paolo di Civitavecchia sono stati trattati nel periodo che va dal Dicembre 2007 al Dicembre 2010, 358 pazienti affetti da insufficienza cerebrovascolare dovuta a patologia steno-ostruttiva degli assi carotidei in 380 casi (22 pazienti presentavano stenosi carotidee bilaterali). Delle 380 stenosi carotidee trattate, in 95 (25%) casi si trattava di stenosi da placca cosiddetta “instabile” all’EcoColorDoppler preoperatorio (GSM < 25) come definito nei Metodi del lavoro. Solo 93 su 95 placche sono state studiate con esame AngioRM con tecnica steadystate in quanto un paziente è stato sottoposto ad intervento di TEA carotidea in urgenza mentre nel secondo caso non si è potuto eseguire un esame con RM per la presenza di una protesi al cristallino. Dopo l’analisi con risonanza magnetica in 89 (95.6%) casi si è confermata la presenza di uno o più parametri (cap fibroso, emorragia intraplacca, core lipidiconecrotico) che erano stati considerati diagnostici per caratterizzare la placca come “instabile”. In 4 (4.3%) casi, invece, nessuno di questi parametri era stato individuato all’AngioRM cosi da classificare quelle placche come non instabili. Successivamente, durante il ricovero, i pazienti sono stati sottoposti ad intervento di TEA carotidea in 70 (78.6%) casi di stenosi carotidea instabile mentre nei restanti 19 (21.4%) casi è stata eseguita una procedura di stenting carotideo. Ricordo che il nostro atteggiamento terapeutico per quanto riguarda l’indicazione al tipo di intervento chirurgico (TEA o stenting) prevede che in caso di placca carotidea instabile la procedura di scelta è sempre quella di TEA. Solo in caso di pazienti ad alto rischio chirurgico (pazienti classificati ASA IV secondo l’AHA per cardiopatia ischemica severa, scompenso cardiaco congestizio, bronco pneumopatia cronica ostruttiva di grado molto severo oppure in caso di paralisi della corda vocale controlaterale) è stato preferito l’approccio endovascolare. Abbiamo considerato per l’analisi dei due tipi di trattamento i seguenti risultati: incidenza di minor stroke, major stroke, mortalità e poi positività per nuove lesioni ischemiche alla RM cerebrale ad un mese dall’intervento. I risultati sono riportati nella Tabella 1. Gruppo TEA Gruppo STENTING 70 casi 19 casi Minor stroke 2 (2.8%) 1 (5.9%) 0.2 Major stroke 0 0 0 Mortalità 0 0 0 1 (1.4%) 4 (21.0%) 0.001 Nuove lesioni p Tabella 1 Nel gruppo TEA l’incidenza di minor stroke è stata del 2.8% (2 casi) mentre nessun major stroke o decesso si è verificato a 30 giorni dell’intervento. Nel gruppo stenting i casi di minor stroke hanno raggiunto il 5.2% (un caso su 19) e in nessun caso abbiamo osservato major stroke o decessi entro i 30 giorni postoperatori. Tali percentuali non hanno mostrato, tuttavia, una significatività a livello statistico avendo un valore di p uguale a 0.2 ed avendo considerato all’inizio dello studio un valore significativo di 0.001. La differenza statisticamente significativa dei risultati è stata quella riguardante l’incidenza di nuove lesioni cerebrali asintomatiche all’esame RM cerebrale postoperatorio dopo i due tipi di intervento: nel gruppo TEA, infatti, abbiamo osservato solo 1 caso su 70 (1.4%) mentre nel gruppo stenting abbiamo osservato 4 casi su 19 (21.0%). Il valore di p è risultato essere di 0.001, quindi significativo a livello statistico. La pervietà primaria a 30 giorni della carotide disostruita è risultata del 100% per entrambi i tipi di trattamento terapeutico. Nel caso dello stenting una stenosi residua inferiore o uguale a 30% della carotide disostruita non viene considerata come restenosi carotidea. Discussione Il concetto di placca carotidea ”instabile”15 o più recentemente “vulnerabile”16 è stato introdotto ormai da alcuni anni, da quando gli studi anatomo-patologici della placca escissa durante gli interventi di tromboendoarterectomia carotidea hanno dimostrato che la morfologia e la composizione intrinseca della placca stessa risultava altamente variabile. Ciò a dimostrare il fatto che non tutte le placche sono da considerare uguali sia nella loro natura ma soprattutto nella loro evoluzione. Quando parliamo di evoluzione, infatti, dobbiamo considerare che il fine ultimo del medico è quello di comprendere il meccanismo della patologia e prevenirne le complicanze cliniche. Alla placca instabile si associa un alto grado di incidenza di complicanze17 della “vita di placca”(ovvero del suo destino) che si trasformano in complicanze emboliche prima e in quadro sintomatologico neurologico poi. Nel caso di placche carotidee sarà un quadro neurologico18 mentre nel caso di placche coronariche il quadro sarà prevalentemente cardiaco. Focalizzando l'attenzione sui risultati del nostro lavoro che ricordo essere finalizzato all'identificazione precoce di placche carotidee instabili e quindi alla loro “neutralizzazione” mediante un trattamento terapeutico adeguato, possiamo in via preliminare dire che i nostri risultati sono in linea con quanto riportato dalla più recente letteratura.19-22 Il primo punto affrontato è quello dell'inquadramento diagnostico migliore da intraprendere in caso di placca instabile: l'EcoColorDoppler si è mostrato essere il gold migliore nell'identificazione di una placca carotidea instabile. La scala dei grigi, introdotta da El Barghouti et al23 nel 1996 si dimostra tutt'oggi come un ottimo parametro di codifica dell'ecogenicità della placca: ad una placca ipoecogena (GSM < 25) corrisponde una placca costituita da materiale lipidico in maggioranza e quindi tendenzialmente poco stabile. Al contrario una placca iperecogena (GSM > 25) con una forte presenza di calcio viene considerata più stabile nel senso che più difficilmente, ma non in maniera assoluta, si sfalderà e quindi sarà responsabile di micro o macroembolizzazioni distali. Un'altra conferma che abbiamo avuto dall'analisi della nostra esperienza è che come secondo step diagnostico risulta molto affidabile in termini di sensibilità (pari al 95,6%) l'angioRisonanza Magnetica. La RM ci ha fornito non solo una conferma della composizione a rischio della placca carotidea, come già affermato da Trivedi et al nel 2004 e in altri numerosi studi24-28, ma anche alcune importanti informazioni sulla vascolarizzazione della placca stessa. Sarebbe utile un supplemento di ricerca per stabilire la corrispondenza tra la diagnosi di placca altamente vascolarizzata all'esame angioRM e la presenza di microvasi all'interno della placca all'esame istologico post-TEA. L'esame angioRM è stato eseguito con uno scanner 1.5 Tesla e con tecnica “steady-state” utilizzando come mezzo di contrasto il gadobenato dimeglumina16. Tale tecnica permette di incrementare la risoluzione spaziale e di migliorare pertanto la capacità di valutazione della placca con particolare riferimento alla sua vascolarizzazione: il gadobenato, infatti, si lega all'albumina sierica che si manifesta poi in un ritardato passaggio a livello arterioso. Questo si traduce, nell'ambito della visualizzazione di placca, in un ristagno a livello dei microvasi: si può facilmente associare ad un immagine di ristagno del mezzo di contrasto un'aumentata vascolarizzazione della placca stessa. Ecco pertanto giustificata la necessità di ricorrere ad un esame angioRM dei vasi cerebrali in caso di sospetto di placca carotidea instabile. Inoltre si può associare allo studio dei tronchi epiaortici anche lo studio preoperatorio del parenchima cerebrale, sempre utili nell'identificazione di lesioni silenti o di alterazioni della barriera ematoencefalica nei pazienti sintomatici recenti. Spostandoci all'analisi dei risultati del trattamento, nella nostra esperienza abbiamo osservato che le due metodiche (TEA e stenting) rappresentano entrambe una valida opzione terapeutica. In termini di pervietà primaria a 30 giorni, infatti, le due metodiche non differiscono minimamente e anche in termini di complicanze perioperatorie (major e minor stroke, mortalità) non si evincono differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Questi dati sono in linea con una parte dei dati riportati in letteratura: le recenti linee-guida dell'ESVS29 e della SVS30 e lo studio CREST31 forniscono dati dibattuti. Senza entrare nel merito della vicenda, possiamo dire che alcuni sostengono che le complicanze neurologiche dopo le due procedure sono identiche mentre altri sostengono che ancora oggi la TEA sia una metodica più sicura. Nel nostro caso abbiamo avuto delle differenze non significative con un minor stroke (5,9%) nel gruppo stenting e due (2,8%) minor stroke nel gruppo TEA. Ma il valore della p si è dimostrato pari a 0,2 per cui non significativo. Anche se la serie di pazienti è limitata in termini numerici, dobbiamo altre sì dire si tratta di pazienti con stenosi da placca instabile quindi una netta minoranza dei pazienti carotidopatici. Non abbiamo avuto episodi di major stroke e di decessi postoperatori a 30 giorni. Il basso numero di eventi neurologici maggiori può essere anche spiegato dal fatto che sapendo in anticipo che si trattava di lesioni “a rischio”, abbiamo adottato alcuni accorgimenti tecnici durante le procedure atti a prevenire o a limitare al massimo fenomeni di embolizzazione distale. Questi accorgimenti sono rappresentati per quanto riguarda la tecnica chirurgica tradizionale dalla scarsa mobilizzazione del bulbo carotideo durante la preparazione dei vasi, dalla precoce eparinizzazione, dal preventivo clampaggio della carotide interna32. Per quanto riguarda invece la tecnica endovascolare si è proceduto ad una rapida e accorta cateterizzazione della carotide comune, dell'uso routinario di un sistema di protezione cerebrale (filtro distale in tutti i casi) e della scelta di uno stent con design a celle chiuse33-35. Il quadro più significativo, infine, nella nostra esperienza è stato quello per cui dopo la procedura di stenting carotideo abbiamo osservato un'elevata incidenza (21%) di lesioni cerebrali di nuova insorgenza, anche se asintomatiche, all'esame RM cerebrale postoperatorio. Sia Yamada36 che Bonati37 hanno osservato un'incidenza di tali eventi pari addirittura rispettivamente al 63% e la 73% dei casi. Le nuove lesioni cerebrali, va sottolineato, sono del tutto asintomatiche da un punto di vista macroscopico al momento della loro diagnosi. Tuttavia tali lesioni non sono del tutto innocue perché Grunwald38 ha osservato l'associazione di nuove lesioni cerebrali asintomatiche ad un quadro di scadimento dello stato cognitivo a distanza di mesi dallo stenting. Mediante l'uso di questionari pre e post procedura, tali autori hanno osservato l'insorgenza di deficit dello stato cognitivo tali da essere classificati come “demenza” post-stenting carotideo. In un recente studio pubblicato su Lancet39, gli autori hanno osservato un'incidenza di nuove lesioni cerebrali asintomatiche alla RM diffusione/perfusione (DWI RM) circa tre volte superiore nei pazienti sottoposti a stenting rispetto a quella dei pazienti sottoposti a TEA carotidea. E' altrettanto vero che in questo studio i risultati dello stenting sono inficiati dal mancato uso di alcun sistema di protezione cerebrale. Schnaudigel40 hanno infatti dimostrato che l'utilizzo routinario di sistema di protezione e di stent a celle chiuse può ridurre in maniera significativa l'incidenza di nuove lesioni ischemiche cerebrali, sia esse asintomatiche che sintomatiche. Conclusioni Dall'analisi della nostra esperienza abbiamo osservato che in caso di stenosi carotidea, il miglior protocollo diagnostico per l'identificazione di un'eventuale placca instabile consiste nell'esecuzione di un esame EcoColorDoppler con la valutazione della scala dei grigi. In caso di GSM< 25, infatti, è indicato eseguire un esame AngioRM de tronchi epiaortici con tecnica “steady state” al fine di evidenziare la vascolarizzazione della placca. Per quanto riguarda l'atteggiamento terapeutico da tenere, sia la TEA che lo stenting carotideo sembrano essere procedure sicure e fattibili con un ridotto tasso di complicanze maggiori. Nel caso dello stenting, visto la maggior incidenza di nuove lesioni ischemiche cerebrali procedura, anche se asintomatiche nell'immediato, esiste un verosimile rischio di demenza tardiva. Per tale motivo, la procedura di stenting in caso di placca instabile dovrebbe essere riservata a pazienti in età avanzata e/o ad alto rischio chirurgico. Fig.1 Placca instabile (esame EcoDoppler) Fig 2 Placca instabile (esame angiografico) Fig 3 AMezzo di contrasto VASOVIST® AngioRM Tecnica di acquisizione First-Pass e Steady-State Fig 4 Macrofagi e linfociti T di placca instabile (esame istologico) Bibliografia 1. Katsiki N. Stroke, obesity and gender: A review of the literature. Maturitas. 2011 May 20.George MG. Paul Coverdell National Acute Stroke Registry Surveillance - four states, 2005-2007. MMWR Surveill Summ. 2009 Nov 6;58(7):1-23. 2. Reeves MJ Acute stroke care in the US: results from 4 pilot prototypes of the Paul Coverdell National Acute Stroke Registry. Stroke. 2005 Jun;36(6):1232-40. 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