Introduzione - Fondazione Carlo Molo

annuncio pubblicitario
CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE E COMPORTAMENTO SESSUALE
DEI PARTNERS DEI TRANSESSUALI
M. Molo, P. Cantafio
Introduzione
La coppia transessuale è stata finora oggetto di pochissimi studi, pubblicati per lo più agli
inizi degli anni 80. Non è chiaro il motivo per il quale ciò si sia determinato: forse la
difficoltà ad avallare l’esistenza di una coppia transessuale da parte della comunità
scientifica, o forse la reticenza dei partner a collaborare ad una ricerca.
Riteniamo che questo nostro lavoro possa dare avvio ad un approfondimento delle
modalità relazionale nella Disforia di genere.
Scopo della ricerca
Da più di dodici anni seguiamo pazienti transessuali e siamo venuti a contatto con i o le
partner soprattutto quando presso il Consultorio di Sessuologia dell’Ospedale Mauriziano
è stato organizzato un gruppo tipo auto-aiuto cui partecipano anche essi.
L’interesse nei loro confronti si è concretizzato inizialmente in tre interrogativi:
1. I partner dei transessuali sono psicologicamente disturbati?
2. I partner dei transessuali sono omosessuali?
3. Qual è la loro vita sessuale?
Lo studio è stato reso possibile da fatto che un’elevata percentuale di soggetti transessuali
ha una relazione di coppia stabile e in alcuni casi anche di convivenza.
Per quanto riguarda il nostro primo quesito, abbiamo indagato sia l’eventuale presenza di
patologia psichiche sia di disturbi di personalità, che sono entità nosologiche ben distinte
dalle prime; a tal proposito il DSM III-R definisce il disturbo di personalità “un modello di
comportamento e di esperienza interiore che si discosta dalle aspettative culturali e sociali,
investe tutta la vita dell’individuo, si mantiene nel tempo e determina disagio o
menomazione”; si parla di disturbo solo quando i tratti di personalità sono rigidi e non
adattivi, causano una compromissione funzionale significativa o una sofferenza soggettiva.
La risposta al secondo quesito ha richiesto un approfondimento del concetto di
omosessualità, il che ha comportato di conseguenza uno studio dell’identità sessuale dei
soggetti, nei suoi aspetti di ruolo di genere, orientamento di genere e schema corporeo.
Per ruolo di genere si intende tutto quello che una persona fa o dice per indicare agli altri o
a se stesso il grado della sua mascolinità, femminilità o ambivalenza: è l’espressione
esteriore dell’identità di genere.
L’orientamento di genere indica l’oggetto della pulsione libidica, che può essere
eterosessuale, omosessuale o di entrambi i tipi.
Il concetto di schema corporeo si riferisce non solo a come si percepisce il proprio corpo,
ma anche al vissuto relativo a tale percezione, perciò è una aspetto importante del
concetto globale di sé di ogni individuo.
Ritornando al concetto di omosessualità, una definizione largamente accettata è quella di
Money che riprende nel 1988 una definizione di Kinsey del ’48:
“Essere sessualmente attratti ed eccitati ed anche innamorarsi solo di una persona con la stessa morfologia
del corpo ed anatomia degli organi genitali come la propria. L’identità di genere non può essere privata della
sua base sessuo-erotica”
Originariamente l’orientamento sessuale di un soggetto era stato ipotizzato
esclusivamente etero od omosessuale, non veniva riconosciuta la bisessualità pur
ammettendo che in ogni individuo esistesse una potenzialità bisessuale. Così si riteneva
che si proclamassero bisessuali solo coloro che non volevano confrontarsi con la loro
omosessualità. ll comportamento normale veniva riconosciuto solo nell’eterosessualità,
mentre l’omosessualità veniva considerata un arresto di sviluppo, quindi un aspetto
deviante. Una visione meno rigida sull’orientamento sessuale ha potuto svilupparsi sulla
base di studi socio-psicologici e transculturali, per cui già nel DSM III l’omosessualità non
è più stata inclusa tra i disturbi patologici. Anche se è cambiato il punto di vista teorico
sull’omosessualità, sussistono ancora problemi inerenti la bisessualità, anzi tale concetto
non è largamente accettato in campo psichiatrico e psicologico. Di bisessualità si parlava
nelle ricerche di matrice endocrinologica, riguardanti le anomalie cromosomiche o nelle
ricerche con animali di laboratorio. Generalmente i bisessuali sono equiparati agli
omosessuali. Solo recentemente il termine bisessualità è più diffuso in letteratura.
Materiali e metodi
Sono stati intervistati 17 partner di transessuali, di cui 9 donne (età media 23.4 anni) e 8
uomini (età media 31.2 anni).
Per la valutazione della personalità, abbiamo somministrato due questionari di
autovalutazione, MMPI-R e CBA 2.0. Non ci sembrava corretto usare test proiettivi a
scopo di ricerca, senza che vi fossero indicazioni cliniche. Ricordiamo che in base alla
letteratura i soggetti con disforia di genere presentano un profilo di normalità nei test di
autovalutazione, spesso un quadro borderline nei test proiettivi: anche la nostra
esperienza conferma questo dato. I disturbi di personalità sono stati valutati attraverso lo
SCID-II: è questa una intervista clinica strutturata che permette di formulare una diagnosi
di Disturbo di personalità secondo i criteri del DSM III-R.
Per quanto riguarda lo studio dell’identità di genere, abbiamo fatto ricorso ad un
questionario basato sulla Klein Sexual Orientation Gid (KSOG), griglia che misura
l’orientamento sessuale di un soggetto come processo dinamico e articolato in diverse
dimensioni. Tale griglia comprende sette variabili che sono dimensioni dell’orientamento
sessuale (attrazione sessuale, comportamento sessuale, immaginario erotico,
innamoramento, amicizia, identificazione, stile di vita) cui i soggetti attribuiscono un
punteggio da 1 (esclusivamente eterosessuale) a 7 (esclusivamente omosessuale), in un
processo dinamico riferito al passato, al presente e al come vorrebbero essere.
L’immagine corporea è stata valutata mediante un questionario che misura l’atteggiamento
di accettazione nei confronti di diverse parti del corpo, elaborato da Pauly (Body Image
Scale). Il B.I.S. è una lista di 30 tratti e caratteristiche del corpo. Il soggetto registra il suo
grado di soddisfazione o insoddisfazione rispetto ad ogni item su di una scala da 1 a 5 (3
significa neutro).
Il comportamento sessuale è stato indagato mediante un questionario specifico, che
riprende in parte quelli usati nelle ricerche sul comportamento sessuale degli italiani: tale
questionario è costituito da 11 domande a risposta multipla che verranno descritte in
dettaglio più avanti.
Risultati
Dalla siglatura dei protocolli del test MMPI-R, non emerge né tra le donne né tra gli uomini
alcuna variazione statisticamente significativa rispetto al campione di controllo.
Per quanto riguarda il CBA 2.0, tra i maschi si discosta dalla norma in modo
statisticamente significativo (p<0.005) la scala EPQ-L che evidenzia la tendenza del
soggetto a porsi in buona luce. Tra le donne si discostano dalla norma in modo
statisticamente significativo le scale EPQ-P (p<0.05), che misura l’adattamento sociale, e
la scala MOCQ 1 (p<0.05), che indaga il comportamento ossessivo-compulsivo del
controllare.
Dall’elaborazione dei dati dello SCID-II, emerge invece che un disturbo di personalità
sarebbe presente in tutti gli uomini del campione, rappresentato nell’87.5% dei casi da
Disturbo Ossessivo-Compulsivo associato a Disturbo Antisociale.
Nel campione femminile i protocolli sono però positivi solo in 1/3 dei casi.
Il Questionario sul Comportamento Sessuale evidenzia che in di metà delle donne non ha
avuto rapporti coitali, esperienza che gli uomini hanno invece tutti avuto, per lo più prima
dei 16 anni di età. Tutti gli uomini intervistati dichiarano di avere avuto solo relazioni
eterosessuali, mentre ciò era vero solo per la metà delle donne. Tutti gli uomini sono
soddisfatti della loro vita sessuale, mentre 1/3 delle donne non lo è o lo è solo in parte. Il
50% circa sia degli uomini che delle donne ammette di avere difficoltà a condurre una vita
sociale con il proprio partner transessuale. L’87.5% degli uomini e il 77.8% delle donne
appoggiano il loro partner nelle sua decisione di conversione chirurgica del sesso, gli altri
manifestano perplessità. La quasi totalità degli uomini predilige il coito anale (87.5%),
mentre tra le donne la pratica più frequente è rappresentata dalla penetrazione con dita
e/o pseudofallo (66.7%). Quasi metà delle donne stimola i genitali della partner su sua
richiesta, mentre ciò non avviene mai tra gli uomini. Solo ¼ degli uomini desidera
stimolare i genitali del partner, mentre tale desiderio è presente in 2/3 delle donne. Gli
uomini manifestano maggiore ottimismo sulla stabilità della coppia dopo l’intervento di
conversione (62.5%), rispetto alle donne (44.4%). In entrambi i gruppi i familiari sono al
corrente della situazione solo in ¼ circa dei casi.
Dal Questionario sull’Orientamento Sessuale (basato sulla KSOG) – somministrato solo a
9 soggetti su 17 – emerge un orientamento eterosessuale in 7 soggetti e bisessuale in 2
(donne): lo score medio dei soggetti risultati eterosessuali è pari a 1.5, quello delle due
donne risultate bisessuali è pari a 3.4. Ricordiamo che gli Autori della Scala definiscono
eterosessuali i soggetti che realizzano un punteggio 1-2, bisessuali quelli con punteggio 35, omosessuali quelli con punteggio 6-7.
Discussione
Per quanto riguarda l’aspetto psicopatologico, sia il MMPI-R sia il CBA 2.0 smentiscono la
presenza di disturbi significativi sia nei partner dei transessuali andro-ginoidi, che nei
partners dei transessuali gino-androidi. Le donne – secondo i dati forniti dallo SCID-II –
sarebbero per lo più anche esenti da disturbi di personalità, mentre emerge il riscontro in
quasi tutti gli uomini di un Disturbo Ossessivo-Compulsivo associato a Disturbo
Antisociale; per quanto riguarda quest’ultimo riteniamo meritevole di maggiore
approfondimento l’ipotesi che la scelta di un partner transessuale andro-ginoide si
manifesti più facilmente nei soggetti che provengono da realtà margino-sociali; il Disturbo
Ossessivo-Compulsivo si associa alla predilezione di questi soggetti per la sessualità
anale. Ciò potrebbe – secondo uno degli Autori – essere l’espressione della fissazione allo
stadio anale dello sviluppo.
Per quanto riguarda la sessualità, quasi tutti i soggetti esaminati si dichiarano soddisfatti
della loro vita sessuale. Si conferma un prevalente ruolo attivo degli uomini, con la già
citata predilezione per il coito anale: circa la metà di essi gradirebbe tuttavia stimolare i
genitali morfologicamente maschili del partner. Per quanto riguarda le donne, è più diffuso
il comportamento sessuale improntato alla stimolazione reciproca (anche in risposta a
richieste del partner con genitali morfologicamente femminili). Diversi sono poi nei due
gruppi gli atteggiamenti rispetto l’intervento: gli uomini sembrano appoggiare con maggiore
convinzione il progetto del loro partner, mentre le donne manifesterebbero maggiori
perplessità.
Non è da escludere che l’esito insoddisfacente degli interventi chirurgici di ricostruzione di
uno pseudo-pene abbia un ruolo importante nel determinare questo atteggiamento. Anche
le aspettative relative alla stabilità della relazione dopo l’intervento sono differenti: gli
uomini sono decisamente più fiduciosi rispetto al prosieguo della relazione.
Si intuisce dai dati ottenuti una maggiore stabilità e una più rigorosa definizione dei ruoli
nella coppia andro-ginoide. Inoltre, la coppia gino-androide non sembra differenziarsi
chiaramente dalla coppia omosessuale femminile.
Conclusioni
Il tentativo di classificare l’orientamento sessuale della coppia in cui uno dei partner è un
transessuale non operato evidenzia l’inadeguatezza dei termini e quindi dei criteri usati.
Se ci si basa sulla morfologia dei genitali del transessuale, il partner è da considerare ad
orientamento omosessuale prima dell’intervento di riassegnazione sessuale, mentre
diventa eterosessuale dopo. Viene pertanto definita in due modi diversi una pulsione che
non è cambiata per effetto dell’intervento. Che la morfologia genitale non sia significativa
appare anche dagli studi su omosessuali che stabiliscono rapporti sessuali genitali con
transessuali operati: è il fatto di percepire il partner come dello stesso sesso a creare la
possibilità di instaurare il rapporto. È indispensabile perciò che nella definizione di etero-,
omo-, bisessualità si includa un ulteriore elemento: il percepire il partner come
appartenente al proprio sesso o all’altro.
È evidente che nei confronti dei partner dei transessuali, non possono essere usati i
concetti usuali che si riferiscono all’orientamento sessuale, data proprio l’ambiguità del
transessuale: deve essere considerato in base al sesso psicologico, o al sesso
cromosomico, in base all’apparato genitale o al fisico trasformato dalla somministrazione
di ormoni?
Qualunque categorizzazione limita e quindi travisa la situazione concreta. Per cui ci
sembra che l’unica modalità possibile per valutare l’orientamento sessuale dei partners
debba far riferimento alla loro identità globale. Infatti l’identità sessuale non è circoscritta
all’ambito del comportamento sessuale, ma è invece un elemento essenziale dell’identità
di sé di ogni individuo.
Bibliografia
Bockting W., Coleman E., Gender Dysphoria: Interdisciplinary Approaches in Clinical
Management, 1992
Coleman E., Bockting W., Gooren L., Homosexual and Bisexual Identity in SexReassigned Female to Male Transsexuals, Arch. Of Sex behaw., 22, 1, 37-50, 1993
Klein F., Sepekoff B., Wolf T., Sexual Orientation: A Multi-Variable Dynamic Process, 1985
Lothstein L., Psychological Testing with Transsexuals: A 30 Year Review, J. of Personaliy
assessment, 48, 5, 500-507, 1984
Money J., Ehrhardt A., Uomo, Donna, Ragazzo, Ragazza, 1976
Pauly B., Lindgren T., Body Image and Gender Identity, J. of Homosexuality, 2, 2, 133142, 1976-1977
Scarica