CORSO CASE MANAGER
“LA CONTINUITA’ DELL’ASSISTENZA TRA
OSPEDALE E TERRITORIO: VINCOLI E
OPPORTUNITA’”
Di
Carla Camarda
Sonia Ferrari
Sandra Galassi
Lara Paolini
Docenti
Silvia Marcadelli, Daniela Bosco
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Introduzione
In un confronto tra Infermieri professionali del territorio (Porto-Saragozza) e Infermieri
professionali della geriatria dell’O.M. sulla domiciliarità di pazienti ricoverati, sono state
riscontrate una serie di problematiche generali fra cui il problema da noi maggiormente
preso in considerazione è la mancanza di comunicazione e d’informazione fra territorio
ed ospedale con conseguente mancanza di continuità assistenziale.
La continuità dell’assistenza, che inizia con la corretta valutazione della persona e della
sua rete informale di cura, e si può perseguire attraverso:
 modalità di ascolto reciproco (operatori ospedalieri – operatori territoriali).
 il superamento del problema del contenimento dei tempi di ricovero che
impone dimissioni precoci, se la persona o la famiglia non sono pronte per
affrontare la situazione a domicilio.
 La definizione ed attuazione di percorsi di educazione ed addestramento all’uso
di tecnologie o metodiche assistenziali (gestione del catetere venoso centrale,
p.e.g., terapia insulinica) già durante il ricovero anche se i tempi sono stretti,
attraverso lo sviluppo di modalità di comprensione e coinvolgimento dei
famigliari.
Il nostro obiettivo è stato quello di costruire uno strumento specifico professionale sulla
presa in carico del paziente dal momento del ricovero in ospedale fino al momento
della domiciliarità.
Gli infermieri del territorio hanno fornito tutte quelle informazioni al tempo
sconosciute dagli infermieri della geriatria, di ciò che deve essere valutato sull’assistito e
sulla persona di riferimento in ospedale per garantire successivamente una continuità
assistenziale adeguata in ambito domiciliare.
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territorio
per far capire
far capire
ospedale
L’integrazione tra servizi costituisce il fondamento istituzionale delle strutture sanitarie a
livello territoriale.Non sono solo gli aspetti economici che interessano e definiscono
l’integrazione socio-sanitaria. E’ piuttosto il bisogno. Infatti la distinzione tra la sfera dei
bisogni sociali e quella dei bisogni sanitari è sfumata e nella realtà gli uni si intrecciano
con gli altri: chi si ammala rischia di impoverirsi così come le forme di indigenza
favoriscono alcune malattie.
La sanità ha un ruolo da protagonista in materia di assistenza e prevenzione ma il
concetto di tutela della salute non può essere scisso dai problemi della persona: status
sociale, ambiente familiare, implicazioni socio culturali, fattori economie e geografici
sono elementi che devono essere presi in considerazione anche da chi si occupa della
cura della persona e della collettività. Non c’è una visione dominante, entrambe le
dimensioni devono trovare vie di comunicazione per rendere concreti gli interventi
assistenziali, coerenti e soprattutto utili alla persona che ne è al centro.
Si tratta di stabilire relazioni di continuità e di raccordo di mantenere un canale di
comunicazione efficace tra gli operatori di diversi livelli e di diverse strutture ma con
l’unico obiettivo di assistere le persone in modo unitario, globale e individualizzato.
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Presa in carico
ASSISTENZA DOMICILIARE
L’assistenza domiciliare è l’insieme degli interventi a domicilio del paziente che
tendono a fornire
Cure mediche, infermieristiche e di tipo assistenziale informa integrata, nel rispetto dei
diritti del paziente per evitare il ricovero in ospedale o in strutture di lungo degenza.
Negli ultimi dieci anni in Italia, si è assistito ad un duplice fenomeno: da un lato
l’aumento della vita media con tasso di crescita zero (aumento della popolazione
anziana rispetto a quella adolescente) dall’altro un incremento dell’incidenza di
patologie un tempo a prognosi infausta a breve termine soprattutto nel campo
oncologico.
Da qui si capisce come la Geriatria e L’oncologia siano i campi elettivi di intervento
delle cure domiciliari.
Nel tentativo di umanizzare il servizio sanitario di migliorare la qualità della vita e della
morte, dal punto di vista del contenimento dei costi favorito dalla diminuzione delle
ospedalizzazioni e dalla riduzione dei tempi di degenza, l’infermiere professionale che
sarà sempre più presente nel territorio è chiamato con la sua arte di” professionista
della relazione di aiuto” a favorire e promuovere questi intenti.
L’efficacia degli interventi del team multidisciplinare (il M.M.G. – I.P. – A.S. ecc) sarà
determinata dal rispetto della regola della comunicazione dell’informazione.
La relazione che l’infermiere saprà instaurare con l’utente determinerà la riuscita o
meno degli interventi.
Le difficoltà che incontrerà nell’operare fuori del ”setting” abituale saranno tanto più
superabili maggiore sarà la capacità dell’infermiere di COMPRENDERE , prima di
ogni intervento , CHI e CHE COSA sta chiedendo.
L’assistenza domiciliare è una modalità d’erogazione dell’assistenza presente sul
territorio da molto tempo.
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Il modello organizzativo del lavoro nell’erogazione dell’assistenza è ancora oggi, legato
al così detto “metodo funzionale”. Nell’assistenza domiciliare questo si traduce con
l’identificazione di, prestazioni standardizzate da erogare ai pazienti in carico al servizio
secondo un modello prescrizione/prestazione.
L’efficienza dell’organizzazione è rappresentata dalla quantità delle prestazioni
medesime. L’attuale orientamento tende a superare la definizione delle competenze
infermieristiche sui compiti mansioni per passare al concetto più ampio d’assistenza
infermieristica per funzione, cioè aree d’azione specifiche in cui l’infermiere, in modo
responsabile e autonomo, possa offrire un’assistenza globale e individualizzata secondo
presa in carico e gestione dell’intera complessità del caso.
La suddivisione del territorio in settori di responsabilità e conseguente assegnazione di
infermieri alle zone, può far assimilare il modello a quello per settori, più noto, adottato
all’interno delle strutture ospedaliere.
Tale modello prevede la suddivisione in un numero di settori adeguato alla grandezza
del territorio, sulla base di criteri demografici (residenza e densità territoriale
(distribuzione strade, lontananza, difficoltà a raggiungere i luoghi).
I vantaggi di questa modalità organizzativa sono:
 chiara identificazione dell’assegnazione e dell’area di responsabilità;
 evidenza del carico di lavoro d’ogni infermiere;
 ottimizzazione de i percorsi;
 maggiore
continuità
assistenziale
ed
una
migliore
correlazione
infermiere/paziente.
Gli svantaggi invece sono:
 possibilità di carichi di lavoro squilibrati se la zona presenta una grande incidenza
di domanda;
 possibilità di creare aspetti di rigidità per il sentimento di appartenenza alla zona
se non sono istituite rotazioni adeguate;
 richiede uno scambio di informazioni maggiore e maggiormente dettagliato
soprattutto per far fronte alla reperibilità prefestive e festive.
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La modalità operativa è quella della presa in carico globale.
La gestione del caso come regola operativa si manifesta attraverso la programmazione
degli interventi, l’analisi dei problemi e il coinvolgimento degli altri professionisti nella
soluzione delle problematiche emerse.
La valutazione delle risorse interne alla famiglia e il loro coinvolgimento nel progetto
assistenziale, è sempre più attività fondamentale per la garanzia d’assistenza continua ed
accudimento efficace.
Il case management diventa la modalità operativa (e non ruolo) per l’erogazione
dell’assistenza. Sulla base di capacità di gestione sempre più raffinate è possibile portare
ad una progressiva crescita professionale l’intero gruppo infermieristico. Le
competenze necessarie ai professionisti che operano nel servizio devono essere
sviluppate in tal senso e progressivamente al fine di rinforzare e mantenere in essere la
modalità operativa in modo non dipendente dalla presenza/assenza di specifici
operatori.
L’accoglienza è un’attività che assume sempre più la caratteristica non solo di
accettazione delle richiesta ma anche di primo contatto con gli assistiti e di valutazione
del bisogno.
La valenza organizzativa svolta da quest’attività si presenta strategica. Infatti, non sono
solo fornite risposte ai bisogni, ma viene effettuata una valutazione di priorità
preliminare oltre che attività negoziale che cerca di conciliare domanda ed attesa.
OSPEDALE
In particolare per gli anziani, l’ospedalizzazione impropria, è un fenomeno di attualità e
su di essa è stata posta molta enfasi soprattutto nei documenti di pianificazione e
programmazione sanitaria.
Ma parallelamente al fenomeno dell’ospedalizzazione impropria si assiste al rischio
della “deospedalizzazione” impropria di malati cronici anziani e non autosufficienti. In
particolare l’introduzione del sistema DRG, la riduzione del tempo di ricovero, spinge
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a ricercare soluzioni alternative senza le opportune valutazioni sulla fattibilità
dell’assistenza e sul carico che tale assistenza comporta, soprattutto per le famiglie, al di
fuori di un sistema di cure protetto come l’ospedale dotato di organizzazione e di
specifiche risorse tecnologiche e personali.
Definire le cause del fenomeno dell’ospedalizzazione impropria non è così semplice, vi
possono essere varie cause:
 motivi di carattere organizzativo legati alla distribuzione territoriale dei servizi;
 motivi personali per atteggiamenti e comportamenti sanitari messi in atto da
parte dei soggetti o da parte delle famiglie

informazione non adeguata circa le risorse territoriali cui è possibile accedere
con il conseguente orientamento della domanda prevalentemente nei confronti
delle strutture maggiormente visibili come gli ospedali;

carente coordinamento tra servizi soprattutto tra servizi ospedalieri e servizi
territoriali.
Quanto si pensa al coordinamento tra servizi non si può fare riferimento alla modalità
di presa in carico della persona e dei suoi bisogni, che viene inevitabilmente influenzata
dal contesto di riferimento. Ed il contesto ospedaliero e quello domiciliare sono
talmente diversi sa portare enormi differenziazioni di valutazione.
Uno dei più grossi problemi che emerge nella comunicazione ospedale territorio è
proprio legato a questo aspetto di difficoltà nel cogliere l’intera complessità della
persona, durante dopo l’evento malattia.
La presa in carico della persona che viene fatta all’interno del contesto ospedaliero è
fortemente condizionata dalla struttura organizzativa ospedale che esercita una forte
pressione sulla persona e gli impedisce di esprimere le attività di vita come farebbe a
domicilio tanto che alcune di queste attività rischiano di uscire dalla rilevazione ai fini
del processo assistenziale.
Per esempio per la valutazione dei ricoverati alcuni reparti fra cui quello di Geriatria
dell’ospedale maggiore utilizzano Teoria
Infermieristica delle Attività di Vita
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rielaborata in Italia, riadattando il modello inglese elaborato dalle teoriche N. RoperW.W. Logan- A. Tierney.
Il modello originale prende in considerazione 12 attività di vita mentre la rielaborazione
italiana, ne prende in considerazione solo sette delle 12 originali escludendo: lavoro e
svago, sicurezza ambientale, espressione della sessualità, morire e il mantenimento della
temperatura corporea.
La semplificazione del modello originale può trovare spiegazione solo nel fatto, come si
diceva sopra, che la struttura organizzativa ospedale non consente all’individuo di
esprimere tutte le attività, ciò ne rende sicuramente difficile l’osservazione e la
valutazione.
Infatti le attività escluse sono quelle più direttamente collegate alla espressione
dell’individualità soggettiva della persona che, inserita in una struttura ospedaliera, di
cui deve rispettare tempi, ritmi e spazi, “sospende queste attività in attesa di riprenderle
una volta reinserito nel suo mondo vitale quotidiano.
A questo si deve aggiungere che la previsione di un progetto assistenziale a domicilio,
eseguita prima della dimissione anche dagli stessi operatori dell’assistenza domiciliare
può incorrere negli stessi errori di valutazione se l’assistito non è già conosciuto dal
servizio domiciliare.
PROBLEMI
Nessun secolo ha mai conosciuto un progresso così sconvolgente nelle cure come il
novecento ma al pari delle innovazioni sorgono nuovi problemi: si assiste infatti ad una
crisi del welfare state sanitario, che nasce dalla scarsità delle risorse disponibili, della
crescita continua della spesa sanitaria dovuta anche all’invecchiamento progressivo della
popolazione e dalla brusca crescita di domanda di servizi sanitari.
Nuovi temi come l’equità, l’efficienza economica delle risorse permeano l’attuale
riflessione sulla salute.
Il servizio sanitario nazionale si è trovato, e si trova, a dover affrontare crescenti
problemi sanitari, legati all’aumento della componente anziana della popolazione e al
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prevalere di patologie cronico-degenerative, che sono caratterizzati da pluripatologie e
limitazione dell’autosufficienza.
L’approccio
a
queste
problematiche
deve
necessariamente
essere
di
tipo
multidisciplinare per poter affrontare le situazioni emergenti in modo globale.
La professione infermieristica non può non confrontarsi con i temi della complessità
del sistema socio sanitario e della complessità dell’assistenza .
Inoltre come ulteriore elemento di complessità, va attentamente considerata la
dimensione relazionale in particolar modo dell’ assistenza infermieristica, poichè
l’assistenza non è solo azione ma anche, o forse soprattutto, relazione.
Nella relazione assistenziale non vi è solo la componente che riguarda “l’altro”, cioè il
destinatario delle cure, ma vi è ciò che riguarda “se stessi”, i significati che alcuni
concetti hanno per colui chele cure le dispensa. Tali significati possono influenzare il
modo di pensare e di offrire assistenza.
La dimensione relazionale inoltre, si esplica nella dimensione negoziale dell’assistenza,
dimensione che non solo ha come direzione la relazione infermiere-assistiti, ma che si
rivolge anche alle figure professionali e di supporto con cui l’infermiere
quotidianamente si confronta e collabora nell’attuazione del progetto assistenziale.
Se da un lato la garanzia di una corretta metodologia nella pratica viene assicurata
dall’applicazione di processi, procedure di provata efficacia, rimane ancora in
discussione il lato di come le persone assistite, ma anche gli operatori percepiscono e
agiscono la qualità del e nel loro operato. E’ quindi complesso anche il tema della
qualità percepita dagli operatori. Noi siamo gli erogatori finali e la valutazione del
prodotto fornito dal sistema passa attraverso e anzi, finisce (o inizia?) con noi. La
qualità deve diventare un metodo di lavoro, che comprenda la garanzia di erogazione di
un’assistenza tecnicamente e scientificamente corretta, un’assistenza appropriata ai
problemi della persona e della famiglia, e un’assistenza che valorizzi la relazione
assistenziale che si instaura con gli assistiti.
Difficilmente l’assistito ha la competenza per valutare la qualità dell’assistenza ricevuta
da un punto di vista tecnico, mentre è la dimensione relazionale quella che gli assistiti
sono generalmente, in grado di valutare.
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Occorre acquisire competenze relazionali profonde, capacità di lettura dei bisogni e
delle domande, occorre acquisire abilità di gestione delle relazioni problematiche ed
occorre saper condurre relazioni di tipo negoziale con gli assistiti, con i loro parenti e
con i componenti dell’èquipe di cura sempre più multidisciplinare e sempre più
terreno di confronto interdisciplinare.
La partecipazione dell’infermiere nell’équipe multidisciplinare, con ruolo riconosciuto
e legittimato si incontra, perla prima volta, nel Piano Sanitario Nazionale 1991-95 e nel
Progetto Obiettivo “Tutela della salute degli anziani”. E’ qui che vengono fornite le
indicazioni per l’istituzione delle Unità di Valutazione Geriatria, commissione
multidisciplinare che ha l’obiettivo di effettuare una valutazione multidimensionale , per
affrontare adeguatamente le problematiche connesse all’invecchiamento.Questa
metodologia si sviluppa grazie ai nuovi orientamenti culturali che sottolineano
l’importanza dell’approccio globale alle esigenze dell’anziano, per cui sono necessarie
diverse professionalità per valutare diversi problemi afferenti a diverse sfere di
competenza per individuare strategie di possibili solutone in una visione globale della
persona.
La metodologia della valutazione mutlidmensionale da “tecnologia specifica della
geriatria” si estende, quindi, ad altri ambiti e diventa metodologia per la complessità.
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COSTRUZIONE DELLO STRUMENTO
Prendendo in considerazione La Teoria delle Attività di Vita di N. Roper-W.W.
Logan- A. Tierney, abbiamo costruito una scheda in cui vengono rilevate rilevate al
momento dell’ingresso in reparto i bisogni o necessità dell’assistito. Successivamente
Vengono monitorizzati gli interventi infermieristici agendo anche sull’informazione
all’utente e familiari in modo da attuare gli interventi di prosecuzione assistenziale
infermieristica domiciliare, in maniera tempestiva anche durante il ricovero. Inoltre il
medesimo strumento viene utilizzato come scheda di lavoro dal case manager del
territorio per reperire informazioni sull’assistito. Il perno dell’assistenza domiciliare è il
familiare di riferimento, che è responsabile dell’assistito, e può delegare a terzi le
prestazioni necessarie, anche non convivendo con l’utente. Da ciò ne consegue che
l’educazione sanitaria viene attuata a persone diverse dal familiare di riferimento che
nella scheda abbiamo perciò denominato “ persona di riferimento”.
La scheda è composta da una prima parte dove vengono raccolti una serie di dati
anamnestici in cui sono indicati i dati anagrafici del paziente e della persona di
riferimento, inoltre è presente una breve sintesi anamnestica sulla patologia che ha
portato all’ospedalizzazione.
Successivamente la scheda viene divisa in tre parti:
 Nella prima parte vengono elencate le dodici attività di vita ed analizzate al
momento dell’ingresso del paziente in reparto al fine di rilevare i bisogni di
educazione sanitaria da effettuarsi sul paziente e/o persona di riferimento
 Nella seconda parte vengono elencati gli interventi educativi effettuati
dall’infermiere dell’ospedale.
 Nella terza parte si evidenziano i problemi ancora da risolvere al domicilio.
Nella parte finale si è pensato di riservare uno spazio sulle considerazioni/valutazioni
finali del case manager ospedaliero e territoriale sulla dimissione del paziente con i dati
raccolti e su dove realmente è andato.
Vedi allegato 1
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SPERIMENTAZIONE E RISULTATI
Non avendo avuto disposizione un tempo abbastanza lungo per una sperimentazione
completa sia in ambito ospedaliero che territoriale , lo strumento è stato saggiato solo
nell’unita’ di Geriatria dell’Ospedale Maggiore per un periodo di circa un mese.
Ciò nonostante abbiamo rilevato punti di debolezza e punti di forza:
PUNTI DI DEBOLEZZA:
 Lo strumento per essere compilato correttamente ed esaurientemente necessita
di un tempo abbastanza lungo in quanto è necessario fare un colloquio con il
paziente e la persona di riferimento
PUNTI DI FORZA
 All’ingresso nell’unità operativa si ha un quadro globale del paziente e della
persona di riferimento grazie alla Teoria delle Attività di Vita di N. RoperW.W. Logan- A. Tierney.
 Si focalizzano nell’immediato le necessità del paziente e della persona di
riferimento con conseguente personalizzazione degli interventi.
 Consente di rinforzare un modello organizzativo in un contesto di cartella
infermieristica.
 Aumento della gratificazione personale date da una programmazione di
interventi che prima non venivano rilevate ed anche dovute ad una capacità
valutativa personale infermieristica sulla domiciliarità del paziente.
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CONCLUSIONI
Questo lavoro ci ha portato a constatare come in ambito ospedaliero ci sia una carenza
di informazioni da parte degli stessi colleghi sull’assistenza domiciliare e le varie
opportunità che questa offre.
In ambito ospedaliero infatti il paziente non viene considerato in tutta la sua globalità
intendendo con tale termine anche tutto l’entourage familiare.
Lo scambio di informazioni e di comunicazione fra territorio e ospedale necessari per
questo lavoro ci ha arricchito professionalmente e ci ha fatto capire che l’assistenza
infermieristica non va erogata a compartimenti stagni.
PROPOSTA
Viste le conclusioni pensiamo che possa essere utile da parte dell’azienda l’adozione di
strumenti operativi e di informazioni che consentano la continuità assistenziale
dall’ospedale al territorio sostenute dalla metodologia del case management.
Successivamente si potrebbe ipotizzare un’attivazione del servizio infermieristico
domiciliare da parte del case manager ospedaliero, dando così una continuità
assistenziale al malato e ai suoi familiari in tempi più brevi, ciò non escluderebbe il
medico di base come responsabile terapeutico.
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