Scienze Dell’Alimentazione LO STUDIO DEGLI ALIMENTI E’ UN’ARTE MOLTO ANTICA. L’ALIMENTAZIONE SI E’ MODIFICATA IN MODO LENTO E COSTANTE NEL CORSO DEI SECOLI IN FUNZIONE DEL CLIMA, DELLA RELIGIONE E DELLA CULTURA. UNA EVOLUZIONE CHE CONTINUA ANCORA OGGI. GLI ALIMENTI DEVONO ESSERE CONSIDERATI QUALITATIVAMENTE E QUANTITATIVAMENTE. QUALITATIVO LA CAPACITA’ A FORNIRE MATERIALI COSTRUTTIVI, CHE L’ORGANISMO NON SA FABBRICARSI, DA ALTRE SOSTANZE, (ACQUA, SALI, PROTIDI, GLICIDI, LIPIDI ETC.) QUANTITATIVO LA CAPACITA’ DI FORNIRE ENERGIA. IL VALORE ENERGETICO DEGLI ALIMENTI SI DETERMINA FACENDO BRUCIARE LA SOSTANZA NELLA BOMBA CALORIMETRICA E DETERMINANDO IL CALORE PRODOTTO. IL CALORE VIENE CALCOLATO IN CALORIE: LA PICCOLA CALORIA LA QUANTITA’ DI CALORE NECESSARIA PER PORTARE DA 14,5°C a 15,5°C UN GRAMMO D’ACQUA. LA GRANDE CALORIA ( CAL) E’ UGUALE A 1000 PICCOLE CALORIE. NELL’ORGANISMO LE SOSTANZE NON BRUCIANO COMPLETAMENTE. I PRODOTTI FINALI DEL CATABOLISMO RACCHIUDONO ANCORA ENERGIA. L’UREA , PRODOTTO FINALE DEL METABOLISMO PROTEICO, ELIMINATO CON L’URINA, PUO’ PRODURRE ANCORA 2.5 CAL. SI E’ CONVENUTO DI ATTRIBUIRE IN MEDIA AGLI ALIMENTI SEMPLICI I SEGUENTI VALORI: 1 gr. DI PROTIDI= 4.1 CAL 1 gr. DI GLICIDI= 4.1 CAL 1 gr. DI LIPIDI= 9.3 CAL PESO E COSTITUZIONE LA CONOSCENZA DEL PESO E DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA E’ CONDIZIONE INDISPENSABILE PER STABILIRE IL FABBISOGNO ENERGETICO DELL’INDIVIDUO. IL PESO CORPOREO E’ LA RISULTANTE DEI COMPONENTI: MASSA GRASSA (BF, BODY FAT) MASSA MAGRA (FFM, FAT FREE MASS) NUMEROSI FATTORI INFLUENZANO LA COMPOSIZIONE CORPOREA: ETA’, SESSO, RAZZA, FATTORI GENETICI, CONDIZIONI NUTRIZIONALI E AMBIENTALI. PC=PESO CORPOREO costituito da: MG=MASSA GRASSA 30% MM=MASSA MAGRA 70% (MASSA EXTRA CELLULARE E MASSA CELLULARE) H2O=ACQUA CORPOREA PR=MASSA PROTEICA MN=MINERALI GL=GLICOCENO Tecniche per determinare la composizione Corporea Metodiche “tradizionali” - PESATA IDROSTATICA La pesata idrostatica è stata per molti anni la metodologia di riferimento delle tecniche di misurazione della composizione corporea. Con una persona immersa in acqua, grazie al principio di Archimede si può calcolare la densità corporea e quindi le percentuali di massa grassa e magra. La procedura classica immersione completa, il calcolo del volume polmonare residuo e può essere influenzata dal contenuto gassoso intestinale e dal fatto che si considera costante la densità ossea, il che non sempre vero. Tale metodica è utilizzata soprattutto a fini di ricerca. - PLICHE CUTANEE "PLICOMETRIA”: L'utilizzo della misura delle pliche per determinare la % di grasso corporeo è una tecnica semplice, economica e che ben si presta per l'utilizzo sul campo. Tale metodica si basa sul presupposto (non sempre vero) che lo spessore del tessuto adiposo sottocutaneo sia proporzionale al grasso corporeo totale e che le posizioni scelte siano rappresentative dello spessore medio del tessuto sottocutaneo. Utilizzata da un operatore esperto tale metodica è valida, soprattutto per seguire nel tempo le variazioni del rapporto massa grassa/magra. "PLICOMETRO": Strumento per la misurazione delle pliche cutanee. - DETERMINAZIONE DELL'ACQUA CORPOREA TOTALE - DETERMINAZIONE DEL POTASSIO CORPOREO TOTALE (DOSAGGIO CON POTASSIO 40) - ESCREZIONE URINARIA DI CREATININA - METODICHE ANTROPOMETRICHE - MISURAZIONI OSSEE - CIRCONFERENZE DEGLI ARTI Metodiche "nuove" - IMPEDENZA BIOELETTRICA Conduttività Elettrica Corporea Totale “BIO-IMPEDENZA” L'applicazione di una corrente elettrica a bassa frequenza (generalmente tetrapolare mano-piede). Poiché la massa magra contiene praticamente tutta l'acqua e gli elettroliti conduttori del corpo, la conduttività è molto più elevata nella massa magra rispetto a quella grassa. Così, grazie al passaggio di una corrente multi-frequenza, si può predirre con un elevato grado di precisione l'acqua totale, i fluidi intra- ed extra- cellulari, la massa magra e quindi quella grassa. Vantaggi: Portatilità delle attrezzature Metodica non invasiva Facilità e rapidità dell'esame Buoni livelli di accuratezza e riproducibilità Costi di acquisto e gestione accettabili. Ideale per studi epidemiologici su vasti campioni di popolazione. Strumento: IMPEDENZIOMETRO Note: Le bilance pesa persone per utilizzo domestico con incorporato un circuito per analisi impedenziometrica sono di dubbia efficacia. - "TOBEC” La metodica si basa sul fatto che la massa magra ha una conducibilità elettrica di molte volte superiore al tessuto adiposo. Il soggetto da esaminare è adagiato su un carrello che viene fatto passare attraverso una camera cilindrica in cui è generato un campo magnetico. Le variazioni di questo campo sono correlate alla composizione corporea ed è così possibile calcolare la massa grassa e magra e l'acqua corporea totale. La tecnica è rapida, non invasiva ed estremamente precisa ed affidabile, ma il costo, elevato, la rende poco utilizzabile nelle indagini di routine. - ASSORBIMETRIA A RAGGI X (DEXA) La Dexa si basa sul principio dell'attenuazione differenziale di un fascio di raggi X a due livelli energetici al passaggio attraverso i tessuti: questa perdita è registrabile e correlata alla composizione corporea del soggetto esaminato. Il suo attuale utilizzo è soprattutto nel campo della determinazione della densità ossea (patologia osteoporotica). La DEXA permette di effettuare: - una valutazione in peso e in percentuale della massa magra e della massa grassa nei differenti distretti corporei. E' pertanto possibile determinare le zone di accumulo di grasso e quantificare il loro peso in grammi. - una valutazione selettiva nei diversi distretti corporei dello stato di mineralizzazione ossea. L'unico svantaggio è l'alto costo della strumentazione e i tempi di esecuzione (20'-30'). - PLETISMOGRAFIA (BOD POD) I metodi pletismografici determinano il volume corporeo grazie una tecnica di sottrazione: il volume corporeo è uguale alla riduzione del volume della camera al momento dell'ingresso del soggetto. Un nuovo pletismografo è il BOD.POD che consiste in una struttura in vetroresina a due camere: il soggetto da esaminare viene fatto entrare e sedere in quella anteriore che viene chiusa, in quella posteriore vi è il sistema di misura che determina, per sottrazione, il volume corporeo. - TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA SPESSORE DEL TESSUTO ADIPOSO SOTTOCUTANEO - RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE CALCOLARE L'INDICE DI MASSA CORPOREA L'Indice di Massa Corporea detto anche IMC o BMI (dall'inglese: Body Mass Index) è un numero che esprime il rapporto esistente tra il peso in chilogrammi di una persona ed il quadrato della sua altezza espressa in metri. Per calcolare l'IMC: Prendete il peso in chilogrammi e dividerlo per l'altezza espressa in metri e moltiplicata al quadrato. es. 68 Kg / 1,60 x 1,60 m = 22,65625 IMC normale = compreso tra 18,5 e 24,9. SOTTOPESO = IMC inferiore a 18,5. SOVRAPPESO = IMC compreso tra 25 e 29,9. OBESITA' = IMC superiore a 30. Metabolismo Una cellula è in grado di svolgere tutte le attività che sono necessarie alla crescita, dalla moltiplicazione, al mantenimento e alla conservazione delle sue funzioni. Queste attività si basano su una grande varietà di trasformazioni chimiche che costituiscono nel loro insieme il metabolismo cellulare. Si distinguono reazioni di sintesi (costruzione) e reazioni di demolizione, che avvengono contemporaneamente in diverse regioni della cellula. - Le reazioni di sintesi sono reazioni in cui due o più sostanze semplici (substrati) si uniscono a formare una molecola più complessa (prodotto) e il loro insieme costituisce l’anabolismo. - Le reazioni di demolizione sono quelle che portano alla degradazione di composti chimici complessi in sostanze più semplici e nel loro insieme costituiscono il catabolismo. Se prevalgono i processi anabolici su quelli catabolici, l’organismo cresce o aumenta di peso. Se prevalgono i processi catabolici su quelli anabolici (come avviene durante i periodi di digiuno o di malattia) l’organismo smette di crescere e diminuisce di peso. Quando i due processi metabolici si bilanciano si dice che l’organismo è in uno stato di equilibrio stazionario. LA RESPIRAZIONE CELLULARE Nella maggioranza delle cellule la principale fonte di energia è la demolizione del glucosio (C6-H12-O6) mediante una reazione di ossidazione che ha luogo in due stadi distinti: - glicolisi La glicolisi è rappresentata da una serie di 9 reazioni che avvengono nel citoplasma; ciascuna reazione è catalizzata da un enzima specifico. Durante la glicolisi, una molecola di glucosio viene gradualmente trasformata in due molecole di acido piruvico liberando energia. L’energia liberata viene sfruttata per produrre due molecole di ATP e due molecole di NADH. L’acido piruvico ottenuto contiene ancora molta energia e viene demolito ulteriormente in modo diverso a seconda che la cellula sia in presenza di ossigeno (aerobiosi) o in assenza di ossigeno (anaerobiosi) - respirazione cellulare (in presenza di ossigeno) o dalla fermentazione (in assenza di ossigeno) La respirazione cellulare è un processo che richiede ossigeno e che consiste nella completa demolizione degli zuccheri (CH2O) con produzione finale di anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O). In presenza di ossigeno (aerobiosi) l’acido piruvico viene ossidato e demolito totalmente in CO2 e H2O con il processo di respirazione cellulare. Questo processo che ha lo scopo di produrre ATP ha luogo nei mitocondri e può essere diviso in tre fasi principali: la decarbossilazione dell’acido piruvico, il ciclo di Krebs o ciclo dell’acido citrico e la catena respiratoria. L’acido piruvico entra nel mitocondrio e perde una molecola di CO2, trasformandosi in un gruppo acetile che si lega a un complesso chiamato coenzima A (CoA). Si formano così l’acetilcoenzima A e una molecola di NADH. IL METABOLISMO BASALE E' IL QUANTITATIVO D’ENERGIA NECESSARIO PER IL MANTENIMENTO DELLE FUNZIONI VITALI DI UN ORGANISMO IN CONDIZIONI DI RIPOSO FISICO, IN STATO DI CALMA PSICHICA, A TEMPERATURA AMBIENTE COSTANTE (+20 °C), A DIGIUNO DA ALMENO 12 ORE. LA MISURAZIONE DEL METABOLISMO BASALE VIENE EFFETTUATA CON UNO SPIROMETRO, CALCOLANDO IL CONSUMO DI O2 PER METRI QUADRI. VALORE STANDARD DEL METABOLISMO BASALE PER METRI QUADRI DI SUPERFICIE CORPOREA: NELL’UOMO 39 kcal/m2/h; NELLE DONNE DI 36 kcal/m2/h. VARIAZIONI DEL +/- 10/15% SONO CONSIDERATE NELLA NORMA. IL METABOLISMO ENERGETICO QUANTITA' DI CALORIE RICHIESTE PER IL MANTENIMENTO DELLA TEMPERATURA CORPOREA E PER LO SVOLGIMENTO DELLE VARIE ATTIVITA' FISICHE. VARIAZIONI AMBIENTALI DI +/- 10°C PORTANO AD UN AUMENTO O UNA DIMINUZIONE DEL METABOLISMO BASALE DEL 5%. REGOLAZIONE DEL METABOLISMO ENERGETICO INTERVENGONO NUMEROSI FATTORI ORMONALI, TRA CUI I PRINCIPALI SONO: L’INSULINA E' UN ORMONE IPOGLICEMIZZANTE CHE FAVORENDO L’UTILIZZAZIONE DEL GLUCOSIO, LA SINTESI DEL GLICOGENO, LA SINTESI DEGLI AC. GRASSI, STIMOLA LA SINTESI PROTEICA A LIVELLO MUSCOLARE ED EPATICO. INIBISCE LA GLICONEOGENESI, LA PROTEOLISI E LA LIPOSILISI. IL GLUCAGONE E' UN ORMONE IPERGLICEMIZZANTE. FAVORISCE LA GLICOGENOLISI, LA PROTEOLISI E LA LIPOLISI. GLI ORMONI TIROIDEI HANNO EFFETTO DIRETTO SUL METABOLISMO BASALE E SULLA SINTESI PROTEICA. L’ADRENALINA STIMOLA IL METABOLISMO GLICIDICO E LIPIDICO. GLI ORMONI CORTICOSURRENALI AUMENTANO IL CATABOLISMO DEGLI AMINOACIDI, CON CONSEGUENTE RIDUZIONE DELLA SINTESI PROTEICA. INFLUENZANO IL METABOLISMO IDROELETTROLITICO . Fame e Appetito LA FAME È NATURALE mentre L’APPETITO È SOGGETTIVO legato solo ad aspetti psicologici, ad usi ed abitudini. FAME: SENSAZIONI SGRADEVOLI, TORMENTOSE AVVERTITE DOPO PROLUNGATA PRIVAZIONE DI CIBO, CHE CI SPINGE A PROCURARCELO PER AVERE SOLLIEVO. APPETITO: L’INSIEME DI SENSAZIONI NON SPIACEVOLI PER CUI SI AVVERTE IL DESIDERIO DI INGERIRE CIBI. SAZIETÀ: CESSAZIONE DEL BISOGNO DI MANGIARE. INAPPETENZA: ASSENZA DI DESIDERIO PER IL CIBO. PALABILITÀ O APPETIBILITÀ: SONO I FATTORI CHE PRECEDONO L’INGESTIONE DI CIBO (sapore, presentazione, apparenza, colore ecc. legati ad esperienze precedenti) Le abitudini individuali modificano l’assunzione di cibo mentre: - Stimolano il senso di fame Il freddo e il livello di glicemia - Stimolano il senso di sazietà La ripienezza del tubo digerente e gli ormoni gastroenterici come la colecistochinina, prodotta in risposta all’ingestione di grassi. MECCANISMI DELLA FAME MECCANISMI GASTRICI La sensazione di fame compare simultaneamente a contrazioni gastriche, che durano da 30 a 90 minuti e si alternano a pause. Sono inibite dalla masticazione, ingestione di ghiaccio e/o acqua fredda, alcool, fumo, esercizio fisico violento, glucosio ecc. Di recente si sono scoperti 2 ormoni gastrici che regolerebbero, anch’essi, la sensazione della fame. MECCANISMI IPOTALAMICI Nell’ipotalamo distinguiamo 2 zone: - una laterale CENTRO DELLA FAME (sempre attivo. Una sua lesione porta a IPERFAGIA) - una mediale CENTRO DELLA SAZIETÀ L’IPOTALAMO condizionerebbe selezione degli alimenti tramite NEUROMEDIATORI. Il neurotrasmettitore più studiato è la SEROTONINA che agirebbe sul centro della sazietà inibendo il centro della fame e influirebbe sulla selezione glicidi, protidi. L’AUMENTO DI SEROTONINA CEREBRALE PREDISPONE ALLA SCELTA DI ALIMENTI PROTEICI MENTRE LA DIMINUZIONE ALLA SCELTA DI CARBOIDRATI. La SEROTONINA deriva dal TRIPTOFANO che passa la barriera ematoencefalica, in relazione al suo rapporto con 5 amninoacidi neutri: tirosina, fenilanalina, leucina, isoleucina, valina (sigla TFLIV). Un’alimentazione ricca di carboidrati induce la produzione d’insulina, che aumenta la captazione muscolare di TFLIV, così il rapporto TRIPTOFANO/TFLIV aumenta favorendone il passaggio della barriera EMATOENCEFALICA. Con incremento di SEROTONINA. Il contrario avviene in caso di alimentazione ricca di protidi (proteine). La totale esclusione di tritofano dalla dieta provocherebbe: DEPRESSIONE. DEVIAZIONI ALIMENTARI ANORESSIA grave diminuzione o scomparsa dell’appetito BULIMIA aumento patologico della fame, causato da malattie o da motivi psicologici L’anoressia e la bulimia sembrano in apparenza due fenomeni opposti eppure sono caratterizzati da analogie e in parte interscambiabili tra loro. L’anoressia è il rifiuto di mangiare, e porta come conseguenza l’abbassamento del peso del proprio corpo, sotto una percentuale dell’85% del peso previsto sulla base delle proprie caratteristiche costituzionali. La anoressia diventa cronica quando i pasti vengono completamente aboliti. Spesso l’anoressico si oppone al senso di fame inducendo il vomito, assumendo farmaci lassativi o diuretici, oppure svolge un’attività fisica esagerata nel tentativo disperato di continuare a controllare il proprio peso. Se l’anoressico si arrende al senso di fame e si abbuffa con cadenza almeno settimanale, ecco che l’anoressico, paradossalmente, potrebbe diventare bulimico. La bulimia è la condizione di chi consuma cibo in quantità decisamente superiori alla norma. Spesso l’abbuffata si accompagna alla sgradevole sensazione di non riuscire più a fermarsi una volta che si è iniziato a mangiare. Anche il bulimico adotta gli stessi comportamenti dell’anoressico per compensare le abbuffate e impedire il conseguente aumento di peso: quindi si induce il vomito, abusa di farmaci lassativi e diuretici, ed effettua lunghe sedute di fitness. Tuttavia una bulimica ha spesso le identiche ambizioni di una anoressica, ma non sopporta la ferrea disciplina necessaria a ridurre drasticamente l’apporto di cibo, delineando una inferiore forza di volontà. Le cause di atteggiamenti così squilibrati nei confronti del cibo sono da attribuire agli scorretti modelli fisici proposti dalla società e dalla propaganda dei cosiddetti cibi spazzatura ma la radice del problema va probabilmente ricercata in una mancanza di affetto e di considerazione percepita dalla persona affetta da tali disturbi che reagisce attraverso questi atteggiamenti autolesionistici. Lipidi Sono sostanze organiche composte da CHO, caratterizzate dalla INSOLUBILITA’ IN ACQUA (solubili in solventi apolari: etere, cloroformio, benzina). SONO LA SORGENTE PIU’ CONCENTRATA DI ENERGIA (9kCAL\G) E SONO PRESENTI NELL’UOMO PER IL 15,3%, DISTRIBUITI PER IL 41% DEL TOTALE NEL TESSUTO ADIPOSO. CON L’ETA’ SI HA UN AUMENTO DELLA QUOTA LIPIDICA A SCAPITO DI QUELLA IDRICA. CHIMICAMENTE GLI ACIDI GRASSI SONO IDENTIFICATI COME: - SATURI UNITI DA UN LEGAME SEMPLICE TRA GLI ATOMI DI DI CARBONIO. - INSATURI UNITI DA DOPPIO LEGAME (MENO SOLIDO E PIU’ FACILMENTE DEMOLIBILE DI QUELLI SEMPLICI). I lipidi costituiscono la principale forma di riserva energetica degli organismi, entrano nella costituzione delle membrane biologiche, svolgono importanti funzioni bioregolatrici. I lipidi alimentari rappresentano una forma di energia concentrata per il corpo umano. Un grammo di lipidi sprigiona più del doppio dell'energia rispetto alla stessa quantità di glucidi e proteine: 9 kcal ogni gr di grassi. Chimicamente i grassi sono dei trigliceridi: esteri della glicerina con acidi grassi variamente miscelati. I grassi depositati nell'organismo sono essenzialmente trigliceridi misti. I lipidi, invece, comprendono i trigliceridi ma anche i fosfolipidi e gli steroli. Ciò che accomuna i lipidi e i grassi è la loro assoluta insolubilità in acqua e la loro solubilità in solventi organici come etere, cloroformio, benzolo. Fisicamente si presentano solido-pastosi (grassi) o liquidi (oli) a temperatura ambiente. I lipidi hanno funzioni biologiche molto differenziate: lipidi di riserva o di deposito essenzialmente trigliceridi che si accumulano nel tessuto adiposo; lipidi strutturali o di membrana fosfolipidi, glicolipidi, steroli lipidi con attività biologiche specifiche ormoni, messaggeri intracellulari, trasportatori di elettroni ecc. forniscono acidi grassi essenziali veicolano le vitamine liposolubili conferiscono appetibilità ai cibi e sazietà. I lipidi circolanti nel sangue o presenti nelle strutture cellulari sono spesso legati ad altre molecole formando delle strutture complesse, quali ad es. le lipoproteine (lipidi+proteine) o glicolipidi (glucidi+lipidi). Una classificazione utile da un punto di vista nutrizionale è quella che divide i lipidi in lipidi semplici e lipidi complessi: Lipidi semplici sono presenti soprattutto negli alimenti e nel tessuto adiposo del corpo umano Lipidi complessi sono presenti nel plasma e nelle strutture cellulari sia di origini animali che vegetali. La parte più variabile dei lipidi è la catena degli acidi grassi che possono differire per: lunghezza della catena carboniosa, tipo di legame carbonioso, posizione spaziale del doppio legame. Gli acidi grassi possono anche essere classificati in: saturi quando presentano tutti legami semplici; monoinsaturi quando nella catena è presente un solo doppio legame; polinsaturi quando i doppi legami sono due o più. Quasi tutte le molecole lipidiche dell'organismo sono prodotte per sintesi endogena, tranne gli "acidi grassi essenziali" che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che devono essere quindi introdotti con la dieta (i più importanti sono l'acido linoleico e l'acido linolenico). Glucidi I glucidi o carboidrati sono i costituenti più importanti dei vegetali e le sostanze organiche più diffuse nella biosfera. Rappresentano solo l'1% del corpo umano ma hanno una notevole importanza nutrizionale costituendo il principale nutriente nell'alimentazione umana e la fonte energetica a più basso costo: forniscono, se disponibili, circa 4 kcal/g. Si possono suddividere in: monosaccaridi o monosi formati da singole unità monosaccaridiche a catena variabile; oligosaccaridi formati da 2 a 9 unità monosaccaridiche; polisaccaridi composti da 10 a più unità saccaridiche. Le funzioni dei carboidrati sono fondamentalmente due: energetica nell'uomo, sotto forma di glicogeno, costituiscono una riserva di energia a pronta utilizzazione e sotto forma di glucosio sono fonte di nutrimento per tutte le cellule; strutturale soprattutto nei vegetali, ma anche nell'uomo, entrano nella costituzione delle cellule, della sostanza extracellulare. MONOSACCARIDI I monosaccaridi sono sostanze cristalline, di colore bianco caratterizzate da sapore dolce, sono solubili in acqua ed insolubili nei solventi organici. In relazione alle funzioni biologiche che svolgono, i più importanti monosi sono il glucosio, il galattosio, il fruttosio ed il mannosio, appartenenti al gruppo degli esosi (a 6 atomi di carbonio) ed il ribosio, il desossiribosio e lo xilosio che appartengono invece al gruppo dei pentosi. Glucosio E' senza dubbio il glucide maggiormente rappresentato nel mondo animale e nel mondo vegetale. Si trova libero nella frutta e nella verdura e costituisce il principale nutriente, a rapida utilizzazione, per tutte le cellule dell'organismo umano. Le piante lo sintetizzano a partire da acqua e anidride carbonica in presenza di luce solare attraverso il meccanismo di fotosintesi. Gli animali lo utilizzano invece come fonte principale di energia ed anche per la sintesi di molecole complesse. Fruttosio E' molto diffuso nel mondo vegetale, in particolare nella frutta -soprattutto mele e pere- in concentrazione maggiore rispetto al glucosio. Nel sangue umano è presente solo in tracce dove è gran parte convertito, nelle cellule epatiche ed intestinali, in glucosio. Ha un potere dolcificante nettamente superiore rispetto agli altri zuccheri. Galattosio Libero è presente solo in alcuni frutti, ma la sua importanza è come costituente degli oligosaccaridi (lattosio) e polisaccaridi. Nel nostro organismo viene metabolizzato dopo essere stato trasformato in glucosio. DISACCARIDI Costituiscono la classe nutrizionalmente più importante. Tra questi vale la pena ricordare: Lattosio E' contenuto nel latte dei mammiferi in diverse concentrazioni: nel latte materno al 6%, nal latte vaccino al 4%. E' costituito da una molecola di galattosio (ß-D-Galattosio) unita ad una di glucosio (D-Glucosio). E' il meno dolce ed il meno solubile di tutti gli zuccheri. Saccarosio E' lo zucchero maggiormente rappresentato e che viene abitualmente usato come ingredienti in molti prodotti alimentari; si ottiene industrialmente dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. In natura si triva nella frutta matura ed in molti ortaggi. Dal punto di vista chimico è costituito da una molecola di a-D-Glucosio unita ad una di ß-D-fruttosio. POLISACCARIDI Sono la riserva energetica di piante ed animali e trovano in genere depositati sotto forma di granuli. Tra i più importanti vanno menzionati: Amido E' la riserva energetica di piante ed è costituito da due polimeri, uno lineare: l'amilosio e l'altro ramificato: l'amilopectina. L'amido viene attaccato dall'amilasi, enzima presente nel nostro apparato digerente che riduce l'amido prima in destrine lineari e successivamente in maltosio (disaccaride formato da due molecole di glucosio) e isomaltosio. Glicogeno E' il corrispettivo animale dell'amido. L'organismo ne contiene circa 350 gr localizzati principalmente nel fegato e nei muscoli. E' un polimero del glucosio ma ha scarsa importanza alimentare poiché viene rapidamente degradato a a glucosio e acido lattico. L'importanza biologica è invece fondamentale poichè rappresenta, nei muscoli, una riserva energetica a rapida utilizzazione e nel fegato un deposito indispensabile per mantenere costante il glucosio nel sangue: la glicemia. Proditi Le proteine sono le macromolecole più abbondanti e versatili delle cellule viventi di cui rappresentano il 50% del peso secco e costiutuiscono il 14-19% dell'organismo umano. Sono presenti in tutti i distretti, intracellulari ed extracellulari, entrano nel funzionamento di tutti i fenomeni biologici. Dal punto di vista chimico sono costituiti da una sequenza di amminoacidi, che è specifica di ogni proteina e geneticamente determinata, a cui conferisce le proprietà di conformazione e chimiche necessarie per esplicare la propria funzione. In base al numero di amminoacidi presenti si hanno: oligopeptidi catene con meno di 10 amminoacidi; polipeptidi catene con 10-100 amminoacidi. Gli amminoacidi sono 20 e si distinguono in essenziali e non essenziali a seconda che l'organismo sia in grado o meno di sintetizzarle per proprio conto. Numerosi sono i criteri classificativi delle proteine: In base alla forma proteine fibrose e proteine globulari; In base alla composizione chimica proteine semplici e proteine complesse o coniugate; In base alla funzione proteine strutturali e proteine dotate di una particolare attività biologica (ad es. enzimi, ormoni, anticorpi, ecc.). La finalità primaria delle proteine alimentari è quella di fornire all'organismo, attraverso gli amminoacidi, gli elementi per la sintesi delle proprie proteine ed è questa finalità che differenzia essenzialmente i protidi dai glucidi e lipidi la cui funzione è fondamentalmente energetica. Dal punto di vista nutritivo assumono particolare importanza le proteine delle masse muscolari (carne e pesce), e quelle di riserva (latte e uova). Gli alimenti di origine animale contengono percentuali elevate di proteine ad alto valore biologico e facilmente digeribili. Cereali e legumi contengono invece protidi a medio valore biologico e a composizione complementare (ossia mangiati insieme danno una miscela di amminoacidi molto simile a quella fornita dalle proteine animali) e meno digeribili rispetto a quelle animali. Talvolta gli alimenti possono contenere delle proteine che svolgono un ruolo negativo per il funzionamento dell'organismo: fattori antinutrizionali sono inattivati con la cottura, presenti soprattutto nei legumi e nel bianco d'uovo; tossine sia di origine batterica che contenute originariamente nell'alimento; allergeni responsabili delle manifestazioni allergiche nei soggetti 'atopici' ossia predisposti. Vitamine Le vitamine sono un gruppo di sostanze organiche presenti negli alimenti, molto varie da un punto di vista chimico, non sintetizzabili dall'organismo ed essenziali affinché il metabolismo cellulare si svolga in modo regolare. Questi composti devono quindi essere introdotti dall'esterno, con gli alimenti tuttavia non c'è nessun alimento che le contenga tutte. Le caratteristiche comuni a queste sostanze, così eterogenee tra loro, sono l'azione a piccole e di non avere importanza da un punto di vista energetico. Ogni vitamina ha un ruolo ben preciso ed insostituibile e un'importante funzione protettiva del nostro organismo contro alcune patologie, rafforzando il sistema immunitario proteggendo le cellule dall'aggressione di un gran numero di sostanze estranee. Le vitamine si classificano in: - Idrosolubili (solubili in acqua) devono essere introdotte nell'organismo giornalmente poiché non esistono dei sistemi di accumulo e, se in eccesso, sono eliminate attraverso le urine. Tiamina o Vit. B1, la Riboflavina o Vit. B2, la Piridossina o Vit. B6, la Cobalamina o Vit. B12, la Niacina o Vit. PP, l'Acido Pantotenico, la Biotina, l'Acido Folico, l'Acido Ascorbico o Vit. C. Vitamina B1 (tiamina) Le principali fonti in natura: lievito di birra, carni in genere, cereali, nocciole, legumi sia freschi che secchi. Si possono instaurare delle carenze marginali nella gravidanza e nell'allattamento, nell'intenso esercizio fisico, diarrea, neoplasie. La carenza manifesta di vitamina B1 e' presente nel Beri-Beri e nella sindrome di Wernicke-Korsakoff con disturbi prevalentemente a carico del sistema nervoso e cardiovascolare. Vitamina B2 (riboflavina) Le principali fonti in natura: Principalmente dal latte e i suoi derivati, lievito, fegato, carne, uova e tutte le verdure a foglia verde. Solo raramente e' possibile riscontrare una carenza di riboflavina. Il deficit può instaurarsi in conseguenza a traumi, ustioni, pazienti con malattie debilitanti, diabete, tubercolosi, ipertiroidismo, cirrosi epatica. Vitamina B6 (piridossina) Le principali fonti in natura: Principalmente nella carne in genere, pesce, frutta secca, pane, mais, cereali. E' riscontrabile una carenza marginale in donne in gravidanza e nell'allattamento, alcoolisti cronici. In caso di carenza manifesta puo' instaurarsi una anemia ipocromica. Vitamina B12 (cobalamina) Le principali fonti in natura: Carne ed in particolare nel fegato, rene, cervello e cuore. Altre fonti sono il pesce, le uova, i derivati del latte. La carenza di vitamina B12 e' un'evenienza rara. La causa principale e' dovuta alla mancanza di fattore intrinseco nei soggetti con anemia perniciosa, dopo gastrectomia, ed in seguito a distruzione della mucosa gastrica od a lesioni dell'intestino tenue. Nei vegetariani aumenta il rischio di malassorbimento della vitamina dovuto alla maggiore assunzione di fibre. La carenza porta allo sviluppo di una anemia megaloblastica e di neuropatia con comparsa di debolezza, stanchezza, dispnea da sforzo, parestesie, glossite, perdita di appetito, impotenza, e grave anemia. Vitamina PP (niacina) Le principali fonti in natura: Lievito, fegato, pollo, frutta secca e legumi. Una carenza marginale puo' presentarsi nella gravidanza, durante l'allattamento, per uso di contraccetivi orali e nei soggetti con deficit proteici. Il deficit combinato di niacina e triptofano e' responsabile della pellagra con dermatosi, demenza, diarrea e disturbi nervosi. La pellagra comunque e' raramente riscontrabile nei paesi industrializzati ed in questi casi e' spesso associata ad alcoolismo cronico. Acido Pantotenico Le principali fonti in natura: Lievito, uova, latte, verdure, legumi e cereali. Si ritiene che la carenza di questa vitamina sia rara e non sono state identificate manifestazioni cliniche direttamente imputabili al deficit di acido pantotenico. Biotina Le principali fonti in natura: Lievito, fegato e rene. Buone fonti di vitamina sono anche il tuorlo d'uovo, i semi di soia, la frutta secca ed i cereali. Il deficit di biotina e' estremamente raro nell'uomo e si presenta con anoressia, nausea, vomito, glossite, pallore, depressione, dermatite secca desquamativa ed alopecia. Acido Folico Le principali fonti in natura: Fegato, verdure verdi, fagioli, lievito, tuorlo d'uovo, barbabietole, pane integrale. La carenza di folati e' il deficit vitaminico più comune. Può essere determinato per inadeguata assunzione, per alterato assorbimento, alterato metabolismo o da aumentate richieste. Il deficit porta ad una anemia megaloblastica con i sintomi tipici dell'anemia, astenia, alterazioni della bocca e della lingua. In gravidanza puo' determinare parti prematuri e/o malformazioni del neonato. Vitamina C Le principali fonti in natura: Agrumi, ribes nero, peperoni dolci, prezzemolo, cavolfiore, patate, broccoli, cavolini di Bruxelles, fragole, mango. Un bicchiere di spremuta d'arancia contiene dai 15 ai 35 mg di vitamina C. I fumatori, gli alcoolisti cronici, gli anziani sono le persone a maggior rischio di deficit di vitamina C. La carenza marginale della vitamina puo' portare ad affaticabilita', astenia, perdita dell'appetito, nervosismo ed insonnia. La carenza manifesta porta alla comparsa dello scorbuto caratterizzato prevalentemente da sanguinamento gengivale e perdita di denti. Le emorragie sottocutanee sono causa di fragilita' delle estremita' e di dolori durante i movimenti. - Liposolubili (solubili nei grassi) si accumulano nel fegato e nel tessuto adiposo e le carenze si instaurano lentamente. Un eccesso di vitamina A ed D potrebbe essere tossico. Vitamina A, Vitamina D, Vitamina E, Vitamina K. Vitamina A Le principali fonti in natura: Carote, verdure gialle e a foglia verde, zucca, albicocche e meloni sotto forma di betacarotene, precursore della vitamina A. Sotto forma di retinolo o vitamina A preformata e' presente nel fegato, tuorlo d'uovo, pesce, latte intero, burro e formaggio. La carenza di questa vitamina porta alla cecita' notturna, o ad un'alterata capacita' di vedere in penombra. La carenza grave puo' portare a cecita' parziale o totale (xeroftalmia) e rappresenta la causa principale di cecita' infantile. Vitamina D Le principali fonti in natura: Olio di fegato di pesce, da pesci di acqua salata (sardine, salmone, aringhe). In piu' piccole quantita' e' presente nelle uova, nella carne, nel latte e nel burro. La vitamina D e' essenziale nell'omeostasi minerale. Una sua carenza determina una riduzione dei livelli sierici di calcio e di fosforo ed un aumento della fosfatasi alcalina con debolezza muscolare e tetania. Nelle sue forme piu' eclatanti la carenza di vitamina porta al rachitismo nei bambini ed alla osteomalacia negli adulti. Vitamina E Le principali fonti in natura: Olio vegetale e nel germe di grano. Fonti secondarie sono le noci, i semi, i cereali a grano intero e le verdure a foglia verde. La carenza dietetica di vitamina E e' rara. Vitamina K Le principali fonti in natura: Verdure a foglia verde come gli spinaci, rape, broccoli, cavolo e lattuga. Altre fonti sono i semi di soia, il fegato di manzo, il te' verde, tuorlo d'uovo, avena, grano intero, patate, pomodori, asparagi, burro e formaggio. Una importante quota di vitamina è prodotta dalla flora batterica digiunale ed ileale. La vitamina K e' necessaria per il meccanismo della coagulazione del sangue. E' essenziale infatti per la sintesi di protrombina, capace di convertire il fibrinogeno in fibrina con formazione del coagulo sanguigno. Gli anticoagulanti riducono l'utilizzazione dei fattori della coagulazione dipendenti dalla vitamina K. Gli antibiotici, le patologie intestinali, gli olii minerali e le radiazioni inibiscono l'assorbimento della vitamina K. Grosse quantita' di vitamina E possono fare aumentare le attivita' anticoagulanti degli antagonisti della vitamina K come la warfarina. Conservazione degli Alimenti LA DEGRADAZIONE DEGLI ALIMENTI La degradazione è la causa di trasformazione delle sostanze nutrienti di un alimento, avviene normalmente o per attività di microbi presenti nell'ambiente circostante. La trasformazione evolve in maturazione, invecchiamento e alterazione. L'alterazione è un cambiamento profondo e irreversibile del cibo ad opera di microbi che aumentando di numero, diminuiscono i tempi di degradazione rendendo l'alimento contaminato e persino dannoso. Secondo l'OMS le cause di malattie alimentari discendono da: - preparazione dell'alimento anticipata eccessivamente rispetto al consumo - errata conservazione nei modi e nei tempi - riscaldamento dell'alimento - contaminazioni. Per prevenire tutto ciò occorre: - lavare accuratamente gli alimenti - separare carne cruda da altri alimenti cotti o pronti - evitare latte crudo non pastorizzato e crosta dei formaggi a pasta molle - lavare con cura mani e strumenti per la preparazione dei cibi. METODI DI CONSERVAZIONE FISICI - Temperature elevate Pastorizzazione (PAST) • Distrugge il 97-99% dei microrganismi • Conservazione per pochi giorni. • past. bassa : 60-65°C per 30 minuti; • past. alta: 75-85°C per 2-3minuti La pastorizzazione distrugge la microflora dei liquidi organici anche oltre il 99 per cento, ma poichè non si raggiungono temperature sufficienti a devitalizzare i microrganismi termofili, nè tantomeno le spore, l'alimento pastorizzato deve comunque essere conservato in condizioni atte a limitare lo sviluppo di questi microrganismi. Conserva praticamente inalterate le proprietà fisicochimiche ed il gusto dei prodotti per un periodo di tempo differente in rapporto agli stessi. Generalmente si applica a: latte, birra, vino, budini, dessert, succhi di frutta; è seguita da un rapido raffreddamento del prodotto, spesso associato ad altri sistemi di conservazione. Il raffreddamento dell'alimento ha anche lo scopo di evitare che le alte temperature danneggino eccessivamente le caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Stassanizzazione Pastorizzazione rapida. 75-85°C per 15/20 secondi. Sterilizzazione e UHT Con questo procedimento si eliminano tutti i microrganismi presenti nei liquidi e nei solidi. Il prodotto comunque non è del tutto asettico e non può mantenersi all'infinito: per ottenere una sterilizzazione completa infatti occorrerebbero, alle temperature impiegate, tempi molto lunghi con grosse perdite nutritive. La sterilizzazione viene utilizzata sia per i prodotti confezionati che sfusi, ma affinchè l'azione del calore sia duratura, occorre che il prodotto da sterilizzare sia racchiuso in recipienti nei quali è possibile creare il vuoto. Si realizza a diversi livelli di temperatura per un lasso di tempo variabile in rapporto alla temperatura stessa e ai diversi alimenti: - Sterilizzazione classica o appertizzazione 100-120°C per >= 20'. Su alimenti inscatolati, in autoclave. Distrugge o blocca l'attività di enzimi, microrganismi e tossine. Rende gli alimenti più facilmenti digeribili, mantenendone intatto il valore nutritivo, e salva il potenziale della vitamina C e della vitamina B1. Questo trattamento è valido per una grande varietà di prodotti come legumi, frutta, carne, pesce ed alimenti cucinati, ed è efficace molto a lungo, tranne per gli alimenti molto acidi come i succhi di frutta e la salsa di pomodoro. - UHT diretto e indiretto. 140-150°C per pochi secondi. Su alimento sfuso, iniezione di vapore o mediante scambiatori di vapore. Rende i cibi batteriologicamente puri: ne diminuisce il valore proteico lasciando intatti i contenuti di vitamina A e di vitamina B2. Viene effettuato sopratutto al latte, di cui non altera il valore nutritivo ed il gusto, e il trattamento di sterilizzazione viene indicato con la sigla UHT (Ultra Hight Temperature o Uperizzazione). Dal punto di vista nutrizionale, la sterilizzazione è meno vantaggiosa della pastorizzazione, in quanto l'alta temperatura inattiva le vitamine e fà denaturare le proteine. Tindalizzazione Sterilizzazione eseguita in tempi ripetuti. 60-100°C per 10-20 minuti. - Temperature moderate Riscaldamento Ebollizione Concentrazione Evaporazione >100°C. Essiccamento Togliere i liquidi dai solidi, facendolo evaporare con il passaggio di correnti calde. Affumicamento Sotto l’azione del fumo (antimicrobica) di legno aromatico. 80°C per 30 minuti. Disidratazione Circolazione di aria calda (tè, caffè, frutta e legumi). Eliminazione dell'acqua. - Temperature basse Refrigerazione -1 e +8°C Conservazione per pochi giorni. La conservazione avviene o in cella frigorifera, o per immersione nel ghiaccio, oppure in salamoia, una soluzione ad elevata concentrazione di sale. La refrigerazione si applica alla carne e al pesce, e ne lascia praticamente intatto il valore nutritivo. La refrigerazione non blocca ma rallenta lo sviluppo dei microrganismi, pertanto la conservabilità dei prodotti refrigerati è limitata. Congelamento -5°C / -40°C Quasi tutta l’acqua nell’alimento diventa ghiaccio. I microrganismi non muoiono ma restano inattivi fino allo scongelamento. Gli alimenti scongelati si alterano molto più facilmente di quelli freschi in quanto a seguito del congelamento perdono la naturale restistenza alle aggressioni microbiche. Surgelamento –30°C / –40°C Rapidamente congelato al momento di preparazione mantendolo conservato costantemente a <-18°C. Gli ortaggi e alcuni tipi di frutta vengono scottati in acqua o al vapore prima di essere surgelati. - Metodi combinati Liofilizzazione Riscaldare a 60 °C l’alimento già congelato Rapida disidratazione. Omogeneizzazione aumentarne la digeribilità: micronizzazione del prodotto. Sottovuoto Disperazione e sterilizzazione del recipiente. METODI DI CONSERVAZIONE CHIMICI - Additivi naturali Olio e Grasso Strato isolante tra alimento e aria. Aceto Abbassa l’acidità (pH 4,5). Inibisce molti microrganismi. Sale (salatura) Blocca il proliferare dei microrganismi. Concentrazione oltre il 10%. (osmosi) - Additivi sintesici Conservanti Da E200 a E290 preservano gli alimenti da alterazioni microbiche. Antiossidanti Da E300 a E341 preservano i grassi dall’irrancidimento. Addensanti Da E322 a E341 tenere insieme il composto (carni, budini,...). ALTRI METODI DI CONSERVAZIONE Lieviti/Batteri Questi microrganismi producono composti che risultano dannosi agli altri microrganismi. (Es.: fermentazione alcolica = lieviti producono etanolo e gas carbonico inibendo gli altri batteri.) Irradiazione Provoca danno a batteri e enzimi. Legale ma non comprovata eventuale nocività del trattamento. Disfagia Il termine disfagia indica una difficoltà a deglutire. La disfagia può essere una conseguenza di patologie vascolari e neurologiche, oppure di interventi chirurgici (otorinolaringoiatrici, neurochirurgici) che determinano un’alterazione della progressione del cibo attraverso la bocca, la faringe e l’esofago. In base alla localizzazione fisica del problema si distingue la disfagia orofaringea o alta disfagia esofagea o bassa Quando la capacità di deglutire è compromessa si deve porre particolare attenzione alla dieta, in quanto alcuni alimenti e bevande diventano difficili da deglutire e il regime alimentare deve essere modificato in modo da rendere la consistenza del cibo e dei liquidi più idonea. La disfagia determina un apporto nutrizionale spesso inadeguato, la perdita di peso corporeo, carenze vitaminiche e minerali e, di conseguenza, una malnutrizione proteico-calorica. Per questo motivo il paziente con disfagia dovrebbe sottoposto ad un’attenta valutazione nutrizionale al fine di avere una dieta mirata alle proprie necessità. La terapia nutrizionale in questi casi dovrebbe essere rappresentata solo da cibi che possono essere masticati e deglutiti senza pericolo. La dieta da assumere dovrebbe avere una consistenza cremosa, evitando cibi appiccicosi che aderiscono al palato e creano affaticamento, ed evitando cibi frammentati in piccoli pezzi che si disperdono nel cavo orale e aumentano la possibilità di soffocamento. Anche gli alimenti di consistenza liquida non sono indicati in quanto possono defluire nell’area faringea spontaneamente, senza che venga stimolato il riflesso della deglutizione, e quindi entrare nelle vie respiratorie. Per evitare ciò gli alimenti possono essere resi più densi utilizzando delle sostanze addensanti. La scelta adeguata è rappresentata da alimenti che formano un bolo omogeneo all’interno della bocca. Si consiglia un frazionamento in almeno 5 pasti al giorno. In caso sia necessario aumentare l’apporto calorico può essere sufficiente aggiungere, durante la preparazione dei cibi, condimenti (quali olio, burro, salse, panna, ecc.) senza però abusarne. In commercio sono reperibili integratori alimentari in varie forme (budini, polveri, bevande) ad alto contenuto calorico, proteico e vitaminico da assumere durante la giornata. Consigli per una corretta alimentazione del paziente disfalgico Mangiare in posizione seduta con le braccia comodamente appoggiate ai braccioli della sedia. Piegare la testa in avanti e abbassare il mento verso il torace durante la deglutizione. Mangiare lentamente e con attenzione, assumendo sempre piccole quantità di cibo per volta. Deglutire due o tre volte ogni boccone, bere servendosi di una cannuccia. Consumare tanti pasti poco abbondanti nel corso della giornata, per evitare un’immediata sensazione di sazietà. Evitare di consumare piatti che presentino al tempo stesso componenti solide e liquide. Preferire cibi di consistenza omogenea, più facili da deglutire. Non parlare durante i pasti. Ogni tanto eseguire dei colpi di tosse, per controllare la presenza di cibo in gola. Nell’addensare cibi e bevande, versare con attenzione poco prodotto per volta per ottenere facilmente la consistenza desiderata. Per garantire all’organismo il giusto apporto di liquidi, usare prodotti addensanti per caffè, the, bibite, succhi, brodo. Ricordare che il consumo di liquidi freddi può favorire una migliore deglutizione. Anche i cibi addensati, se presentati con cura e fantasia, risultano invitanti e stimolano l’appetito. Mantenere un’accurata igiene del cavo orale, evitando ristagni di cibo, muco e saliva che potrebbero compromettere la deglutizione e favorire l’insorgenza di infezioni (effettuare risciacqui giornalieri con acqua e bicarbonato o con collutorio). Valutare sempre anche il ristagno di secrezioni all’interno delle fosse nasali, che può provocare una respirazione nasale difficoltosa, soprattutto durante l’alimentazione. Umidificare l’ambiente in modo che le secrezioni nasali non secchino ed, eventualmente, rimuoverle prima di iniziare ad alimentarsi. Carenze Nutrizionali Le carenze nutrizionali sono diffuse nelle categorie a rischio come i pazienti ospedalizzati, gli anziani, i pazienti chirurgici ecc. Conseguenze della denutrizione: - deplezione della massa magra e insufficienze di numerosi organi e apparati - deficit dei processi riparativi - riduzione della capacità di difese immunitarie Il primo intervento terapeutico consiste in una idonea dieta. PROTEINE FAVORISCONO LA SINTESI DELLE NUOVE CELLULE E STIMOLANO: LA PROLIFERAZIONE DEI FIBROBLASTI LA PRODUZIONE DI COLLAGENE LA RIGENERAZIONE DEI TESSUTI LA VASCOLARIZZAZIONE CARENZA DI SELENIO RALLENTA IL PROCESSO DI CICATRIZZAZIONE VITAMINA A • STIMOLA IL PROCESSO DI CRESCITA DELLE CELLULE EPITELIALI • STIMOLA IL SISTEMA IMMUNITARIO DEFICIT DI VITAMINA A RALLENTA IL PROCESSO DI CICATRIZZAZIONE AUMENTA LA SUSCETTIBILITA’ ALLE INFEZIONI VITAMINA C • STIMOLA LA SINTESI DEL COLLAGENE • STIMOLA LA FORMAZIONE DEI FIBROBLASTI DEFICIT DI VITAMINA C AUMENTO DEL RISCHIO DI PIAGHE NEL PAZIENTE OSPEDALIZZATO CARENZE NUTRIZIONALI NEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI UN ADEGUATO APPORTO NUTRIZIONALE RAPPRESENTA IL PIU’ IMPORTANTE FATTORE CHE CONTRIBUISCE ALLA GUARIGIONE DELLE FERITE. Se le richieste energetiche di un adulto sano si aggirano tra 1500 e 1850 Kcal/die nel paziente con - Piaghe sottocutanee è di 1850-2100 - Piaghe superficiali è di 2100-2300 - Piaghe profonde è di 2300-2450 CARENZE NUTRIZIONALI NELL'ANZIANO Rischio di malnutrizione per difetto. I soggetti in età avanzata malnutriti sono suscettibili in misura maggiore alle infezioni e la carenza di alcuni fattori nutritivi si ritiene possa avere un ruolo nell’insorgenza di turbe comportamentali. La maggior parte degli anziani con lesioni croniche presenta bassi livelli ematici di: Zinco - Vitamina A Vitamina E Cause primarie ipoalimentazione ignoranza in ambito nutrizionale dieta monotona inabilità̀ fisica turbe mentali e depressive scarse possibilità economiche Cause secondarie masticazione insufficiente riduzione dell’appetito l’aumento delle richieste metaboliche come nelle neoplasie e nelle malattie infettive malassorbimento alcolismo assunzione indiscriminata di farmaci. CARENZE NUTRIZIONALI NEL PAZIENTE ONCOLOGICO Il paziente neoplastico è particolarmente a rischio di malnutrizione perché uno dei principali meccanismi fisiopatologici della cachessia neoplastica è̀ l’alterata utilizzazione dei nutrienti assorbiti. I pazienti affetti da tumore possono essere suddivisi in 3 gruppi: - Pazienti affetti da malattia neoplastica con evidenti segni di cachessia (fase avanzata della malattia) Può essere utile un intervento precoce prima della perdita elevata di peso ma la cachessia si sviluppa di pari passo con la malattia. - Pazienti liberi da malattia in atto, operati o sottoposti a trattamenti chemio o radioterapici Un energetico supporto nutrizionale consente di ottenere una buona ripresa, dopo gli atti aggressivi terapeutici, dello stato nutrizionale. - Pazienti liberi da malattia in atto che tuttavia devono affrontare chemio o radioterapia oppure che subiscono interventi demolitori (resezioni dell’apparato digerente) Si tende a favorire un recupero ponderale prima dell’inizio dei cicli di chemio e radioterapia CARENZE NUTRIZIONALI NEL PAZIENTE CHIRURGICO I pazienti che debbono sottoporsi ad un intervento chirurgico dopo coliche recidivanti, diarrea o sanguinamenti, hanno bisogno di un adeguato supporto nutrizionale che integri il loro abituale regime con apporti complementari di calorie e nutrienti. CARENZE NUTRIZIONALI NEL PAZIENTE AFFETTO DA INSUFFICIENZA RESPIRATORIA Tali pazienti presentano una condizione di malnutrizione per difetto, con deplezione della massa grassa e magra, espressione diretta di riduzione dell’introito calorico e del costo metabolico respiratorio maggiormente incrementato. La riduzione dell’apporto nutrizionale comporta un catabolismo muscolare che include i muscoli respiratori diminuendone la forza e aggravando così̀ il problema ventilatorio. CARENZE NUTRIZIONALI NEL PAZIENTE CARDIOPATICO Con il termine “ Sindrome da cachessia cardiaca” si definisce un quadro clinico che può presentarsi con incidenza variabile nel corso di scompenso cardiaco congestizio, aggravandone spesso la prognosi o compromettendo la possibilità di sottoporre il paziente a terapia chirurgica. Il paziente scompensato presenta una elevazione del metabolismo come risultato dell’aumento di lavoro dei muscoli respiratori, dell’aumentato fabbisogno di ossigeno del cuore ipertrofico e dello stress legato allo scompenso, e alla frequente presenza di stato febbrile. A questo, si associa quasi sempre una anoressia marcata provocata da riduzione della peristalsi con nausea, vomito, stipsi. Si manifesta un quadro di maldigestione e malassorbimento correlato con la congestione venosa e linfatica della parete gastrointestinale. Fame nel Mondo Oggi, gran parte del terreno arabile viene utilizzato per la coltivazione di cereali ad uso zootecnico piuttosto che per cereali destinati all'alimentazione umana. I ricchi del pianeta consumano carne bovina e suina, pollame e altri di tipi di bestiame, tutti nutriti con foraggio, mentre i poveri muoiono di fame. Oggi, oltre il 70% del grano prodotto negli Stati Uniti è destinato all'allevamento del bestiame, in gran parte bovino. I bovini sono fra i convertitori di alimenti meno efficienti: solo l'11 percento di foraggio assunto dal manzo diventa effettivamente parte del suo corpo; il resto viene bruciato come energia nel processo di conversione, oppure assimilato per mantenere le normali funzioni corporee, oppure assorbito da parti del corpo che non sono commestibili, ad esempio la pelle o le ossa. Quando un manzo di allevamento sarà pronto per il macello, avrà consumato 1.223 Kg di grano e peserà approssimativamente 475 Kg. Il primo passo di ogni paese in via di sviluppo è incrementare e diversificare le forniture di carne. Si inizia con l'allevamento di polli e la produzione delle uova (un modo veloce ed economico di produrre proteine non vegetali). Poi, si sale la "scala delle proteine" verso carne suina, latte, latticini, manzo nutrito al pascolo. In alcuni casi si arriva al manzo allevato con grano raffinato. Nel 1984 l'Etiopia utilizzò parte dei suoi terreni agricoli per la produzione e l’esportazione, nel Regno Unito e in altri paesi europei, di cereali foraggieri destinati alla zootecnia. Questo causò la morte per fame di migliaia di persone. Oggi milioni di acri di terra nel Terzo mondo vengono utilizzati esclusivamente per la produzione di mangime destinato all'allevamento del bestiame europeo. La fame cronica contribuisce al 60% delle morti infantili e l'80% dei bambini che nel mondo soffrono la fame vive in paesi che di fatto generano un surplus alimentare che viene però per lo più prodotto sotto forma di mangime animale e che di conseguenza viene utilizzato solo da consumatori benestanti. Il 36% della produzione mondiale di grano è consacrato all'allevamento del bestiame. Nelle aree in via di sviluppo, dal 1950 ad oggi, la quota-parte di grano destinata alla zootecnia è triplicata. Ora supera il 21% del totale di grano prodotto. La percentuale di grano da allevamento dal 1960 ad oggi in CINA: aumento dall'8% al 26% MESSICO: aumento dal 5% al 45% EGITTO: aumento dal 3% al 31% THAILANDIA: aumento dall'1% al 30% Secondo il Who (World Health Organization) Nel mondo circa 20 milioni di persone l'anno muoiono di fame e di malattie collegate mentre il 18 % della popolazione dell'intero globo è obesa. Oggi milioni di ricchi consumatori dei paesi industrializzati muoiono a causa di malattie legate all'abbondanza di cibo e ad una eccessiva assunzione di grassi animali. USA 300 mila americani ogni anno muoiono prematuramente a causa di problemi di sovrappeso. Il 61% degli americani adulti è in soprappeso. EUROPA In Europa, oltre la metà della popolazione adulta fra i 35 e i 65 anni ha un peso superiore al normale. Nel Regno Unito il 51% della popolazione è in soprappeso. In Germania si registra un eccedenza di peso nel 50% degli individui. PAESI IN VIA DI SVILUPPO Anche nei paesi in via di sviluppo il numero degli obesi va velocemente crescendo. DEFINIZIONI La malnutrizione: un termine dal vasto significato, per descrivere una gamma di circostanze che ostacolano la buona salute, causato dal cibo che consumiamo quando è inadeguato o non bilanciato, oppure dal suo scarso assorbimento. Si riferisce sia alla sottonutrizione che all’ ipernutrizione – condizioni di privazione o di eccesso. La sottonutrizione: il risultato di un prolungato, basso livello di cibo consumato e/o di basso assorbimento dello stesso cibo. Generalmente applicato a definire la carenza di energia ( o di proteine ed energia), ma può anche riferirsi alla carenza di vitamine e minerali causata dall’incapacità dell’organismo di mantenere queste sostanze nutritive. La sottoalimentazione: La condizione delle persone alle quali l’assorbimento del cibo fornisce meno del minimo del loro fabbisogno energetico. Gli individui nei quali l’assorbimento del cibo scende costantemente al di sotto del loro fabbisogno energetico, e quindi sono considerati in uno stato di sottoalimentazione. La sottoalimentazione cronica: Coloro i quali hanno un assorbimento energetico stimato annuo, sceso al di sotto della quantità richiesta per mantenere il peso corporeo e sopportare un’attività leggera. La carenza micronutritiva: Mancanza di vitamine e minerali essenziali che risulta da un non bilanciato assorbimento del cibo e da problemi specifici dell’assorbimento del cibo consumato. La malnutrizione micronutritiva: Si riferisce ai disturbi (disfunzioni) da carenza di vitamine e minerali. Spesso si presenta come parte di una sottonutrizione generale dovuta principalmente all’inadeguato generale assorbimento del cibo (attraverso un povero accesso ai cibi che sono buone fonti di queste sostanze nutritive o povere abitudini dietetiche). L’ipernutrizione: Risultato di un eccessivo assorbimento del cibo in relazione al fabbisogno energetico. Fabbisogno energetico: E’ determinato dalle dimensioni corporee, dal livello di attività e dalle condizioni fisiologiche quali la malattia, l’infezione, la gravidanza e l’allattamento. Sicurezza alimentare: Esiste quando tutte le persone, in ogni istante di tempo, hanno un accesso sia fisico che economico, a cibo che sia sufficiente, sicuro e nutriente e che soddisfi le loro esigenze dietetiche per una vita attiva e sana. Insicurezza alimentare: Esiste quando a tutte le persone manca l’accesso a quantità sufficiente di alimento sicuro e nutriente, e quindi non consumano abbastanza per una vita attiva e sana. Questo è dovuto all’indisponibilità di cibo, di potere d’acquisto inadeguato, o di utilizzazione inadeguata a livello familiare.