Testi d’esame:
Per gentile concessione di una studentessa frequentante
Arcuri – Castelli
Williams: gli ultimi due capitoli non sono da studiare
Codeluppi: il secondo capitolo non è da studiare
La psicologia della pubblicità non può essere solo teorica ma necessariamente anche pratica: campagne
pubblicitarie, relatori esterni
A. Che cosa può darmi questo esame?
B. Cos’è la psicologia della pubblicità? Perché è utile e legittima?
C. Cos’è la pubblicità?
Non è oggetto del corso insegnare le strategie per poter fare pubblicità o marketing: la professione di
pubblicitario è solo confinante con quella dello psicologo.
Mondo delle agenzie (pubblicità) e delle aziende (marketing) si incontrano e nelle loro decisioni
richiedono le competenze della ps. della pubblicità per aumentare l’efficacia. Ciò permette la
conoscenza di “quello che vuole il consumatore”, quello che ha in mente. Customer voice o customer
mind sono la competenza della psicologia.
La pubblicità nel bene e nel male si identifica prevalentemente con la TV e non con la stampa.
Ricordando delle pubblicità si nota che: sono tutte marche quelle che si ricordano / troviamo alcuni
tra i più grandi investitori come la Star, Omnitel, Tim / si citano pubblicità che piacciono o non
piacciono, che funzionano o no.
Parlando di ps. della pubblicità si incontrano di solito due reazioni: curiosità o stereotipi, presunzioni di
sapere. Questo è interessante perché esistono anche dei consumatori, che sono gli interlocutori del
nostro corso.
Speso si pensa che la pubblicità serve a persuadere le persone contro una propria volontà. Da qui deriva
una prima definizione (quasi tautologica) di ps. della pubblicità come “studio della pubblicità nella
prospettiva delle scienze umane e dei comportamenti”.
È quindi lo studio di natura
effetti
legami tra comunicazione e acquisto
Ovvero della pubblicità secondo una specifica prospettiva: psicologica (diversa da quella economica, di
marketing, campagna pubblicitaria).
Riprendiamo ora la domanda “Cos’è la pubblicità?”. Può essere vista:

Ingannevole e semplice, tutti si sentono legittimati a dare opinioni perché la pubblicità è talmente
familiare, accessibile che sembra semplice per questo motivo.

È un fenomeno complesso e multidimensionale: uso di paradigmi, idee in quanto pubblicità è
creatività. Da ricordare però che la pubblicità non è mai frutto di un’idea del creativo ma di un
processo in cui intervengono più protagonisti.
COMPONENTI DEL PROCESSO:

Agenzie di pubblicità
o Utente pubblicitario  azienda

Prodotto

Media (TV, carta stampata in una fascia oraria)
o Consumatore
Ciascuna di queste variabili è poi sfaccettata, multidimensionale al suo interno: per es., un’azienda può
essere locale, multinazionale, piccola, grande etc.
A. La pubblicità è una comunicazione di massa. Per tener conto degli effetti della pubblicità occorre
considerare la comunicazione di massa.
B. La pubblicità è persuasoria. Non solo informa ma vuole persuadere lo spettatore verso uno specifico
oggetto.
C. La pubblicità ha un suo fine peculiare e specifico: convincere la persona a comprare, anche se il
passaggio non è immediato. La pubblicità è una delle cause dell’acquisto, ma non la sola ed unica.
Forma di comunicazione di massa
Carattere persuasorio
Con un fine peculiare: stimolare la propensione al consumo in riferimento ad una specifica
marca/prodotto
[VISIONE DELLA PUBBLICITà DI “ACTIMEL” E ALTRE]: è un cluster, contiene più messaggi. Tra le varie
osservazioni che si possono fare:

Allusioni sessuali

Persone bellissime, idealizzate
1

Non si parla del prodotto, ma del contesto di vita

Utilizzo di musiche adatte

Curiosità

Simboli che stanno per emozioni

Storie
Tutte queste pubblicità conducono al concetto di simbolo: lavorare con i simboli è meno semplice di
quanto sembri. Difficile sapere se i simboli usati sono comprensibili e in sintonia con il consumatore, ed è
per questo che spesso vengono interpellate le scienze sociali.
Es.: bambino è simbolo di emozioni positive, esigenza di protezione, benessere. Nella pubblicità di “Blumemory” il bambino non serve ad indicare quanto scritto sopra ma la novità, il futuro che non c’era. In
“Actimel-Danone” il bambino serve ad indicare il fatto che tutti ne possono usufruire, anche se il target di
riferimento è adulto, e che il prodotto è buono.
Il significato dei simboli dipende dal contesto e dal set mentale di riferimento del destinatario. Il
linguaggio dei simboli è allusivo, ambiguo  la pubblicità parla per simboli e perciò non si può mai essere
sicuri che il simbolo comunichi ciò che voleva comunicare. Il simbolico è decisamente più forte ed emotivo
rispetto al verbale. Spesso si usa anche la musica perché veicola emozione.
La funzione di tutte le componenti ausiliarie della pubblicità deve spingere all’acquisto del prodotto;
acquisto del prodotto e di tutto ciò che lo circonda, vi è un riferimento per ogni prodotto anche a una
serie di valori che vanno al di là della concretezza. La pubblicità non parla del prodotto ma racconta delle
storie.
È il consumatore che detta questo tipo di comunicazione: la pubblicità è espressione dei desideri e bisogni
del consumatore (ciò non toglie che ci siano pubblicità stupide).
MECCANISMO DI BASE DELLA PUBBLICITA’: esprime desideri ed esigenze del consumatore.
La pubblicità è uno specchio deformante che non restituisce un’immagine reale né del prodotto, né del
consumatore, ma un’immagine abbellita. Non deve illustrare che il sapone lava, perché è così scontato
che non andrebbe nemmeno detto, bisogna aggiungere del valore simbolico. Il significato simbolico varia
col variare della società economica – socioculturale. Infatti, in una società del benessere come la nostra
gli oggetti cambiano ruolo: da oggetti contenitori di proprietà a mezzi per soddisfare bisogni psicologici.
COMUNICAZIONE DELL’IDENTITA’
COSTRUZIONE DELL’IDENTITA’
SUPPORTO DELL’IO
Allora cosa diventano gli oggetti? Segni per esprimere il proprio modo di vita, segni per comunicare agli
altri qualcosa di noi, supportano l’autostima, l’importanza, rafforzano il senso di appartenenza.
Gli oggetti non hanno solo un valore monetario: nella nostra società occidentale c’è stata una
trasformazione del valore da contenitore a mezzo per soddisfare i bisogni psicologici  diventando così
un PLUSVALORE o VALORE AGGIUNTO che deriva da questa capacità di soddisfare bisogni psicologici.
Normalmente la funzione originaria di un oggetto (cometa precisione per l’orologio) è data per scontata
tanto che non rientra sul set. In alcuni casi il valore estetico azzera quello funzionale. Ciò cambia anche la
pubblicità (es.):
Swatch
Sector
Rolex
Scelta di libertà,
decisione,
autorevolezza,
modernità.
assertività.
dominanza.
Questo è il mondo dove vivono gli oggetti, il consumatore sceglie il prodotto più inerente alla sua
personalità e anche le aziende scelgono il prodotto sulla base delle loro caratteristiche.
Per esempio, la Barilla è da 15 anni che sta attuando un riposizionamento nel mercato alimentare: 15
anni fa voleva diventare leader di mercato, cosa fare? La possibilità era da scegliere tra: vendere a minor
costo, dire che la nostra pasta è migliore o specificare la miscela. Si sono chiesti cos’è la pasta: simbolo
di focolare domestico, della casa e hanno guardato così al prodotto, in termini immateriali. Lo slogan
“Dove c’è Barilla c’è casa” riflette bene questo messaggio.
Gli oggetti di consumo sottendono dei simboli, vi è un’evaporazione dell’oggetto materiale nel segno. C’è
da distinguere tra merce (prodotto) e immagine (oggetto di pubblicità). Noi compriamo l’immagine, il
plusvalore psicologico dell’oggetto, il mondo costruito attorno all’oggetto.
Non è la pubblicità responsabile di questo cambiamento, ma le trasformazioni di mercato, sono le
persone che funzionano per simboli.
Da quanto detto: comunicazione, simboli, bisogni sono materia di psicologia. La persona, anche nei
consumi, va considerata globalmente, nelle sue componenti cognitive ed affettive.
2
L’ambito di ricerca è la mente, prima dell’atto del comprare è importante ciò che accade nella mente. La
psicologia della pubblicità si occupa di fenomeni mentali, quello che il messaggio diventa nelle menti delle
persone. Bisogna ribaltare il vecchio paradigma in cui la persona è un bersaglio passivo. Il nuovo
paradigma deve essere “COSA FA IL CONSUMATORE ALLA PUBBLICITA’”, “COME IL SOGGETTO ELABORA
IL MESSAGGIO”. Per far questo bisogna ricorrere a tre settori:
1. psicologia della pubblicità: enunciare I concetti fondamentali di marketing e teorie psicologiche di
pubblicità.
2. psicologia del consumatore: contraltare del precedente. Chi è il consumatore? Le determinanti delle
sue scelte di consumo, i suoi desideri, i processi decisionali.
3. le ricerche psicologiche sul consumatore: ricerche qualitative. Strumento per rispondere alle domande
delle aziende, parte applicata di ps. della pubblicità.
CENNI STORICI SULLA PUBBLICITA’: si divide in un’era arcaica, fino alla fine del 1800, dove la pubblicità
è intesa in un senso molto lato e la nascita e consolidarsi della pubblicità moderna, dal 1900 ad oggi.
La pubblicità risale a migliaia di anni fa, quando nasce l’esigenza di vendere, commerciare, richiamare
l’attenzione sui prodotti. È una qualsiasi attività per rendere consapevole l’altro del prodotto e per
descriverne le qualità in modo più efficace.
Il primo manifesto pubblicitario è di Tebe, 3000 anni fa (taglia per la cattura di uno schiavo). Anche nei
fori romani c’erano tavolette che pubblicizzavano spettacoli, oppure degli araldi.
Nel 1500 si ha la diffusione di insegne (locande, sarto, maniscalco) che pubblicizzano attività
commerciali. Nel 1451 con l’invenzione della stampa si hanno anche I primi manifesti (il primo è del 1480
in Inghilterra).
La pubblicità raggiunge più persone in territori più ampi, maggiore circolazione delle merci. Nel 1600 sui
giornali compaiono le prime inserzioni pubblicitarie, nel 1700 si fonda la piccola affissione, cioè un
giornale di sole inserzioni.
Con la rivoluzione industriale (fine 1700) la produzione delle merci aumenta e si rende necessario il
raggiungere un maggior numero di consumatori.
Nel 1812 nasce la prima agenzia di pubblicità: l’agente acquistava spazi sui giornali e poi li rivendeva alle
aziende. Fine dell’era arcaica.
La pubblicità moderna è quella con:
comunicazione di massa
strumento di marketing
parte rilevante nelle attività economiche di un dato paese
Suoi antecedenti sono la produttività economica e la tecnologia – comunicazione. Con la seconda
rivoluzione industriale a cavallo tra 1800 e 1900, la realtà produttiva si trasforma con la catena di
montaggio, le teorie di Taylor. Nascono nuovi strumenti materiali e concettuali, mercati transnazionali. La
quantità di beni è tale che c’è bisogno di raggiungere più persone in una situazione di competitività.
Dopo il 1850 I mezzi di diffusione sono di massa. In USA nascono le Penny Press, giornali venduti a 1
penny. Dopo il 1800 si sviluppano il cinema, la radio e la TV (1930).
Si arriva quindi alla situazione in cui le Aziende hanno esigenze di mercato ampie e i mezzi per
raggiungere questi mercati. Nascono nel 1900 I grandi magazzini, le esposizioni universali, la vendita per
corrispondenza.
Il primo filmato pubblicitario è datato 1904, dei fratelli Lumiere per lo champagne.
COME NASCONO LE IDEE, IL PROCESSO DI IDEAZIONE DI UNA CAMPAGNA PUBBLICITARIA
Rispetto ai consulenti di altre agenzie, quelli delle agenzie pubblicitarie producono un manufatto, un
prodotto.

Struttura creativa dell’agenzia:
RICERCHE
Servono per sapere e capire cosa sta nella
mente del consumatore. Premesse, appunti di
fondo,
usufruisce
della
psicologia,
sociologia.
CLIENTE
È
accessibile
tramite
“accounts”, responsabili di
gestione del budget. Riceve
briefing, informazioni.
REPARTO MEDIA
“dove dirlo?”
REPARTO CONTATTO
“che cosa dire?”
3
“Come dirlo?”
Ci pensano il REPARTO CREATIVO (funzione
artistica) e il REPARTO PRODUZIONE cioè le
aziende esterne (cast, costumisti, registi).
MARKETING INFORMATION:
istituti che sondano il mercato per capire
i consumi (effetto quote di mercato).
1° atto: briefing
Fonte: il cliente.
Destinatario: il reparto contatto.
In alcuni casi occorre scremare, altre volte scavare nelle informazioni, richiesta portata dal cliente.
2° atto: elaborazione della strategia di comunicazione
A cura del reparto contatto. Da dove partire? La missione (Cosa mi si chiede? Qual è il senso di quel che
farò?).
ES.: Swatch. Cosa viene in mente?
Colore
Orologio
Giovinezza
Smart
Allegria
MONDO DELLA MARCA
vs
MONDO DELLE COSE, PRODOTTI
Questa suddivisione rende conto delle 2 categorie, I due mondi di cui il pubblicitario si occupa.
Si distinguano:

MISSIONE STRATEGICA: costruire il valore della marca nel tempo, attiene al mondo delle idee,
atteggiamenti, guarda lontano.

MISSIONE TATTICA: avvicina il consumatore al prodotto, attiene al mondo delle cose,
comportamenti, guarda vicino, all’oggetto commerciale ben preciso.
ES. – vedi allegati.
ATA DM&C: modello strategico.
Background: documento interno. Due problematiche: output (compagnia, media, produzione) e accont
(reparto creativo).
Profilo dell’azienda: informazioni generali sulla storia, dimensioni, prodotti e servizi dell’azienda.
Prodotto: descrizione tecnica del prodotto oggetto dell’operazione.
Mercato: descrizione del mercato. Scenario delle marche, posizionamento della marca all’interno del
settore merceologico.
Il consumatore: descrizione (chi è?), suo comportamento (cosa fa con questo prodotto?),
atteggiamento (cosa pensa?) e tendenza rispetto ai prodotti e alle marche dei settori.
Oggetto di mercato: effetti desiderati.
La marca:
Il manifesto: credo (visione del mondo e cambiamenti desiderati) e valori (principi e qualità che
formano l’identità della marca).
Il posizionamento: come si desidera che la marca venga percepita dalla gente.
La concorrenza: le marche o idee che tendono ad occupare la stessa area di mercato.
La campagna:
Target: di consumo (a chi si rivolge la comunicazione), di riferimento (target cui i consumatori sono
ben contenti di immedesimarsi), di comunicazione.
Concorrenza di prodotto: quali altri prodotti il target potrebbe comprare.
Oggetto dell’operazione: cosa vorremmo che il target facesse. Cosa vorremmo pensasse.
Copy strategy: i vantaggi concreti per il target (benefit), pilastro su cui si regge qualsiasi pubblicità.
Reason why? Caratteristiche che ci permettono di mantenere la premessa. Supportino evidence: i
fatti che ci mostrano o hanno dimostrato che il prodotto è in grado di generare quei vantaggi. Linee
guida creative, indicazioni di cui tener conto.
Concetto della campagna: condensare in una frase il messaggio.
Media: il reparto contatto, compilato il documento strategico fa una riunione e mette al lavoro
creativi, media, eventuali agenzie.
3° atto: briefing interno con il reparto contatto.
Destinatario: gli altri reparti e le eventuali risorse esterne.
4° atto: produzione delle idee.
A cura dei reparti media e creativo.
4
Ruolo della creatività: strategico (tradurre un sistema di valori e idee in un sistema di segni) e tattico
(consegnare la copy strategy).
[vedi esempio con “La Gazzetta dello sport”]
Marca è diversa da prodotto.
Immagine è diversa da merce.
Mondo delle idee contro mondo delle cose.
Dobbiamo tener conto necessariamente a chi comprerebbe un dato prodotto.
Riguardo alla struttura dell’agenzia, tenere in considerazione:
1. AZIENDA: fattore marketing / commerciale (vendite) / produzione / amministrativo e finanziario.
2. AGENZIA DI PUBBLICITA’: quanto detto precedentemente.
3. ISTITUTO DI RICERCHE: struttura esterna all’azienda e all’agenzia, componente che interessa di più.
Offrono un servizio specializzato rivolto al mercato e al consumatore, dati di tipo psicologico.
Collocazione naturale della psicologia che voglia occuparsi di marketing, counselling, ricerca del
consumatore.
MARKETING
Una delle critiche rivolte ai primi che si sono occupati di pubblicità è < Siete troppo astratti, che cosa ce
ne facciamo?>
Intorno agli anni 20 in USA nasce il marketing, con effetti sulla produzione, concorrenza (soprattutto per i
prodotti non vitali), necessità di avvicinarsi sempre più alle esigenze del consumatore. Queste sono le
premesse per la nascita del marketing, che entra in Itali dopo la seconda Guerra Mondiale. È la svolta dal
product cliented al CONSUMER ORIENTED.
Es. – prima non c’era nessuno che produceva rasoi: Gilette ha tutto il mercato  poi comincia la
concorrenza. La Gilette deve continuamente migliorare il prodotto (es. lamette di ricambio che
consentano di non tagliarsi). Per fare ciò occorre avere idea di cosa richiede il mercato  MARKETING!
L’azienda non ragiona più in termini di prodotto, ma di consumatore e le aziende non sono qualcosa di
completamente indipendente dal mercato.
MARKETING: è l’insieme di tutte le strategie, iniziative ed attività
aziendali finalizzate alla conoscenza del Mercato e qui alla
commercializzazione e vendita del prodotto.
5
È in questo contesto che la pubblicità moderna trova la sua collocazione attuale, entra a far parte del
marketing: è il marketing che paga la pubblicità.
MARKETING
STRATEGICO
È strategia. Per:
- Aumentare
quota
mercato
- Consolidare il BRAND
- Rendere leader
di
OPERATIVO
Più specifico, tattica.
- Abbassare i prezzi
- Rapporto qualità - prezzo
LE 4 LEVE DEL MARKETING:
1. PUBBLICITA’
2. PREZZO
3. PRODOTTO
4. PUNTO VENDITA (farlo arrivare al consumatore)
Ciascun punto è estremamente articolato. Lo schema risulta alla fine tutt’altro che semplice. Ad es. per
quanto riguarda il prezzo è necessario definire il prezzo premio (marche che meritano una fascia di
prezzo superiore), il prezzo medio e il primo prezzo. Per il punto vendita, bisogna definire se il territorio è
nazionale o no, grande o piccola distribuzione, quale grande distribuzione.
Altri concetti sono:
1. il posizionamento: se immaginiamo il mercato come uno spazio ideale, una marca avrà un suo
posizionamento, uno dei problemi cruciali di marketing. Come voglio che il prodotto sia concepito
ovvero dove lo metto. È anche l’anima, l’essenza del prodotto – marca, a reason for being. È ciò che
definisce come unico ed inconfondibile il prodotto all’interno dello scenario competitivo. I
posizionamenti sono basati su caratteristiche immateriali perché sono quelle su cui si può fare la
differenza. Dietro ogni prodotto c’è un posizionamento.
2. target: l’insieme di pubblico a cui ci si rivolge, riferimento.
3. USP = Unione Selling Proposition. Inventato negli anni 40 dalle multinazionali che hanno fatto la
scuola del marketing, hanno creato due diverse filosofie. È la Prokter (multinazionale) che ha creato il
concetto di USP. Obiettivo è non confondere il consumatore con mille argomenti, ma averne uno
forte, invincibile, che lo sappia convincere. L’USP è la concretizzazione sotto forma di vantaggio del
posizionamento. In passato poteva essere soprattutto concreto; oggi non può essere più solo
materiale e la qualità non può più essere il cuore del posizionamento, ma solo il sostegno. Il concetto
di USP sta perdendo di importanza.
GLI ELEMENTI DEL MARKETING:
1. posizionamento: il più importante perché è la ragion d’essere.
2. target: pubblico di consumatori. Un target di consumo è l’insieme di persone con proprie
caratteristiche che sono consumatori, attuali e potenziali di prodotto e quindi destinatari di prodotto.
Target di riferimento è un grado più specifico, bersaglio ideale.
3. USP: idea che ha un valore storico e perciò legata a caratteristiche funzionali e valide. Non si
possono fare discorsi complessi al consumatore. Imperativo di semplicità, un unico argomento per
convincere il consumatore.
4. benefit: specifico vantaggio per il consumatore (oggi non più legato a caratteristiche funzionali).
5. segmentazione: si possono segmentare target e prodotti (extension line). È una conseguenza del
mercato maturo. Le dimensioni di un mercato sono date dal livello di penetrazione di un prodotto
(quante famiglie usano quel prodotto). I mercati maturi sono quelli che non crescono più di tanto.
Non si possono creare più consumatori oltre un certo limite, è necessario pensare nuove strategie.
Mercati di crescita sono nuovi prodotti che si stanno sviluppando. Se il mercato è in crescita la
strategia sarà raggiungere nuovi consumatori e non sottrarli agli altri concorrenti. Se il mercato è
maturo le strategie sono diverse.  quando il mercato è maturo, il prodotto ha un massimo di
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penetrazione e quindi bisogna segmentare: il target non è più unitario ma diviso in sottogruppi in
base a caratteristiche sociodemografiche e psicologiche, come gli stili di vita. Extension line: prodotto
specifico per ogni sottogruppo. Segmentazione all’interno di una categoria del prodotto. Si amplia la
gamma del prodotto (es. nel caso di un dentifricio: granulare, trasparente, antitartaro). Se non si
possono creare nuovi consumatori, si rivolge l’attenzione ai bisogni specifici dei vecchi consumatori
divisi in sottogruppi. Questo tipo di tattica non sempre funziona, specialmente se si perde di vista il
consumatore.
ES. BADEDAS 5 anni fa si è chiesto cosa fare per aumentare le quote di mercato. Strategia
funzionale: individuare le funzioni chiave che un docciaschiuma svolge per il consumatore. Si è creato
un prodotto per ogni funzione e ha funzionato! Se si possiede già il 50 % di penetrazione del mercato
bisogna avere un’idea in più, individuare i bisogni e soddisfarli prima e meglio di altri concorrenti.
MARKETING E COMUNICAZIONE: la pubblicità non è mai casuale, è una leva del marketing. Concetti
chiave sono:
1. strategia: la pubblicità risponde sempre ad obiettivi da raggiungere e mezzi per farlo. A che obiettivi
punta la campagna? Come realizzarli? ES.- nel caso di BADEDAS, scoraggiare i consumatori a
comprare prodotti concorrenti, con una connotazione negativa per chi non compra il prodotto 
errore. Comunicare la nascita di nuovi prodotti  errore perché si presenta una lista di nuovi prodotti
e non si comunica l’idea della strategia funzionale.
MARTINI: la comunicazione deve trasformare un sistema di valori in uno di segni. Il mondo astratto
di idee e concetti in testa agli uomini di marketing con l’azione comunicativa della pubblicità si
trasforma nel mondo percepito dal consumatore.
2. ATL: above the line. Livello principale della comunicazione, ciò che comprende la pubblicità in senso
classico (TV, cinema, radio, stampa). È la parte più visibile della comunicazione.
3. BTL: below the line. Organizzata dall’azienda. Attività di comunicazione attraverso cui si inviano
messaggi al consumatore. ES. – le promozioni indicate nel punto vendita, sulle confezioni rispondono
alla necessità di non abbassare il prezzo (perché si diminuirebbe la marca!) ma di dare più prodotto
allo stesso prezzo. Altre tecniche sono: i concorsi (premi che rispecchiano l’immagine della marca);
materiale sul punto vendita come espositori, cartelloni; depliant, brochure; vetrofania, stick di
prodotti nelle vetrine. La BTL deve essere studiata per essere sinergica con ATL e per dare
informazioni specifiche.
4. scenario competitivo: contesto per i concetti di mercato, distintività, vantaggio competitivo,
imitazione. Ogni azienda deve operare in presenza di concorrenti che puntano allo stesso risultato.
Oggi tutte le aziende per fronteggiare le altre fanno leva su distintività e vantaggio competitivo
percepito. Un’azienda deve avere qualcosa che la distingue dalla concorrenza e che sia percepita in
modo distinto. Quello che rende un’azienda unica può essere una diversità di prodotto, ma anche uno
spot extrafunzionale.
ES. – rivalità COCA COLA e PEPSI COLA: la prima è un mondo di giovani omologato, nel senso della
serenità, una bibita per ragazzi per bene. La PEPSI rappresenta la scelta di coloro che sono devianti,
chi sceglie di pensare con la propria testa.
La distintività ha un carattere psicologico, l’aziende deve avere qualcosa che riesce a fare più e
meglio degli altri.
STRATEGIA: Ogni azienda deve sempre tener ben presente i concorrenti che puntano allo stesso
risultato. Oggi tutte le aziende sono concettualmente congruenti, con principi guida di ogni
strategia, alla ricerca di 3 o 4 persone per competere. L’azienda deve avere strategie di un
percepito diverse dalla concorrenza. La percezione equivale alla realtà, talvolta è più importante.
Ci vuole una strategia di unico  equità, è quel quid che funge da distintivo. È preferibile (visto
che è più difficile per il prodotto) una distintività extra funzionale. Nel caso di Pepsi – Coca: i
giovani che devono Coca sono benpensanti, omologati, regolari, autoreferenziati, conformismo
positivo. È la serenità che nessuno può turbare. Chi beve Pepsi ha la scelta: coloro che non
necessariamente sono anticonformisti. Mondo strutturato dove si sceglie di scegliere.
Vantaggio competitivo percepito: azienda che deve avere strategie che riescono a fare più e
meglio degli altri (distribuzione, comunicazione, competitività nel prezzo, strumenti di marketing
più sofisticati). La distintività riguarda più la marca che il prodotto. Viceversa per il vantaggio
competitivo.
Es. – Lava più bianco
Pasta fatta solo di grano duro

vantaggio competitivo
Dove c’è Barilla c’è casa

distintività
ATL: Il concetto si è andato trasformando. Un mercato può essere:
a. Dinamico, in crescita, come nel caso dei cellulari.
b. Statico, come i pulitori multiuso per la casa.
c. Cristallizzati, come i pomodori pelati.
Obiettivo è aumentare il numero di consumatori o lanciare nuovi prodotti. In caso di penetrazione
di un prodotto molto alta, come i dentifrici (95%), non si può raggiungere quel 5% di
consumatori che non lo consumano, perché sarebbe troppo costoso. Allora si segmenta: la
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staticità è solo apparente. Il prodotto è statico perché non cresce, ma se segmentiamo l’impatto
comunicativo aumenta. Nella strategia della segmentazione esistono tre rischi, il gioco sta nel
segmentare e creare nuovi prodotti (extension line) ma i punti critici rimangono:

Il costo, sviluppare, produrre, diffondere. Se l’operazione è un flop, il costo va a pesare sui
bilanci.

Spesso ci si dimentica che ampliare la gamma va bene ma per funzionare ha bisogno che
tutta la gamma funzioni, sia accessibile al consumatore. Non si acquistano linee di mercato se
il consumatore (ad es. di tutta la squadra di bagnoschiuma BADEDAS) ne può trovare solo 2
su 8. Deve poterli trovare tutti e usare. Le marche pagano per essere presenti sugli scaffali e
sono le aziende che accettano di essere vendute ad un determinato prezzo.

Tutti questi lanci possono portar via consumatori a concorrenti. Questo può portare alla
CANNIBALIZZAZIONE INTERNA, sottrarre consumatori ad alcuni miei sotto-prodotti. Il
consumatore altre ad un certo limite non vuole più un criterio di scelta ampio.
Lo sviluppo di un mercato può essere misurato in due aspetti:
VOLUME: numero di pezzi
venduti.
VALORE: costo del singolo pezzo
moltiplicato per il numero di pezzi.
sono due misure importanti per capire di fronte a che tipo di mercato ci si trova.

Mercati dinamici: un mercato non può stare a lungo in questa condizione. Può essere dinamico a
volume ma statico a valore (il prezzo diminuisce per conservare il mercato, pur di non perdere quote
di mercato le aziende decidono di tagliare il budget). Il caso opposto è quello di un mercato in cui il
volume non cresce, però cresce il valore (le aziende sono riuscite ad aumentare il prezzo e il reddito).
Occorre tener presente che oggi giorno il problema non è conquistare quote di mercato (esclusa
telefonia) ma conservarle. Sono tutte strategie di mercato.

Quota di mercato: % di quel mercato che un’azienda possiede, generalmente calcolati a volume.

Mercati statici: sono per esempio la detergenza domestica, toilette, alimentare, bevande,
videoregistratori, TV, frigoriferi. Il parco trattanti ha raggiunto una tale percentuale che non può più
variare di molto. Si dicono statici non nel senso che non c’è competitività, anzi è vivacissima. Se il
parco trattanti è praticamente esaurito, si adottano due strategie:
1. Fidelizzamento dei propri consumatori, conservarli perché una volta persi, i costi per recuperarli
saranno alti.
2. Togliere consumatori alla concorrenza, il che non è semplice!
In questi mercati statici si lanciano sempre nuovi prodotti, perché altre strategie sono praticamente
impossibili.

Mercati cristallizzati: immobile, di beni commodity, come i pomodori pelati, stabili a volume e
valore, nessun prodotto nuovo perché difficile da proporre e trovare. Esistono pochissimi prodotti di
questo tipo.
Un altro parametro importante è quello di mercato concentrato vs. frammentato: il mercato concentrato
è dominato da pochissimi giocatori, tanto più è concentrato e tanto più alte sono le barriere all’ingresso.
Il concorrente può facilmente frenare l’ingresso: basta l’operazione 2x3 di KODAK per frenare i
concorrenti in quel campo.
Competitività e imitazione:
Le sfide che le aziende oggi sono chiamate a cogliere è il fatto che i mercati sono sempre più competitivi
e imitativi, due facce di una stessa medaglia. La competitività è data non tanto dal miglioramento del
prodotto, quanto dal valore aggiuntivo psicologico. Grazie alle strategie uguali per tutti, le quote di
mercato rimangono sostanzialmente stabili.
Torniamo più propriamente al nostro ambito di studi, con un percorso in due tappe:
A
Concetti di comunicazione essenziali
B
psicologia della pubblicità
A: pubblicità come forma di comunicazione, i cui concetti chiave sono
1. Entropia
2. Ridondanza
3. Impatto
Entropia: grado d’incertezza del messaggio. L’entropia è necessaria per attivare l’attenzione, per imporre
un nuovo prodotto. Ma se è troppo elevata, il destinatario può perdersi per strada. Corrisponde a:
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contenuti nuovi; aperto fino alla fine, imprevisto; aperto ad un significato diverso; non familiare al
destinatario, non assimilabile facilmente.
Ridondanza: prevedibilità del messaggio, l’altro estremo rispetto al punto precedente. Come diceva
Piaget, sono le informazioni ridondanti che vengono assimilate più facilmente e in modo cognitivo,
economico. Ma non attirano l’attenzione perché le aspettative sono perfettamente soddisfatte.
Impatto: attenzionalità del messaggio (brutto neologismo da usare). Capacità del messaggio di attirare
l’attenzione del consumatore. L’impatto è un mezzo e non un fine: questo è quello che le aziende fanno
fatica a capire (strascico degli anni 20). Dopo che ho colpito il consumatore devo fargli capire e
condividere il messaggio.
Bisognerebbe trovare il giusto equilibrio tra entropia e ridondanza.
COMUNICAZIONE DI MASSA: costituiscono un’importante tappa (e nemmeno ultima) nello sviluppo
storico della comunicazione:
1. Età dei segni e dei segnali: comunicazione non verbale, prevale l’istinto e l’ereditarietà
sull’apprendimento.
2. Età della parola: 30-40000 anni fa. Il ruolo prevalente è quello degli anziani.
3. Età della scrittura: alfabeto fenicio con i numeri. Scrittura fonetica, ad ogni segno corrisponde un
suono, aumenta notevolmente la velocità d’apprendimento e di diffusione.
4. Età della stampa: aumenta ulteriormente la diffusione e velocità della comunicazione.
5. Età della comunicazione di massa: fino a qualche anno fa.
6. Età dei new media: molto più mirati ed individualizzati.
Il concetto di comunicazione di massa va di pari passo con quello di SOCIETA’ DI MASSA: caratterizzata
da una grande numerosità, anche se non è questa la sua unica caratteristica. Tali società nascono nelle
metropoli moderne come frutto dell’industrializzazione, dalla fine dell’ 800. si costituiscono grandi
agglomerati urbani che richiedono un controllo efficace che garantisca la sopravvivenza. Tale sistema è
dato dal passaggio da un sistema più informale ad uno più formalizzato, dove cambiano i mezzi di
comunicazione dell’intera società.
Tonnies: sociologo tedesco che studiando questi agglomerati sociali elabora due concetti sintetici, come
GEMENSCHAFT (comunità)
Tipo tradizionale di società
dominante fino al 1700-800.
Piccole comunità.
Gli individui sono fortemente
legati fra di loro ed integrati per
parentela, tradizione o religione.
Coesione sociale molto forte.
I sistemi di controllo sociale sono
molto forti ma informali.
Organizzazione molto semplice
del lavoro.
GESELLSHAFT (società)
Società moderna, società di
massa.
Tanti individui insieme.
Anche le relazioni diventano
contrattuali e formali, si passa
dai sentimenti ed emozioni ai
contratti.
Le relazioni sono segnate non
più da regole ma da contratti,
cioè l’accordo razionale in cui le
due
parti
s’impegnano
reciprocamente a rispettare
certi obblighi e a pagare in
caso di mancato rispetto.
La divisione del lavoro diventa
complessa,
frammentaria
(catene di montaggio), dove
ognuno svolge una piccola
parte del lavoro. È richiesta
un’altissima
specializzazione
del
lavoro
per
dare
un
contratto specifico e limitato.
Nelle società moderne gli individui sono interdipendenti da un punto di vista legale ma indipendenti dal
punto di vista psicologico, non esistono cioè elementi fortemente condivisi che fungano come coesivi per
il gran numero di persone (valori, credo, tradizioni). Non c’è più un senso d’appartenenza alla comunità.
9
[Si visiona l’animatic dell’AMPLIFON. Un’animatic è un supporto per una futura pubblicità che racconta la
storia. Una sorta di bozzetto animato.]
punti essenziali:
COMUNITA’: un tutt’unico integrato, organizzazione sociale piccola in cui i vincoli tra i soggetti sono forti.
Controllo dell’informazione rigido.
SOCIETA’: legami più deboli e meno coinvolgenti. Affiliazione a piccoli gruppi. Soggetti psicologicamente
indipendenti, con un controllo del corpo sociale più labile. Legami impersonali e poco vincolanti. Empatia
per pochi, solo per piccoli gruppi.
In questo contesto, fino al 1800, si sviluppa la comunicazione di massa. Quali sono le caratteristiche?
1. Capacità espressive: sono più ricche di quelle precedenti perché trasmettono un ambito più vasto
d’idee. Ad es., al giorno d’oggi si investe molto in pubblicità alla TV, perché si propone meglio l’anima
del prodotto con il mezzo più efficace per raccontarlo con storie, emozioni che è la TV. Si possono
raccontare i concetti in modo completo (movimenti, immagini, audio). Permette di mettere in scena
qualsiasi concetto o idea.
2. Memorabilità: consentono maggior permanenza nel ricordo per raggiungere più persone. Quante più
persone vengono raggiunte dall’informazione, tanto più questa viene ricordata.
3. Diffusione: capacità di raggiungere pubblico vasto senza distinzioni di caratteristiche
sociodemografiche (età, sesso). Pubblico e indifferenziato. Un problema può essere nel distinguere un
target preciso e la perdita d’efficacia (spendo molto per poi raggiungere solo poche persone).
4. Velocità: vincono su tempo e spazio, comunicazione in tempo reale (giornali on line).maggior ritiro di
comunicazione umana con le conseguenze possibili sul singolo individuo, quali:

ESTENSIONE: stato di tensione psicologica a cui il soggetto è sottoposto per contatti sociali
ampi e veloci. Rete relazionale (indirette e mediate) si amplia: sapere ciò che succede in altre
parti del mondo coinvolge anche se indirettamente.

ANIMAZIONE: soggetto sollecitato continuamente da stimoli in arrivo, bombardamento
d’informazioni. Esiste un sovraccarico d’informazioni con un’impossibilità di gestire le
informazioni. Si pone il problema della perdita di controllo delle opportunità. La vita diventa
sempre più complessa. I problemi sono di: identificare le informazioni veramente rilevanti. Gli
oggetti diventano sempre più piccoli, ricchi di funzioni e difficili da usare. La pesantezza della
modernità rende la vita apparentemente più semplice e leggera (le macchine fanno i lavori
più pesanti, più tempo libero);in realtà la vita è complessa, esistono troppe opportunità (es. –
come scegliere a 18 anni l’università).

PERDITA DI CONTROLLO: a livello cognitivo è come fare a distinguere l’essenziale dal
superfluo. A livello pragmatico non si riesce più a fare tutto quel che si vorrebbe fare, a
cogliere le opportunità utili. Dicono che vivremo nell’era dell’accesso, cioè saremo sempre
collegati on line con casa, azienda, sempre raggiungibili. Per Ellemberger, un sociologo, si
spiega così perché la depressione è la patologia di oggi. La nevrosi è la malattia di una
società gerarchizzata, con controllo rigido e normativo. Un soggetto di fronte all’impossibilità
di cogliere tutte le opportunità, essere all’altezza delle proprie potenzialità, si deprime.

SOVRACCARICO DI INFORMAZIONI: problema anche della pubblicità, un affollamento
prevede maggiori investimenti.

INTRANSITIVITA’: un soggetto che non può rispondere ad una fonte, dare il suo feedback.
Può decidere solo se fruire o no di una certa informazione. Anche la fonte non può conoscere
le reazioni del destinatario, non è interattiva.
LA PSICOLOGIA DELLA PUBBLICITA’ si colloca nel passaggio tra una fase con un consumatore
passivo, costretto dalla pubblicità e una versione moderna dove il consumatore è attivo, trasforma ed
elabora gli stimoli della pubblicità.
I tre pilastri della psicologia della pubblicità sono:
a) Comportamentismo
b) Cognitivismo
c) Comunicazione persuasoria (scuola di Yale)

Comportamentismo: oggetto di studio è il comportamento empiricamente osservabile. Il
comportamento è riflesso e visto come proseguimento del Positivismo. La conoscenza è derivabile da
fatti che si possono osservare, quindi anche la psicologia diventa ambito della scienza, deve avere
dignità scientifica. Il Comportamentismo è nato in America (1913, Watson) e non è casuale per
trattarsi di un approccio fondamentalmente pragmatico (più interesse per il come che per il perché).
È una convinzione, come quella di poter rappresentare una società migliore, più ordinata; il grande
ideale che ha accompagnato la storia degli USA, la spinta al cambiamento, al benessere, alla felicità.
Ecco perché il Comportamentismo non poteva che nascere in USA. Concetti ripresi dalla psicologia
della pubblicità sono quelli di STIMOLO, RISPOSTA, RINFORZO. Visione ristretta e meccanicistica della
realtà. È lo stesso Watson che scrive la prefazione di quello che viene definito il primo testo di
psicologia della pubblicità.
Come si applicano questi concetti del Comportamentismo alla pubblicità:
10


Stimolo: deve legare il prodotto al bisogno.
Risposta: acquisto.
Rinforzo: soddisfazione derivante dall’uso del prodotto.
Secondo questa concezione la pubblicità è lo stimolo diretto (= che provoca direttamente)
dell’acquisto: è un concetto della prima psicologia della pubblicità, resistente negli stereotipi e che
porta a chiedersi <a cosa fa la pubblicità>. Leggasi a tal proposito la teoria del “proiettile magico” o
dell’”ago ipodermico”, teorie che in realtà non hanno nessun fondamento di scientificità; nata nei
primi anni 20, si interroga sull’impatto della comunicazione di massa.
Come <una comunicazione di massa raggiungerebbe con immutata efficacia e nello stesso momento
tutti gli individui di una massa senza alcuna intermediazione>.
Tra l’esposizione ai messaggi al comportamento ci sarebbe una relazione diretta. Quello che avviene
tra pubblicità e utente è un patto consenziente, cioè se la pubblicità mi racconta una bella storia, a
me va bene, ma con ciò le persone non sono così sprovvedute da credere che la storia sia vera.
Le due funzioni della pubblicità sono: NARRATIVA
CULTURALE (funzione aggiunta da poco)
La prima pubblicità nasce in forma riduttiva e meccanicistica.
1927: esce il primo manuale di psicologia della pubblicità di Thomas Link “La nuova
psicologia della vendita e della comunicazione”. Tema fondamentale è determinare l’efficacia
della pubblicità per vendere. Per misurare l’efficacia, esperti di marketing si sono impegnati
nell’individuare formula matematiche, anche molto complicate, il cui prototipo è: S= F (A)
con S corrispondente a vendita, A a pubblicità.
È impossibile prevedere il comportamento sulla base di una formula semplicistica.
In questo periodo, i dogmi della pubblicità sono:
a) Il consumatore è come una tabula rasa. Entra nel mercato come tale a il pubblicitario deve
incidere meglio e prima degli altri su questa superficie immacolata.
b) Fare leva su meccanismi semplicissimi, del tipo: fame, sete, risparmio di tempo e denaro, in
una prospettiva problem solving.
c) Quello che conta è la ripetizione più che il contenuto (riferimento al condizionamento
operante).
d) Quello che conta è anche l’impatto, la capacità di attirare l’attenzione.
Morale è che da questa concezione derivano gli stereotipi negativi della pubblicità come: intrusiva,
noiosa, impertinente, ripetitiva.
La pubblicità non crea nuovi desideri ma piuttosto sposta il nostro desiderio da un certo oggetto
all’altro.

Cognitivismo: da esso proviene il nuovo approccio della pubblicità. Il cognitivismo ha una doppia
faccia.
1. Filiazione diretta del comportamentismo: origina dalle sue trasformazioni. Miller, Garanter e
Plibram si consideravano comportamentisti (anni 60). All’interno del comportamentismo vengono
recuperate variabili prima trascurate.
2.Rottura epistemologica radicale con il comportamentismo, in cui viene ribaltata la prospettiva
filosofica. La prospettiva positivista viene ribaltata, messa in discussione.
Cognitivismo = psicologia mentalista vs. comportamentismo, si fa della mente l’obiettivo principale.
Ci si interessa ai processi mentali.
Il cognitivismo nasce nel 1967, quando Neisser pubblica “Psicologia cognitivista”. Questa data è un
punto di arrivo più che di partenza. I dati a proposito erano già stati accumulati a partire da Crack,
uno studioso che lavorava durante la 2° guerra mondiale. Il tracking di Crack: si accorse che i
soggetti non riuscivano a fare più di una correzione al secondo, pareva esserci nel cervello un centro
di elaborazione.
Il cognitivismo è il punto di riferimento per la psicologia della pubblicità.
CONCETTI FONDAMENTALI:
 ELABORAZIONE DI INFORMAZIONI: la mente è un sistema che raccoglie informazioni, tramite gli
organi di senso, le elabora con processi lineari e non e quindi giunge ad una conclusione. Si noti una
certa analogia con il PC.
 MODELLO: è un “come se”. Ciò che si studia è concettualizzato a seconda delle proprie convinzioni,
tramite una logica, che può anche non corrispondere in ogni sua parte alla realtà empirica. Il modello
ha una sua logica e tutto si spiega sulla base della funzionalità a questo modello. Il modello è una
struttura concettuale che contiene idee formulate per necessità logica e che non hanno una
corrispondenza nella realtà.
La psicologia della pubblicità assorbe questi concetti all’inizio degli anni 70. altro concetto centrale è :
CRA - COGNITIVE RESPONSE APPROACH
Approccio della risposta cognitiva.
Nasce in USA, nell’università dell’Ohio, a partire dall’ineguatezza nello spiegare cosa sia la persuasione.
Tutti i lavori portati a termine negli anni 40 – 60 non avevano concluso niente, perché non spiegavano il
processo attraverso cui i soggetti cambiavano opinione.
11
Il CRA individua il tema chiave: pensieri ed idee che sorgono nelle persone quando sono esposte a
comunicazione persuasoria.
Il destinatario di una persuasione è attivo quando la riceve, elabora controargomentazioni, argomenti
ulteriori, valutazioni. Il cognitivismo vede il consumatore attivo, cosa che il comportamentismo non
faceva.
Il significato della comunicazione è quindi determinato da due parti: emittente e destinatario. W. James
sosteneva che “ una parte di ciò che comprendiamo viene dall’esterno, dai nostri organi di senso, l’altra
dalla mente”.
Quindi il consumatore attribuisce un senso attivamente a ciò che percepisce. Se non c’è nessuna risposta
cognitiva, non vi sarà nessun effetto sull’atteggiamento.
L’elaborazione non è solo cognizione razionale, la cognizione è diversa dalla razionalità.
Elaborazione = contenuti emotivi + pensiero logico.
Esempio: il testimonial nella pubblicità. La reazioni “non mi piace perché ha una faccia arrogante” è il
risultato di un’elaborazione: il soggetto ha visto il filmato, ha valutato secondo i propri modelli e da una
risposta cognitiva che incorpora.
Il concetto chiave del CRA è quindi quello di ELABORAZIONE: il consumatore determina il senso del
messaggio. In questa prospettiva un buon predittore dell’efficacia del messaggio è:
IL N. DI ARGOMENTI GENERATI DA QUEL MESSAGGIO COME RISPOSTA COGNITIVA.
( e non il semplice fatto di ricordare).
Un messaggio è tanto più efficace quanto più fa lavorare mentalmente il consumatore.
L’approccio della risposta cognitiva nella PERSUASIONE.
Caratteristiche principali dello
stimolo.
Relative a marca, contenuto del
messaggio (credibilità, qualità)
e mezzo (TV, stampa).
Risposta cognitiva.
Influenzamento
nell’atteggiamento.
In realtà uno dei
migliori obiettivi è
quello di
rafforzamento
dell’atteggiamento.
2 FILONI DI PSICOLOGIA DELLA PUBBLICITA’:
1. MICRO: concentra l’attenzione su decodifica, memorizzazione… caratteristiche di un soggetto che
favoriscono questi processi. Il problema è che gli studi sono interessanti ma di scarsa utilità
pratica, i dati sono molti ma manca una teoria di fondo.
2. MACRO: si è fin dall’inizio occupato di generare modelli, teorie globali di tutto il processo della
persuasione. Il modello ELM (Elaboration Likelyhood Model) è sostanzialmente il modello della
problematicità di elaborazione di Petty e Cacioppo. Gli autori si accorgono della estrema
variabilità dell’attività cognitiva, che non è ti tipo on – off (quanto è attivo ora il mio soggetto?
Quanto lo è rispetto agli altri?).
L’ELABORAZIONE NON è UNA COSTANTE (va da un minimo ad un massimo).
Si può modificare l’elaborazione facendo lavorare un soggetto poco o tanto.
Esistono due processi responsabili della persuasione:
1. PERCORSO CENTRALE: razionale, si pone l’accento sull’elaborazione cognitiva più completa e
profonda. È il percorso che richiede lavoro cognitivo. Riguarda i contenuti principali, si concentra
sul cuore del messaggio.
2. PERCORSO PERIFERICO: emotivo, si concentra sui contenuti periferici. Antipatia e simpatia per la
marca il brand. Colonna sonora piacevole o no, antipatia o simpatia per il personaggio
testimonial.
Le due variabili cruciali per Petty e Cacioppo sono:
come viene elaborato il messaggio centrale, p periferico, meno dipende dall’intersecamento di due
variabili come
COMPETENZA
MOTIVAZIONE
Con competenza si intende: precedenti esperienze, ricchezza di schemi di categorie, capacità cognitiva a
disposizione, familiarità.
Caso ideale: alta competenza ed alta motivazione. Varrebbe da dire che il percorso privilegiato sia quello
periferico: se fosse così non ci sarebbe più bisogno di idee.
Le pubblicità che utilizzano un testimonial non sono molte e ci sono dei motivi:
12
a.
b.
c.
Vampirizzazione: il testimonial catalizza l’attenzione più del prodotto. Ad es. è preferibile utilizzare un
solo testimonial per lo stesso prodotto. Nella pubblicità dei Rocher con R. Gere c’è un buon mix di
elementi periferici e centrali, come una bella storia. In altre pubblicità con testimonial il prodotto non
appare (es. Lancia Lybra), non vengono sottolineate a sufficienza le sue caratteristiche.
Costo.
Immagine di marca: non costruiscono nulla. Una volta tolto il testimonial cosa rimane?
STUDI SULLA PERSUASIONE IN SE’.
Occupano un periodo degli anni 40 – 70, si occupano di definire la persuasione.
La psicologia della pubblicità in questi anni è stata studiata con strumenti impropri, non specifici, come se
la pubblicità non avesse uno status autonomo, ma come sottocategoria della persuasione senza
caratteristiche sue specifiche.
La persuasione non esaurisce la pubblicità.
Concetti chiave da riesaminare:
o Comunicazione di massa.
o Propaganda.
o Pubblicità.
o Persuasione.
Nel senso comune questi termini sono quasi sovrapponibili. In realtà la pubblicità non è riducibile a questi
termini, ma intrattiene relazioni di familiarità.
INCONTRO CON De Marinis SU “COMUNICAZIONE FINANZIARIA DI UNA SOCIETA’
NEOQUOTATA”.
De Marinis è responsabile di comunicazione della DATASERVICES. Si è occupato degli step preliminari alla
quotazione.
Il settore di cui si occupa è l’azienda di New Media Agency. DATASERVICES è suddivisa in:
1. Glam: ha messo on line il sito di ENEL, Pirelli, Lavazza.
2. Software Effetony.
3. Document management per banche.
Il 90% del suo pubblico è bancario.
PREQUOTAZIONE: si divide in fasi.
1. Ricognizione.
2. Task force congiunta (studio di comunicazione + global coordinator + sponsor + management dell’azienda)
Global coordinator è una banca d’affari che si occupa delle quotazioni, mentre lo sponsor si preoccupa di
stabilizzare le quotazioni. Ne risulta il famoso “prospetto informativo”.
3. Primo step operativo di comunicazione.
Road – show: presentazione ufficiale davanti ad un pubblico ufficiale d’analisti. La prima tappa è a Milano, dove se
un titolo è forte, continua il tour. In questo caso si è continuato a Londra – Parigi – Francoforte – Roma. Serve a
vendere il proprio business nel mercato, si cerca di convincere gli specialisti del mercato circa la bontà dell’affare.
Serva a dare credibilità al titolo.
Impressioni sulla relazione:
<Cosa ha in relazione l’incontro con la psicologia?>
L’incontro è importante perché è un aspetto della realtà aziendale. Le aziende non comunicano solo con il
consumatore, per qualsiasi azienda servono anche i giornalisti ed analisti finanziari. Il prodotto è l’immagine
dell’azienda.
È importante conoscere il linguaggio tecnico dell’azienda, specialmente per capire a cosa serve all’azienda il lavoro
dello psicologo.
Vangelo del ricercatore: 1 – RACCOMANDAZIONI OPERATIVE IN CHIAVE DI MARKETING
2 – CAPIRE IL CLIENTE E RISOLVERE IL SUO PROBLEMA
Esempio. La SMART non vendeva. Era posizionata sono in qualità d’auto che si parcheggia facilmente. Il suo
riposizionamento si è avvalso di: venir presentata come oggetto di culto, divertente; si è sottolineato il fatto che è
sicura prima, con la pubblicità con Godzilla, e poi è stata presentata come una non auto.
<La relatrice ha detto che non fanno pubblicità perché costa.>
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Lo psicologo deve convincere le aziende che la pubblicità è un investimento, è fonte di redditività e non costa. Lo
psicologo non serve per capire il consumatore, ma ad individuare aspetti di comunicazione rilevanti che aumentino la
produttività
Una pubblicità comunica l’anima di una marca che si riconduce a valori dell’azienda. Il compito dello psicologo è farli
percepire al consumatore. Se non si è in grado di farlo si rischia di danneggiare l’azienda stessa. Le conoscenze
dello psicologo devono essere usate nella logica dell’azienda.
“Comunicazione operativa”: è possibile rintracciare articoli di questo genere su “Il sole 24 ore” o “Corriere della
sera”. Un investitore attento può orientarsi sulla base di queste informazioni.
Test dei materiali.
Training specifico. Comunicazione operativa.
Messa a punto definitiva.
Che cosa comunicare è l’evento rilevante.
Borsa e Consob verificano la rilevanza del comunicato  agenzia di stampa (Ansa).
Borsa e Consob chiamano il referente della comunicazione anche quando ci fossero andamenti anomali.
NIS: nuovo sistema di comunicazione on line.
Casi particolari: altri casi in cui Borsa e Consob possono contattare il titolo, la società. Incontro con
analisti.
INCONTRO CON Siegfrid Prader, DIRETTORE MARKETING DELLA MIELE ITALIA S.r.l.
Comunicazione incentrata sul marchio: le aziende vendono sempre prodotti o servizi e noi ne siamo i
destinatari ultimi. La promozione di un prodotto si divide in:
marketing – comunicazione – pubblicità
il marketing serve per pianificare, coordinare, controllare le attività per ottenere un profitto. La
comunicazione di solito è centrata tutta in un gruppo, il marchio. La pubblicità è il ruolo centrale del
marketing mix, serve a supportare l’immagine del prodotto e dell’azienda.
Chi siamo? Gruppo internazionale (Miele è il nome del proprietario).
Prodotti: elettrodomestici, cucine componibili, professionale.
Fatturato: 4300 miliardi. 60% extra Germania.
Consociati: 28 Paesi, maggioranza europea.
Collaborazioni: 14800 collaboratori.
Produzione: 100% Germania.
Che strategia usa? Monomarca Vs plurimarca. Il monomarca compatta meglio le risorse. Il gruppo
monomarca si propone con un unico marchio, unico prodotto, unica qualità in tutto il mondo.
I fattori che influenzano l’immagine del marchio sono:

Passato.

Qualità dell’esercizio.

Prezzo.

Design.

Servizio.

Successo.

Innovazione.

Comunicazione.

Corporate behaviour.
Che cosa ci dice un brand? Ogni marchio racconta qualcosa del suo possessore. Esprime al meglio i valori
rilevanti per l’azienda, si realizza un monopolio dei segmenti alti. Miele è sinonimo di qualità.
Uso dell’informatica: la trasmissione veloce d’informazioni dello stesso contenuto a tutti i diretti
interessati a livello mondiale. Integrazione di tutti i media, corporate design sempre più implicato,
corporate identity.
Corporate identity del gruppo Miele, ha alcuni concetti chiave, come:
Colore blu: tecnologia, classe, qualità come concetto derivato dai primi due.
Gabbia grigia: pulizia e raffinatezza, qualità.
Marchio sempre posizionato in basso a destra, di color rosso, per una migliore visibilità.
Comunicazione: qualità e continuità, è un posizionamento molto difficile.
La campagna pubblicitaria s’impegna per un impatto emotivo del visual e per studiare un’elaborazione
razionale. Il concetto è: Miele è fuori dal comune, sempre.
14
La campagna dei prodotti si basa su hdline brevi e giocati sul doppio senso in rapporto al visual. A livello
di psicologia della comunicazione, il tono è da leader ma senza presunzione. Messaggio subliminale è la
comunicazione con uno stile fuori dagli schemi.
Destinatari della comunicazione sono i clienti finali, mediati da negozi, stampa, utenza professionale.
Premessa per un messaggio uniforme: esiste una banca dati presso al casa madre, per diversi utilizzi. La
coordinazione centrale cerca di dare una sinergia comunicativa per aumentare l’impatto del prodotto. Se
ogni consociata facesse per conto proprio, si disperderebbe il messaggio, ma anche a livello della
produzione, si ottiene così un risparmio notevole. Ottimizzazione delle risorse.
Si usano 28 agenzie pubblicitarie in stretto contatto con la casa madre.
Il marchio è una promessa che il prodotto deve mantenere.
Il consumatore compra sempre più il marchio  Miele è centrato sul marchio.
Emerge in questo caso una profonda etica dell’azienda, si produce in Germania e non dove costerebbe di
meno.
INCONTRO CON IL dott. Guglielmoni SUL WEB E GLI ALTRI MEDIA: ALTERNATIVA O
COESISTENZA.
Temi trattati: peculiarità di un medium come internet, comunicazione on line, integrazione con
comunicazione off line e Lycos.
Il numero d’investimenti porta ad un’attenzione crescente verso internet
Internet: il suo uso porta all’azienda dei vantaggi.
Flessibilità: sia in quantità (spazi) che in qualità (banner), possono variare di settimana in
settimana.
Targettizzazione: alto per ogni tipo di pubblico, per fascia oraria, comunicazione curata e
personalizzata, interattività, database di nominativi.
Immagine: il brand si avvantaggia perché sfrutta il fattore moda e perché si rivolge in un modo
personalizzato.
Economicità: costo minimo per contatto, così che anche le aziende piccole possono sfruttare i new
media. Si paga per il numero di contatti.
In base agli obiettivi prefissi, si scelgono i media da utilizzare. La direct response chiede internet, mentre
il banding awareness, altri media.
Comunicazione on line: le forme di pubblicità usate sono i banner / bottoni più piccoli / show case, spazi
d’immagine più testo / interstitials, pagine che si aprono automaticamente / newsletter, messaggi a
persone che si sono registrate ad un sito.
Valutazione: conoscenza di marche, il numero di volte in cui è stata vista la marca. Direct response:
numero di volte che si clicca su comunicazione.
On line – off line: esempi d’integrazione con “Diesel” e “Procter & Gamble”. Hanno sviluppato un sito per
partecipare a delle promozioni. Non necessariamente i siti devono farsi della pubblicità, basta il
passaparola. Non è detto che le tecniche usate per altri media, valgano anche per internet.
“LYCOS”: è diverso nella logica di comunicazione, in quanto prodotto d’internet, ad altri prodotti;
l’affermarsi di un sito è diverso dalla divulgazione di una marca. Ci sono logiche di banding diverse.
Marca: rapporto emozionale tra consumatore e prodotto, in cui rientrano valori che il marchio espone.
LYCOS si divide in tre settori: motore di ricerca, costruzione di siti e relazioni dirette tra persone
annunciate.
Strategie multibrand: ogni caratteristica ha una propria denominazione, un proprio sito.
In conclusione:
1. La coesistenza tra mass media e web è la strada più proficua. L’uso più accentuato dell’uno
rispetto all’altro dipende dagli obiettivi d’azienda.
2. Non esistano logiche diverse per la comunicazione di un prodotto normale o d’internet.
3. Grazie all’interattività che internet permette, si accentua ancora di più la logica “cosa l’utente fa
al messaggio”. Si da più importanza a desideri, atteggiamenti, mente dell’utente.
Si continua sul tema della persuasione 
I quattro concetti fondamentali:
1. Comunicazione di massa.
2. Pubblicità.
3. Persuasione.
4. Propaganda.
Non sono la stessa cosa, ad esempio, una comunicazione di massa può anche non essere persuasoria. I
new media sono un adeguamento della comunicazione al marketing.
La comunicazione di massa può essere persuasoria (pubblicità) o non persuasoria (tg).
15
La propaganda è un altro dominio all’interno della comunicazione di massa, una forma di comunicazione
fondamentalmente manipolatoria (diverso dalla persuasione), sono opinioni vestite da fatti. È
caratterizzata dal fatto che argomenti ideologici vengono proposti senza essere presentati come tali, ma
come fatti oggettivi. Le due finalità della propaganda sono politiche o militari.
È diversa dalla persuasione, perché questa ultima dichiara il suo intento, convince l’interlocutore di una
cosa, ottiene un’influenza sull’individuo, dichiarando il suo scopo. Nella pubblicità il soggetto sa di essere
di fronte ad un messaggio persuasorio ed è libero di compare o meno il prodotto pubblicizzato.
PSICOLOGIA DEL CONSUMATORE: studia le ragioni e le determinanti dei comportamenti di consumo.
Analizza il mondo mentale del consumatore e le sue processualità e modo di funzionare in ragione delle
sue scelte di consumo.
Studia la psicologia della pubblicità non tanto dal punto di vista funzionale, ma da quello contenutistico.
Si studiano le rappresentazioni che i prodotti suscitano. Casa fa la pubblicità per rendere attraente ciò
che pubblicizza.
Nasce dopo la due guerra mondiale, con le teorie economiste – razionaliste. Le scelte di consumo sono
frutto di scelte razionali.
Successivamente si è capito che le scelte sono conseguenza di percezioni, rappresentazioni soggettive,
giocano dei fattori psicologici. Le prime osservazioni sono state fatte da un economista, Dussenbert. Egli
sostenne che il ruolo cruciale nel valutare i fenomeni economici è il gap tra il livello d’aspettative e i fatti
reali.
Concetto di CONSUMI EMULATIVI: certi gruppi sociali non aumentano il risparmio in concomitanza con un
aumento di reddito, ma anzi aumentano le spese di consumo. Questi gruppi usano il loro maggior reddito
per imitare lo stile di consumo delle classi superiori, per simulare la loro appartenenza a quelle classi.
L’oggetto consente di identificarsi con quelle categorie di persone; i fattori in gioco sono squisitamente
psicologici e socio culturali.
Anni 50 – 60: tematica della MOTIVAZIONE. Molto praticate furono le cosiddette “ricerche motivazionali”.
Si pensava fosse possibile trovare le motivazioni chiave (influenza d’orientamenti psicodinamici). Ciò non
aveva nessuna utilità per le aziende. Riduzionismo: non agiscono solo fattori motivazionali.
Anni 70: percezione degli oggetti e delle marche sono fenomeni più complessi. Sono da indagare anche le
spinte d’adeguamento al contesto socioculturale. Non ci si chiede più, come nell’approccio precedente,
<Perché un consumatore fa questo?>, quanto il perché il consumatore giudica positivamente o
negativamente un prodotto. L’attenzione è a fattori soggettivi, ma anche socioculturali. Il concetto
d’atteggiamento diviene la logica dello stile di vita.
Anni 80: gli atteggiamenti sono abbastanza volatili. Come si lega l’atteggiamento al comportamento?
L’atteggiamento, nonostante tutto, non è un buon predittore del comportamento. Bisogna chiedersi cosa
è cambiato.
Anni 90: si sono affermati fenomeni particolari:
1. E’ aumentato enormemente l’offerta e ciò apre a possibilità di scelta elevate.
2. Tendenza a considerare gli oggetti come mezzi che danno gratificazioni di tipo psicologico. Gli oggetti
sono caricati di significati simbolici, evaporazione dell’oggetto nel segno.
3. Logica emozionale del piacere e di gratificazione  concetto di qualità di vita. Più serenità, gioia,
divertimento, gratificazione, soddisfazione. I prodotti vengono considerati in base a quanto possono
dare alla qualità di vita e a quanto possono valorizzare le persone che acquistano.
Ultimamente la psicologia del consumatore ha cambiato completamente il suo approccio. Centralità di
un’altra variabile psicologica, affermarsi sempre più massiccio di una nuova logica negli agi di un bene di
consumo. Di fronte a beni di consumo di pari livello, il criterio di scelta passa da una dimensione cognitiva
ad una emozionale.
Teoria dell’intelligenza emozionale di Goleman.
Concetto di emozione.
INCONTRO CON la dott.sa Guglielmo RESPONSABILE MARKETING DELLA SOCIETA’ LABO.
Labo è una società svizzera (sede sociale a Basilea), fondata nel 1986. Si propone di studiare problemi di
cuoi capelluto. Il canale di distribuzione preferenziale è la farmacia (luogo di benessere e di salute).
In Italia: c’è una filiale diretta con sede a Padova (autonomia di marketing) con 80 dipendenti. Fanno
parte del gruppo altri due marchi: Nicotemil e Crescina.
Ricerca: di tipo qualitativo. Distinzione tra:
Investimenti in ricerche scientifiche (studio cause del problema, possibili soluzioni, nuovi principi
attivi)
Investimenti in ricerche di marketing (studio dei bisogni di chi è affetto da un problema,
motivazioni all’acquisto, soluzioni di mercato, grado di soddisfazione). Esiste una corporativa per i
contatti telefonici o colloqui a focus group.
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Le ricerche di mercato LABO sono servite per condividere una nuova area di mercato non ancora
scoperta. Fino a qualche anno fa sul mercato c’erano prodotti anticaduta o rinforzanti del capello. Mercato
emergente: focus su azione di ricrescita dei capelli. Il meccanismo che porta all’uso di tali prodotti è dato
dalla catena: se non c’è sostituzione naturale del capello che cade  forte ansia  se si punta su
ricrescita si cerca di giocare proprio su questa esigenza psicologica, con riduzione dell’ansia in questi
soggetti.
Per fare questo, LABO si è avvalsa della collaborazione di tre istituti di ricerca diversi (ricerche qualitative
e quantitative). Ha scoperto un bisogno latente del target ed ha operato in questo senso.
CRESCINA attiva la crescita fisiologica dei capelli nelle aree diradate ed agisce sui follicoli non
completamente atrofizzati. Questa descrizione del prodotto è fatta in modo tale per non creare illusioni
miracolistiche nei consumatori.
La ricerca qualitativa su persone con problema riguarda argomenti come la perdita dei capelli, fenomeno
molto ansiogeno. Il problema è generalizzato per uomini e donne. Il primo obiettivo di ricerca è far
smettere la caduta dei capelli, il secondo è di rinforzarli. Emerge fiducia nelle soluzioni attuali ma anche
una consapevolezza e rassegnazione a non poter più tornare come prima (la risumezione del bulbo
capillare non è credibile).
Forti attese per il futuro  fiducia nelle tecnologie.
Si sono poste cinque fasi di livello del problema: i prodotti LABO sono indicati per persone che si trovano
in seconda e terza fase.
Indagine ISTAT: 12 milioni di individui dichiarano di avere capelli diradati. Molte risposte soggettive:
anche persone che non hanno problemi dicono di avere diradazione dei capelli solo perché non si
piacciono più, la loro capigliatura non piace più.
Distribuzione per sesso: 8 milioni di uomini e 4 di donne. Le donne si attivano di più per cercare di
risolvere il problema (48% di consumatori di crescina sono donne). Gli uomini si rassegnano
maggiormente.
Distribuzione per sesse ed età: uomini più equidistribuiti, donne più concentrate nell’età prossima alla
menopausa e in piena menopausa.
Ricerca: se le persone ricomprano il prodotto. Risultati buoni: soddisfazione che alcuni prodotti, pur non
essendo molto economici (prezzi medio alti, da 60000 a oltre 200000 lire) sono molto apprezzati.
Ruolo importante del farmacista come mediatore.
Vissuto del problema e suoi riflessi sulla percezione dei prodotti:
1. Soprattutto in donne: forte disagio. Le donne, una volta che decidono di acquistare un prodotto,
completano la cura. Attenzione alla scala di prodotti, più fedeltà.
2. Uomini: ci sono i negazionisti e i rassegnati.
3. In entrambi i sessi:frequenti spostamenti all’interno della gamma di più prodotti. In generale si parla
più di perdita e caduta dei capelli e non di diradamento. Termini più empatici, legati a fori emozioni
negative.
Comunicazione: la comunicazione di crescina ha seguito il suo percorso secondo tre fasi:
1. fase introduttiva. Tema: scoperta. Stile: giornalistico (redazionale, tecnico, informativo). Mezzi:
quotidiani (nazionali).
2. utilizzo dei periodici, abbinati ai quotidiani, mezzi per estendere la soluzione del problema.
3. scopo: allargare il bacino di utenza, mezzo per ulteriore sviluppo di comunicazione è la TV. Gara tra
agenzie in proposte creative sottoposte ad un test: selezioni di tre proposte di disegno animato,
uomo allo specchio, prodotto tecnico.
4. focus group: con il cartone animato, il prodotto risulta simpatico ma non viene data alla marca un
valore di autorevolezza  scartato.
L’uomo allo specchio non piaceva. Dava l’idea di un personaggio narcisistico e non dava valore
aggiuntivo alla marca  scartato.
Il filmato più tecnico aveva come limite il fatto di non essere originale, ma dava un’impronta più
tecnica e scientifica, più affidabile.  scelto.
Analisi dello spot su Crescina: attacco sul problema (immagine di un liquido, anticipazione di soluzione,
dinamismo dell’azienda). Immagine di due fiale del tipo “l’unione fa la forza”. Serie di fiale: idea non di un
unico prodotto, ma di un trattamento. Bandiera svizzera: serve per identificare la nazionalità dell’azienda.
Emittenti selezionate: Mediaset. Audience: primetime 67%, daytime 33%. Ad ottobre – novembre 2000
l’incremento delle vendite è del 266%.
INCONTRO CON IL dott. Fiorani DELLA BANCA POPOLARE DI LODI: ASPETTI
COMUNICAZIONALI VERSO L’ESTERNO.
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È uno dei primi gruppi bancari in Italia. L’azienda (manifatturiale e di servizi) potrebbe affrontare un
grosso rischio se non presta attenzione alla comunicazione da monte a valle e viceversa, orizzontale e
verticale.
Interpretazione del concetto di comunicazione nel suo evolversi: da comunicazione – dialogo a
comunicazione – ascolto. Per ascoltare questi bisogni occorre un’apertura mentale all’ascolto di nuovi
meccanismi operativi.
Cosa significa nuovo? Come si muove la Banca di Lodi per occupare nuove quote di mercato? Il nuovo è
qualcosa di più che può far differenziare. In un anno si è raddoppiato il budget destinato alla pubblicità
della banca. Gli aspetti su cui la banca cerca di impostare il suo gioco sono relativi all’ascolto del cliente
interno e il riferimento all’immaginario collettivo con la pubblicità.
Si cerca di far lavorare persone che provengono da regioni diverse come in un worldshop, per rinnovarsi
continuamente. Questo modo di ragionare è assolutamente nuovo. Il resto delle banche punta su internet
trading on line. Invece è necessario anche il human touch.
Lycos e Miele differiscono notevolmente tra di loro come aziende perché operano in mercati diversi tra di
loro: marketing saturo vs. marketing in crescita. Le strategie utilizzate sono diverse:
Miele è un’azienda orientata al consumatore, per questo si parla di aspetti immateriali (il consumatore
compra il marchio). Al centro del suo discorso e delle sue strategie c’è il consumatore.
Viceversa la conferenza di Guglielmoni: l’azienda è molto più impostata sul prodotto. Manca il
consumatore nel discorso e anche la relazione ne ha pagato il coinvolgimento.
Le azienda ragionano sequenzialmente (dove siamo adesso) e non in crescita. Quando arrivano nella fase
di stabilizzazione, incominceranno a ragionare in termini di marchio. Se aziende nuove come Lycos
pensassero a ragionare in termini di patnership con il consumatore fin dall’inizio, il consumatore stesso ne
ricaverebbe un notevole vantaggio competitivo. Lycos parla di: velocità, persuasione, affidabilità. Il
benefit è tutto materiale e non psicologico.
I media vivono di raccolta pubblicitaria e Lycos fa pubblicità perché ha necessità di farsi conoscere.
Perché non costruire allora un’immagine di brand? Gli utili verrebbero investiti molto meglio.
Monomarca e multimarca: pro e contro. La monomarca valorizza e concentra al massimo gli investimenti,
il posizionamento è più ristretto. La multimarca mira a coprire una buona fetta di marketing. Il rischio è la
dispersione di costi.
INCONTRO CON IL dott. Dilani, DIRETTORE DI MARKETING DI WHIRLPOOL: LA
COMUNICAZIONE DI WHIRLPOOL DAL 90 AD OGGI.
L’azienda produce e vende elettrodomestici, business saturo. W. è una corporation quotata in borsa a
New York. Il centro direzionale è a Benton Harbor, Michigan, USA.
Fu fondata neo 1911 da Lou Upton ed è diventata numero uno in Nord America e America Latina, nei
Paesi Asiatici e numero tre in Europa. La sede direzionale in Europa è in Italia, a Comerio (VA).
Comprende i marchi: Whirlpool, Ignis e Bauknecht.
Comunicazione: ha dato un buon supporto alla conoscenza del marchio, con grandi miglioramenti di
popolarità dal 1990 ad ora.
Il primo problema è stato quello dei marchi: il marchio Philips ha trainato quello di Whirlpool.
Spot: la pubblicità doveva essere molto semplice e comunicare l’ampia gamma di prodotti per la cucina, il
fatto di essere una nuova marca.
Il 99% delle persone, dopo aver visto la pubblicità, pensava che Whirlpool fosse una gamma più raffinata
di Philips. Si punta su un personaggio femminile: è la donna che decide nell’acquisto di un prodotto del
genere. Più avanti, nella pubblicità sparisce il marchi Philips. Ogni tanto appaiono anche figure maschili
perché anche l’uomo influisce sull’acquisto del prodotto. Solitamente la donna dello spot non è una donna
di famiglia, ma nemmeno una donna presa individualmente. La donna W. non è una top model, non è
bellissima: questa è una strategia per evitare di rendersi antipatica, per una mancata identificazione.
Il target: donne da 25 a 55 anni con un tenore di vita medio – elevato.
Con uno stacco pubblicitario di 5 sec. offre la gamma completa dei prodotti.
Problema di identità: il marchio Philips è inizialmente sparito a livello video ma non audio, più avanti
sparisce anche l’audio. Sui prodotti il marchio rimane.
Un successivo spot mostra un uomo e una donna, vestiti bene, per far identificare di più il target a cui si
punta.
Cambiamento radicale: il mondo non definito diventa immaginario. Le donne si trasformano in belle e
sono dee che rappresentano un prodotto o una gamma di prodotti. La musica è più decisa ma non è una
canzone specifica. L’immagine è fortissima, tipo una donna che controlla il fuoco, immagine identificatoria
del marchio. La donna mostra di avere il comando, non tocca ne cibo, né elettrodomestici.
Si punta alla memorizzazione, si cerca di rendere le storie il più possibile lineari.
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Altro cambiamento: la dea è in un ambiente fantastico ma reale, all’esterno (ghiacciato), cambia la
percezione: tutto è più stressato e la dea è sempre più vestita da dea. Più bella. L’idea è che da una
situazione di disagio e confusione, si dia un ordine. La dea mette tutto in ordine nel frigo, o meglio con un
gesto del dito, si mette tutto a posto automaticamente.
Elementi connotativi: dea, gesto del dito, alito o soffio dal quale nasce anche il marchio W. La linea che si
intraprende è questa.
La dea deve creare delle aspettative di qualità che il pubblico accetta. Si punta sempre più sull’immagine
e il prodotto si perde un po’ di più. La pubblicità è sempre più sofisticata. Anche gli USA seguono la
campagna pubblicitaria europea.
Lo slogan cambia: da “brings quality to life” “ just immagine”.
INCONTRO CON il dott. Gnocchi, DIRETTORE DELLA COMUNICAZIONE DELLA OSRAM.
L’energia elettrica è entrata nelle case per fare luce e la lampadina è stata il primo elettrodomestico. La
lampadina è un po’ il simbolo di rottura con il passato, simbolo dell’idea e dell’innovazione
nell’immaginario collettivo. Fu inventata nella seconda metà del 1900.
OSRAM ha soddisfatto diversi tipi di esigenze dalle lampadine per vedere a quelle di sicurezza,
divertimento, emozione.
Nello spot si cerca di trasmettere un’emozione.OSRAM: da os = mio + ran – io, che sono componenti del
filo elettrico. È la prima marca che viene in mente alle persone sui produttori di lampadine.
La lampadina è diventata una parte talmente integrata e importante nella nostra vita che alle persone
non importa tanto quale marca comprare.
L’idea dello spot era quella di rendere il concetto da idea luminosa a idea emozionante. Obiettivo è creare
per la marca un forte elemento di differenziazione e preferenza rispetto ai competitori.
La strategia è introdurre nella marca una nuova dimensione emotiva, usando leve come la notorietà e
l’autorevolezza di marca. Concepì emotivo è la magica sorpresa luminosa.
Costruzione di uno spot: topolino che attiva la luce in una grande biblioteca. Nel plastico del sistema
solare lì presente i pianeti si mettono in movimento attorno alla lampadina.
Test: si radunano delle persone per visionare lo spot. Una quota considerevole di persone reagiscono
male alla visione del topolino.
Si passa a 2 focus group condotti da uno psicologo: il topolino svolge una funzione positiva e capace di
arricchire emotivamente lo spot, ci si identifica in lui. La campagna pubblicitaria viene mandata in onda
senza più apprensioni.
Anno successivo: spot nuovo. Un uomo apre un ristorante in un posto desolato. Accende una fila
interminabile di lampadine e atterra un aereo che scambia la strada illuminata per una pista
d’atterraggio.
In entrambi i casi la lampadina è utilizzata in maniera originale, che suscita sorpresa, emozione. Il
posizionamento è emozionale.
Riflessioni sulla conferenza BPL.
Il dott. Fiorani ha esposto la visione strategica della sua azienda: è amministratore delegato, non è lui
che interviene in ogni dettaglio, le strategie vengono poi delegate ai direttori degli specifici settori. I
concetti che BPL trova concretizzati sono di approccio al consumatore, vantaggio e competizione. Una
caratteristica dei consulenti di questa banca è di aver fiducia in se stessi, consapevolezza del valore del
prodotto.
Chi conosce meglio il consumatore? Non certo i rappresentanti della net economy. Ditte invece come
MIELE e Whirlpool, che si occupano di un marketing saturo, hanno una conoscenza del consumatore
estesissima.
Le aziende di net economy che svilupperanno un’immagine convincente di sé (e non solo basandosi su un
prodotto sempre più ricco) otterranno un notevole vantaggio rispetto alle altre.
Relazione della Guglielmo.
Più di tutte le altre relazioni, la sua si è occupata di ricerche qualitarie.
ALCUNI CONCETTI SULLA PROFESSIONALITA’ DELLO PSICOLOGO:
Psicologia del consumatore: capire come la testa del consumatore riesce a capire tutti i processi che
attorniano l’atto d’acquisto capire cosa diventano nella testa del consumatore perché determinino una
scelta.
Si utilizzano 3 variabili:
MOTIVAZIONI: (anni 50 – 60) perché il consumatore compra? Approccio semplicistico, impossibile
determinare una relazione causa  effetto.
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Anche se si usa ancora il termine ricerca motivazionale, il valore del termine è solo storico, scopo
dichiarato è individuare la motivazione.
ATTEGGIAMENTI: (anni 60 – 70) cosa pensa il consumatore di questo oggetto? L’atteggiamento è un
giudizio di valore più sul piano emotivo che razionale. Sebbene ne siano nate ricerche e modelli
interessanti, il problema genetico che si portano dietro è: l’atteggiamento non è facile da misurare / la
relazione tra atteggiamento e comportamento / gli atteggiamenti cambiano rapidamente, mentre le
aziende hanno bisogno di dati durevoli nel tempo, affidabili. Molti sono i pubblicitari ed aziende che
pensano ancora in termini di atteggiamento.
Il consumatore sceglie sulla base di esperienze, emozioni e sull’immagine che si è fatto del prodotto. Ad
es., nel caso di “Swifter”, l’immagine di prodotto per la casa innovativo e moderno è vincente. La marca
diventa un partner che interagisce con il consumatore. Esso sceglie la marca e non il prodotto, la sceglie
sulla base di affinità con i bisogni che esso simbolizza. Da qui la terza variabile, che segue.
VALORI: (anni 80 – 90) intesi come principi guida nella vita. I valori sono pilastri della personalità e
risultano essere:
1. più efficaci.
2. determinano le variabili psicologiche più a valle degli atteggiamenti.
3. più stabili.
I valori sono sempre gerarchicamente organizzati: quello che differenzia le varie culture non sono i valori
in sé, ma la loro posizione in una gerarchia. I valori cambiano nel tempo, si affermano nuove priorità.
La psicologia del consumatore fornisce alle aziende le informazioni per capire e spiegare il
comportamento dei consumatori.
Oggi si usano i concetti di valore e personalità:
sono le due basi della identità.
Hanno grande potere esplicativo, perché sono le determinati prime del comportamento, criteri
fondamentali dell’agire.
Sono variabili stabili.
I valori sono i principi guida della nostra vita, criteri di ordine generale che si usano per valutare le
situazioni ed agire di conseguenza, come libertà, giustizia, armonia ecc..
Sono appresi nella cultura in cui si nasce, sono attivi, ordinati gerarchicamente. Sono stati fatti molti
studi sui valori negli ultimi decenni.
RELAZIONE TRA SOGGETTO E MARCA: la marca è diventata un partner con cui stabilire una relazione di
fiducia, anche se ci può poi essere un divorzio o un tradimento. Ma come si sceglie questo partnet?
In base all’affinità di valori ed aspetti di personalità. Le dinamiche di scelta di marca sono le stesse di
scelta di un partner: il soggetto sceglie la marca con cui percepisce una maggiore affinità di valori ed
aspetti di personalità. Oggi questi valori sono facilmente percepibili. Tutte le aziende, attraverso la
comunicazione esprimono i loro valori, modi e forme con cui l’azienda interagisce sul mercato
determinano l’immagine che il consumatore si costruisce.
Psicologia del consumatore: schema per diagnosticare la relazione.
ASPIRAZIONI
alte
Basso conflitto
1 = Situazione ideale. SICURA.
Alto conflitto
basse
2 = Relazione ambivalente di tipo
1. ABITUDINE.
3 = Relazione ambivalente di tipo 4
=
Relazione
evitante.
2. MODA.
CONVENIENZA.
AFFINITA’
Questo modello ha il vantaggio di riassumere in sé tutte e 3 le componenti di:
1. aspirazionalità
2. affinità tra marca e consumatore. Da ciò dipende la seduzione.
3. conflitto o diversità. Si tenta sempre di ridurla a minimo, controllarla.
Quello che determina la diagnosi di relazione è l’incrocio, la combinazione delle variabili.
Situazione 1 = marca e consumatore hanno molto in comune.
Situazione 2 = ambivalenza di tipo1. La marca non ha caratteristiche che la rendono ammirabile,
seducente, cioè la marca ha caratteristiche che il consumatore no reputa importanti. È la relazione di
abitudine, rassicurante, senza imprevisti, anche se il partner non è entusiasmante. Il consumatore si
lamenta ma non cambia mai. Es,: LINES il cui parco consumatori si riduce progressivamente è ancora
conveniente dal punto di vista economico. Un’azienda un questa situazione particolare, può essere
lasciata non appena si presentano offerte migliori da un’altra parte, qualcosa che è trendy. È il caso dei
supermercati tradizionali.
Situazione 3: ambivalenza di tipo 2. La marca incarna un mondo di valori a cui il consumatore aspira. Il
rischio di un legame basato tutto sull’aspirazione è: c’è un lato oscuro nella marca come la bassa affinità
che può respingere all’acquisto, può passare di moda. Queste marche vengono chiamate start up, perché
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non possono offrire una base solida su cui appoggiarsi. Le marche che si trovano in questa posizione
rischiano di essere sostituite facilmente. Si può andare incontro a perdite improvvise di consumatori.
Spesso le promozioni sono le armi da usare quando non ci sono grandi idee anche se lavorare solo sulla
promozione si riduce, comprime la redditività dell’azienda e non costruisce nulla di solido.
Il lavoro dello psicologo è di ricercatore qualitativo, ricerche di marketing, l’interno delle quali esistono
diversi strumenti. Lo psicologo si occupa solo di quelle qualitative che servono per capire cosa pensa il
consumatore.
La professionalità che porta lo psicologo è operativa, concreta. È una spesa dalla quale l’azienda si
aspetta redditività.
Livelli di competenza:
1. di base: conoscenza di base della psicologia. utili sociologia, antropologia, ps. dello sviluppo etc..
qualità del ricercatore e dei dati che raccoglie sono risultato di un procedimento metodologico
ineccepibile.
2. conoscenza delle scienze umane, marketing. Capacità di fornire raccomandazioni in chiave di
marketing. Es.: LYCOS, si parla solo del prodotto ma non del consumatore. Capacità di dare un
supporto. L’ambito di questo lavoro non è l’azienda, ma l’istituto di ricerca specializzata.
Summary.
azienda
DATASERVICE SPA
relatore
Alessia De Marinis,
responsabile
comunicazione.
MIELE
ELETTRODOMESTICI
Herr Prader, direttore di
marketing.
LYCOS INTERNET
A. Guglielmone.
VITAMINIC SPA
INTERNET. Sito in
collaborazione con una
casa discografica.
Dr. Perelli, direttore
marketing Italia.
LABO COSMETICI
Dott. Guglielmo,
responsabile marketing.
BPL
Dott. Fiorani, direttore.
WHIRLPOOL
ELETTRODOMESTICI (EX
IGNIS)
OSRAM
Lorenzo Milani, direttore
marketing
Dr. Gnocchi,
responsabile
comunicazione.
tema
Comunicazione
finanziaria di una società
neoquotata.
considerazioni
Caso interessante di non
comunicazione se non
tramite bollettino. Scelta
politica.
Psicologia della
Ottima strategia.
comunicazione MIELE.
Pubblicità arrogante ma
ce la si può permettere
se si è davvero i migliori.
La comunicazione sul
Discorso in divenire. Si
web, un media diverso
guadagna solo sui
dagli altri.
banner.
La musica su internet:
Che senso ha chiamare
aspetti di comunicazione. un sito Vitaminic se
vende musica? Il brand è
importante e deve
essere semplice.
Obiettivi di
comunicazione, ricerca
qualitativa sul
messaggio.
Aspetti comunicativi
Fondamentale è anche la
verso l’esterno di un
comunicazione interna,
gruppo bancario in fase
non solo quella esterna.
di espansione.
La comunicazione della
ditta dal 90 ad oggi.
OSRAM è luce: strategia
di comunicazione.
Diversità da Philips. Non
ha senso fare ricerca con
i dipendenti della ditta,
procedimento sbagliato,
critica.
Da tutto ciò si evince l’importanza del BRAND, che include ma non si riconduce solo al prodotto e al nome
del marchio. La strategia di comunicazione dovrebbe comprendere:
creare uno stretto legame tra marchio e consumatore, come un innamoramento.
Costruire una forte e memorabile personalità di marca (branding).
Impatto e originalità per emergere dall’affollamento (bumping).
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