Che cosa sono i Bisogni Educativi Speciali

Inclusione scolastica: normativa e ampliamento di intervento
Che cosa sono i Bisogni Educativi Speciali
"In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà
di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi
specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché
appartenenti a culture diverse. Nel variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle
classi diviene sempre più evidente. Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende
problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi
europei: Special Educational Needs)." (Direttiva MIUR 27 dicembre 2014)
"Il Bisogno Educativo Speciale è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e/o
istruzionale, causata da un funzionamento, nei vari ambiti definiti dall’antropologia ICF,
problematico per il soggetto in termini di danno, ostacolo al suo benessere, limitazione della sua
libertà e stigma sociale, indipendente dall’eziologia (bio-strutturale, familiare, ambientale-culturale,
ecc.) e che necessita di educazione speciale individualizzata." (D. Ianes, Bisogni Educativi Speciali
e inclusione, Erickson, Trento 2005)
A livello normativo in Italia la Direttiva "Strumenti d'intervento per alunni con Bisogni Educativi
Speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica" del 27 dicembre 2012 è stata la
prima ad introdurre questa terminologia e presuppone il superamento dell'egemonia del modello
clinico (il bisogno va certificato e quindi riconosciuto da un'autorità esterna e in virtù di questo
riconoscimento può essere personalizzato l'intervento educativo) in favore di un modello
pedagogico-didattico, per il quale la stessa professionalità docente può riconoscere la necessità
di una personalizzazione, anche temporanea, del proprio intervento didattico.
Principi chiave dell'Inclusione
A livello internazione l'escursus storico dei principi legati all'integrazione inizia con la
Dichiarazione Universale dei Diritti umani (1948), dopo di che abbiamo la Convenzione contro
la Discriminazione nell’Istruzione (1960), la Convenzione sui Diritti del Fanciullo (1989), la
Convenzione sulla Protezione e Promozione della Diversità nelle Espressioni Culturali. Più
recentemetne, la Convenzione sui Diritti delle Persone Disabili (2006), all'articolo 24 ha
evidenziato l’importanza cruciale dell’integrazione scolastica.
Tutti i paesi europei hanno ratificato Lo Statuto di Salamanca e il
Quadro di azione per l’handicap (1994) dell’UNESCO. Questa
adesione è un punto nodale per il lavoro sull’istruzione speciale in
Europa – ed è anche un elemento chiave nella struttura concettuale
dei molte politiche in uso in molti paesi. Tutti i paesi europei
concordano che i principi inclusi nello Statuto d Salamanca
dovrebbero guidare tutte le politiche scolastiche – non solo quelle
politiche che specificamente si rivolgono all’ istruzione speciale.
Questi principi riportano le pari opportunità in termini di condizioni di
vero accesso alle esperienze scolastiche, il rispetto per le differenze
individuali e la qualità dell’istruzione per tutti in base ai punti di forza
personali piuttosto che sulle debolezze o carenze personali.
Un passaggio importante è stato lo Statuto di Salamanca e il Quadro di azione per l’handicap
(1994) dell’UNESCO, ratificato da tutti i Paesi europei. Tutti i Paesi europei quindi concordano che
i principi inclusi nello Statuto d Salamanca dovrebbero guidare tutte le politiche scolastiche;
principi quali: pari opportunità in termini di condizioni di vero accesso alle esperienze
scolastiche, rispetto per le differenze individuali e qualità dell’istruzione per tutti in base ai
punti di forza personali piuttosto che sulle debolezze o carenze personali. Nelle successive
Conclusioni e Raccomandazioni della 48° sessione della Conferenza Internazionale
sull’Istruzione (ICE) (2008) "La scuola inclusiva: Il Modo del Futuro" viene indicato che i
politici dovrebbero sapere che “la scuola inclusiva è un processo in corso che intende offrire a
tutti gli alunni un’ istruzione di qualità”, oltre al fatto che le politiche scolastiche e i
provvedimenti legislativi in materia dovrebbero “promuovere le culture e gli ambienti scolastici che
sono a misura di bambino e che contribuiscono effettivamente alla cultura e all’integrazione di tutti
i bambini”. Dopo di che, nelle Linee Guida del 2009 l’UNESCO suggerisce che “La scuola
inclusiva è un processo di fortificazione delle capacità del sistema di istruzione di raggiungere tutti
gli studenti".
Il rapporto "Principi Guida per promuovere la qualità nella scuola inclusiva", redatto nel
2009 dall'Agenzia europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili, indica i seguenti
principi:
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Ampliare la partecipazione per accrescere le opportunità educative di tutti gli alunni
Istruzione e formazione dei docenti all’integrazione scolastica
Cultura organizzativa e valori etici che promuovono l’integrazione scolastica
Organizzate strutture di sostegno per promuovere l’integrazione
Sistemi di finanziamento flessibili che promuovono l’integrazione
Politiche che promuovono l’integrazione
Legislazione che promuove l’inclusione.
Da un punto di vista più filosofico e pedagogico, possiamo riprendere l'intervento della Dr Cristina
De Vecchi (Università Northampton, Regno Unito - intervento all'università Bocconi del 25 marzo
2013), che come principi chiave dell'inclusione ricorda:
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Accettare la diversità, in quanto la diversità è una caratteristica essenziale della condizione
umana;
Assicurare la participazione attiva, sapendo che inclusione non vuol dire assicurare un
posto in classe, in quanto ssere inclusivi richiede uno sforzo continuo che assicuri una
participazione attiva dell’alunno nell’ambito pedagogico e sociale;
Sviluppare pratiche di collaborazione, perché l’inclusione è un processo continuo che
richiede il supporto di tutti gli interessati;
Immaginare una scuola diversa, perchéuna scuola inclusiva è una scuola diversa che
impara da se stessa e promuove il cambiamento e lo sviluppo.
Le fasi del modello italiano
Già nei principi fondamentali della Costituzione italiana sono stabilite le garanzie di equità, essendo
scritto:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale. (Art.2)
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese. (Art.3)
"La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale." (Art.2)
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese." (Art.3)
Il pensiero pedagogico che, a partire da don Milani e passando dai movimenti degli anni settanta e
la Relazione Falcucci del 1975, ha messo al centro il valore della persona e affermato il principio
del rispetto delle diversità per una scuola per tutti e per ciascuno, determinando l’affermazione il
modello di integrazione della scuola italiana. Modello che ha portato all’affermazione di una
sempre maggiore coscienza sociale condivisa attraverso varie fasi; Italo Fiorin ne indica cinque
(La scuola luogo di relazioni e apprendimenti significativi, in Andrea Canevaro (a cura di),
L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, Trento, Erickson, 2007):
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esclusione - dalle origini del sistema scolastico agli anni cinquanta, che vede lo Stato
sollevato dal doversi occupare dei soggetti svantaggiati;
medicalizzazione - a partire dagli anni sessanta, che vede l'incremento delle strutture
speciali ad opera dello Stato, ma con approccio riferito al deficit e determinante stigma
sociale;
inserimento - a partire dagli anni settanta con l'implosione degli istituti speciali e
l'inserimento non pianificato nelle classi ordinarie;
integrazione - grazie al Documento Falcucci e alle leggi 517/77 e 104/92 si passa dalla
logica assistenziale alla centralità dello studente e al suo diritto alla piena educazione;
inclusione - dalla fine degli anni novanta, con lo sviluppo dell'autonomia scolastica e la
necessità che l'istituzione scolastica ha di ripensarsi come organizzazione flessibile e
orientata alla valorizzazione delle differenze.
Il paradigma dell'inclusione presuppone un approccio educativo che superi la disciminante alunni
disabili / alunni non disabili perché ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può
manifestare Bisogni Educativi Speciali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata
e personalizzata risposta.
Individuazione degli alunni con BES
"Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità, quella dei disturbi evolutivi
specifici
e
quella
dello
svantaggio
socio-economico,
linguistico,
culturale.
Per 'disturbi evolutivi specifici' intendiamo, oltre i disturbi specifici dell'apprendimento, anche i
deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo - per
la comune origine nell'età evolutiva - anche quelli dell'attenzione e dell'iperattività, mentre i
funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il
disturbo specifico. [...]
Tutte queste differenti problematiche, riconprese nei disturbi evolutivi specifici, non vengono o
possono non venir certificate ai sensi della legge 104/92, non dando conseguentemente diritto alle
provvidenze ed alle misure previste dalla stessa legge quadro, e tra queste, all'insegnante per il
sostegno.
La legge 170/2010, a tal punto, rappresenta un punto di svolta poiché apre un diverso canale di cura
educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella legge
53/2003, nella prospettiva della 'presa in carico' dell'alunno con BES da parte di ciascun docente
curriculare" (Direttiva 27 dicembre 2012)
Date le tre sotto-categorie indicate nella direttiva, i docenti e la scuola possono trovarsi di fronte ad
una di queste situazioni:
a) Alunni con certificazione di disabilità, questa fa riferimento alla leg. 104/92 (art3) ed elaboriamo
un PEI.
b) Alunni con diagnosi di disturbi evolutivi:
- Se hanno diagnosi di DSA, facciamo riferimento alla Leg 170/10 e DM 5669 12/7/2012 ed
elaboriamo un PDP.
- Se hanno diagnosi di ADHD, Disturbi del Linguaggio, Disturbi della coordinazione motoria o
non-verbali allora la scuola è in grado di decidere in maniera autonoma, “se” utilizzare, o meno, lo
strumento del PDP, in caso non lo utilizzi ne scrive le motivazioni, infatti: “la scuola può
intervenire nella personalizzazione in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e
la convenienza. (…) il Consiglio di Classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare
un Piano Didattico Personalizzato con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative,
avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione” (Piano Didattico Personalizzato, pag. 2
Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)
c) Alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale: “Tali tipologie di BES dovranno
essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei
servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche”
(Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale, CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).
Il temine “ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche” presuppone che un alunno (in
assenza di diagnosi o certificazioni mediche), il quale mostra delle difficoltà di apprendimento
legate al fatto di provenire da un ambiente con svantaggio socio-economico, con deprivazioni
culturali o linguistiche (come nel caso degli stranieri), può essere aiutato dalla scuola con
l’adozione di percorsi individualizzati e personalizzati come strumenti compensativi e/o dispenativi
(pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013) ma “non” è obbligata a fare il PDP, dunque sceglie in
autonomia se fare o meno un PDP, e questi interventi dovranno essere per il tempo necessario
all’aiuto in questione.
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Alunni con certificazione di disabilità che fa riferimento alla leg. 104/92 (art3);
Alunni con diagnosi di disturbi evolutivi:
- se hanno diagnosi di DSA occorre fare riferimento alla L 170/10 e DM 5669 12/7/2012
- Se hanno diagnosi di ADHD, Disturbi del Linguaggio, Disturbi della coordinazione
motoria o non-verbali la scuola può decidere in autonomia se attivare e come una
personalizzazione formalizzata della didattica;
Alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale individuabili sulla base di
elementi oggettivi (es.: segnalazione degli operatori dei servizi sociali) o di ben fondate
considerazioni psicopedagogiche e didattiche, per i quali occorronointerventi verificati nel
tempo e attuati solo fin quando serve, dando priorità alle strategie educative e didattiche più
frequenti anziché alle modalità di dispensazione/compensazione.
Schemi di intervento
Nella fase che Italo Fiorin ha definito dell'integrazione - che ha visto il Documento Falcucci e le
leggi 517/77 e 104/92 - si è affermato lo schema di intervento che purtroppo ha anche avvalorato
l'egemonia del modello clinico di riconoscimento del bisogno. La legge 170/2010 da un lato ha
previsto un intervento di cui deve farsi carico il docente curriculare, senza avvalersi di risorse
aggiuntive (docente di sostegno), ma ha continuato a demandare ad un organo sanitario e
certificatore esterno alla scuola il riconoscimento di questo bisogno. Infine la Direttiva del 27
dicembre 2012 ha previsto che possano esserci dei bisogni educativi che necessitano di un
intervento personalizzato e individualizzato formalizzato il cui riconoscimento spetta
autonomamente al corpo docente. Nella realtà di oggi questi tre schemi di intervento si
affiancano e sono attuati sulla base della diversa situazione del bisogno presentato e
riconosciuto.
Per sintetizzare e visualizzare meglio questi schemi di intervento ricorriamo a quanto varie volte
esposto negli interventi pubblici e di formazione del professor Flavio Fogarolo.
Schema classico dell’intervento basato sul sostegno.
I tre elementi di destra (segnalazione, certificazione e risorse aggiuntive) sono indispensabili per la
personalizzazione.
Con una disabilità sensoriale, motoria e/o cognitiva abbiamo uno schema di intervento che porta
a segnalare la presenza del bisogno di un allievo alla sua famiglia e/o ai servizi. L'autorità sanitaria
lo certifica e sulla base di questa certificazione sono designate le risorse aggiuntive che permettono
alla scuola la personalizzazione dell'intervento.
In presenza di un Disturbo Specifico di Apprendimento, lo schema di intervento prevede ancora
la segnalazione della presenza del bisogno dell'allievo alla famiglia e/o ai servizi. Anche in questo
caso l'autorità sanitaria lo certifica, ma la personalizzazione dell'intervento avviene senza
designazione di risorse aggiuntive.
Con la nuova normativa sui BES, l'individuazione del bisogno di un allievo, che però non ricade nelle
certificazioni relative alle leggi 104 e 170 prevede non più la segnalazione ma il raccordo con la famiglia
e/o i servizi. L'eventuale documentazione
clinica prodotta dall'autorità sanitaria però ha solo un ruolo informativo e non più certificativo, non sono
previste risorse aggiuntive e la personalizzazione dell'intervento educativo è attivato con la piena
responsabilità della scuola, in collaborazione con la famiglia e/o i servizi.
Fare o meno il Piano Didattico Personalizzato
In presenza di un bisogno determinato da una disabilità certificata in base alla legge 104, lo
schema di intervento prevede sempre la personalizzazione dell'intervento educativo formalizzata
tramite il Piano Educativo Individualizzato (PEI).
In presenza di un Disturbo Specifico dell'Apprendimento (DSA) certificato in base alla legge
170, lo schema di intervento prevede sempre la personalizzazione dell'intervento educativo
formalizzata tramite il Piano Didattico Personalizzato (PDP), che prevede le misure compensative
e dispensative decise a partire da quanto indicato nella certificazione prodotta dall'autorità sanitaria.
Il PDP è la misura di intervento decisa nel DM 5669 del 12/07/11 sui DSA, le cui Linee Guida
allegate ne riportano alcuni modelli.
In seguito all'emanazione della Direttiva del 27 dicembre 2012 le possibilità di personalizzazione
della didattica anche formalizzata si ampliano: "è compito doveroso dei Consigli di classe o dei
teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria
l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o
dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni. [...] è
compito doveroso dei Consigli di classe o dei teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in
quali altri casi sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed
eventualmente di misure compensative o dispensative, nella prospettiva di una presa in carico
globale ed inclusiva di tutti gli alunni [...] Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il
Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni
assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche" (circolare Miur n. 8 del 6 marzo
2013).
Tuttavia la rilevazione pedagogico-didattica di un bisogna non deve sempre portare alla
realizzazione di un PDP. "Nella quotidiana esperienza didattica si riscontrano momenti di
difficoltà nel processo di apprendimento, che possono essere osservati per periodi temporanei in
ciascun alunno. È dato poi riscontrare difficoltà che hanno un carattere più stabile o comunque,
per le concause che le determinano, presentano un maggior grado di complessità e richiedono
notevole impegno affinché siano correttamente affrontate. Il disturbo di apprendimento ha invece
carattere permanente e base neurobiologica. La scuola può intervenire nella personalizzazione in
tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e la convenienza; pertanto la
rilevazione di una mera difficoltà di apprendimento non dovrebbe indurre all’attivazione di
un percorso specifico con la conseguente compilazione di un Piano Didattico Personalizzato.
La Direttiva ha voluto in primo luogo fornire tutela a tutte quelle situazioni in cui è presente un
disturbo clinicamente fondato, diagnosticabile ma non ricadente nelle previsioni della Legge 104/92
né in quelle della Legge 170/2010. In secondo luogo si sono volute ricomprendere altre situazioni
che si pongono comunque oltre l’ordinaria difficoltà di apprendimento, per le quali dagli stessi
insegnanti sono stati richiesti strumenti di flessibilità da impiegare nell’azione educativo-didattica
[...] Non è compito della scuola certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma
individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di particolari strategie
didattiche [...]il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un
Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione" (Nota
Miur 2563 del 22/11/2013).
Ancora, per quanto riguarda gli alunni con cittadinanza non italiana, la nota 2563 chiarisce che:
"essi necessitano anzitutto di interventi didattici relativi all’apprendimento della lingua e solo in via
eccezionale della formalizzazione tramite un Piano Didattico Personalizzato. Si tratta soprattutto –
ma non solo – di quegli alunni neo arrivati in Italia, ultratredicenni, provenienti da Paesi di lingua
non latina (stimati nel numero di circa 5.000, a fronte di oltre 750.000 alunni di cittadinanza non
italiana) ovvero ove siano chiamate in causa altre problematiche".
Formalità e obblighi legati al PDP
Il PDP non è necessario per tutti i Bisogni Educaivi Speciali, perché nei casi di difficoltà di
apprendimento temporanee o anche stabili la scuola può decidere di mettere in atto della strategie
didattiche di intervento senza formalizzarle nel PDP. In questo caso non c'è bisogno del consenso
firmato della famiglia perché non occorrono documenti formalizzati per spiegare l'utilizzo di
strategie didattiche più conformi a migliorare l’apprendimento degli alunni in difficoltà (es. peer
tutoring, apprendimento collaborativo, giochi di ruolo ecc).
Il PDP viene compilato dai docenti direttamente coinvolti e può essere formulato in qualsiasi
periodo dell'anno scolastico, specie nei casi di intervento decisi dal Consiglio di Classe o dal
Team dei docenti. Gli obblighi temporali sono previsti solo se c'è una certificazione di DSA. "La
scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre
scolastico un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline
coinvolte dal disturbo” (DM n° 5669 12/07/2011).
Come stabilito dalla Circolare Miur n° 8, al fine di evitare i contenziosi, il Consiglio di Classe o il
Team dei docenti verbalizza le motivazioni pedagogico didattiche che lo hanno portato a non
produrre un PDP pur avendo una diagnosi medica prodotta dalla famiglia altre forme di
comunicazione relative ai servizi sociali e verbalizza altresì le motivazioni pedagogico didattiche
che hanno determinato la formulazione di un PDP pur non avendo una diagnosi prodotta dalla
famiglia o altre forme di comunicazioni pervenute tramite i servizi sociali.
Ogni PDP, sia quelli per certificazione DSA che gli altri, deve riportare la firma di: Dirigente
scolastico (o suo delegato), docenti coinvolti e famiglia. Riportandovi dei dati sensibili che
vengono trattati per finalità istituzionali, nel PDP deve essere prevista una apposita
autorizzazione al loro trattamento firmata dalla famiglia. Quando il PDP contiene dei dati
sensibili, in base al Codice per la Privacy, deve essere formalizzata la gestione della sua custodia in
un locale riservato, con accesso riservato ai soli autorizzati e divieto di fotocopie. D'altra parte il
PDP è soprattutto uno strumento di lavoro e per essere didatticamente efficace deve poter essere
spesso consultato da parte dei docenti coinvolti nell'intervento personalizzato; questo è possibile
prevedendo l'estrapolazione di documenti di lavoro anonimi e privi di riferimenti ai dati sensibili.
Come ricorda la Nota Miur n° 2563 del 22/11/2013, il PDP è uno "strumento in più per curvare la
metodologia alle esigenze dell’alunno, o meglio alla sua persona, rimettendo alla esclusiva
discrezionalità dei docenti la decisione in ordine alle scelte didattiche, ai percorsi da seguire ed alle
modalità di valutazione [...] la personalizzazione non è mera questione procedurale, che riduce la
relazione educativa a formule, acronimi, adempimenti burocratici". Non volendo perseguire la
formalità, ma l'efficacia, il PDP dovrebbe essere in grado di modificare comportamenti e
procedimenti degli insegnanti e possibilmente anche dei genitori, là dove necessario e possibile;
per questo dovrebbe contenere misure significative, realistiche, coerenti, concrete e verificabili.
Dando priorità all'intervento didattico, come ricorda Flavio Fogarolo, gli strumenti compensativi
vanno individuati in un quadro di sviluppo di competenze e autonomia, mentre le misure
dispensative vanno ridotte al minimo, prevedendo delle efficaci alternative per le attività più
importanti.
Libro di testo e non solo
Uno dei temi principali del dibattito attuale nella e sulla scuola è quello relativo ai contenuti digitali
per l'apprendimento. La Nota Miur n° 2581 del 9 aprile 2014 che regola le adozioni dei “libri di
testo” e dei contenuti digitali rende i contenuti digitali obbligatori almeno per le nuove adozioni,
rendendo attuativa la norma sul carattere facoltativo delle adozioni che era già presente del DM
781/2013. Quindi dall'anno scolastico 2014/2015 le “nuove adozioni” di materiali e contenuti
didattici devono obbligatoriamente essere in formato digitale o misto; inoltre possono essere
adottati anche contenuti acquisiti indipendentemente, reperibili in rete o prodotti attraverso il lavoro
individuale o collaborativo dei docenti e il coinvolgimento degli studenti.
La circolare invita docenti e dirigenti a utilizzare contenuti editoriali o risorse educative digitali
aperte (Open Educational Resources - OER), con caratteristiche di modularità e riusabilità, oltre a
strumenti digitali interattivi e di simulazione come videogiochi educational o serious games.
Il punto 1 sullo sviluppo della cultura digitale richiama il Codice dell'Amministrazione
Digitale (D.gls 82/2005) che all'articolo 71 riporta “Le regole tecniche di cui al presente codice
sono dettate in conformità ai requisiti tecnici di accessibilità di cui all'articolo 11 della legge
sull'accessibilità 4/2004, alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a
livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea”. Ciò significa che anche la spinta
verso l'innovazione rispetta i principi dell'inclusione.
L'articolo 3 definisce poi le norme interne alla scuola per la validazione dei contenti e, di
concerto con il Ministero, quelle per la distribuzione gratuita dei materiali digitali autoprodotti dalla
scuola.
Ma questa circolare va inserita in un contesto più ampio di innovazione; infatti l'Agenda digitale
italiana contiene anche una specifica “Agenda digitale della scuola” che individua la necessità del
cablaggio a banda larga e dell'infrastrutturazione digitale delle scuole (tablet e lavagne elettroniche,
ma anche classi virtuali, registri elettronici e gestionali per l'amministrazione scolastica).
Valutazione
Il PEI degli alunni disabili certificati in base alla legge 104, sulla base della certificazione recepita
dalla scuola, stabilisce i criteri educativi e didattici che il Consigio di Classe o il Team dei docenti
adotta per la valutazione, che può prevedere verifiche uguali, semplificate o differenziate
rispetto agli altri alunni. Se il PEI stabilisce contenuti didattici e verifiche semplificate o facilitate
l'alunno può coseguire il titolo di studio, se invece prevede contenuti e verifiche differenziate potrà
avere solo l'attestazione delle competenze.
Il PDP degli alunni con DSA certificata in base alla legge 170, sulla base della certificazione
recepita dalla scuola, stabilisce le misure compensative e dispensative generali e specifiche per le
varie discipline anche rispetto alle verifiche, come ad esempio: tempi più lunghi, verifiche
graduate, uso di strumenti compensativi, svolgimento di un numero minore di esercizi ecc.
Può dichiare anche la maggiore attenzione alla padronanza dei contenuti, prescindendo dagli
errori connessi al disturbo specifico certificato. Rispetto alle lingue straniere inoltre, in presenza
di una certificazione con richiesta esplicita, di una richiesta della famiglia e di un'approvazione da
parte del Consiglio di Classe, può esserci la dispensa dall'apprendimento della stessa, che però
porterà l'alunno all'attestazione delle competenze in luogo del titolo di studio.
È importante che il Collegio dei Docenti stabilisca i livelli essenziali di competenza disciplinare
e concordi sulle eventuali modalità di raccordo con i contenuti disciplinari previsti per l’intera
classe, Su questa base, il Consiglio di Classe o il Team dei docenti definisce quindi che cosa,
quando, come e perché realizzare le valutazioni, separando i contenuti della valutazione dalle
capacità strumentali necessarie a condividerli ed esplicitarli. Quindi, rispetto al singolo alunno per
il quale è riconosciuto un Bisogno Educativo Speciale e quindi la necessità di un intervento
personalizzato formalizzato nel PDP è opportuno che il docente dedichi attenzione al processo
più che al solo elaborato oggetto di verifica e ne predisponga lo svolgimento secondo le condizioni
abituali individuate nella personalizzazione didattica. In quest'ottica la valutazione deve tenere
conto della situazione di partenza, dei risultati raggiunti nel personale percorso di apprendimento,
dei risultati riconducibili ai livelli essenziali stabiliti dal Collegio dei Docenti e delle competenze
acquisite.
Organizzazione scolastica e territoriale per l'inclusione
Concludendo sul PDP, la Nota Miur 2563 del 22/11/2013 sottolinea che un suo corretto approccio
"si salda con quanto deliberato in termini generali nel Piano dell'Offerta Formativa rispetto
alle tematiche dell’inclusione e del riconoscimento delle diversità, alla valorizzazione di ogni
individuo nella comunità educante, alla capacità della scuola stessa di “individuare” soluzioni
adeguate ai diversi problemi", perché l'inclusione non è un intervento autonomo inserito in una
specifica classe, bensì l'intervento particolare che si sviluppa in relazione all'operato dell'istituzione
scolastica nel suo complesso.
Già nella circolare n° 8 del 6/03/12 stabilisce le azioni che la singola scuola deve perseguire per
attuare la politica per l'inclusione: "Fermo restando quanto previsto dall’art. 15 comma 2 della L.
104/92, i compiti del Gruppo di lavoro e di studio d’Istituto (GLHI) si estendono alle
problematiche relative a tutti i BES. A tale scopo i suoi componenti sono integrati da tutte le
risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola (funzioni strumentali, insegnanti per il
sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, docenti “disciplinari” con esperienza e/o formazione
specifica o con compiti di coordinamento delle classi, genitori ed esperti istituzionali o esterni in
regime di convenzionamento con la scuola), in modo da assicurare all’interno del corpo docente il
trasferimento capillare delle azioni di miglioramento intraprese e un’efficace capacità di rilevazione
e
intervento
sulle
criticità
all’interno
delle
classi.
Tale Gruppo di lavoro assume la denominazione di Gruppo di lavoro per l’inclusione (in sigla
GLI) e svolge le seguenti funzioni:

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
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rilevazione dei BES presenti nella scuola;
raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in
funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni
strategiche dell’Amministrazione;
focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione
delle classi;
rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;
raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle
effettive esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte in sede di
definizione del PEI come stabilito dall'art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio 2010 n. 122 ;
elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da
redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno).
Il Piano Annuale per l'Inclusività è parte integrante del POF ed ha lo scopo di "far emergere
criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali e le risorse
impiegabili, l’insieme delle difficoltà e dei disturbi riscontrati, dando consapevolezza alla comunità
scolastica - in forma di quadro sintetico - di quanto sia consistente e variegato lo spettro delle
criticità all’interno della scuola" (Nota 2563 del 22/11/2013). Discusso e deliberato dal Collegio dei
Docenti, il PAI va inviato agli USR per la richiesta degli organici di sostegno e alle altre istituzioni
territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di loro competenza (es: educatori).
A livello territoriale invece la Direttiva del 27 dicembre 2012 affida un ruolo fondamentale ai
Centri Territoriali di Supporto (CTS), che diventano l'interfaccia fra l’Amministrazione e le
istituzioni scolastiche etra le scuole stesse, nonché la rete territoriale di supporto al processo di
integrazione, allo sviluppo professionale dei docenti e alla diffusione delle migliori pratiche. I CTS
sono operativi dal 2006, individuati a livello provinciale dagli USR e dislocati presso specifiche
istituzioni scolastiche. In rete con i CTS operano i Centri Territoriali per l'Inclusione (CTI),
individuati a livello di rete territoriale anche per creare i presupposti per l’attuazione dell'organico
di sostegno su reti di scuole.
Normativa di riferimento
Legge 5 febbraio n° 104 Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate
Legge 8 ottobre 2010 n° 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in
ambito scolastico
DM 5669 del 12 luglio 2011 - Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con
disturbi specifici di apprendimento
Direttiva del 27 dicembre 2012 Strumenti d'intervento per alunni con bisogni educativi speciali e
organizzazione territoriale per l'inclusione
Circolare del 6 marzo 2013 n° 8 Indicazioni operative
Nota del 22 novembre 2013 n° 2563 Chiarimenti
Circolare Ministeriale del 19 febbraio 2014 - Linee Guida per l'accoglienza e l'integrazione degli
alunni stranieri
Nota del 9 aprile 2014 n° 2581 Adozione libri di testo - anno scolastico 2014/15
Biblio-sitografia
Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli
Alunni Disabili
Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili, Principi Guida per
promuovere la Qualità nella Scuola Inclusiva - Raccomandazioni Politiche, 2009
Tony Booth - Mel Ainscow, L'index per l'inclusione, Promuovere l'apprendimento e la
partecipazione nella scuola, Erickson, Trento 2008 - L'index per l'inclusione
C. Devecchi, Il dibattito internazionale sull’ inclusione, la personalizzazione e i BES - intervento
del 25 marzo 2013 presso l'università Bocconi, Milano
F. Fogarolo,
Il Piando Didattico personalizzato, Convegno La qualità dell'integrazione
scolastica e sociale 2013
F. Fogarolo, Il PDP per DSA e altri BES, normativa, indicazioni e strumenti per una stesura rapida
ed efficacie, intervento a Parma del 3 ottobre 2013
D. Ianes, Bisogni Educativi Speciali e inclusione, Erickson, Trento 2005