capitolo metodologico

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ARTICOLAZIONE DELLA RICERCA
1.
2.
3.
4.
Obiettivo di questo lavoro è:
scoprire quali bisogni sono più urgenti e disattesi per gli adolescenti dei Municipi Roma VI e
VII;
scoprire la relazione tra disagio, rischio e bisogni;
dimostrare che il bisogno di senso è quello più importante e disatteso oggi e quindi che il
principale responsabile del disagio diffuso tra giovani benestanti dei suddetti Municipi;
dimostrare che le istituzioni, le agenzie educative che riescono a trasmettere efficacemente agli
adolescenti una visione della vita “sensata” limitano sensibilmente il disagio in coloro che le
frequentano.
1. Il piano di analisi: scopo e metodologia dell’indagine
Questi obiettivi sono raggiungibili attraverso di 2 ricerche di cui si compone il presente
lavoro:
1.
2.
La prima, condotta insieme con l’Istituto di Sociologia dell’UPS, su tutto il territorio del
VI e VII Municipio di Roma, di cui ho accolto l’impostazione metodologica, il
questionario, i risultati. I dati di tale ricerca sono già stati pubblicati (Malizia, 2002). Su
questa prima indagine ho fatto una rilettura e degli approfondimenti per rispondere agli
obiettivi delle tesi. La chiamerò, in conformità al suo titolo, “Il minore a-lato”.
La seconda, condotta da me personalmente su preadolescenti e adolescenti che
frequentano l’Oratorio “Borgo Ragazzi Don Bosco”, con gli stessi criteri della
precedente: stesso questionario, stessa età del campione adolescenziale. I dati di questa
ricerca, che chiamerò “Ricerca Oratorio”, sono stati confrontati con quelli della
precedente per stabilire regolarità, similitudini e differenze tra i due tipi di popolazione.
Questa seconda inchiesta aveva l’obiettivo specifico di verificare se la popolazione
frequentante un’istituzione educativa del territorio in esame avesse caratteristiche diverse
da quella della popolazione generica. Per questo motivo ho formulato un’ipotesi specifica
per tale campione. Per il resto sarà sottoposta agli stessi trattamenti statistici del primo.
1.1. Ricerca “Il minore a-lato”
Il progetto di ricerca “Il minore a-lato” si collocava all'interno delle attività di studio/intervento
promosse dal Comune di Roma al fine di approfondire la conoscenza della condizione giovanile di
un territorio ad elevato tasso di disagio sociale e di affinare gli strumenti di intervento/azione. Più in
particolare, l'indagine aveva inteso perseguire i seguenti obiettivi generali:
a) analizzare in modo congiunto i bisogni formativi di preadolescenti e adolescenti, a rischio e non,
in relazione al territorio di riferimento;
b) delineare una mappa delle "vecchie e nuove povertà", con particolare riferimento ai processi
immigratori e, al loro interno, della condizione dei minori e dei loro bisogni formativi;
c) delineare una mappa delle risorse e degli ostacoli che l'area presa in considerazione offre ai fini
della costruzione di personalità mature;
d) identificare le risposte date dalle strutture pubbliche e dal terzo settore al fine di prospettare
specifici interventi di prevenzione;
e) utilizzare i risultati dell'inchiesta in vista di un ripensamento delle politiche giovanili degli Enti
Locali e del terzo settore in rapporto al territorio in osservazione;
f) trasferire tale modello d'intervento anche ad altri contesti.
L'area problematica era costituita dal mondo del disagio giovanile. A tale scopo si era cercato di
determinare la propensione alla trasgressione e la consistenza della devianza nel contesto territoriale
in considerazione. E, proprio perché il territorio si caratterizza per la presenza accentuata di
situazioni problematiche, erano stati presi in considerazione tre ambiti di osservazione del rischio,
che sono:
a) l’istituzione scolastica e formativa: si è inteso analizzare tale contesto al fine di evidenziare
fenomenologie di disaffezione-disadattamento fino all’insuccesso e abbandono dei giovani,
nonché di registrare altri fenomeni di disagio (i cosiddetti "figli della seconda generazione" che
appartengono alle famiglie di vecchia immigrazione, i minori di recente immigrazione, i
soggetti con disturbi sul piano del comportamento, i minori vittime di violenze e abusi,
consumo di droghe, , ecc..) nella scuola di base secondaria e nei Centri di Formazione
Professionale (=CFP), soprattutto laddove si determinano fenomeni di insuccesso scolastico
(istituti tecnici e professionali) o dove i ragazzi in difficoltà cercano l'ultima opportunità di
riscatto (i CFP);
b) i servizi pubblici deputati ad un compito di prevenzione, assistenza e riabilitazione di stati di
disagio o di devianza dei minori come, ad esempio, consultori per adolescenti, servizi sociali
distrettuali per minori/giovani devianti, previamente individuati nelle aree scelte a campione;
c) le organizzazioni di terzo settore, in particolare del volontariato, che si fanno carico di
interventi di vario tipo, educativo, assistenziale, riabilitativo nei confronti di minori con
problemi o in contesti a rischio.
Pertanto, l’inchiesta doveva consentire di individuare le strategie per il potenziamento della
formazione dei giovani del territorio. Il perseguimento di tale obiettivo a sua volta doveva portare a
tener conto delle esigenze:
a) della scuola e della Formazione Professionale (FP), che richiedono:
. che si procedesse ad un’analisi critica dell’offerta formativa;
. che si formulassero nuove proposte, in grado di venire incontro alla domanda formativa e
occupazionale proveniente sia dai giovani che dal mondo produttivo;
. di qualificare/ri-qualificare soggetti inoccupati/disoccupati e/o a rischio di emarginazione;
b) dei giovani, delle famiglie e della comunità locale, che si attendevano:
. che venissero ottimizzate le offerte di istruzione e di formazione e avviate attività di
sostegno all’orientamento, così da combattere gli abbandoni e conseguire una preparazione che
tenga conto dei bisogni emergenti delle imprese del territorio;
. e che si perseguissero finalità preventive e di recupero nei confronti di forme di devianza e
di emarginazione.
L'indagine ha cercato inoltre di approfondire contemporaneamente anche la conoscenza
delle modalità con cui i giovani dell'area sotto esame trascorrono il tempo libero, in particolare
verificando sul piano quantitativo e soprattutto qualitativo la frequenza di luoghi di incontro e la
partecipazione alle associazioni. Più in generale si è puntato a identificare gli stili di vita, i valori e i
sistemi di significato del mondo giovanile circoscritto all’area in osservazione.
2
1.1.1. Il piano di campionatura
Il progetto di analisi prevedeva di intervistare:
- 600 studenti delle Scuole Medie, delle Scuole Superiori e della Formazione Professionale
- 100 giovani della categoria a rischio
- 100 genitori
- 100 insegnanti/formatori
- 20 esperti, scelti in base alle peculiari competenze in materia.
Tra i campioni, è stato condotto un approfondimento statistico e comparativo ai fini del
presente lavoro solo su quelli riguardanti la popolazione adolescenziale (studenti e rischio), mentre
degli altri campioni sono state accolte le informazioni necessarie per conoscere il territorio e
l’ambiente umano in cui gli adolescenti crescono, senza ulteriori approfondimenti rispetto ai dati già
pubblicati.
1.2. Il campione degli studenti, dei docenti e dei genitori
Per gli studenti delle scuole il questionario è stato somministrato a 30 classi, scelte in base ai
seguenti criteri di rappresentatività:
- per Municipio (15 del VI e 15 del VII)
- per tipo di scuola (indirizzo scolastico).
In particolare sono stati scelti questi indirizzi scolastici: 20 Istituti dell’area scientifico-tecnicoprofessionale, 8 licei o scuole umanistiche, 4 scuole medie. Le classi a cui somministrare il
questionario erano le II e IV delle superiori e le III medie con più di 20 allievi per classe e con una
forte presenza di allievi provenienti dai due Municipi.
I genitori sono stati scelti estraendone a sorte 4 (più 2 di riserva), con metodo casuale, nelle
classi dove veniva applicato il questionario dei preadolescenti/adolescenti; ad essi è stato chiesto di
compilare il questionario a casa e di riportarlo a scuola; il medesimo questionario è stato sottoposto
anche a 10 genitori del campione a rischio e a 10 genitori extracomunitari.
Anche i docenti/formatori sono stati scelti sempre con metodo casuale, intervistandone 4 per
ciascuna delle classi a cui veniva applicato il questionario dei preadolescenti/adolescenti.
La rappresentatività di questi campioni è data, oltre che dalla metodologia utilizzata nella scelta,
anche dall’indice di non significatività del Chi2 nel confronto tra dati attesi ed osservati (cfr.
Tav.1):
Tav. 1 – Indice di non significatività del Chi2 su dati attesi e osservati
CAMPIONI
Studenti
Docenti
Genitori
ATTESI
600
100
100
OSSERVATI
598
97
120
CHI2
n.s.
n.s.
n.s.
I questionari sono stati somministrati nel periodo marzo-aprile 2001, con un intervistatore che si
recava, previo accordo con il preside e il personale scolastico preposto, in un istituto
determinato e sottoponeva il questionario a tutta una classe insieme (alcune volte anche a più
classi riunite in aula magna). Il tempo impiegato era in media di un’ora. Nel frattempo si
chiedeva agli insegnanti delle classi interessate di compilare il questionario per conto loro,
oppure si lasciavano copie del questionario al preside o al referente perché le facesse pervenire
agli interessati. Alla fine venivano sorteggiati dal registro di classe, secondo la tecnica della
scelta effettuata con metodo casuale, i 4+2 alunni cui chiedere di sottoporre il questionario ai
propri genitori.
3
In genere si è trovata buona accoglienza ed interesse verso l’iniziativa, con collaborazione da parte
dei docenti e della presidenza; tuttavia alcune scuole hanno rifiutato la somministrazione dei
questionari per l’opposizione degli insegnanti. Tali rifiuti andavano dall’indisponibilità dei
docenti ad affrontare difficoltà di carattere burocratico, a difficoltà dovute al calendario
scolastico (parecchie scuole avevano la gita scolastica nello stesso periodo e non potevano
mettere a disposizione altri giorni in tempi ravvicinati). Le difficoltà maggiori incontrate con gli
studenti sono state di concentrazione e serietà; per i genitori invece i problemi hanno riguardato
la restituzione dei questionari.
1.2.1. Il campione dei giovani a rischio
Il progetto di analisi prevedeva inoltre di intervistare 100 soggetti, scelti in base alle seguenti
caratteristiche:
- ragazzi sottoposti a provvedimenti penali
- ragazzi extracomunitari (persone di colore)
- ragazzi che si incontravano in luoghi dove era evidente l’emarginazione sociale e la
propensione alla devianza o alla tossicodipendenza; tali luoghi sono stati ripartiti in maniera
uniforme tra il VI e VII Municipio.
Anche queste interviste sono state effettuate nel periodo marzo-aprile 2001, mediante
somministrazione individualizzata dello stesso questionario predisposto per il campione degli
studenti. In particolare l’intervistatore si è recato in tempo notturno nelle seguenti località: Piazza
Teofrasto, Piazza dei Gerani, Piazza dei Mirti, Piazza di San Felice da Cantalice, Piazza delle
Camelie (VII), via della Marranella, Piazza Roberto Malatesta, giardini di via Valente, Villa
Gordiani e Largo San Luca (VI).
1.2.2. I Testimoni privilegiati
Nel piano di analisi è stato introdotto anche un gruppo di 20 Testimoni privilegiati, selezionati
sulla base di peculiari competenze in merito ai principali bisogni emergenti nel territorio in
analisi per quanto riguarda i giovani e le famiglie e al tipo di offerta formativa e occupazionale
esistente.
Per ogni Municipio dovevano essere intervistati i rappresentanti delle seguenti categorie:
1. pubblica amministrazione
2. scuola e formazione
3. mondo del lavoro
4. servizi sanitari e socio-assistenziali
5. associazionismo e volontariato
Nel maggio 2001 hanno risposto all’intervista semi-strutturata i rappresentanti delle seguenti
organizzazioni del territorio:
Tav. 2 – Prospetto dei testimoni privilegiati
Rappresentante
Organizzazione
Funzione
Municipio
Associazionismo e Volontariato
A.G.E.S.C.I. (Roma)
Capo scout
VII
Associazionismo e Volontariato
Coop. Nuove Risposte
Dirigente
VII
Associazionismo e Volontariato
Nessun luogo è lontano + Centro
Diurno Semina
Dirigente
VI
4
Associazionismo e Volontariato
Coop. Antropos
Operatore sociale
VI-VII
Esercizi Commerciali
Pasticceria
Gestore
VI-VII
Esercizi Commerciali
Negozio Motorini
Meccanico
VI
Gestori di discoteche
Pub Millennium
Gestore
VII
Gestori di centri sociali
Centro Sociale Forte Prenestino
Membro
VII
Commercialista
VII
Mondo del lavoro
Pastorale Giovanile
S. Ireneo
Parroco
VI
Pastorale Giovanile
S. Giustino
Viceparroco
VII
Pubblica Amministrazione
VII Muncipio
Coordinatrice
Assistenti Sociali
VII
Pubblica Amministrazione
VII Municipio
Presidente
VII
Scuola e F. P.
Liceo Kant
Preside
VI
Scuola e FP
Scuola Giorgi
Preside
VII
Servizi sanitari e socio-assistenziali
VII Muncipio
Assistente sociale
VII
Servizi sanitari e socio-assistenziali
Coop. S. Felice
Medico
VII
Servizi sanitari e socio-assistenziali
Consultorio
Psicologa
VI
Società/centri sportivi, sociali, culturali
DLF Circolo Casilino 23
Allenatore
VI-VII
Società/centri sportivi, sociali, culturali
PGS BDB
Dirigente
VII
A seguito delle interviste si è proceduto alla sbobinatura e all’analisi dei contenuti emersi,
attraverso il metodo della “Content Analysis”.
1.3. Ricerca Oratorio “Borgo Ragazzi don Bosco”
Dopo aver concluso la ricerca, ho personalmente condotto un’ulteriore ricerca con lo stesso
questionario presso la struttura educativa “Oratorio Borgo Ragazzi don Bosco”, con lo scopo di
verificare eventuali differenze tra il campione “generico” e quello “oratoriano”. Questo per
controllare l’eventuale incidenza di una socializzazione specifica sugli orientamenti valoriali e sui
comportamenti degli adolescenti. Per questo motivo è stato somministrato il questionario ai
membri di 3 grandi proposte associativo-educative: quella sportiva (PGS Borgo Don Bosco), quella
catechistico-formativa (gruppi di catechismo e post-cresima, fino al gruppo animatori), quella
educativa-scoutistica (Gruppo AGESCI Roma 90). Tale inchiesta, oltre che allo scopo della
presente, rispondeva anche allo scopo di elaborare un progetto educativo attento alle domande dei
giovani che frequentano le singole associazioni.
1.3.1. Il piano di campionatura
Il piano di campionatura prevedeva di sottoporre il questionario allo stesso tipo di popolazione
giovanile, oggetto della precedente indagine, per età, tipo di scuola e provenienza sociale. Inoltre
questo tipo di popolazione doveva essere aggregata in gruppi organizzati. Pertanto sono stati
individuati i seguenti gruppi dell’Oratorio che corrispondono ai requisiti richiesti:
a) Gruppo sportivo “PGS Borgo don Bosco”, che, nell’età di nostra competenza dichiara di avere
circa atleti 200 iscritti nelle varie discipline sportive. Gli atleti sono suddivisi in squadre secondo
l’età, il sesso e la disciplina sportiva. Da un veloce controllo delle squadre risulta che i maschi sono
in netta maggioranza.
5
b) Gruppo catechistico-formativo “Borgo don Bosco”: composto al suo interno di vari gruppi
suddivisi in base all’età. Così abbiamo 2 classi di catechismo che si preparano alla cresima,
denominati “Arcobaleno”, poi abbiamo un gruppo di ragazzi che hanno fatto la cresima nell’anno
catechistico in corso (Post-cresima), un gruppo che raccoglie i ragazzi che sono rimasti con un
impegno formativo all’oratorio (…); un gruppo di Giovani animatori (18-20 anni), un gruppetto che
all’inizio dell’anno stazionava sul muretto e che poi è stato coinvolto in attività espressive,
soprattutto teatrali (Gruppo teatro).
c) Gruppo-scout AGESCI Roma 90. Tale gruppo risulta diviso in tre gruppi, per l’età di nostra
pertinenza: Reparto (dagli 11 ai 16 anni), Noviziato (16-17 anni), Clan (17-21 anni). Tutti i gruppi
dal punto di vista del sesso sono misti. Il gruppo più consistente è rappresentato dal “Reparto”,
composto da 35 tra scout e guide, ripartiti in 5 squadriglie. Il “Noviziato” è composto da 7 membri
(4 m., 3 f.), il “Clan” è ancora in formazione e quindi poco numeroso (5: 2 rover, 3 scolte).
Visto il numero ridotto della popolazione si è deciso di applicare il questionario a tutti i
membri dei gruppi interessati, almeno a quelli che nel momento dell’applicazione del questionario
fossero presenti. Solo per il gruppo più numeroso (PGS Borgo don Bosco) si è deciso di ridurre le
squadre da intervistare per non sbilanciare troppo il campione. Pertanto si è deciso di applicare il
questionario solo a metà della popolazione sportiva interessata, anche perché parte degli atleti
partecipano alle altre attività dell’Oratorio, soprattutto a quelle di catechismo in preparazione alla
cresima. In ogni caso si è cercato di evitare doppioni, che uno rispondesse al medesimo questionario
in una sede e poi in un’altra.
1.3.2. Discesa sul campo
I questionari sono stati sottoposti in giorni diversi a seconda dei gruppi, nei primi mesi del 2002.
Al gruppo-scout Roma 90 sono stati sottoposti nel giorno 20/1/2002.
Tot. Popolazione n. 47.
Tot. Rispondenti n. 37.
Al gruppo sportivo PGS Borgo don Bosco è stata sottoposta nei mesi di gennaio-maggio 2002
Tot. Pop. n. 200
Tot. Rispondenti: n. 105
Al gruppo catechistico-formativo è stato sottoposto nei mesi di gennaio-maggio 2002
Tot. Pop. n. 87
Tot. Rispondenti: n. 60
Totale complessivo dei questionari compilati: n. 202
Tutti i requisiti richiesti sono stati rispettati, solo si è registrata una maggior presenza dei
preadolescenti sugli adolescenti, corrispondente all’effettiva maggior presenza di tale popolazione
all’interno della struttura educativa; così pure una maggior presenza di maschi (68.8%) sulle
femmine (30.7%), vista anche la vocazione prevalentemente maschile dell’istituzione in esame (in
particolare della P.G.S., che è il gruppo che ha fornito da solo più del 50% dei rispondenti).
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2. Precisazione dei termini: bisogno, disagio, rischio e correlati
Il disagio è intrinsecamente legato al bisogno. Infatti il bisogno comporta “uno stato di
insoddisfazione dovuto alla mancanza di ciò che è sentito come necessario alla vita fisica o morale”
(Cattonaro, 1957, 702). Pertanto il disagio, “sottende sempre una concezione di bisogno
insoddisfatto” (Guidicini – Pieretti, 1995, 14). Tale stato di disagio o insoddisfazione spinge a sua
volta il soggetto a cercare l’oggetto o la situazione-fine che ne rappresenta la soddisfazione e quindi
annulli la tensione. Come tale non costituisce niente di problematico: fa parte dei normali
meccanismi, attraverso cui l’organismo provvede alla sua sopravvivenza e affermazione nel mondo.
Il problema sorge quando il disagio diventa uno stato (relativamente) permanente e quindi
genera “frustrazione”. Ciò diventa particolarmente problematico in una società in cui vengono
soddisfatti bisogni sempre più ampi. Questa considerazione impone delle riflessioni più ampie.
2.1. I bisogni
Ciò che sembra rimarcabile nella determinazione del bisogno è la “tensione” tra bisogno-stato (o
stimolo, o domanda, o carenza) ed il bisogno-oggetto (o fine, o risposta, o bene, o valore). Sovente
sia le scienze umane che la stessa pratica quotidiana tendono a concentrarsi in uno dei due poli.
Soprattutto la società del benessere tende a risolvere tutto con un bene che rappresenti la risposta al
bisogno, senza valutare adeguatamente la domanda, anzi ritenendola un disturbo. Siamo, invece, del
parere che solo mantenendo inalterata la tensione il bisogno conserva tutta la sua carica
motivazionale all’interno dell’essere umano. Se, invece, si risolve in uno dei due poli, si ha la
perdita della tensione e quindi della forza motivazionale. Di conseguenza emergono situazioni
patologiche. Ciò può spiegare perché il disagio lieve o “asintomatico” stia creando tanto problema.
Non è il disagio che fa problema, ma l’incapacità di sopportarlo ed insieme di concentrarsi sui
bisogni di cui esso è indicatore. Ovviamente determinare la natura dei bisogni non è operazione
facile. Per questo si soffermeremo a cercare di capire quali sono i principali bisogni umani e,
quindi, di quali si può soffrire l’insoddisfazione nella popolazione di nostra pertinenza.
2.1.1. La gerarchia dei bisogni umani di Maslow
Nell’impossibilità di rilevare tutti i bisogni, accogliamo la classificazione di Maslow, sia per
essere stato impiegato da varie ricerche sociologiche, sia per la sua impostazione “realista”, che
tiene in debito conto sia la componente naturale del bisogno che quella storico-culturale.
Classificazione che necessita però di essere integrata sia in base a ciò che è apparso di nuovo nella
scala dei bisogni in questi ultimi anni, sia per dare spiegazione del disagio e delle anomalie che si
manifestano a livello sociale.
Il bisogno, secondo la prospettiva di Maslow, ha le seguenti proprietà:
a) La soggettività: cioè trova la sua sorgente nel soggetto.
b) La tensione: il bisogno tende verso l’oggetto che lo può soddisfare. Questa tensione può
essere di tipo omeostatico per i bisogni di base (motivo da deficit), di tipo valoriale o
teleologico per i bisogni secondari o postmaterialisti (motivo di crescita).
c) La proattività: la spinta alla realizzazione dell’uomo nella sua totalità (autorealizzazione).
d) La plasticità: ossia la capacità di adattamento a situazioni molto diverse, sia ambientali che
personali (= molteplicità di risposte e soluzioni ai bisogni umani).
e) La progressività: il bisogno è animato da un principio progressivo e gerarchico.
7
Maslow ha stillato una classificazione dei principali bisogni, suddividendoli in primari e
secondari, in questo modo:
a) bisogni primari, fisiologici (o materialisti):
1. bisogno di sostentamento,
2. bisogno di sicurezza;
b) bisogni secondari, sociali e di autorealizzazione (post-materialisti):
3. bisogno di appartenenza e amore,
4. bisogno di stima,
5. bisogni di autorealizzazione (o, intellettuali ed estetici, secondo Inglehart).
Una volta soddisfatto un bisogno, se ne fa avanti un altro, che richiede soddisfazione.
Questa classificazione è stata adottata da Inglehart e da altri sociologi per verificare il grado di
evoluzione delle società e per spiegare il mutamenti culturali. Infatti, con il cambio dei bisogni
cambiano anche i valori e le norme di riferimento e quindi i sistemi di significato e culturali di una
società.
2.1.2. Bisogni formativi o compiti evolutivi
Un altro tipo di classificazione, che abbiamo incontrato e riteniamo proficuo per il nostro lavoro,
è costituito dai bisogni formativi o compiti evolutivi. Questi nascono dalla constatazione che, nel
ciclo della vita, si manifestano situazioni critiche che richiedono la soddisfazione di particolari
bisogni e l’acquisizione di competenze specifiche per ogni età (compiti evolutivi) la cui soluzione
non può essere disattesa o rimandata, pena gravi ripercussioni nella formazione della personalità.
I compiti specifici dell’adolescenza sono legati alle caratteristiche dello sviluppo di quell’età: (a)
sviluppo somatico e sessuale (bisogni affettivi e relazionali); (b) sviluppo del pensiero ipotetico
deduttivo (bisogno di comprensione e di elaborazione di un pensiero personale); (c) allargamento
degli interessi personali e sociali (bisogno di autonomia, bisogno di affiliazione ed inserimento
sociale); (d) problematica dell’identità.
Sembra soprattutto quest’ultimo il compito specifico dell’età adolescenziale, almeno secondo
Erikson. Questo a motivo dei rapidi cambiamenti che caratterizzano l’età e per assumere un’identità
definitiva che contraddistingue l’età adulta.
Questi bisogni o compiti sono resi particolarmente difficili nella società odierna che, pur
offrendo molte soluzioni ai problemi e bisogni dell’uomo, non offre un quadro sociale e valoriale
sufficientemente coeso ed integrato da permettere all’adolescente di trovare il suo posto in essa e di
maturare la sua identità.
2.1.3. Il ruolo della società contemporanea nella soluzione dei bisogni
La società contemporanea, definita a seconda dei punti di vista, come postindustriale,
postmoderna e complessa, è una società che è arrivata ad un altissimo livello di produzione
tecnologica e di organizzazione della vita. Una società che risponde a moltissimi bisogni umani, che
ha debellato la fame, molte malattie, che offre un elevato standard di vita ai suoi membri, almeno
nei paesi più evoluti.
Questa società è stata in grado di soddisfare praticamente tutti i bisogni primari, per cui
l’attenzione si è spostata su quelli secondari, come i bisogni affettivi, intellettuali ed estetici,
espressivi e di libertà. Ciò ha comportato un radicale cambio a livello culturale, in quanto i bisogni
si trasformano a livello sociale in valori: all’evoluzione dei bisogni ha corrisposto l’evoluzione
culturale. Nuovi bisogni sono balzati alla ribalta e nuovi valori sono entrati nella vita della gente, a
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cominciare dai più giovani. Ciò ha comportato anche atteggiamenti diversi verso la vita, nuovi
bisogni e nuove attese. Non sempre tutto questo ha comportato solo vantaggi. Ci sono stati anche
degli svantaggi dovuti all’incapacità del sistema sociale di risponder alle attese che aveva suscitato.
Infatti questa società, per raggiungere l’attuale grado di sviluppo, ha dovuto accentuare la
sua differenziazione interna e la velocità delle comunicazioni e scambi tra sistemi, per cui i sistemi
che la compongono procedono per logiche autoreferenziali, senza rispondere l’uno all’altro. Così i
sistemi più deboli hanno subito la logica e le scelte di quelli più forti. In particolare l’economia
sembra essere il sistema più forte, che impone le sue logiche, pragmatiche o razional-strumentali, a
tutti gli altri. Chi ne fa le spese sono i sistemi più deboli, come quello di personalità, basato su
logiche di tipo espressivo. All’interno dei sistemi di personalità, tra i più esposti sembra esserci la
categoria degli adolescenti, in quanto meno difesi dall’ambiente familiare o sociale, non ancora
attrezzati a resistere alle pressioni del sistema economico e sociale, e i più fragili dal punto di vista
della personalità, in quanto ancora in formazione e con un’identità in fieri.
Pertanto, accanto ai notevoli progressi della società attuale, alla sua capacità di rispondere a
molti bisogni, si registra la permanenza di situazioni di disagio, per bisogni non soddisfatti. Tra
questi emergono i bisogni connessi con crescita e le pratiche di socializzazione (bisogni formativi).
A. La permanenza del disagio potrebbe essere sinteticamente ricondotta a queste cause sociali:
1. La società contemporanea ha saputo rispondere a molti bisogni della sua popolazione,
ma in maniera disuguale, per cui permangono situazioni di carenze di beni primari in
parte della popolazione. In maniera massiccia nei popoli in via di sviluppo, in maniera
minore, ma non trascurabile, nelle società evolute (disagio da bisogni primari).
2. La cultura che si genera dai nuovi bisogni ha effetti interattivi sul carattere dei suoi
membri, soprattutto più giovani. Cambiano i valori, gli atteggiamenti, gli standard di
vita. Tutto ciò genera nuove aspettative, elevando notevolmente la soglia minima dei
bisogni ed abbassando quella della tollerabilità alla frustrazione.
3. La non linearità e disomogeneità del progresso economico e sociale producono sensibili
variazioni nella soddisfazione dei bisogni, soprattutto rispetto alle aspettative: ciò genera
insoddisfazione ed insicurezza, con ritorno a bisogni e valori che sembravano ormai
superati.
4. Ad alterare la gerarchia dei bisogni contribuisce lo stesso sistema economico, che per
incrementare i consumi, fa presa attraverso la pubblicità sui bisogni più elementari,
contribuendo così ad una socializzazione ai valori consumistici. Il consumo assurge
inoltre ad indicatore di status, per cui il consumo di determinati beni diventa uno status
symbol e viene collegato alla sfera immateriale.
5. L’istinto naturale non appare più così in grado di assicurare la rotta giusta
nell’individuazione dei bisogni e la via migliore per soddisfarli. Esso appare disorientato
dalle manovre pubblicitarie e non più in grado di assicurare la soddisfazione corretta dei
bisogni. La cosa appare tragicamente evidente nelle situazioni di rischio in cui al
bisogno si risponde in maniera irrazionale (devianza, comportamenti antisociali, danni
alla salute, marginalità, ecc.).
B. Inoltre la società non sembra offrire un aiuto adeguato all’adolescente nella soluzione dei compiti
di sviluppo. In particolare essa non offre le seguenti condizioni indispensabili per la soluzione
del compito più importante: quello dell’identità.
1. L’inserimento nella società, che avveniva attraverso il lavoro ed il riconoscimento delle
qualità del giovane (bisogno di stima). Oggi l’unico ruolo riconosciuto al giovane è
quello di consumatore, per cui tenderà ad agganciare l’identità ad elementi di consumo
(status symbol) e al tempo libero più che alla professione e alla sua preparazione.
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2. Una struttura sociale coesa e integrata in grado di accoglierlo ed inserirlo, facendolo
sentire un membro attivo di tale società, dove le sue competenze e abilità possono
servire alla costruzione della società.
3. Un quadro valoriale omogeneo (ideologia), con cui strutturare la sua identità culturale
acquisendo una visione del mondo che gli fornisca la cornice entro cui collocare le sue
scoperte ed i valori che va elaborando personalmente, grazie anche allo sviluppo delle
nuove capacità cognitive (pensiero logico formale).
4. Una strutturazione del tempo sociale rispettosa dei tempi psichici, in maniera da
consentire ai suoi membri di organizzare i tempi interni in armonia con i tempi sociali.
Questa carenza rende difficile la strutturazione temporale dell’identità, con capacità di
raccordare il tempo biografico al tempo sociale, come anche al passato e al futuro. La
conseguenza sarà una crescita ipertrofica del presente con assenza di memoria storica e
di capacità progettuale.
C. Genericamente si può affermare che la società attuale non offre una socializzazione congruente
con le aspettative che genera e con i bisogni degli adolescenti. In particolare i bisogni più
frequentemente frustrati, che possono generare disagio, sono:
1. materiali, per chi è emarginato ed escluso dai beni della società affluente;
2. affettivi e relazionali, per molti che pure sono soddisfatti sul piano dei bisogni
materiali;
3. sociali (inserimento e riconoscimento sociale), di solidarietà ed appartenenza;
4. formativi (educativi, culturali, di orientamento e di guida);
5. esistenziali (progetto, autorealizzazione, senso della vita, trascendenza).
2.2. Disagio e rischio come esito della crescita in una società “disintegrata”
I bisogni insoddisfatti generano alla lunga frustrazione e malessere. Questi fenomeni si
manifestano con maggiore evidenza negli adolescenti, nei quali si sommano i disagi comuni con
quelli specifici dell’età. Si ha così il cosiddetto “disagio adolescenziale”.
Pur aumentando le opportunità di crescita globale, ciò che manca è il senso, la direzione di
tutto ciò. Con la complessificazione della società, la forte differenziazione funzionale dei vari
sistemi tra di loro e dei singoli sottosistemi al loro interno e la moltiplicazione delle relazioni tra
loro, crescono le opportunità, anche di crescita, dell’individuo, ma ne consegue l’ingovernabilità dei
sistemi, la mancanza di un centro organizzatore, la crescita di entropia e la moltiplicazione di codici
incommensurabili. L’esito è una certa frammentazione della realtà sociale e pluralizzazione dei
centri di potere e dei sistemi di riferimento e di significato, con conseguenti effetti disgregatori sul
tessuto sociale. In questa situazione cade la tensione morale collettiva, perché ogni sistema procede
per logiche proprie, con propri criteri di valore, verificabili solo al suo interno (autoreferenzialità).
Aumentano le chances, le opportunità di azione e con ciò aumentano le possibilità di vita, ma al
tempo stesso tali chances non costituiscono più ambiti forti di identificazione e di appartenenza.
Ricade sul singolo il compito di riportare ad unità gli aspetti contrastanti della realtà e
scegliere, tra i diversi stimoli, quali utilizzare per i propri scopi. La struttura psichica di ogni
soggetto viene caricata di troppi compiti ed incombenze. L’adattamento diventa la via regia
attraverso cui i giovani si aprono alla realtà. L'adolescente si adatta all’ambiente e tende a
prolungare all'infinito il suo stato di precarietà, fino a farla diventare essa stessa identità della sua
condizione. Di questa condizione i giovani sanno cogliere tutti i vantaggi e minimizzare gli
svantaggi, vivendo tranquillamente il loro ruolo di consumatori e praticando la
deresponsabilizzazione. Ma, nonostante l’apparente normalità e tranquillità del ragazzo d’oggi,
grazie alle sue capacità d’adattamento, emergono gravi carenze nel processo evolutivo. Tra queste
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possiamo accennare alla dispersione della prospettiva temporale, perdita di senso e di progettualità,
anomia, caduta della speranza fino alla disperazione e depressione, superficialità e ripiegamenti
adattivi di breve respiro, spesso di tipo consumistico, privatistico, intimistico.
Tali carenze provocano sofferenza profonda, perché creano situazioni difficili per una
crescita armonica ed equilibrata. Per qualcuno si tratta solo di un po’ di sofferenza in più,
facilmente sopportabile, per altri invece si tratta di un carico eccessivo, esorbitante le loro
possibilità, di fronte cui non hanno strumenti o risorse per difendersi. Ecco allora il “break-down”,
il crollo che si traduce nella cronicizzazione di una patologia adolescenziale.
Ecco allora aumentare le probabilità di rischio, che diventano più forti laddove si sommano
deprivazione materiale, culturale e sociale. In tali situazioni è molto più probabile che l’adolescente
non riesca a far fronte alle sfide che la società gli pone. Infatti, il confronto tra quello che gli viene
richiesto e le sue reali possibilità, già fortemente condizionate, genera spesso nel soggetto la
sensazione e la coscienza dell’impossibilità di attingere alle risorse. Non di rado a tale divario si
accompagna un sentimento di impotenza che provoca la propria e vera rinuncia a raggiungere la
propria maturità attraverso i mezzi normali e legali. È la condizione di sofferenza o lo stato d’animo
al quale viene ridotto il soggetto che caratterizza di più la condizione di disagio come impossibilità
reale (oggettiva e soggettiva) ad acquisire in modo ottimale i mezzi per fronteggiare le sfide.
Sovente, allora, il disagio evolve in situazioni di rischio, cioè in risposte “irrazionali” al
bisogno. Risposte che tendono a ridurre la tensione provocata dal bisogno, ma che, non essendo
adeguate, riducono la tensione solo momentaneamente, mentre il bisogno-stato rimane inalterato,
anzi aumenta con il passare del tempo. Così lo stato di disagio aumenta sempre di più e le risposte
diventano sempre più irrazionali, decretando una condizione di disagio permanente e di rischio di
devianza, di danno alla salute, o simili. Ovviamente si parla di rischio in quanto, non avendo
l’adolescente ancora un’identità precisa, il comportamento deviante non è strutturato, ha possibilità
di essere corretto e di trovare la giusta soluzione; se altrimenti si struttura in una identità deviante il
percorso deviante diventa praticamente inevitabile.
2.3. Bisogno di senso
Pertanto, di fronte alla frammentazione, pluralizzazione dei sistemi di riferimento e
simbolici, alla perdita di centro, emerge sempre di più il bisogno di senso.
2.3.1. Il sistema motivazionale di Frankl
L’autore che più ha sottolineato il bisogno di senso o significato nella nostra società è stato
Frankl. Egli ha proposto un “nuovo modello motivazionale” che pone la “volontà di significato” al
vertice dei bisogni umani. Tuttavia tale bisogno non si manifesta con una progressione evolutiva
come quelli della scala gerarchica di Maslow. Esso ha una natura completamente diversa da quelli
di Maslow: una natura “noetica”, in quanto trova la sua radice nella componente spirituale
dell’uomo, cioè in quella dimensione che gli è propria, che lo distingue da tutti gli altri esseri. Tale
componente gli permette di elevarsi al di sopra della necessità e degli obblighi derivanti dalla
componente biologica e psicologica. La “volontà di significato” si manifesta nella coscienza
dell’uomo, non è sottoposta al determinismo, non è manipolabile da pressioni esterne. Tale capacità
si rende particolarmente evidente nei momenti di crisi e di sofferenza. Permette di superare in senso
di fallimento e di frustrazione, connesso con il mancato soddisfacimento dei bisogni, soprattutto di
quello di autorealizzazione.
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Tale bisogno può fornire una spiegazione del perché nella nostra società, pur essendo
soddisfatti tutti gli altri bisogni, permanga un senso di disagio, che sovente si traduce in
comportamenti “irrazionali”, devianti o autolesivi, come la tossicodipendenza o il suicidio.
Tale bisogno fornisce anche ragioni per superare situazioni di disagio e rischio. Infatti, esso
permette di mantenere viva la tensione verso un obiettivo, il significato della vita, anche qualora
tutto il resto fallisse. La tensione verso un obiettivo, come già riconosceva Allport, diventa il centro
unificatore di tutte le esperienze, degli atteggiamenti e comportamenti di una persona 1. Perciò la
“volontà di significato” diventa quell’elemento di unità ed integrazione della persona che la società,
nella sua frammentarietà, non fornisce più. Esso fornisce anche una gerarchia valoriale attorno al
bisogno di senso che, se è unico e personale, non è però soggettivo o manipolabile. È oggettivo e
trascendente: un appello ad uscire fuori di se stessi e ad andar oltre i limiti della propria condizione.
Inoltre, il fatto che questo bisogno non sia condizionato dalla soddisfazione dei bisogni
precedenti per emergere, fornisce energia motivazionale alle persone che vivono in situazioni di
disagio o hanno fatto esperienze drammatiche. Il bisogno di senso e la volontà di significato
emergono al di là e al di sopra di ogni esperienza umana: è la risorsa ultima dell’uomo, che si
manifesta particolarmente quando ogni altra risorsa o possibilità è tramontata.
2.3.2. L’applicazione del sistema motivazionale di Frankl al contesto educativo
La volontà di significato si impone al soggetto nella sua coscienza, diventa appello dentro di
lui, verso cui ha una responsabilità. Ogni uomo è chiamato a cercare il proprio significato nella vita,
che è unico e personalissimo, ma che non può inventarsi, ma solo scoprire nella sua datità e
oggettività. Il significato della vita va ricercato come una verità, che è al di fuori di noi e che ci
interpella. Per questo richiede un atteggiamento di apertura alla vita e alla verità, all’essere in
definitiva.
Inoltre i significati, in quanto dover-essere, sono valori. L’insieme dei significati che gli
uomini hanno scoperto nella loro esistenza costituisce un sistema di valori, con una propria
gerarchia.
Un adolescente può essere facilitato nella ricerca del significato della propria vita dal
contatto con la cultura, cioè dal sistema di valori codificato in una certa società. Soprattutto in un
rapporto con adulti significativi, egli può scoprire nel sistema di significati sociali una traccia per
rintracciare il proprio significato della vita e per farsi una propria gerarchia di valori.
Riteniamo perciò che gli adulti debbano recuperare la capacità di relazionarsi agli
adolescenti in maniera significativa, in un rapporto che sia intenzionalmente costruttore di
significati e di legami sociali (educazione), in maniera da risvegliare in lui la coscienza di sé e la
volontà di significato. E’ questa la risposta che inconsapevolmente attendono gli adolescenti della
nostra società per uscire dal loro stato di disagio “dorato”. Imparare di nuovo a cercare le risposte
dentro di sé, negli interrogativi profondi che da sempre hanno caratterizzato l’uomo, evitando di
lasciarsi ammaliare dalle risposte di comodo e consumistiche della società, o di lasciarsi
disorientare dal suo permissivismo irresponsabile.
Riteniamo perciò importante il rapporto degli adolescenti con le fonti del sapere, inteso
come domanda di senso, interlocuzione con i grandi interrogativi della vita. Ciò può essere
assicurato da istituzioni che conservino una memoria viva del patrimonio sapienziale dell’umanità
(tra queste, quelle religiose in primis), con la mediazione di adulti che abbiano a cuore la crescita
1 “Quello di ricondurre all’unità o di integrare vari aspetti è uno dei bisogni fondamentali della natura e dell’uomo e si
contrappone a quello altrettanto fondamentale dell’evoluzione che è la “differenziazione”. Differenziazione ed integrazione sono due
movimenti opposti ma complementari dell’evoluzione umana. Per attuare l’integrazione Allport suppone “una latente capacità di
organizzare le risposte specifiche e settoriali in unità più complesse, di far emergere disposizioni e tendenze meno rigide e più
generalizzate”. Arrivare ad una perfetta integrazione rappresenta “uno stadio finale ideale, mai realmente raggiunto” (Allport, 1963,
XVIII). Tuttavia è il tendere verso uno scopo ciò che conferisce l’unità personale, più che il raggiungerlo.
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globale dell’adolescente e si pongano in una relazione significativa con lui (agenzie educative che si
fanno comunità educative).
Attraverso questo rapporto l’adolescente potrà superare le secche dello scetticismo e del
qualunquismo per approdare ad un’idea di uomo e di vita che gli faccia da guida nella soluzione dei
suoi compiti di sviluppo. Anche questi non derogabili ad altri, ma esigenti sul piano personale.
2.3.3. Il bisogno di senso in chiave sociologica
Il senso fa parte, dal punto di vista sociologico, del sistema culturale. Esso è riconoscibile
dalla presenza di una rappresentazione della vita e del mondo, di un sistema organizzato di valori, di
un’immagine abbastanza definita di sé, dei propri obiettivi e ideali, fare delle scelte in ordine a
questi obiettivi o ideali e quindi assumere atteggiamenti e comportamenti congruenti con tali scelte.
Quindi il senso, pur impegnando innanzitutto la dimensione cognitiva, coinvolge anche quella
emotiva e operativa. E tutte queste dimensioni tendenti all’unità ed all’integrazione reciproca.
Infatti la ricerca mutua un concetto di persona unitario e globale. Attribuisce pertanto un valore
ampio e complesso al bisogno di senso. Esso viene inteso come “tensione verso l'integrazione
ottimale del sistema (di personalità o di cultura o di società)” (Milanesi, 1981, 22).
Senso vuol dire attribuire un significato alle cose che si fanno, alle esperienze, alle
conoscenze, agli incontri e alle persone, alle scelte, ai comportamenti ed atteggiamenti. “Senso
significa ragioni per vivere e per sperare, insieme di ideali in cui riconoscersi e a cui ispirarsi”
(Pollo, 1992, 36).
Senso vuol dire avere una “direzione di marcia”, un obiettivo nella vita, o, almeno, porsi il
problema di cercarlo. Senso vuol dire organizzare la propria vita in ordine all’obiettivo posto; fare
delle scelte congruenti con tale obiettivo, perseguire degli obiettivi con una certa determinazione e
“tensione verso”.
Senso vuol dire essere in dialogo con le persone, con il passato, con la società e le sue
istituzioni, con la cultura e con i valori. Non rifiutare nulla di ciò che esiste, ma nello stesso tempo
comprenderlo e ordinarlo secondo dei criteri e principi di riferimento.
Senso vuol dire essere capaci di leggere i propri bisogni e individuare la risposta più adatta.
Organizzare gli stimoli in modo funzionale e corretto.
Senso vuol dire avere un quadro integrato di valori di riferimento, una visione della vita
abbastanza coerente ed unitaria, avere dei principi cui essere fedeli. in cui le singole azioni di un
soggetto o la vita dell’individuo nel suo insieme vengono a collocarsi e trovare spazio.
Senso è capacità di far interagire le varie componenti di sé in un dialogo armonico ed
equilibrato, in modo che nessuna prevalga in maniera assoluta, ma tutte vengano rispettate nella
loro specificità.
Il senso così inteso può rispondere sia al bisogno di autorealizzazione che quello di identità.
Il senso, quindi, non si esaurisce in una generica informazione cognitiva, ma diventa qualsiasi
relazione, opportunità, opzione, che permette all'individuo un più elevato livello di comprensione
della sua situazione, di arricchire il proprio bagaglio conoscitivo e strumentale per accedere ad uno
status e ruolo più evoluto o ad una più ampia partecipazione sociale. Nello specifico, e in
particolare, concerne anche comportamenti e atteggiamenti giovanili nella sfera del lavoro, delle
pratiche e della fruizione di opportunità culturali e di tempo libero, e degli orientamenti di valore
che richiedono specifici contenuti e risposte (l'area della partecipazione sociale, dell'opzione
religiosa, ecc.).
In tale contesto è importante verificare la capacità progettuale dell’adolescente, la presenza
di un quadro valoriale integrato, la capacità di riconoscere e rispondere ai bisogni.
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3. Le ipotesi
L'ipotesi-guida è che quello di senso sia il bisogno più disatteso nella società d’oggi e la
ragione principale, anche se non unica, del disagio diffuso. Questo a causa della frammentazione
e perdita di centro della società. Senso che è possibile rintracciare solo in alcune culture legate ad
una sapienza antica, pre-moderna. Le istituzioni culturali e le agenzie educative che hanno
conservato un rapporto con tali fonti della cultura e che riescono a stabilire una relazione
significativa con gli adolescenti d’oggi, riescono a trasmettere loro dei frammenti di senso e
soprattutto l’inquietudine e la curiosità di guardarsi dentro e cercare un significato alla loro vita.
Invece in coloro che non hanno questo tipo di rapporti con la cultura e le istituzioni, la vita appare
sempre più “insensata” e disgregata, con effetti moltiplicatori del disagio e maggiori probabilità di
rischio. Pertanto ad un’espansione dei rapporti con le istituzioni e agenzia educative e,
soprattutto, a un livello elevato di qualità delle esperienze formative fruite e fruibili
corrisponde una superiore capacità di senso alla propria vita, di autoprogettazione e
orientamento verso il futuro e quindi un’immagine di sé più definita. Al contrario, ad una
relativa ristrettezza dei confini del proprio agire - dato l'incongruo rapporto tra i bisogni formativi e
le opportunità disponibili o fruibili - corrisponde una incertezza ed una dilatazione dei confini
relativi all'identità e quindi una reale difficoltà ad riconoscere i propri bisogni, a dare un senso alla
propria vita e ad autodeterminarsi. Nei casi più conclamati questo può condurre i giovani ad una
situazione di "vulnerabilità" rispetto all'assunzione di "stili di vita" marginali o precari, suscettibili
di sconfinare nel mondo della devianza-emarginazione.
In base a questi presupposti scaturiti dal contesto e dalle categorie di analisi, definiamo le
ipotesi generali.
3.1. Ipotesi generali
1. L’ipotesi generale è che molti adolescenti dei municipi Roma 6-7 soffrano di vari tipi di
disagio, riconducibili sia a mancate risposte sul piano materiale e strutturale, sia
soprattutto alla carenza di risposte sul piano postmaterialista ed esistenziale. Una risposta
inadeguata a tali esigenze concorre a determinare la condizione del giovane "a rischio",
marginale, "frammentato" o isolato, cioè del soggetto che più soffre della deprivazione ed è
bloccato nella sua progettualità. Questa va intesa come disegno di proiezione di sé nel futuro e
di autorealizzazione, come opzione verso valori, come ricerca di un rapporto dialettico con le
istituzioni e quindi come tensione per la costruzione di un ruolo-status adulto, a partire
dall'acquisizione di strumenti conoscitivi e di competenze professionali spendibili nella
transazione sociale. Tali apprendimenti, frutto anche della dilatazione, in termini quantitativi e
qualitativi, del tempo libero permettono l'accesso a diversificati percorsi in funzione della
realizzazione di forme di autosocializzazione. In definitiva, le opportunità di soddisfazione dei
bisogni formativi costituiscono oggi il volano della nuova progettualità dei giovani e facilitano
la costruzione della loro identità.
2. Il tipo di disagio più diffuso e difficile da riconoscere è quello che deriva dall’impossibilità
di soddisfare il bisogno di significato. Questo bisogno emergerebbe dalla difficoltà di
comprendere il mondo e le sue logiche, i motivi delle scelte di vita e delle norme, di interagire
con la società, di farsi dei progetti sul futuro, di rispondere ai compiti evolutivi dell’età,
compendiabili nel bisogno di identità, nella difficoltà di autorealizzazione, nella ricerca di
rapporti affettivi e soprattutto nella difficoltà di integrazione dei motivi, dei valori e di coerenza
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nelle scelte.
Si configurerebbe pertanto un’identità instabile e una personalità frammentata, che
troverebbe le sue cause più probabili nella frammentazione sociale, nel pluralismo ideologico
che viene percepito come indifferenza valoriale, nell’interiorizzazione della complessità, che
comporta la mancanza di criteri gerarchici nelle scelte valoriali, nella mancanza di progettualità
personale e di capacità critica e di protagonismo sociale.
3. Tanto maggiore è il disagio tanto più alta è la probabilità di rischio, cioè di risposte
“irrazionali” ai bisogni. Tali probabilità aumentano in situazioni materialmente,
socialmente o culturalmente più deprivate.
Riteniamo infatti che rischio costituisca parte integrante del disagio come aggravamento
della situazione che può evolvere, per una serie di cause concomitanti (endogene ed esogene), in
comportamenti devianti (auto o etero distruttivi) che possono costituire l’inizio di un vero e
proprio percorso deviante (rischio di devianza e rischio fisico). Oppure assumere atteggiamenti
e comportamenti evasivi o compensativi (rischio formativo e rischio di evasione o
consumistico). Queste ultime sembrano forme meno pericolose di risposta al disagio, per questo
più diffuse, anche perché sovente socialmente incoraggiate. Tuttavia la loro pericolosità appare
grave per l’importanza dei bisogni disattesi. Questo vale soprattutto per i bisogni più evoluti ed
in particolare quello di senso. La loro pericolosità consiste nel distogliere dall’obiettivo
fondamentale della vita e quindi impedire il raggiungimento della maturità umana, la vera
realizzazione dell’uomo.
4. Le agenzie educative svolgono un’importante opera di mediazione tra adolescenti e
società, tra cultura individuale e cultura sociale, tra attualità e tradizione, riducendo
significativamente, qualora riescano a stabilire dei buoni rapporti con gli adolescenti che
le accostano, il livello di disagio e di rischio. L’esito è tanto più positivo quanto più riescono a
cogliere e rispondere ai bisogni degli adolescenti, a fornire un quadro di valori coerente ed
omogeneo, a stabilire una relazione educativa significativa con gli adolescenti. Quindi la
riduzione del rischio e del disagio è più probabile là dove si danno agenzie educative che
rispondano a questi requisiti e forniscano una visione integrata della vita, un orizzonte di senso
che va oltre l’immanente. Infatti le istituzioni e le agenzie educative, avendo un quadro culturale
più ampio ed integrato e conoscendo meglio la persona umana e la società, favoriscono una più
corretta lettura dei bisogni, offrono un sostegno psicologico e culturale in un momento difficile
di transizione culturale, aiutano a progettare la propria vita mediando tra esigenze personali e
quelle sociali, consigliano i percorsi migliori per la realizzazione dei propri progetti e la
soddisfazione dei propri bisogni, insegnano a differire la gratificazione in ordine al
raggiungimento delle mete più ambiziose e valide, offrono controllo per le pulsioni e
compensazione ai bisogni frustrati per la dilazione e sanno far leva su ulteriori motivazioni per
proseguire nello sforzo.
3.2. Ipotesi complementari
A complemento delle ipotesi già fatte indichiamo le seguenti ipotesi:
1. Nel disagio giovanile entri come componente costante la frustrazione del bisogno, alcune
volte per impossibilità di soddisfarli, molto più frequentemente per l’errata
interpretazione dei medesimi. Perciò si ipotizza che:
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i. Il campione dei soggetti più soddisfatti viva un buon rapporto con il sistema degli adulti
(familiari, educatori, istituzioni) che ne curano l’educazione e orientano la soddisfazione del
bisogno, per cui è più facile evitare il disagio ed il rischio.
ii. Il campione di soggetti più a rischio viva una forte relazione con il sistema dei pari e abbia
poche relazioni con gli altri sistemi (familiare e adulti), per ciò è più probabile che non
riesca ad individuare e soddisfare tutti i bisogni e quindi percepisca di più il disagio e sia
tentato da risposte irrazionali ( = rischio).
2. Più si è soddisfatti in tutti i bisogni (compresi quelli post-materialisti) meno
comportamenti devianti si hanno. Perciò si ipotizza che:
1. Coloro che hanno famiglie stabili, che seguono e curano i propri figli, siano più soddisfatti
nei loro bisogni e abbiano condotte meno devianti.
2. Coloro che hanno percorsi scolastici più regolari, abbiano un’idea più chiara del proprio
futuro e si mostrino più soddisfatti della vita.
3. Che coloro che fanno parte di gruppi associati con proposte educative e/o religiose (in
particolare quelli dell’Oratorio Borgo Ragazzi don Bosco) abbiano mediamente meno
comportamenti a rischio degli altri e siano mediamente più soddisfatti dei non associati.
3. Al contrario, più è alta l’insoddisfazione dei bisogni più cresce il rischio di devianza e/o
emarginazione. Pertanto si ipotizza che:
4. Gli adolescenti del campione a rischio evidenzino più che tutti gli altri situazioni di bisogno
insoddisfatto, sia sul piano dei bisogni primari che in quello dei bisogni secondari (postmaterialisti).
5. Gli con un più alto indice di insoddisfazione della vita evidenzino carenze nei campo
bisogni secondari (post-materialisti) rispetto ai loro coetanei soddisfatti della vita, ma
inferiori al gruppo a rischio, carenti nei bisogni primari.
6.
4. Il disagio è anche correlato con il sistema di attese, per cui, se le attese sono troppo alte,
irrealistiche o sproporzionate con le proprie possibilità o la propria situazione è molto più
probabile che si dia una situazione disagevole e a rischio.
4. Operazionalizzazione delle ipotesi
Operazionalizzazione significa isolare alcune aree tematiche corrispondenti ai vari aspetti
inclusi nelle ipotesi generali, esplicitarne i concetti e trarne delle ipotesi specifiche, sottoponibili
a verifica empirica.
Nell'identificazione degli indicatori saranno tenuti presenti i seguenti criteri:
a) indicatori che siano empiricamente verificabili;
b) gli indicatori comprendono aspetti sia oggettivi che soggettivi (impressioni,
atteggiamenti ed opinioni riguardo certi comportamenti personali ed altrui);
c) indicatori suddivisi a seconda dell'area di analisi;
d) solo indicatori attinenti la popolazione in questione.
Ciò servirà per la formulazione delle ipotesi.
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4.1. Bisogno
Assumiamo come concetto di bisogno la definizione di Gasparini: “il bisogno risulta definito
come tensione di un organismo o di un individuo o di un gruppo, orientato a individuare una
concreta soluzione (oggetto, modello culturale, ecc.) che ricostituisca un equilibrio compromesso
da una carenza” (Gasparini, 1987, 268). Questo perché tale definizione pone l’accento sulla
tensione tra uno “stato di bisogno” (la domanda), e un “oggetto del bisogno” (la risposta). Questo
senza dimenticare che nel bisogno concorrono vari elementi: “a) i valori, gli ideali, gli stimoli da
realizzare e da soddisfare; b) la tensione dell'individuo e/o del gruppo alle «cose» che realizzano
l'equilibrio implicato nei valori e negli ideali sociali del gruppo; c) le cose e cioè gli oggetti verso
cui tende l'individuo o il gruppo; d) il riprodursi costante di questa ricerca di un equilibrio, ed
infine e) la relatività di questa tensione per le categorie” (Gasparini, 1987, 267).
E come scala dei bisogni sia quelli della gerarchia di Maslow che quelli evolutivi risultanti dai
vari studi sulla adolescenza. Inoltre assumiamo come bisogno vertice quello di senso.
4.1.1. I bisogni umani fondamentali
Secondo Maslow i bisogni umani fondamentali sono costituiti da:
A) bisogni primari, fisiologici (o materialisti):
1. bisogno di sostentamento,
2. bisogno di sicurezza;
B) bisogni secondari, sociali e di autorealizzazione (post-materialisti):
3. bisogno di appartenenza e amore,
4. bisogno di stima,
5. bisogno di autorealizzazione (o bisogni intellettuali ed estetici, secondo Inglehart).
Questi bisogni obbediscono ad un criterio evolutivo che tende ad organizzarli in una
struttura gerarchica per cui, una volta soddisfatto un bisogno, si passa automaticamente al
successivo. E’ l’autorealizzazione che presiede tutta la scala gerarchica, per cui essa sarebbe in
grado di produrre la tensione necessaria a passare da un bisogno ad un altro. Tale tensione cambia
di natura nel passaggio dai bisogni primari (principio omeostatico o di necessità) ai secondari
(motivo di crescita). Tale gerarchia è messa in crisi dagli attuali ritmi di crescita sociale. Per il
nostro lavoro non è un dato fondamentale, che non ci impegna più di tanto, anche se la terremo
presente come indicazione di massima.
Riteniamo invece più importanti le altre caratteristiche del bisogno:
a) La soggettività: cioè trova la sua sorgente nel soggetto.
b) La tensione: il bisogno tende verso l’oggetto che lo può soddisfare. Questa tensione può
essere di tipo omeostatico per i bisogni di base (motivo da deficit), di tipo valoriale o
teleologico per i bisogni secondari o postmaterialisti e di senso (motivo di crescita).
c) La proattività: la spinta alla realizzazione dell’uomo nella sua totalità.
d) La plasticità: ossia la capacità di adattamento a situazioni molto diverse, sia ambientali che
personali (= molteplicità di risposte e soluzioni ai bisogni umani).
4.1.2. Bisogni formativi
I bisogni formativi, raccogliendo il contributo di vari autori, soprattutto di Havinghurst
riveduto in Italia da Polmonari, sono:
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1. Bisogni legati allo sviluppo fisico: accettazione di sé e delle trasformazioni,
adeguamento alle nuove esigenze poste dalla crescita.
2. Bisogni sessuali e affettivi, da soddisfare sia nella famiglia, che nel gruppo o nelle
relazioni diadiche.
3. Bisogni sociali, di relazione ed appartenenza, di inserimento ed accoglienza in un gruppo
e nella società, di occupazione e di stima sociale, di autonomia dalla famiglia, di
adattamento alla società e di contribuire al suo sviluppo (protagonismo e partecipazione
sociale).
4. Bisogni comunicativo-relazionali, espressivo-estetici.
5. Bisogni cognitivo-intellettuali: bisogno di competenza, d’istruzione e formazione
professionale, di percepire chiaramente la situazione e il suo significato; di disporre dei
mezzi necessari per controllare la situazione e soddisfare i bisogni fondamentali; di avere
un concetto positivo della propria adeguatezza e competenza.
6. Bisogno di identità.
Il bisogno di identità raccoglie e riassume tutti gli altri bisogni precedenti e presiede alla loro
integrazione unitaria nella persona. E’ il bisogno vertice di questa scala. Questo bisogno ha la stessa
funzione di “metabisogno” rispetto ai precedenti, come lo era per Maslow l’autorealizzazione, che
ne può essere l’equivalente per l’età. Anzi questi bisogni possono essere visti come una
specificazione per l’età adolescenziale dei più generali bisogni umani.
I bisogni formativi sono governati dal principio di “criticità”: a seconda del livello di
sviluppo essi si presentano con caratteri di urgenza, come un compito, che dev’essere risolto per
passare al livello successivo. Ciò garantisce la “maturità” del momento e, quindi, il grado di
autorealizzazione. Tuttavia questa cogenza non è assoluta: ci può essere il recupero, in un altro
momento, di un compito non svolto, ma con maggior difficoltà.
4.1.3. Bisogno di senso
Al culmine della scala dei bisogni si pone il “bisogno di significato” o di “senso”, un
bisogno che fuoriesce dalle dimensioni puramente materiali e psichiche, che si colloca al livello più
alto delle capacità umane, in quella noetica o spirituale. Un bisogno che rappresenta un
“metabisogno” per eccellenza, che non nega gli altri bisogni (e le loro classificazioni) ma li
trascende, permettendo di coglierne il senso al di là delle realizzazioni o delle frustrazioni per la
mancata soddisfazione. Tale capacità di autotrascendersi permette di conservare la tensione verso
uno scopo, anche quando mancano le condizioni perché la soddisfazione degli altri obiettivi
intermedi, anche nell’impossibilità di realizzarsi, di conseguire un’identità completa di tutte le
caratteristiche previste da Erikson.
4.1.4. Sintesi delle scale dei bisogni
Dovendo mettere assieme varie scale, di diversa provenienza, scegliamo di accorpare alcuni
bisogni in un’unica voce. Così componiamo la seguente lista dei bisogni:
a) Bisogni primari: avere i beni indispensabili per vivere, senza i quali si è in situazione di
povertà.
b) Bisogni fisici: connessi con la crescita, la salute, l’integrità fisica, l’accettazione del proprio
corpo, la vita.
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c) Bisogni affettivo-relazionali: relazioni umane e sociali significative, rapporti di amicizia,
amore e affetto.
d) Bisogni sociali: appartenenza, inserimento ed accoglienza in un gruppo e nella società, di
occupazione e di stima sociale, di autonomia dalla famiglia, di adattamento alla società.
e) Bisogni educativi: bisogno di competenza, d’istruzione e formazione professionale, bisogno
di essere accompagnato dalla famiglia, dalla scuola, da un gruppo organizzato per maturare
nella crescita.
f) Bisogni altruistici e solidali: bisogno di dare il proprio contributo alla società, di sentire
come importante la propria partecipazione, di sentirsi parte del mondo e di contribuire al suo
sviluppo, di interessarsi e dei problemi sociali e planetari e di contribuire alla loro soluzione
(protagonismo e partecipazione sociale).
g) Bisogni autorealizzativi ed esistenziali: bisogno di scoprire la propria “vocazione” in senso
professionale ed esistenziale, di avere un progetto per il futuro, di considerare il tempo
presente come preparazione a tale progetto; di avere un quadro chiaro della situazione, del
suo significato; di riuscire a capire quali sono i propri bisogni fondamentali e trovare le vie
per soddisfarli, di avere un concetto positivo della propria adeguatezza e competenza, di
aver fiducia nel futuro e di poter superare le difficoltà. Anche il bisogno di senso rientra in
qualche modo in quest’area.
A questo livello, il bisogno verrà individuato dagli oggetti o valori verso cui il soggetto o
gruppo tende: questi costituiranno gli indicatori del bisogno.
4.1.5. Il sistema di significato
Maggior difficoltà presenta l’operazionalizzazione del bisogno di significato. La saturazione
di tale bisogno viene resa riconoscibile dalla presenza di un “sistema di significato”, cioè, da una
certa rappresentazione della vita e del mondo, da un sistema organizzato di valori, da un’immagine
abbastanza definita di sé, dei propri obiettivi e ideali, dalla capacità di fare delle scelte in ordine a
tali obiettivi o ideali e quindi di assumere atteggiamenti e comportamenti congruenti con tali scelte.
Le dimensioni e i valori implicati nel processo di elaborazione di un’idea unitaria di sé
dovrebbero tendere all’integrazione reciproca. Infatti il senso viene inteso come “tensione verso
l'integrazione ottimale del sistema (di personalità o di cultura o di società)” (Milanesi, 1981, 22).
Infatti, i motivi centrali di una persona sono collegati tra loro e tendono a produrre un
corrispondente atteggiamento progettuale-proattivo. Per cui il senso viene anche definito come “una
percezione unitaria del reale capace di produrre un corrispondente atteggiamento fondamentale
verso di esso, che è condizione essenziale e fattore di progressiva integrazione della personalità,
cioè di una sua organizzazione, funzionale (relativamente) ottimale” (Milanesi, 1981, 88).
A sua volta, il concetto di “atteggiamento” viene definito come “strutturazione relativamente
stabile di tutta la personalità nei riguardi di un oggetto, che implica tutte le fasi (o molte, quelle
centrali), e le componenti della condotta” (Milanesi, 1980, 88).
Pertanto, da tali definizioni si evince che il “sistema di significato” è uno dei bisogni umani più
rilevanti sul piano esistenziale (bisogno di dare un significato complessivo alla propria esistenza),
ma è anche un processo (implicante un'acquisizione progressiva e spesso problematica se non
fallimentare), e infine un fatto (cioè il risultato stesso del processo; l'esito, in termini di “contenuti”,
del sistema di significato). (Milanesi, 1980, 89).
In conformità all’orientamento assunto da questa ricerca, indagheremo sul sistema di significato
come fatto, privilegiando lo studio dei “contenuti” interiorizzati. Il bisogno emergerà dalla carenza
di tale sistema interiorizzato.
19
4.2. Disagio
Il modo di procedere appena illustrato rileva solo i bisogni che sono avvertiti come tali e oggetto
di desiderio da parte dei soggetti interessati. Esso trascura, nel suo modo di procedere, la parte
dinamica, cioè la tensione quando il bisogno non viene soddisfatto o addirittura non viene
riconosciuto. E’ questo che interessa maggiormente il nostro lavoro. Pertanto, nell’individuazione di
bisogni a noi interessa soprattutto quelli che sono disattesi dalla società. Questi ci vengono indicati
dalle situazioni di disagio2.
Il disagio si configurerebbe come frustrazione del bisogno. Di per sé il disagio può essere di
vario genere, secondo della natura del bisogno. Tuttavia, vista la generale situazione di benessere
che gode la popolazione italiana, ed anche quella in questione, i bisogni frustrati sembrano
collocarsi più a livello dei bisogni postmaterialisti, esistenziali, di senso, che a livello materiale,
anche se non mancano situazioni di deprivazione materiale. Nella situazione di sostanziale
soddisfazione dei bisogni primari, il disagio diventa “a-sintomatico”, perché vengono a mancare
molti degli indicatori che una volta definivano il disagio o la marginalità sociale. Questo “disagio
diffuso” o “a-sintomatico” si qualifica per “una molteplicità di elementi insignificanti (se visti
singolarmente, per quanto riguarda la storia dei singoli soggetti) che possono però nel complesso
determinare una condizione ultima di disagio” (Guidicini - Pieretti, 1995, 17). Il disagio viene
anche concepito come «fatica nel reggere il gioco della flessibilità dei percorsi, delle scelte e degli
atteggiamenti che un contesto sociale sempre più differenziato e composito sembra richiedere»
(Neresini – Ranci, 1992, 30). Tale “fatica”, frustrazione, malessere è di natura particolarmente
relazionale; il termine in sé «indica una situazione (soggettiva) del sistema psichico» (Campedelli,
1994, 11), provocata spesso da situazioni oggettive e soggettive di rischio. In particolare indichiamo
nella frustrazione del bisogno di significato, la condizione più diffusa e la ragione ultima (anche se
non unica) del diffuso malessere che colpisce le popolazioni benestanti. Tale disagio può anche
configurarsi come mancata percezione di tale bisogno, o come mancata integrazione dei motivi e
dei valori. Al disagio contribuiscono sia l’incapacità di lettura dei bisogni da parte del soggetto e di
chi dovrebbe prendersi cura di lui, sia la mancata risposta istituzionale da parte della società e del
territorio.
4.2.1. Il concetto di disagio
Il concetto di disagio è per definizione assai vago e di difficile operazionabilità. Soprattutto
quando parliamo del disagio diffuso, che è, per sua natura, “asintomatico”, cioè senza i caratteri
classici della marginalità o devianza. Più che dai comportamenti va colto nelle sensazioni, nelle
dichiarazioni, negli stati d’animo, che sono assai soggettivi e mutevoli. E dipende anche dalla
cultura e dalle aspettative del soggetto. Ora questi sono elementi fortemente soggettivi, difficili da
verificare empiricamente. D’altra parte la stessa percezione di un bisogno è soggettiva. Pertanto
dovremo accettare le dichiarazioni del soggetto per quello che esse dicono, assumendoci tutto il
rischio dell’interpretazione. Partendo da queste premesse cerchiamo di vedere quali potrebbero
essere gli indicatori più probabili di disagio.
Se assumiamo come significato del disagio quello di essere l’indicatore di un bisogno da
soddisfare, il disagio, dal punto di vista oggettivo, è costituito dall’insieme dei bisogni disattesi
frustrati.
2 Ricordiamo che, secondo altri autori, “l'esistenza di un bisogno, presuppone: 1) il verificarsi di una sensazione dolorosa e la
tendenza (che può divenire desiderio) verso una sensazione piacevole; 2) la conoscenza (più o meno determinata) di un mezzo capace
di prevenire, decrescere, eliminare la prima, oppure di provocare, conservare o accrescere la seconda; 3) la possibilità di procurarsi
tale mezzo affrontando un sacrificio” (Fossati, 1957, 702-703).
20
Dal punto di vista soggettivo il disagio si presenta con la percezione soggettiva di
malessere, inadeguatezza, mancanza di autorealizzazione e di soddisfazione per la vita. Per cui
varranno gli indicatori soggettivi di insoddisfazione, di problematicità, di difficoltà a risolvere i
problemi della vita.
Questa duplice approccio al disagio trova corrispondenza anche in alcuni modelli classici di
analisi3: un primo, che possiamo denominare della qualità della vita, e un secondo che
denominiamo dei bisogni. Il primo modello identifica gli indicatori del disagio a partire dai
riferimenti positivi ricercati nella qualità della vita; e gli indicatori emergono dalla constatazione
dello scarto tra i parametri della qualità della vita e la sua reale soddisfazione (Di Nicola, 1989,
205-213).
Il modello dei bisogni identifica invece gli indicatori di disagio a partire dai riferimenti negativi
ricavati della condizione di privazione vissuta dai soggetti (Milanesi, 1984, 47).
Noi seguiremo prevalentemente quest’ultimo modello di analisi, pur senza rifiutare a priori
anche altre indicazioni.
4.2.2. Indicatori di disagio
4.2.2.1. Area dei bisogni materiali (della povertà)
a) Indicatori oggettivi
1. Basso titolo di studio dei genitori;
2. Famiglia numerosa;
3. Disoccupazione;
4. Lavoro precario, irregolare;
5. Mancanza di qualificazione professionale;
6. Bisogno di mezzi di trasporto;
7. Bisogno di soldi;
b) Indicatori soggettivi
1. Insoddisfazione per la condizione economica
2. Insoddisfazione per la situazione occupazionale
3. Preoccupazione per problemi di ordine economico
4. Preoccupazione per non trovare lavoro
4.2.2.2. Area dei bisogni fisici (salute, vita)
a) Indicatori oggettivi
1. Avere problemi di salute;
2. Far uso di alcool, psicofarmaci e sostanze stupefacenti;
3. Aver subito aggressioni;
3 In alcuni autori, che assumono come categoria di analisi quella del rischio, gli indicatori di disagio vengono chiamati anche
“fattori di rischio”, in quanto “preparano il terreno all'instaurarsi di un percorso deviante” (Caliman, 1997, 161).
21
4. Essere stato picchiato da parenti
5. Avere subito violenze sessuali;
b) Indicatori soggettivi
1. Non essere contenti del proprio aspetto fisico;
2. Non essere contenti della propria salute;
3. Ammettere la possibilità di ubriacarsi o assumere sostanze stupefacenti;
4. Ammettere la possibilità di suicidio;
4.2.2.3. Area di bisogni affettivo-relazionali
a) Indicatori oggettivi
1. Vivere da solo;
2. Mancare di uno entrambi e genitori;
3. Genitori che non hanno tempo per cura, ascolto, dialogo;
4. Genitori che maltrattano i figli;
5. Scarso accordo familiare: conflitti, liti, divisioni, ecc.;
6. Ribellione, indifferenza, mancanza di amore, fiducia e
dialogo in famiglia (rapporti negativi);
7. Avere problemi relazionali a scuola;
8. Lamentare rapporti conflittuali docenti-allievi;
9. Non avere amici;
10. Avere amici altrove;
b) Indicatori soggettivi
1. Aver problemi affettivi;
2. Non essere contento del rapporto con i genitori, aver problemi familiari;
3. Non essere contento dei propri amici, del rapporto di coppia;
4. Chiedere adulti che sappiano ascoltare, comprensivi, incoraggianti;
5. Aver bisogno di un gruppo fidato.
4.2.2.4. Area dei bisogni sociali
a) Indicatori oggettivi
1. Essere nato nel quartiere ed avere la famiglia originaria del
quartiere;
2. Essere nato all’estero o avere genitori nati all’estero;
3. Mancare di uno o entrambi i genitori;
22
4. Non avere amici;
5. Avere amici altrove;
6. Non avere un gruppo organizzato;
7. Ritrovarsi solo in luoghi pubblici e anonimi (bar,
discoteche, birrerie, strade, centri commerciali);
b) Indicatori soggettivi
1. Non essere contento del proprio quartiere/zona;
2. Lamentare la carenza di strutture di vivibilità nel quartiere/zona;
3. Esser scontento del proprio modo di vivere il tempo libero;
4. Cercare il gruppo solo per sicurezza;
5. Esser preoccupato della sicurezza occupazionale;
6. Essere preoccupato della sicurezza sociale
4.2.2.5. Area dei bisogni educativi
a) Indicatori oggettivi
1. Fallimento scolastico;
2. Sfasamento tra età e classe frequentata;
3. Mancanza di preparazione professionale;
4. Sfruttamento lavorativo, irregolarità, disoccupazione;
5. Difficoltà di apprendimento a scuola;
6. Poco aiutato da docenti a scuola;
7. Mancare di uno o entrambi e genitori;
8. Non vivere con i genitori;
9. Genitori che non hanno tempo per cura, ascolto, dialogo;
10. Genitori che non controllano;
11. Genitori troppo severi;
12. Genitori che maltrattano i figli;
13. Scarso accordo familiare, liti, divisioni, ecc.;
14. Ribellione, indifferenza, mancanza di amore e dialogo in
famiglia (rapporti negativi);
15. Avere difficoltà con i genitori per la scuola;
16. Approfittare della famiglia per non fare niente
17. Non frequentare un gruppo organizzato – formativo.
b) Indicatori soggettivi
1. Attribuire un significato negativo alla scuola;
23
2. Lamentare carenze all’interno della scuola, scontento;
3. Insoddisfazione per il lavoro;
4. Richieste esagerate di autonomia;
5. Percepire il gruppo solo come passatempo;
6. Percepire di non essere mai preparati abbastanza.
4.2.2.6. Area dei bisogni solidali, altruistici
a) Indicatori oggettivi
1. Non sentire la scuola come opportunità di socializzazione;
2. Non andar d’accordo con i genitori;
3. Non partecipare responsabilmente alla gestione familiare;
4. Richieste esagerate di autonomia da adulti e da controllo;
5. Tendenza alla chiusura in se stesso;
6. Richieste solo di mezzi materiali per sè o di migliorare solo
la propria condizione;
7. Non avere amici;
8. Non avere un gruppo organizzato;
9. Non fare attività solidaristica, di volontariato;
10. Non interessarsi dei problemi del quartiere/zona, o
interessarsene solo per motivi edonistici, opportunistici;
11. Evitare, disprezzare, maltrattare le persone emarginate, in
difficoltà;
12. Disponibile ad inquinare, abortire, fare violenza, cose
illecite, maltrattare la cosa pubblica.
b) Indicatori soggettivi
1. Pensare al lavoro solo in termini individualistici o
utilitaristici;
2. Preoccupato solo da problemi di sicurezza personale;
3. Essere eccessivamente preoccupato della sicurezza sociale
4.2.2.7. Area dei bisogni autorealizzativi ed esistenziali
a) Indicatori oggettivi
1. Non ritenere importante avere un obiettivo per vivere;
2. Non ritenere importante avere senso di responsabilità;
3. Non ritenere importante poter fare scelte autonome;
24
4. Non ritenere importante porsi il problema del futuro;
5. Non ritenere importante avere fiducia in se stessi, coraggio,
volontà di riuscire nella vita;
6. Non ritenere importante avere una buona professione;
7. Non ritenere importante la fede in Dio;
8. Considerare la scuola solo come elemento negativo (fatica,
costrizione, noia);
9. Non considerare la scuola con interesse, come preparazione
al futuro o come possibilità di imparare cose nuove;
10. Non aver chiaro cosa fare una volta finiti gli studi;
11. Non pensare al lavoro come realizzazione personale;
12. Non frequentare il gruppo per apporti positivi (crescita,
affermazione di sé, sviluppo interessi, autonomia, ecc.).
b) Indicatori soggettivi
1. Non essere soddisfatto della vita;
2. Essere scontento di sé (aspetto fisico, carattere, ecc.);
3. Preoccupato di non riuscire a realizzare i propri sogni;
4. Essere scontento del modo di vivere la religione, sentire il problema religioso;
5. Avere paura della morte.
4.2.2.8. Il disagio da frustrazione del bisogno di senso
Il bisogno di senso risulta il più difficilmente da operazionalizzare. Infatti, dipende solo
dalla dichiarazione del soggetto. Tuttavia tale bisogno ha una sua oggettività e si presuppone che
con l’emergenza del pensiero formale esso emerga alla coscienza di tutti. Nonostante le ovvie
difficoltà a determinare l’età in cui emerge il pensiero formale, assumiamo convenzionalmente i 15
anni (età dell’inizio delle superiori) come limite da cui presumerne la sua presenza nei soggetti da
noi trattati.
Questo bisogno sarà quindi più facilmente percepibile attraverso la rilevazione di assenza di
senso nella vita e di un sistema di significato integrato che indichi l’avvenuta integrazione dei
motivi e una capacità di dare senso alla realtà. Ovviamente non ci si aspetta da adolescenti che
abbiano già una concezione compiuta del mondo, un’organizzazione dei valori e della vita
perfettamente funzionale ed integrata. Tuttavia la maggior o minor presenza di tali elementi
indicherà a quale punto di saturazione è giunto bisogno di senso e, nella comparazione, la differenza
tra le varie categorie.
4.3. Rischio
Il rischio, essendo una risposta “irrazionale” al disagio e alla frustrazione del bisogno,
diventa un indicatore indiretto di disagio. In effetti è più facile cogliere nel comportamento a rischio
25
le indicazioni di un disagio e di un bisogno disatteso. Tuttavia è difficile risalire dal comportamento
al bisogno sottostante. Per cui bisogna utilizzare delle tecniche di incrocio e di elaborazione dei dati
per cogliere le eventuali carenze di cui il rischio è segno.
4.3.1. Definizione di rischio
Il rischio è un aggravamento della situazione, già pericolante o disagiata, che può evolvere,
per una serie di cause concomitanti (endogene ed esogene), in risposte irrazionali al bisogno.
“L'irrazionalità consiste nel fatto che le decisioni adottate si rivelano obiettivamente distruttive per
l'individuo e per la società e non avviano assolutamente a soluzione i problemi che la persona ha”
(Milanesi, 1984, 32).
Il rischio quindi si concretizza quando, per risolvere una situazione di disagio, si adottano dei
comportamenti che non costituiscono una reale risposta al bisogno e vanno in senso contrario alla
linea della crescita e della vita. I comportamenti adottati possono essere di tipo distruttivo (auto ed
etero), compensativo o evasivo. Secondo impostazioni adottate in altre ricerche (Milanesi, 1984;
Caliman, 1997), divideremo il rischio in vari tipi, a seconda dei bisogni che tende a frustrare: rischio
sociale, fisico, formativo, di evasione e di devianza.
4.3.2. Indicatori di rischio
Il rischio, nelle ricerche, viene individuato in determinati fattori che preparano il terreno
all'instaurarsi di un percorso deviante. L'ammettere la loro esistenza non significa
automaticamente riconoscere la loro incidenza deterministica sulla causa della devianza, poiché
vi sono circostanze in cui, anche dovendo affrontare vari fattori di rischio, il soggetto riesce
perfettamente a sottrarre risorse personali o dell'ambiente per far fronte al loro potenziale
distruttivo.
4.3.2.1. Rischio sociale
Il rischio sociale ha le stesse caratteristiche del disagio da bisogni materiali, relazionali e
sociali e quindi corrisponde, nella nostra analisi, agli stessi indicatori di disagio materiale, di disagio
relazionale e sociale.
4.3.2.2. Rischio formativo
Anche il rischio formativo corrisponde negli indicatori al disagio educativo. Qui ne viene
solo accentuata la parte di risposta comportamentale.
4.3.2.3. Rischio fisico (salute, vita)
1. Aver problemi di salute;
2. Assumere frequentemente alcolici, psicofarmaci droghe
pesanti, fumare abitualmente hashish/marijuana;
26
3. Mescolare insieme (mix) queste sostanze;
4. Fare sesso promiscuo;
5. Aver subito aggressioni;
6. Essere stato picchiato pesantemente dai familiari;
7. Aver subito violenza sessuale;
8. Aver partecipato ad azioni violente;
9. Rischio di suicidio
4.3.2.4. Rischio di evasione (consumistico, tempo libero)
1. Ritrovarsi solo in luoghi pubblici e anonimi (bar,
discoteche, birrerie, strade, centri commerciali);
2. Non avere un gruppo organizzato, o di impegno;
3. Non parlare mai nel gruppo di temi importanti per la vita,
ma solo del più e del meno o di argomenti di evasione;
4. Attività in gruppo solo di evasione o ludica;
5. Richieste
al territorio solo di
attrezzature
per il
divertimento;
6. Mancanza di rapporti o di interesse per extracomunitari;
7. Concepire la vita in termini prevalentemente edonistici e
privatistici: richieste solo di mezzi materiali per sè o di
migliorare solo la propria condizione;
8. Approfittare sessualmente della partner di un amico, di
uno/a più piccolo/a;
9. Disponibile ad abortire;
10. Fare sesso promiscuo.
4.3.2.5. Rischio di devianza e violenza
1. Compiere bravate, vandalismi in gruppo;
2. Rubare, scippare, compiere cose illecite per denaro;
3. Maltrattare,
picchiare
persone
più deboli, indifese,
emarginate;
4. Partecipare ad azioni violente in luoghi pubblici;
5. Violenze sessuali;
6. Assumere abitualmente sostanze illegali.
27
5. Ulteriori precisazioni delle ipotesi
1. Si ipotizza che i bisogni più disattesi tra gli adolescenti dei due Municipi in esame siano
di tipo affettivo, formativo, sociale ed esistenziale. In particolare si ipotizza che siano rare le
risposte al bisogno di senso. Ciò determinerebbe una diffusa situazione di “disagio asintomatico”,
collegabile sia all’evoluzione delle problematiche dell’età, sia alla carenza di risposte ai bisogni di
tipo post-materialista ed esistenziale.
In particolare, per il bisogno di senso, si ipotizza tra la popolazione indagata:
1. un certo grado di « non-integrazione » interna dei sistemi di significato,
verificabile come gap tra « bisogni » e « progetto », come incoerenza tra « set
percettivi » e « set valutativi », come separazione tra « set valutativi » e «
condotte decisionali » e « operative »;
2. una diffusa mancanza di una struttura psicologica unitaria o di un tratto globale
che integri con qualche coerenza i diversi atteggiamenti e valori. In particolare
che tale mancanza sia più avvertibile nei soggetti con maggiori comportamenti a
rischio e, in secondo luogo, in quelli più insoddisfatti;
3. differenziazioni apprezzabili dei sistemi di significato (ai livelli di cui ai punti 1.1
e 1.2) in base a variabili di status relative al campione inchiestato. In particolare,
sembrano
da
prendersi
in
considerazione
le
variabili:
sesso,
scolarità/occupazione, tipo di disagio, tipo di aggregazione.
2. Si ipotizza inoltre che coloro in cui si assommano problemi formativi a situazioni di
deprivazione materiale e marginalità sociale, aumenti la probabilità di rischio di devianza. Pertanto
gli adolescenti “a rischio di devianza” sono adolescenti in cui si sommano vari disagi, dati dalla
mancata soddisfazione di bisogni materiali, formativi, affettivi, culturali e sociali. La
sovrapposizione tra l'emarginazione strutturale, le situazioni obiettive di rischio sociale e la fatica di
gestire il percorso formativo (il disagio) in queste condizioni, possono costituirsi come premessa per
le reazioni devianti, a meno che il soggetto riesca a reagire positivamente.
3. Tra i giovani studenti, appartenenti alle classi media e alta, che vivono in situazioni
materiali, culturali e sociali più avvantaggiate (ma carenti sul piano dei rapporti con la famiglia e le
istituzioni educative) manifestino un disagio riconducibile prevalentemente alla frustrazione di
bisogni relazionali, post-materialisti e di senso, ed una maggior probabilità di assumere
comportamenti a rischio ma socialmente accettati (rischio fisico, di evasione e compensazione).
4. Si ipotizza che tra gli adolescenti che hanno buoni rapporti con le agenzie educative
(frequentano i gruppi giovanili delle parrocchie, si trovano bene a la scuola, sono ben seguiti in
famiglia) un basso livello di disagio (= minor insoddisfazione per la vita) ed una minor probabilità
di rischio. Al contrario, che gli adolescenti che hanno un cattivo rapporto con le istituzioni
educative abbiano anche maggior probabilità di disagio e di rischio.
5.1. Ipotesi particolari
Per verificare le ipotesi esse vanno individuate secondo i tipi di popolazione e le loro
caratteristiche. Noi le verificheremo a seconda del tipo di disagio manifestato.
28
5.1.1. Campione studenti a disagio
Definiamo soggetti a disagio tutti coloro che risultano poco soddisfatti della vita,
appartenendo nell’indice operato sulla domanda 30 del questionario su coloro che hanno
risposto ad uno dei primi 4 item (vita “particolarmente disgraziata, piena di guai”, “triste,
senza amici”, “annoiata, insoddisfacente”, “senza grossi problemi ma anche senza grossi
successi/risultati”). (Vettorato – Abbate, 2002, 131).
Si prospetta a livello di bisogni che per una quota significativa (circa la metà) di studenti dei
Municipi Roma 6 – 7 manifesti segni evidenti da disagio (insoddisfazione per la vita) per
effetto di carenze nell’area dei bisogni fisici, affettivo-relazionali, educativi, solidali-altruistici,
autorealizzativo-esistenziali, in particolare di quelli di senso. Ciò può portare ad assumere
comportamenti a “rischio leggero”, cioè “socialmente accettabile”, di tipo prevalentemente
fisico ed evasivo, e, per quanto riguarda l’assunzione di stupefacenti, limitata a quelli
denominati “droghe leggere”.
In particolare si ipotizza che gli studenti a disagio manifestino:
a) per quanto riguarda i bisogni
1. maggior insoddisfazione nell’area dei bisogni fisici soggettivi rispetto ai coetanei più
soddisfatti della vita;
2. maggior insoddisfazione nell’area dei bisogni affettivo-relazionali rispetto ai pari età ma
più soddisfatti della vita;
3. maggior insoddisfazione nell’area dei bisogni educativi rispetto ai pari età ma più
soddisfatti della vita;
4. maggior insoddisfazione nell’area dei bisogni solidali-altruistici rispetto ai coetanei più
soddisfatti della vita;
5. maggior insoddisfazione nell’area dei bisogni autorealizzativi rispetto ai coetanei più
soddisfatti della vita;
6. maggior insoddisfazione nell’area del bisogno di senso rispetto ai coetanei più soddisfatti
della vita;
b) rispetto ad indicatori anagrafici
7. il disagio sia variabile dipendente dell’età e che sia maggiore in relazione all’età,
soprattutto in coloro che hanno un’età tra i 15 e i 17 anni;
8. questo tipo di disagio sia anche variabile dipendente dal sesso, e che si manifesti con più
frequenza nelle femmine;
c) rispetto alla variabile appartenenza sociale
9. il disagio sia in relazione alla capacità di stabilire buone relazioni con le istituzioni e
quindi si manifesti in misura maggiore, in coloro che non hanno buone relazioni con le
29
istituzioni del territorio o di loro pertinenza (scuola, pubblica amministrazione, chiesa,
ecc.);
10. il disagio sia in relazione alla partecipazione sociale e quindi si manifesti in misura
maggiore in coloro che non frequentano gruppi organizzati (associazioni, gruppi religiosi,
di volontariato, scolastici, culturali, ideologico-politici, ecc.);
11. il disagio sia in relazione allo stile dei rapporti familiari e quindi si manifesti in misura
maggiore in coloro che hanno:
i. cattiva qualità di relazioni con la famiglia (poco dialogo, comunicazione, ecc.);
ii. poca cura da parte della famiglia (disinteresse, lontananza affettiva, ecc.);
iii. famiglie divise o in conflitto;
iv. troppo permissivismo, autonomia;
v. troppa severità, maltrattamenti;
vi. poca collaborazione nella conduzione familiare;
vii. genitori più colti (laureati) rispetto a chi ha genitori di cultura media (segno che
non è la cultura specialistica quella che può fornire un orizzonte di senso, ma
quella dettata dal buon senso che fa appello a norme tradizionali e a capacità
personali di mediare fra varie istanze culturali);
e) rispetto ai sistema di attese: si ipotizza che il disagio sia anche i relazione al sistema di
attese, pertanto
12. più le attese sono alte, irrealistiche e sproporzionate rispetto alle proprie condizioni e
capacità, più ci si sente insoddisfatti della vita, cresce la percezione di privazione di un
diritto legittimo e quindi l’avversione per la vita e per la società;
f) rispetto ai valori e credenze
13. il disagio sia in relazione al sistema di norme e quindi si manifesti in misura maggiore in
coloro che hanno più difficoltà ad accettare le norme, sia a livello familiare che sociale;
14. il disagio sia in relazione al sistema di valori e quindi si manifesti in misura maggiore in
coloro che
i. hanno una maggior disorganizzazione e disomogeneità nel sistema di valori;
ii. non riescono a dare un senso alla vita;
iii. hanno valori prevalentemente di tipo edonistico, individualistico, estetico ed
evasivo;
iv. hanno meno valori di tipo altruistico-solidale;
15. il disagio sia in relazione al sistema di credenze e quindi si manifesti in misura maggiore
in coloro che non hanno un riferimento a credenze di tipo religioso-trascendentale;
e) rispetto agli atteggiamenti
30
16. il disagio sia in relazione all’attitudine introspettiva e riflessiva e quindi si manifesti in
misura maggiore in coloro che hanno una vita molto dinamica, frenetica, soprattutto nel
tempo libero e dimostrano scarsa attitudine alla riflessione, all’introspezione con poca o
superficiale conoscenza di sé e dei propri bisogni;
17. il disagio sia in relazione alla relazionalità e comunicazione e quindi si manifesti in
misura maggiore in coloro che chiudersi in se stessi, ad isolarsi e non parlare ad altri dei
propri problemi;
18. il disagio sia in relazione alla proattività e quindi si manifesti in misura maggiore in
coloro che dimostrano scarsa iniziativa ed interesse verso i problemi personali e
collettivi, poca voglia di fare e di uscire dalle situazioni problematiche;
19. il disagio sia in relazione alla attitudine progettuale e quindi si manifesti in misura
maggiore in coloro che dimostrano scarsa capacità di prevedere il proprio futuro, di
progettarlo e perseguirlo;
f) Infine, rispetto al rischio si fa l’ipotesi che i soggetti a disagio o insoddisfatti abbiano
comportamenti più rischiosi rispetto ai soggetti soddisfatti, ma meno rispetto ai soggetti “a
rischio”. In particolare si fa l’ipotesi che i soggetti a disagio manifestino il loro disagio con
comportamenti a rischio in quei campi che sono socialmente più accettati, cioè:
20. Che abbiano mediamente comportamenti a rischio fisico più intensi rispetto ai soddisfatti,
ma meno rispetto ai soggetti a rischio (assunzione prevalentemente di alcool,
hashish/cannabis, ecstasy, LSD, psicofarmaci; rischio di sesso promiscuo, ipotesi di
suicidio);
21. Che abbiano mediamente comportamenti a rischio di evasione più intensi rispetto ai
soddisfatti;
22. Che abbiano mediamente comportamenti a rischio di devianza meno frequenti rispetto ai
soggetti a rischio;
5.1.2. Campione “soggetti a rischio”
Definiamo soggetti a rischio gli adolescenti intervistati per strada o in istituzioni specifiche
per soggetti sottoposti a provvedimenti penali o ad interventi di assistenza pubblica, come
specificato al paragrafo 1.1.3. del presente capitolo.
Si prospetta a livello di bisogni che i soggetti a rischio dei Municipi Roma 6 – 7 manifestino
un disagio molto forte, più di tutte le altre categorie in ogni area dei bisogni, in particolare
nell’area dei bisogni materiali, fisici, affettivo-relazionali, educativi, sociali, solidali-altruistici,
autorealizzativo-esistenziali. Questa situazione di forte disagio può, più probabilisticamente
indurre a comportamenti “rischio”, più frequenti che tutte le altre categorie e più “pesanti”, cioè
“personalmente più pericolosi e socialmente più inaccettabili o stigmatizzati”.
In particolare si ipotizza che i soggetti a rischio manifestino rispetto a tutte le altre categorie:
a) per quanto riguarda i bisogni:
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23. maggior frustrazione nell’area dei bisogni materiali;
24. maggior frustrazione nell’area dei bisogni fisici;
25. maggior frustrazione nell’area dei bisogni affettivo-relazionali;
26. maggior frustrazione nell’area dei bisogni educativi;
27. maggior frustrazione nell’area dei bisogni sociali;
28. maggior frustrazione nell’area dei bisogni solidali-altruistici;
29. maggior frustrazione nell’area dei bisogni autorealizzativi;
30. maggior frustrazione nell’area del bisogno di senso;
b) rispetto ad indicatori anagrafici
31. il rischio sia variabile dipendente dell’età e cresca con l’età;
32. il rischio sia anche variabile dipendente dal sesso, e si manifesti con una frequenza
significativamente maggiore nei maschi;
33. sia variabile rispetto alla cultura e si manifesti maggiormente in coloro che hanno
interrotto precocemente gli studi o hanno avuto maggiori insuccessi a livello scolastico;
34. sia variabile rispetto alla preparazione professionale e si manifesti maggiormente in
coloro che non hanno avuto una preparazione adeguata al lavoro
c) rispetto alla variabile appartenenza sociale
35. il rischio sia in relazione alla capacità di stabilire buone relazioni con le istituzioni e
quindi si manifesti in misura maggiore, anche rispetto ai soggetti a disagio, in coloro che
non hanno buone relazioni con le istituzioni del territorio o di loro pertinenza (scuola,
pubblica amministrazione, chiesa, ecc.);
36. il rischio sia in relazione alla partecipazione sociale e quindi si manifesti in misura
maggiore, anche rispetto ai soggetti a disagio, in coloro che non frequentano gruppi
organizzati (associazioni, gruppi religiosi, di volontariato, scolastici, culturali,
ideologico-politici, ecc.), o che frequentano solo gruppi di ultras, e/o sportivi, e/o di
centri sociali, e/o di amici incontrati al bar, in discoteca;
37. il rischio sia in relazione allo stile dei rapporti familiari e quindi si manifesti in misura
maggiore, anche rispetto ai soggetti a disagio, in coloro che hanno:
i. famiglie irregolari, divise o in conflitto;
ii. famiglie numerose;
iii. mancanza di comunicazione in famiglia (non dialogo, ascolto, comprensione, ecc.);
iv. poca cura da parte della famiglia (disinteresse, lontananza affettiva, ecc.);
v. troppo permissivismo, autonomia;
vi. troppa severità, rigidità, maltrattamenti;
vii. nessuna collaborazione nella conduzione familiare;
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viii. incapacità di mediazione nelle situazioni difficili;
ix. genitori poco colti (scuola dell’obbligo o inferiore);
g) rispetto ai sistema di attese: si ipotizza che il rischio sia anche i relazione al sistema di
attese, pertanto
38. più le attese sono alte, irrealistiche e sproporzionate rispetto alle proprie condizioni e
capacità, più ci si sente insoddisfatti della vita, cresce la percezione di privazione di un
diritto legittimo e quindi l’avversione per la vita e per la società; ne consegue una più
forte frustrazione, che si traduce in comportamenti più violenti o di disinteresse:
h) rispetto ai valori e credenze
39. il rischio sia in relazione al sistema di norme e quindi si manifesti in misura ancor
maggiore, anche rispetto ai soggetti a disagio, in coloro che hanno più difficoltà ad
accettare le norme, sia a livello familiare che sociale;
40. il rischio sia in relazione al sistema di valori e quindi si manifesti in misura maggiore,
anche rispetto ai soggetti a disagio, in coloro che
i. hanno una maggior disorganizzazione e disomogeneità nel sistema di valori;
ii. non riescono a dare un senso alla vita;
iii. hanno valori prevalentemente di tipo edonistico, estetico ed evasivo;
iv. hanno valori che mettono in risalto l’astuzia nei rapporti, all’affermazione di sé in base
alla forza e alla violenza,
v. hanno meno valori di tipo altruistico-solidale;
41. il rischio sia in relazione al sistema di credenze e quindi si manifesti in misura maggiore
in coloro che non hanno un riferimento a credenze di tipo religioso-trascendentale;
i) rispetto agli atteggiamenti
42. il rischio sia in relazione all’attitudine introspettiva e riflessiva e quindi si manifesti in
misura maggiore in coloro che hanno una vita molto dinamica, frenetica, soprattutto nel
tempo libero e dimostrano scarsa attitudine alla riflessione, all’introspezione con poca o
superficiale conoscenza di sé e dei propri bisogni;
43. il rischio sia in relazione alla relazionalità e comunicazione e quindi si manifesti in
misura maggiore in coloro che chiudersi in se stessi, ad isolarsi e non parlare ad altri dei
propri problemi;
44. il rischio sia in relazione alla proattività e quindi si manifesti in misura maggiore in
coloro che dimostrano scarsa iniziativa ed interesse verso i problemi personali e
collettivi, poca voglia di fare e di uscire dalle situazioni problematiche;
45. il rischio sia in relazione all’attitudine progettuale e quindi si manifesti in misura
maggiore in coloro che dimostrano scarsa capacità di prevedere il proprio futuro, di
progettarlo e perseguirlo;
j) Infine, rispetto ai comportamenti a rischio si fa l’ipotesi che il campione dei “soggetti a
rischio” abbia comportamenti più rischiosi, in intensità e numero, rispetto al campione degli
studenti, fossero pure a disagio. In particolare si fa l’ipotesi che i soggetti a rischio
33
manifestino il loro disagio con comportamenti a rischio in tutti i campi, particolarmente in
quelli più dannosi alla salute e socialmente più stigmatizzati, pericolosi e trasgressivi, cioè:
46. che siano a rischio sociale più di tutte le altre categorie;
47. che siano a rischio formativo più di tutte le altre categorie;
48. che abbiano mediamente comportamenti a rischio fisico più intensi e numerosi rispetto a
tutte le altre categorie, anche dei soggetti a disagio (assunzione più frequente e abituale di
alcolici, droghe leggere e soprattutto di droghe pesanti, tendenza a mischiarle; rischio di
sesso promiscuo, azioni violente, subire violenza, meno di suicidio);
49. Che abbiano mediamente comportamenti a rischio di evasione più intensi rispetto a tutte
le altre categorie, o almeno maggiori di quelli soddisfatti e pari a quelli del disagio;
50. Che abbiano comportamenti a rischio di devianza più frequenti e gravi di tutte le altre
categorie;
5.1.3. Il campione degli studenti soddisfatti
Definiamo soddisfatti tutti gli studenti che hanno risposto ad una delle 2 ultime possibili
risposte della domanda 30 del questionario, la cui vita risultava, a loro giudizio, “abbastanza ben
riuscita”, o “pienamente realizzata”.
Per il campione degli studenti realizzati formuliamo l’ipotesi che l’impressione di
soddisfazione della vita derivi dal fatto di percepire che i loro bisogni hanno una risposta positiva,
questo anche per la minor problematicità della loro vita, per la vicinanza delle istituzioni e agenzie
educative, per un livello di attese nei riguardi della vita moderato e più adatto alle loro possibilità.
Formuliamo pertanto l’ipotesi che:
a) Rispetto ai bisogni:
51. si sentano mediamente più soddisfatti delle altre categorie di adolescenti, e quindi
accusino un livello di disagio rispetto ai bisogni molto più basso di tutte le altre
categorie;
b) Rispetto alle variabili anagrafiche:
52. appartengano alle età più basse del campione (sotto i 15 anni), rivelando che è la
problematicità, causata dallo sviluppo, a contribuire in maniera massiccia al disagio
adolescenziale;
53. risentano anche della variabile sesso, connessa con l’età, in quanto sono le femmine ad
avere uno sviluppo precoce rispetto ai maschi e pertanto ci sia un leggera prevalenza
maschile tra i più soddisfatti;
d) Rispetto alle appartenenze sociali, essi abbiano godano di una situazione migliore, in
particolare rispetto:
34
54. Alla famiglia
i. famiglie più regolari e armoniose;
ii. più comunicazione e affetto in famiglia
iii. maggiori attenzioni e cure familiari;
iv. una educazione equilibrata tra autonomia e controllo, senza troppa severità né
permissivismo;
v. capacità di mediazione di fronte ai conflitti e situazioni difficili;
vi. collaborazione del ragazzo nella conduzione familiare;
vii. genitori prevalentemente di media cultura;
55. la partecipazione a forme associative organizzate o di volontariato
e) rispetto ai sistema di attese: si ipotizza che la sensazione di benessere sia anche i relazione al
sistema di attese, pertanto
56. più le attese sono contenute e proporzionali alle proprie condizioni e capacità, più ci si
sente soddisfatti della vita;
f) rispetto ai valori e credenze, si ipotizza che la sensazione di benessere sia in correlazione con
60. l’accettazione delle norme;
61. un sistema di valori
i. più omogeneo e organizzato;
ii. meno edonista e individualista;
iii. più attento ai valori di tipo altruistico-solidale;
iv. maggiore riferimento a credenze di tipo religioso-trascendentale;
g) rispetto agli atteggiamenti, la situazione di soddisfazione si correli positivamente, a pari età,
con:
57. l’attitudine all’introspezione e riflessione;
58. la capacità di relazione e comunicazione;;
59. la proattività e quindi si manifesti in misura maggiore in coloro che dimostrano buona
capacità di iniziativa ed interesse verso i problemi personali e collettivi, volontà di fare e
di uscire dalle situazioni problematiche;
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60. l’attitudine progettuale e quindi si manifesti in misura maggiore in coloro che dimostrano
buona capacità di prevedere il proprio futuro, di progettarlo e perseguirlo;
h) Infine, rispetto al rischio si fa l’ipotesi che
61. i soggetti più soddisfatti non abbiano comportamenti a rischio, o se ne hanno siano molto
contenuti rispetto alle altre categorie. Questo a dimostrazione che la maggior
soddisfazione dei bisogni, permette di contenere la frustrazione entro limiti tollerabili,
non crea disagio permanente e quindi riduce al minimo la probabilità di risposte
irrazionali al bisogno.
5.1.4. La popolazione dell’Oratorio Borgo Ragazzi don Bosco
Per la popolazione del Borgo Ragazzi don Bosco, si fa l’ipotesi
62. che appartenga in maggioranza al tipo di popolazione “soddisfatta” del campione
studenti;
63. che abbia una quota di disagio inferiore rispetto al campione generico del territorio;
64. che, anche in presenza di disagio, riesca a contenere i rischi in maniera migliore del
campione generico;
65. che questa differenza vada ascritta al
i. tipo di rapporti ed educazione familiare;
ii. vita associativa;
6. Strumenti d’indagine
Per ottenere questi risultati sono stati costruiti o impiegati degli strumenti di indagine, che sono i
seguenti:
1. Un questionario da sottoporre agli adolescenti4 .
Tale questionario è stato elaborati dall’equipe di ricerca, dopo averlo sottoposto alle
osservazioni della committenza (sia educatori del Borgo Ragazzi don Bosco che personale dei due
Municipi interessati). Inoltre lo ha testato su un gruppo di 15 ragazzi con le stesse caratteristiche del
campione prescelto. Dopo tali passaggi il questionario è stato validato ed applicato.
Le risposte al questionario sono state sottoposte ad analisi statistica. Dopo un primo spoglio
dei dati, sono stati fatti degli incroci tra le variabili più significative per le ipotesi fatte. In
particolare per il campione giovanile, sono stati tenuti distinti i 2 campioni originari: dei soggetti a
4 Si ricorda per inciso che nell’inchiesta “Il minore a-lato” sono stati elaborati anche altri tre strumenti di indagine: “Questionario
per il campione dei genitori”; “Questionario per il campione dei docenti”, “Griglia di domande per i testimoni privilegiati” (Malizia,
2002), tuttavia questi strumenti non sono stati impiegati nel presente lavoro, se non come fonte di informazione generica. Pertanto
non se ne farà menzione.
36
rischio da quello degli studenti. Inoltre è stato fatto un indice, nel campione degli studenti, tra
coloro che si percepiscono più realizzati nella vita e quelli che si sentono meno realizzati.
Inoltre è stato condotto un confronto tra i 3 campioni (giovani, docenti, genitori) rispetto alle
domande comuni.
Anche ai soggetti che frequentano l’Oratorio Borgo Ragazzi Don Bosco è stato
somministrato lo stesso questionario. Le risposte hanno subito lo stesso trattamento, con
considerazione distinta degli esiti di ciascuno gruppo intervistato.
Dopo aver analizzato le principali variabili e gli incroci cui possono dar luogo, si
sottoporrà i risultati ad analisi fattoriale, analisi della varianza, e, se si riterrà opportuno, anche
alla “cluster analysis” e “path analysis”.
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SOMMARIO
ARTICOLAZIONE DELLA RICERCA ............................................................................................. 1
1. Il piano di analisi: scopo e metodologia dell’indagine ................................................................ 1
1.1. Ricerca “Il minore a-lato” ......................................................................................................... 1
1.1.1. Il piano di campionatura .................................................................................................... 3
1.1.2. Il campione degli studenti, dei docenti e dei genitori ........................................................ 3
1.1.3. Il campione dei giovani a rischio ....................................................................................... 4
1.1.4. I Testimoni privilegiati....................................................................................................... 4
1.2. Ricerca Oratorio “Borgo Ragazzi don Bosco” ......................................................................... 5
1.2.1. Il piano di campionatura .................................................................................................... 5
1.2.2. Discesa sul campo .............................................................................................................. 6
2. Precisazione dei termini: bisogno, disagio, rischio e correlati ..................................................... 7
2.1. I bisogni..................................................................................................................................... 7
2.1.1. La gerarchia dei bisogni umani di Maslow ........................................................................ 7
2.1.2. Bisogni formativi o compiti evolutivi ................................................................................ 8
2.1.3. Il ruolo della società contemporanea nella soluzione dei bisogni ...................................... 8
2.2. Disagio e rischio come esito della crescita in una società “disintegrata” ............................... 10
2.3. Bisogno di senso ..................................................................................................................... 11
2.3.1. Il sistema motivazionale di Frankl ................................................................................... 11
2.3.2. L’applicazione del sistema motivazionale di Frankl al contesto educativo ..................... 12
2.3.3. Il bisogno di senso in chiave sociologica ......................................................................... 13
3. Le ipotesi .................................................................................................................................... 14
3.1. Ipotesi generali ........................................................................................................................ 14
3.2. Ipotesi complementari ............................................................................................................. 15
4. Operazionalizzazione delle ipotesi............................................................................................. 16
4.1. Bisogno ................................................................................................................................... 17
4.1.1. I bisogni umani fondamentali .......................................................................................... 17
4.1.2. Bisogni formativi ............................................................................................................. 17
4.1.3. Bisogno di senso .............................................................................................................. 18
4.1.4. Sintesi delle scale dei bisogni .......................................................................................... 18
4.1.5. Il sistema di significato .................................................................................................... 19
4.2. Disagio .................................................................................................................................... 20
4.2.1. Il concetto di disagio ........................................................................................................ 20
4.2.2. Indicatori di disagio ......................................................................................................... 21
4.3. Rischio .................................................................................................................................... 25
4.3.1. Definizione di rischio ....................................................................................................... 26
4.3.2. Indicatori di rischio .......................................................................................................... 26
5. Ulteriori precisazioni delle ipotesi ............................................................................................. 28
5.1. Ipotesi particolari .................................................................................................................... 28
5.1.1. Campione studenti a disagio ............................................................................................ 29
5.1.2. Campione “soggetti a rischio” ......................................................................................... 31
5.1.3. Il campione degli studenti soddisfatti .............................................................................. 34
5.1.4. La popolazione dell’Oratorio Borgo Ragazzi don Bosco ............................................... 36
6. Strumenti d’indagine .................................................................................................................. 36
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