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MASS MEDIA E COSCIENZA UMANA.
Breve percorso filosofico dal passato al futuro, con sosta sul presente (1998)
1. Coscienti di che cosa?
Consideriamo tre coordinate, cioè la percezione soggettiva (Io), la percezione
cosmologica (Mondo) e la percezione trascendente (Dio). Ritengo che questa
tripartizione, ripresa in modi differenti da molti filosofi lungo la storia, riassuma
efficacemente ogni genere di percezione possibile. Queste tre percezioni sono
strettamente legate fra di loro, al punto che una si fonda sull'altra e viceversa, come si
vedrà nel punto successivo. Per questo motivo preferisco svolgere la successiva
trattazione dei singoli gradi dell'intenzionalità oggettiva in modo discorsivo, piuttosto
che separare nettamente ciò che è collegato in maniera indissolubile.
Parlare di Io, di Mondo e di Dio significa aprire tematiche fin troppo ampie. Proprio
per questo necessita una breve chiarificazione di alcuni presupposti filosofici su cui mi
baso per non incorrere in successivi equivoci. In altre parole, cosa intendo con
percezione soggettiva, cosmologica e trascendente. Naturalmente si tratta di percezione
intellettiva, essendo la percezione sensoriale parte dell'intenzionalità preoggettiva.
Questo articolo tratta della comunicazione interpersonale, per cui, in primo luogo,
sostengo la tesi secondo cui l'io richiama necessariamente un tu, quindi non è un cogito
monolitico. Non solamente "io penso", ma anche "io sono pensato" dal tu. L’alterità
risulta necessaria per affermare la soggettività.
Quando affermo l'esistenza di un io e di un tu, essi entrano immediatamente in
relazione, in comunicazione reciproca. Non esiste situazione che si possa qualificare
come vera assenza di comunicazione. Anche il rifiuto, il silenzio, la lotta sono
comunicazione. Dal momento che esiste il linguaggio esiste il mondo2. Il linguaggio è
necessaria conseguenza dell’intersoggettività, ed è esso che fonda quella che chiamerò
percezione cosmologica, cioè percezione del tu che vedremo allargarsi via via nel
tempo.
Ho tradotto la terza coordinata, Dio, in percezione trascendente. Perché? Perché la
trascendenza è necessaria all’alterità. Se l'io ed il tu fossero chiusi in un "se stesso", in
una relazione speculare troppo ristretta, io e tu necessariamente si confonderebbero. In
questa fusione l'io perderebbe la propria realtà, sarebbe inconsistente e non si
conoscerebbe, né potrebbe conoscere il tu (che sarebbe visto come io... a sua volta perso
nel tu). Di fatto constatiamo che non è così, essendo consapevoli di essere tanto io
quanto tu. Che cosa fa sì che non si verifichi lo smarrimento della coscienza di se stessi
e dell'altro? Qui ci troviamo nella necessità di affermare un terzo elemento nella
relazione, elemento esterno che trasforma l'io-tu in "noi": l'Altro trascendente. Qui
colloco la sfera del religioso, identificata più o meno consapevolmente con il
trascendente, in gradi che compongono tutte le molteplici sfumature della sua
percezione.
1
1.1. Intenzionalità preoggettiva e intenzionalità oggettiva
L'intenzionalità «è l'essenza della conoscenza [...] la relazione diversificata del
soggetto (io, uomo, persona) all'oggetto (mondo, realtà, etc.)»3. La relazione immediata
tra soggetto ed oggetto costituisce l'intenzionalità preoggettiva, costituita dalla
percezione dei sensi. Essa è pre-oggettiva perché precede sempre l'intenzionalità
oggettiva.
Nell'istante in cui le "parti in gioco" non sono più soltanto il soggetto e l'oggetto
abbiamo l'intenzionalità oggettiva. Sorge una terza realtà: il noema, il pensiero. É
oggettivo perché diviene indipendente da entrambi. Un'opera d'arte diventa
intenzionalità oggettiva in quanto si è oggettivizzata da sé, si è istituzionalizzata e non è
più riducibile alle singole parti che l'hanno generata.
1.2. I gradi dell'intenzionalità oggettiva
Puntando alla dimostrazione dell'oggettività del sapere, Carlo Huber traccia una
graduazione «che coincide con lo sviluppo storico del filone indicato per il
linguaggio»4, ovvero lo sviluppo dai mass media, dalla parola alla realtà virtuale. Andrò
ora ad analizzare le singole tappe, per soffermarmi maggiormente sui mutamenti
odierni, cercando di considerare ognuna secondo le tre percezioni introdotte.
Può qui introdursi una domanda: è il progresso dei mass media a mutare la
percezione, o il mutamento di percezione a far progredire i mass media? La risposta è
evidente dal momento stesso che abbiamo inserito i mezzi di comunicazione come
manifestazione d'intenzionalità oggettiva. Ogni passo successivo nasce da un differente
incontro di soggetto ed oggetto, quindi da una percezione mutata, ma diviene realtà a se
stante subito dopo. Libero d'influenzare e plasmare i suoi "genitori". I mass media sono
mezzi tecnici, e in quanto tali sorgono per rispondere ad un'esigenza. Ma, divenuti
indipendenti, rispondono alle esigenze che li hanno generati?
2. Scrittura e consapevolezza storica
Su questa dicitura, peraltro ottima, vorrei fare una precisazione. Non va dedotto
erroneamente che prima della scrittura non vi fosse consapevolezza storica. La
consapevolezza storica ha il suo germe nella consapevolezza individuale, che nasce con
il bisogno di comunicarsi, quindi con il gesto e la parola. Sarebbe assurdo negare che
tutta la tradizione orale sia pregna di queste due consapevolezze. Non si può donare,
tramandare, ciò di cui non si è coscienti (infatti è la maturazione in comunicazione-dono
che fa una consapevolezza). La scrittura segna l'inizio della conservazione della storia,
da un lato con la ricerca dell'oggettività dell'avvenimento storico, dall'altro fissando ciò
che è dinamismo per definizione.
Voglio piuttosto considerare le innovazioni portate dalla scrittura secondo due
differenti sistemi concettuali, come due sono le strutture scritturali: quella ideografica e
quella fonetica. La prima scrittura è essenzialmente pittografica, poi stilizzata in
ideografica. Si fonda quindi sulla realtà fatta immagine e sulla concretezza che da essa
viene. La scrittura fonetica si fonda invece sulla convenzione e sul concetto,
sull'astrazione della realtà. Prendiamo la parola "pace". Su cosa si fonda? Sull'idea
astratta di prosperità, di mancanza di guerre, etc. L'ideogramma cinese che indica
"pace", invece, è la stilizzazione dell'immagine "donna nella casa": un rimando diretto
alla realtà. Per questo tradurre letteralmente le lingue orientali in occidentali significa
2
trovarsi davanti a lunghissime storie: un ideogramma non è un'immagine generalizzata,
ma una storia.
Queste considerazioni, che forse appaiono improprie in questo contesto, hanno delle
potenti conseguenze in ambito percettivo. Si prenda la percezione soggettiva. Con
l'astrazione posso crearmi un'immagine di me che non è quella reale. In una mentalità ad
immagini o si fa un'azione o non la si fa, o si è qualcosa o non lo si è: non è contemplata
la possibilità. La falsificazione di sé è una sottigliezza mentale derivante dalla
concettualizzazione. L'uomo orientale tende a percepirsi in maggior misura come essere
determinato sin dalla nascita, ma questa visione non è negativa, poiché ciò si percepisce
inserito ed armonizzato nella realtà cosmologica. L'uomo occidentale percependosi
limitato non mira allo sviluppo di ciò che è, del suo datum naturale, ma si pone la meta
astratta di ciò che potrebbe essere, fino a separarsi, in casi estremi, dalla sua realtà
naturale. Possiamo definirle rispettivamente come cultura dell'atto e cultura della
potenza.
Così pure muta l'atteggiamento verso il mondo: valorizzare ciò che il mondo è, o
cercare ciò che potrebbe essere.
La percezione cosmologica si identifica con percezione di divisioni, che vengono
create dalla scrittura fonetica. A livello sociale, tra coloro che sanno e coloro che non
sanno. Per la scrittura ideografica la divisione è attutita, essendo solo tra chi sa e chi non
sa scrivere: tutt'oggi un coreano non ha alcuna difficoltà a leggere il cinese o il
giapponese ideografico, poiché solo la pronuncia è radicalmente mutata. A rifarsi su
pronunce e concetti è la scrittura fonetica, ed infatti le lingue europee vanno imparate in
maniera mnemonica: per concetti, appunto.
Si sviluppa una gerarchia di classi. Precedentemente il valore della persona era dato
dall'abilità: dal guerriero che sa combattere, dal capo che sa comandare, dall'anziano che
ricorda e racconta. Ora il valore è dato da colui che sa leggere e scrivere 5. Avere una
conoscenza prende il posto di essere abili. Con un'ulteriore semplificazione di questa
affermazione ci accorgiamo che si tratta di dare il primato all'avere sull'essere, anche se
non si tratta di un avere materiale.
Il linguaggio fonetico sviluppa le categorie, le universalizzazioni, le astrazioni.
Un'ulteriore separazione avviene in ambito gnoseologico. Con il dilagare della scrittura
su supporti (argilla, legno, cera, papiro, pergamena ed infine carta) abbiamo un
allontanarsi dal rapporto con l'esperienza personale: si conosce non perché si è
sperimentato, ma perché lo si è letto. Conosco la realtà su testo scritto, e non ho neppure
il riferimento diretto dell'ideografia al reale in cui, per capire un disegno, devo prima
conoscere la realtà. Diventa sufficiente conoscere l'astrazione della realtà.
Questo è anche un aspetto positivo: posso comunicare un'esperienza che un altro non
ha o non potrebbe avere.
Si hanno sempre più conoscenze, ma sempre mediate, sempre più allontanate dalla
fonte originale. Vedremo come lo sviluppo dei mass media abbia ampliato sempre più il
divario, fino alla creazione di una realtà parallela: la realtà virtuale. Queste
considerazioni hanno riscontro solo embrionale in questo primo, amplissimo periodo
storico, ma si radicano proprio nella scrittura fonetica e nella percezione concettuale.
Anche la percezione trascendente è coinvolta in primo piano. Una visione della realtà
per immagini inserisce l'uomo nel cosmo, immagine tra le immagini, mantenendo un
legame con il trascendente senza dualismi. L'ideografico mantiene sempre un rimando
3
diretto alla realtà, quindi inserisce il trascendente nella storia dell'uomo. Che non è
immanentismo, si tratta invece di fare della realtà un'immagine del trascendente. Il
linguaggio-immagine mantiene una materializzazione del divino, non una
divinizzazione della materia. Ma il rischio di passare dall'uno all'altro c'è.
Anche la scrittura fonetica rischia di condurre ad un'errata idea di trascendenza:
troppo astratta, concettuale, assolutamente separata. Il pericolo in agguato nel concepire
Dio come Totalmente Altro è il farne un noumenon kantiano inconcepibile.
4. Sorgere della stampa e consapevolezza letteraria
Come per il paragrafo precedente compio una rapida precisazione per non cadere
nell'equivoco. Anche prima della stampa c'era consapevolezza letteraria, e ne sono
testimonianza le grandi epopee assire, gli aedi, i poemi ellenici, etc. Qui però è intesa
come forma libraria: «Con l'invenzione della stampatrice da Guttemberg nel
cinquecento, nasce una cultura del libro, cioè una consapevolezza letteraria»6.
Per giustizia storica ricordo che l'ideazione dei caratteri mobili di Johannes
Gutenberg non fu una novità assoluta. Alcuni secoli prima Pi Cheng aveva tentato di
applicarli agli ideogrammi cinesi, ma si rivelò impossibile dato il loro elevatissimo
numero. Ebbe invece buon gioco l'orafo magontino, avendo a che fare con soli
ventiquattro caratteri. Questo è senza dubbio un vantaggio della scrittura fonetica: la sua
più semplice riproducibilità tecnica.
Con la stampa subentrano prepotentemente tre realtà che muteranno il mondo dei
mass media: tecnica, industria, mercato.
«In primo luogo la meccanica tipografica costituiva il primo processo lavorativo
attraverso cui l'uomo, grazie all'apporto di una macchina e ad una divisione del lavoro in
fasi ben precise, riusciva a produrre oggetti in grande quantità e tutti uguali. Si trattava
di un procedimento produttivo di tipo industriale. Il primo così completo nella storia
dell'uomo»7. Tecnica ed industria nascono contemporaneamente, finalizzate ad un
mercato. L'introduzione della ripetibilità tecnica nel processo comunicativo è una vera
rivoluzione copernicana: se la replica del comunicato non è più un processo lento e
faticoso, ci si può concentrare maggiormente sulla forma che ad esso vuole dare. É la
nascita dell'attuale modello di mass media, cioè non mero supporto divulgativo, ma
strumento d'interpretazione personale attraverso l'immagine tecnica.
Anche se limitatamente, abbiamo una prima «democratizzazione del sapere»8 ed
aumento di possibilità per accedere e verificare le fonti. Casi macroscopici sono la
stampa della Bibbia e le università. Un terzo caso, molto significativo per la percezione
cosmologica, è quello di Lutero. «Dal 1518 al 1521, nei quattro anni che seguirono
l'affissione delle tesi (1517) furono stampate 800 edizioni di un centinaio di testi di
Lutero, in italiano e nelle lingue volgari. Tutta la Germania prima, e il resto dell'Europa
dopo un breve tempo, parteciparono alla disputa tra il monaco di Wittenberg e la Chiesa
di Roma»9. Stiamo assistendo alla nascita della consapevolezza sociale nel senso più
ampio: per la prima volta un pubblico internazionale giudicava la validità delle idee di
un singolo, schierandosi con lui od opponendoglisi. Questa è la nascita dell'uomo
moderno, non più individuo del microcosmo locale, ma cosciente della propria
individualità all'interno di una socialità più ampia, che annulla i confini geografici. La
percezione soggettiva e quella cosmologica coincidono nel momento in cui l'uomo è
cosciente dell'umanità, e di far parte di essa.
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Ma di fronte ad ogni tensione dinamica si pone sempre una tensione statica. É
interessante notare come, quando il sapere comincia ad essere alla portata di tutti, si
sviluppino altre forme di controllo dell'informazione. Altri possono sapere, ma possono
sapere solo quello che voglio io. Nell'eclatante caso della Bibbia, abbiamo le edizioni
censurate delle Scritture e l'accentramento della loro interpretazione nella Chiesa. É da
notare che si tratta non solo di un fenomeno ecclesiale. Si stabiliscono i canoni, per
esempio, nell'arte: questo è oggettivamente bello, questo no. Non è più un mero fatto
percettivo, di ciò che è conclamato bello da chi lo vede, ma perché qualcuno lo
stabilisce. Non è più riferito alla tèkne, ma all'autorità di chi stabilisce i canoni10. Per
questo i primi ad impossessarsi dei media sono le ideologie. La stampa è conservativa,
ed anche l'ideologia lo vuole essere11. Caduti nel mass media i confini geografici,
sorgono i confini ideologici.
La percezione trascendente non ha sostanziali mutamenti, se non quello di poter
essere confrontata e discussa tra ambienti di opposta mentalità. Possiamo vedervi la
prima relativizzazione dell'assolutezza del proprio sistema culturale.
5. Stampa di massa e consapevolezza collettiva
Se con la stampa a caratteri mobili è sorta la coscienza dell'uomo sociale, con la
stampa di massa ne abbiamo l'indiscutibile affermazione. Il giornale quotidiano esiste
già quando arriva la rivoluzione industriale, ma il suo avvento permette uno sviluppo
incredibilmente rapido della tecnologia: dalla stampa a torchio alla stampante a vapore,
dalla rotativa alla linotype ed infine alla rotocalco.
Quotidiani e periodici cominciano lo stesso procedimento che sarà proprio della
televisione e radio: la comunicazione di massa. Si obietterà che parola scritta ed
immagine in movimento non sono la stessa cosa; il che, naturalmente, è vero. Ma per
entrambi abbiamo la medesima dinamica interna: l'immagine tecnica a rapidissima
diffusione. Avere la notizia di un fatto via giornale o televisione non cambia
essenzialmente, se non per il supporto. Bisogna considerare che la stampa di massa non
è statica come la stampa libraria: usa caratteri di vari stili, grandezze, colori, foto,
disegni (il fumetto!), posizione dell'articolo. La grafica vuole dare emozioni a
prescindere dal contenuto.
L'elemento comune, dicevo, è l'immagine tecnica, cioè la rappresentazione
soggettiva di una realtà oggettiva. La comunicazione dei media è data più dal modo che
dal contenuto esplicito, da com'è mediata, appunto. É la modalità espressiva che scalda
o raffredda un contenuto, senza togliervi la sua oggettività, ma guidandone
l'interpretazione soggettiva. Dipende dall'angolazione da cui si riprende, diremmo in
linguaggio cinematografico.
Vediamo aumentare quanto detto per la scrittura fonetica. In positivo, è maggiore la
possibilità di riportare immagini della realtà; in negativo, si tratta sempre di immagini
tecniche, ben differenti dalla realtà. Ora il divario si apre, perché manca sempre più il
rimando diretto alla realtà. Dramma dell'immagine tecnica è che si presenta come la
realtà, per cui io posso inventare la realtà, ed allontanarmi sempre più da essa.
Saturando di messaggi il recettore, con sempre minore possibilità di controllare la loro
origine e veridicità, mi si può far credere di tutto. Si vede l'immagine (tv, stampa), si
ascolta (radio), per cui si deduce: è la verità.
5
La percezione cosmologica diviene sempre più percezione di una realtà soggettiva,
più che di una realtà oggettiva reinterpretata. Il mondo è visto come possibilità
esclusivamente dinamica piuttosto che realtà in sé, aperta al mutamento.
Se, da una parte, scuole e giornali permettono un'alfabetizzazione a grande raggio,
d'altra parte si serra il controllo sull'informazione. Questi anni sono l'era dei grandi
sistemi autoritari, delle gerarchie indiscutibili, e ciò è possibile attraverso la
monopolizzazione dei media e la distanza posta tra comunicante e recettore. I mezzi di
comunicazione di massa si chiamano così perché servono per comunicare alle masse,
non perché servano alle masse per comunicare. L'uomo moderno scivola spesso nella
passività, facendosi costruire, più che costruirsi. Questa tendenza viene nutrita anche da
un'altra dinamica: quella della notorietà. É bello ciò che appare più spesso, è buono ciò
che si vede di più e viene fatto diventare familiare. Un'opera d'arte vale di più se
compare di più nei cataloghi. Così un'artista, un attore, un cantate, anche se il più bravo
nel suo campo, è uno sconosciuto se non appare. Se di una realtà non si parla, non
esiste, e le ideologie possono coprirsi le spalle ed insabbiare ciò che le infastidisce. Ma
questo è possibile perché siamo staccati dalla realtà. Il mondo che conosciamo è il
mondo che ci viene fatto conoscere. La televisione porterà questo all'estremo, come
«uno strumento di dominio della realtà»12.
Sempre nel discorso dell'appariscenza si pongono fenomeni come la pubblicità e la
moda, capaci di falsare la stessa percezione soggettiva. Non ci si sente importanti se non
si è come ci viene presentata la persona importante. É quello che succede quando a
monopolizzare un mass media è una pura finalità di mercato.
Tralascio il discorso sulla percezione trascendente per riprenderlo nel punto
successivo, essendo identica e consequenziale la sua struttura.
6. Comunicazione elettronica e consapevolezza tecnologica
La successiva rivoluzione, connessa con l'introduzione dell'immagine in movimento
fino alla messa a punto della televisione, sviluppa notevolmente quanto visto per la
stampa di massa, poiché la tecnologia prosegue un cammino lineare.
Se si ricorda quanto detto riguardo alla scrittura, una conoscenza per concetti divide,
mentre una conoscenza per immagini unisce. Con la televisione, fondata sull'immagine,
assistiamo ad un'unificazione senza precedenti: i confini nazionali e culturali sfumano
nel villaggio globale; si uniscono passato, presente, futuro; uno è il tempo reale con il
tempo immaginario; si unisce la realtà con la fiction; l'ipertrofica molteplicità e varietà
di ideologie porta al crollo dei confini ideologici stessi. Il divario comunicativo tra
soggetto ed oggetto si è allargato fino a sbocciare nell'unità, ed è così che nasce
un'autentica realtà parallela. Sarebbe semplicistico condannarla solo perché nuova, e
non considererebbe la neutralità etica della tecnologia in sé. Altro discorso è invece il
notarne la grande deficienza. Nell'antichità il rapporto io-tu era dialogico e centrato sul
contenuto: l'altro era sempre nella possibilità di rispondermi. Man mano che si entra
nell'epoca tecnologica ci si concentra sulla forma e questo io-tu a livello generale è
fasullo13, perché c'è un io attivo che si indirizza ad un tu passivo. Sorta da uno
strumento unidirezionale, anche questa seconda realtà è univoca e paralizzante,
impigrisce ed atrofizza poiché si fonda sulla passività. Eccoci passati dall'era della
comunicazione all'era dell'informazione, dalla comunicazione interpersonale alla
comunicazione individuale. L'uomo non è percepito come persona inserita in un
6
contesto sociale, ma come individuo singolo sganciato. Così l'uomo percepisce se stesso
come davanti ad un Tutto onnicomprensivo ed in esso inserito, ma abbandonato a se
stesso, impotente, portato, condannato ad una libertà inattuabile.
Fagocitate in questo Tutto, anche le singole autorità e scale di valori, un tempo
univoche ed infallibili, cominciano a sgretolarsi disordinatamente, per la stessa struttura
di questa seconda realtà «non più ordinata ma statisticamente casuale, non più
gerarchizzata secondo linee d'importanza, ma frammentata a mosaico»14.
L'appiattimento globale che ne consegue non può che creare angoscia nell'uomo,
sperduto e senza punti di riferimento.
Dobbiamo inoltre notare che, al contrario dello scritto, il televisore non richiede la
totalità dell'attenzione, in quanto la parola fonetica ha bisogno di essere sviluppata in
concetto, mentre all'immagine basta essere recepita. Si spiega così la sua capacità
persuasiva ed il suo utilizzo in primo luogo per intrattenimento. I due fatti in sé non
hanno accezione negativa, ma accentuano il mercato dei media, in monopolizzazioni
non a fine di propaganda ideologica, ma di guadagno. Nessuno può negare la
proliferazione della pubblicità, fondata sul carattere metonimico del desiderio15.
La percezione trascendente svanisce sempre più nei mass media, poiché i media
possono costruire solo un discorso materiale (non materialista!), concreto e di
immagine, quindi non conciliabile con la trascendenza concettuale. In Occidente, dove
la concezione del divino ha la tendenza ad astrarsi eccessivamente, tanto nella religione
quanto nella filosofia, lo si è avvertito molto, spesso senza rendersi conto che il limite
era insito nel mezzo stesso.
In compenso può nascere la religione dello spettacolo, fondato sul discorso
dell'appariscenza, ed inestricabilmente legata al mercato. Non si parla a caso di "idoli
dello spettacolo".
7. Comunicazione interattiva e consapevolezza policentrica
Come, per la consapevolezza tecnologica, mi sono rifatto solamente al fenomeno
televisivo, così analizzerò gli odierni sviluppi attraverso la rete Internet.
Ho definito la televisione come un villaggio globale fondato sulla passività, dovuta
ad un'oligarchia di signori delle emittenti, che comporta l'appiattimento globale. La rete
ha molte caratteristiche comuni con l'apparecchio televisivo, ma ripara alla sua grande
pecca, fondandosi sull'attività di chiunque per la costruzione ed espansione della rete
stessa, quindi sulle diversità. É il primo mass media gestito dal pubblico.
Comunicazione interattiva, non più unilaterale, ma dialogica, eppure impersonale.
All'interno della rete la fusione immagine-realtà è potenziata, non essendoci
differenza a livello di concezione: l'immagine virtuale è reale, ma non è la realtà. C'è,
ma non esiste. Si prenda per esempio il gioco finanziario in Borsa, in cui si muovono
dei numeri (i punti), non dei soldi concreti: sono soldi virtuali, ma reali. L'elemento
materiale è però sempre più distante. La rete non ha limiti di materiale, né di esigenze,
né di tempo. É una meta-realtà che coniuga il linguaggio della possibilità (concettuale)
con quello della concretezza (immagine).
Notavamo nel punto precedente che siamo giunti a concepire l'uomo come individuo,
nel peggiore dei casi un singolo da riempire con le proprie idee. Nella nostra epoca c'è
una rivendicazione dell'individuo, che spodestato dalla sicurezza della società e gettato
nel mare dell'informazione, si pone al centro del mondo. Per esempio, in Internet, il
7
singolo è al centro scegliendo gli argomenti che desidera, il percorso che desidera, il
circolo di utenti che desidera. In questo modo non è solo centro della rete, del mondo,
ma è anche fonte di se stesso. Nella navigazione ci si costruisce da sé un percorso, un
contenuto, non ci si accontenta del dato da altri. La percezione soggettiva è percezione
contemporanea di essere centro e periferia.
Si è al centro tanto inviando quanto ricevendo messaggi. É stata restituita quella
centralità della persona che nel processo comunicativo era stata monopolizzata. Dialogo
ristabilito, dunque. Sì, ma impersonale. Si invia, ma non si sa effettivamente a chi si
invia: si comunica con una persona che si conosce virtualmente, ma che nel reale
potrebbe essere completamente diversa da come mi si è presentata. Posso essere un
nome, una sigla, il mio personaggio ideale, mutare personalità, età, sesso:
l'informazione che verrà data è così lontana dalla fonte che non la si potrà quasi mai
verificare. D'altro canto dobbiamo constatare che l'uomo è sempre meno condizionato
dalla propria corporeità e in qualche misura dalla propria naturalità.
Possiamo dire che davanti ad una percezione cosmologica totale, sviluppato dalla
tecnologia come unione di realtà e possibilità, l'uomo si pone a sua volta come uomo
totale, unione di realtà e possibilità che si manifesta nell'interattività16.
Nella meta-realtà, in quanto realtà totale che contempla tutto, ogni informazione ed
ogni dato, non esistono assoluti. Sono eliminati tutti i confini stabiliti, tanto geografici
quanto morali. L'autorità non ha alcun effetto su Internet (i tentativi di legislazione sono
molto labili). La rete globale, infinita, non ha un centro. Ogni nodo può essere un
centro. Eliminata la distanza tra soggetto trasmittente e soggetto ricevente, subentrando
quindi nella simultaneità, ho la possibilità di avere più centri in contemporanea.
É il passaggio dalla cultura monocentrica a quella policentrica.
Questo cambia ogni percezione. Il soggetto non ha più alcun determinismo: nella rete
può essere chi preferisce, costruendosi differenti personalità. Il mondo, le istituzioni, le
autorità perdono significato nella loro relatività. Se, come premettevo in 1.2, il mass
media è primariamente frutto di una percezione mutata, stiamo per assistere ad un
passaggio epocale di caduta di vecchi valori e nascita nuovi, o più probabilmente di
sintesi fra di essi.
Anche la percezione trascendente muta con forza.
Qui un Dio Assoluto, nell'astrazione protratta dal linguaggio fonetico, non può
reggersi: ogni dio è parimenti buono. Un dio centrale non può consistere.
É possibile, mi chiedo, che l'unico assoluto ammesso sia la totalità della rete stessa?
Sarebbe contradditorio: la smascheratrice di assoluti che si autoimpone come assoluto.
Ci ritroveremmo con una concatenazione d'identità che terminerebbe per necessità con
la cancellazione dell'alterità individuale e quindi della possibilità stessa di comunicare.
Ma il sistema non può portare in sé la sua stessa negazione. Al ripiegamento su di sé
conseguirebbe il non-essere, l'autoannientamento.
Vi scorgo piuttosto il vantaggio di poter ritornare al Dio trascendente come concepito
all'inizio, senza le assolutizzazioni di una totale astrazione o di una totale
identificazione, ma riconosciuto nella tensione tra esse, statica e dinamica al contempo.
Tensione, non fusione, che ci riporterebbe al quadro precedente. Il trascendente sta al di
fuori della rete, nel senso che è inafferrabile ed indefinibile, però in essa si manifesta
come afferrabile e definito nei suoi aspetti, uno specchiarsi nelle immagini della realtà.
Entra nella rete, dandovi significato: possibilità esclusiva della trascendenza. Se con
8
essa s'identificasse, o se ne rimanesse completamente all'esterno, saremmo comunque
nel non-senso, così come mero concetto e mera immagine, l'uno senza l'altro, sono
assurdi ed inconcepibili.
La possibilità offerta dalla rete è quindi grande. Essa può liberare non solo
dall'astrazione totale, ma anche dall'immaginificazione totale operata dal linguaggio
materiale dei media.
8. Conclusioni
Ripercorrendo rapidamente il cammino fatto ci si potrà accorgere che, pur nella loro
varietà di forme, ogni passaggio dello sviluppo mass mediale portava in sé due
caratteristiche opposte: da una parte si allargava la separazione con il rimando diretto
alla realtà, dall'altra si aumentavano le possibilità di verificare e conoscere le fonti reali.
Quest'ambiguità, tuttavia, è già insita nella comunicazione stessa. Il linguaggio è
intenzionalità oggettiva, frutto dell'unione di soggetto ed oggetto, ma anche della
separazione da essi17. É proprio il suo procedere indipendente ad allontanare il soggetto
dall'oggetto, ma anche a riavvicinarlo, poiché da essi proviene. Attua, cioè, l'unione in
opposizione.
Questa considerazione serve a dirci che l'evoluzione dei mass media è stato un
procedimento assolutamente naturale. La consapevolezza ontologica dell'uomo ne è alla
radice, in quanto si esprime nel linguaggio. La tecnica manifesta l'intenzionalità di
superare i limiti di quantità del linguaggio, per comunicare con più persone possibili, e i
limiti di qualità, poiché la comunicazione non è mai perfetta. Lo sviluppo dei mezzi di
comunicazione non ha fatto altro che ampliare su scala sempre maggiore aspetti positivi
e negativi della comunicazione stessa, accentuando la percezione delle tre coordinate
ora secondo la divisione, ora secondo l'unione.
La comunicazione perfetta è impossibile per l'uomo? Pare di sì. Ci sono dei confini
che non si possono valicare, se non a prezzo della propria identità individuale.
Una seconda considerazione vuole spingersi, dopo tante considerazioni sul passato e
sul presente, su ciò che sarà. Sono molti a sostenere che le visioni sul futuro della
comunicazione siano illazioni romanzesche o, nel migliore dei casi, profezie
autoavveranti. Ma soffermiamoci a riflettere. Dalla scrittura manuale, che copre alcuni
millenni, alla stampa a caratteri mobili, che resiste per tre secoli, alla rotocalco, alla
televisione, al computer, tutti passaggi avvenuti nell'arco di pochi decenni, ci
accorgiamo come l'evoluzione tecnologica ha accelerato i suoi ritmi. Il prossimo futuro
non lascia intravedere una diminuzione di velocità; al contrario. «Stiamo, dunque, per
avvitarci in un vortice evolutivo, dove la paura della velocità non dovrà darci la nausea
[...] La realtà che sta prendendo consistenza è che non esistono alternative alla
conoscenza e all'utilizzo dei mezzi di comunicazione più aggiornati, quale presupposto
stesso di avere garantita una esistenza in quanto soggetti sociali»18. All'interno di questa
velocizzazione cresceranno gli analfabeti delle nuove realtà, come già oggi troviamo
molti analfabeti informatici, e la sfida sarà proprio nel non farsi cogliere impreparati,
per non trovarsi ai margini della società.
Ci sono tesi che riguardano non solo lo sviluppo tecnologico, ma la stessa evoluzione
umana. «La somministrazione generalizzata di informazioni nelle più varie forme e in
dosi massicce, provoca delle mutazioni psico-sensoriali, e quindi anche culturali, che
possono anticipare, a più lungo termine, delle discontinuità di identità antropologica. La
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capacità di gestire uno stato di cambiamento continuo postula un salto di qualità
culturale, e forse anche biologico, da lasciare sgomenti i manovratori
dell'immobilismo»19.
É vero chi si trattano solo di teorie, ma è vero anche che sono teorie fondate. É il
caso d'inquietarsi per il mondo e gli uomini che vedremo nascere?
Si è detto che andiamo incontro a grandi mutamenti. Un mutamento, perché sia tale,
presuppone tre passaggi: l'eliminazione di vecchi elementi (morte) e lo stabilirsi di
nuovi (generazione), in cui, tuttavia, permane sempre un'impalpabile presenza
dell'elemento precedente (trasmissione). Quindi in ogni quadro prospettato, anche nel
più apocalittico, è piantato un germe di speranza.
Ogni cosa cambia, ma niente viene perso.
Paolo Pegoraro
Note
2
«L'apertura dell'io verso l'altro da sé è essenziale alla stessa sussistenza della persona; la causa ultima di
questo fatto evidente è la pluralità delle persone nell'unica natura umana. Perciò ogni uomo è
costitutivamente aperto verso gli altri soggetti umani; e tale apertura, in forza anche della mascolinità e
femminilità, determinazioni archetipe della persona umana, conduce alla famiglia, all organizzazione
delle attività economiche e della convivenza sociale (ruoli istituzionali e forme delle nuove generazioni) e
politica (forme di governo e amministrazione della giustizia» S. BABOLIN, Produzione di senso.
Introduzione alla filosofia della cultura, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 1996, 52.
3
C. HUBER, cit., 134 e 136.
4
C. HUBER, cit., 149.
5
Fino a pochi decenni fa, in Italia, le persone più importanti in un paese erano il prete, il dottore, il
sindaco ed il maestro, coloro che "hanno studiato" ed incutevano un sacro rispetto sul popolo analfabeta.
6
C. HUBER, cit., 150.
7
N. CASTAGNI, Gutenberg: la mirabile invenzione in AA.VV., Dalla selce al silicio. Storia dei mass
media, Gutenberg 2000, Torino 1984, 110.
8
Naissance de l'écriture, catalogo della mostra, Paris 1982, 174; citato in AA.VV., cit., 37.
9
N. CASTAGNI, cit., 112-113.
10
Il canone in sé non è male, così come non lo è la gerarchia finalizzata all'ordine. Altro discorso è il
canone imposto con mera motivazione autoritaria, così come una gerarchizzazione fine a se stessa per
mantenere il potere.
11
Tutti i media saranno utilizzati così. Cosa sarebbe stato il nazismo senza la radio? O la guerra del Golfo
senza la televisione, che costruì una pseudocronaca di falsi filmati?
12
C. SARTORI, L'occhio universale in AA.VV., cit., 202.
13
Per questo non posso utilizzare i mass media per trasmettere la fede, o amministrazione dei sacramenti,
perché la fede è relazione personale e collettiva con il trascendente. I mass media potranno trattare un
discorso di pre-evangelizzazione, di preparazione all’ascolto, di informazione e diffusione.
14
C. SARTORI, cit., 203.
15
«In altre parole, mi sembra si possa prendere la metonimia come paradigma, per evidenziare la naturale
estensione dei nostri desideri; estensione che si verifica secondo le leggi della contiguità degli oggetti
desiderati; contiguità che può essere fisica, rappresentativa ed emozionale» S. BABOLIN, cit., 115. É
evidente come nella pubblicità vengano abbinati ai prodotti caratteristiche o situazioni desiderabili che
non sono del prodotto in sé, ma che il pubblico crede inconsciamente di poter acquistare con esso.
16
«Se ciò può sembrare, oggi, ancora un'eccessiva forzatura della nostra condizione antropologicoculturale, si pensi al modo in cui vanno strutturandosi, nel contesto post-industriale, i sistemi di
archiviazione di dati, che sono destinati a costituire la vera "memoria collettiva" dell'umanità. Impiantate
10
nelle "aree forti" del mondo (forti economicamente e politicamente, nonché tecnologicamente) essi hanno
per loro natura privilegiata, e reso anzi imprescindibile, il filtro dei mass media» C. SARTORI, cit., 199.
17
La riflessione su questo aspetto venne estremizzata in alcune posizioni. «Il filosofo francese Henri
Bergson visse e lavorò in una tradizione intellettuale nella quale si riteneva a e si ritiene il linguaggio una
tecnologia umana che ha svalutato e diminuito i valori dell'inconscio collettivo. É l'estensione dell'uomo
nella parola che permette all'intelletto di staccarsi da una realtà assai più ampia. [...] Il linguaggio fa
insomma per l'intelligenza ciò che la ruota fa per i piedi o per il corpo: permette agli uomini di spostarsi
da una cosa all'altra con maggior facilità, maggior disinvoltura e sempre minore partecipazione. Estende e
amplifica l'uomo, insomma, ma ne separa anche le facoltà. [...] Il linguaggio separa di fatto l'uomo
dall'uomo e l'umanità dall'inconscio cosmico» M. MCLUHAN, Gli strumenti del comunicare, Il
Saggiatore, Milano 1967, 85. Nel nostro contesto consideriamo il linguaggio non come tecnica, ma come
espressione necessaria della consapevolezza stessa, più che dell'intenzionalità, e già insito
nell'intersoggettività.
18
E. CARITÀ, Siamo già nel futuro in AA.VV., cit., 255.
19
E. CARITÀ, Siamo già nel futuro in AA.VV., cit., 255-256.
Bibliografia
AA.VV., Dalla selce al silicio. Storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1984.
BABOLIN SANTE, Produzione di senso. Introduzione alla filosofia della cultura, Editrice Pontificia
Università Gregoriana, Roma 1996.
HUBER CARLO, Critica del sapere, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 1996.
MCLUHAN MARSHALL, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967.
[Il seguente articolo è stato presentato come elaborato del primo anno di Filosofia
presso la Pontificia Università Gregoriana, anno accademico 1997-‘98; direttore Carlo
Huber S:I.]
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