PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO UFFICIO AFFARI ESTERI Sede Nazionale : Corso Vittorio Emanuele II 326 – Roma 00186 Diplomatico Iraniano Circolo Canottieri Aniene Roma, Domenica 11 Luglio 2010 18.30 PM – 20.00 PM Memore del detto di Metternich che, per chiunque voglia occuparsi delle cose del mondo è indispensabile farsi accompagnare da un teologo, chiedo al mio ospite di illustrarmi alcuni fatti essenziali riguardanti l’Islam. Vorrei meglio intendere ciò che avviene oggi in Medio Oriente, avere un idea più chiara dei presupposti ideologici del regime di Tehran e cercare di capire cosa stia oggi maturando all’interno della vasta comunità musulmana. Più vado avanti nel mio lavoro, più tendo a rendermi conto di quanto sia indispensabile confrontarsi con l’aspetto religioso delle cose per poter meglio interpretare e conoscere ciò che sta oggi avvenendo in seno al variegato universo musulmano. Il mio interlocutore si trova in piena sintonia con questa mia opinione. Vuole però avvertirmi che quello della teologia dell’Islam è un campo vastissimo e di enorme complicazione. A parlarne non si finirebbe mai. Mi dice che si limiterà a darmi oggi e nei prossimi incontri alcune informazioni di carattere generale che, senza entrare in dettagli intricatissimi, dovrebbero esser sufficienti a farmi capire in grandi linee la natura dei problemi e a rendermi più chiari alcuni aspetti politici che sono andati sviluppandosi nella regione in questi ultimi anni. È ovvio che questa mia curiosità non potrà dar risposta a tutto: le azioni umane non discendono mai da una sola causa e sono interconnesse ad una molteplicità di fattori, sovente dei più diversi, che spaziano, tanto per menzionarne alcuni, dalla geografia alla storia, dal carattere degli uomini ai rapporti di potenza, dalla demografia all’economia. Passiamo adesso, in modo più che sintetico, ad affrontare la questione della Legge. In Medio Oriente vi sono due tipi di legislazione: quella civile e quella religiosa. Per quel che riguarda il diritto civile, entriamo in un sistema derivato dall’Occidente non dissimile a quello nostro e perciò a noi familiare: un codice, tribunali, giudici, giurie, ecc… Ben altra cosa è la legislazione religiosa. I codici, ispirati dal Corano, trattano della purificazione, della preghiera, dei matrimoni e dei funerali, della decima e dell’elemosina, del digiuno legale, delle successioni, del divorzio, dei delitti, della Fede, della giustizia, dei rapporti tra capi e soggetti, del potere temporale e spirituale ecc. Trattano dunque di materia sia civile che religiosa, con quest’ultima che pervade e spiega la prima. Partono dalla figura del Fedele e dissertano su ciò che gli è consentito o non consentito fare; su ciò che è bene, male o peccato. In sintesi, devono 1 giudicare la portata morale delle azioni di tutti i membri della comunità. I due sistemi sono pertanto distinti: il Giudice civile non può dire o indicare ad un musulmano ciò che è puro o impuro; il Giurista religioso ci informerà invece che vi sono sette oggetti che, se toccati dal fedele, lo costringono ad atti di purificazione. Questi sono il cane, il maiale, il sangue, l’urina, le feci, il vino e l’ateo. Il giurista religioso potrebbe dunque arrivare al punto di vietare il possesso di un cane. Per una persona di sesso maschile dare la mano ad una donna è commettere peccato. Al musulmano non sarebbe neppure consentito stringere la mano di un laico. Vero è anche che un Sunnita non sarebbe contrario a mettere una bottiglia di vino in tavola. Di regola gli Sciiti sono più rigoristi e ciò è particolarmente vero nel caso dell’Iran. In Iraq ed in Libano, generalmente, tendono ad esserlo di meno. È importante sapere che nell’ Islam non vi è posto per una Chiesa gerarchica o per cariche sacerdotali. Maometto, infatti, non istituì mai Sacramenti, Sacerdozi o Ministri del culto. Il rapporto tra il fedele e la Divinità è assai più diretto che non nella religione Cattolica. Il mio interlocutore continua nella sua esposizione spiegandomi che l’Islam è composto da diverse famiglie. I Sunniti ne rappresentano l’elemento ortodosso e ne costituiscono la grande maggioranza. Sin dal primo secolo dell’Egira assunsero questo nome in opposizione ai dissidenti Sciiti per affermare che essi soli erano gli autentici seguaci della Sunna di Maometto. Loro caratteristica è quella di riconoscere la piena legittimità dei primi quattro Califfi elettivi. Sono coloro che seguono la Sunna, raccolta dei precetti e delle consuetudini del Profeta, la quale indica ad ogni credente come comportarsi d’abitudine. Le pratiche ed i precetti di Maometto hanno dunque valore di norma e vengono proposti come esempio da imitare. La Sunna derivante dagli Hadith, che sono le tradizioni canoniche dei detti e dei fatti del Profeta, viene dunque collocata subito dopo il Corano come fondamento del rituale e del diritto. La frattura tra Sunniti e Sciiti è conseguenza definitiva dell’assassinio di Alì, genero del Profeta, e, successivamente, della morte del suo secondogenito Hossein. Il termine Sciita, che deriva dall’Arabo Shi’at Alì, sta dunque ad indicare un seguace di Alì e dei suoi discendenti in linea diretta maschile. Essi si dividono in tre grandi gruppi: - Zaiditi: meno lontani dall’ortodossia sunnita sul terreno politico e giuridico. - Imamiti: seguaci della fazione moderata che, per essere i più numerosi ed importanti, sono considerati gli Sciiti per eccellenza. - Ismailiti: coloro che si trovano più lontani dall’ortodossia. Queste tre correnti, malgrado le loro discordanze, hanno come punto comune l’idea che Alì fosse stato designato da Maometto quale suo successore. Questa presa di posizione li porta a considerare i primi tre Califfi come usurpatori. Ove questi gruppi 2 divergono è nei particolari della dottrina dell’Imamato. Di tutto ciò si parlerà più avanti e anche nel corso dei prossimi incontri. Ora, continua il mio ospite, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo per trovarci di fronte ad un problema non indifferente: una volta morto il Profeta, a chi affidare il governo della comunità dei musulmani? È bene ricordare che il Profeta non aveva provveduto ad indicare un successore e come si sarebbe dovuto procedere dopo la sua scomparsa. Era dunque impellente trovare un uomo idoneo a succedergli e continuarne l’opera. A Medina, mentre il Profeta veniva seppellito, un gruppo di fedeli si riunisce sotto il cosiddetto arco di Bani Saed per discutere la scelta del legittimo successore. È bene avere in mente che in quel momento l’Islam era presente solo in terra d’Arabia e che i discepoli di Maometto erano pochi. Si trattava dei cosiddetti “amici” o “vicini”, quelli che si erano trovati accanto a lui quando andava ricevendo la Rivelazione Divina. Quanti fossero con esattezza non lo sappiamo: forse dai sessanta ai cento. Dopo sua moglie Khadija, il primo a convertirsi fu Alì, allora poco più che tredicenne. Seguirono poi Abu Bakr, Omar, Osman, Yasser e man mano tutti gli altri. Quando gli abitanti della Mecca decisero che era tempo di farla finita con Maometto, il Profeta, accompagnato da Abu Bakr, pensò bene di cercar rifugio altrove e si diresse verso Medina. Al suo posto, e nel suo letto, rimase Alì che lì venne trovato dai capi tribù entrati con l’intento di sopprimere Maometto. Nella storia dell’Islam questi primi fedeli si trovano ad avere una posizione tutta particolare. Erano loro quelli più vicini al Profeta, quelli che sovente lo accompagnavano nel corso dei suoi spostamenti e che passavano molto tempo insieme a lui. Per via di questa vicinanza ebbero l’opportunità di sentire le sue parole, di ascoltare i suoi consigli e le sue raccomandazioni e di essere al corrente delle Rivelazioni. Oltre al giovane Alì, solo altri cinque o sei erano in grado di scrivere e dunque di riportare il verbo del Profeta. Alla morte di Maometto seguì un momento di incertezza su chi avrebbe dovuto guidare la nuova comunità. Torniamo dunque sotto l’arco di Bani Saed, probabilmente un angolo del mercato, la cui copertura era fatta di foglie di palma. Questa riunione fu un evento di grande importanza essendo stata la prima forma civile presa tra le tribù beduine per arrivare ad una decisione di natura politica. Mancava infatti una procedura codificata per scegliere a chi affidare il comando della tribù. Di solito a trionfare era il più forte o il più ricco. Non lo si diventava per eredità. Questa riunione, che potrebbe essere descritta come un Consiglio, è stata dunque il primo passo per indicare a chi sarebbe toccato guidare la comunità dei fedeli (Ummah). Erano presenti gli anziani tra i compagni di Maometto, coloro che per tradizione erano considerati i più saggi e dunque maggiormente meritevoli di rispetto, i cosiddetti sceicchi. Era infatti usanza delle tribù del posto considerare gli anziani 3 come i più esperti ed affidabili. Ognuno di loro poteva affermare non solo di aver visto, ma anche di esser stato accanto al Profeta e di averlo ascoltato e persino toccato. Circa tre mesi prima di morire, Maometto aveva compiuto il suo ultimo pellegrinaggio alla Mecca. Sul sentiero di ritorno verso la città adottiva di Medina, la strada ad un certo punto si divideva in un luogo chiamato Ghadir: lì ci si separava e ogni tribù prendeva la via del ritorno per il proprio villaggio. Secondo la tradizione, Maometto chiamò a sé i pellegrini che ancora non si erano allontanati e presenta loro suo cugino Alì indicandolo come Vali di tutti i fedeli. Questo termine arabo ha purtroppo qualcosa come quindici significati diversi. Tanto per citarne alcuni: amico, padrone, governatore, amante, dominio, amicizia, amore, ecc. Accadde che i fedeli presenti non ebbero ben chiaro quale significato intendesse il Profeta: toccava dargli rispetto come parente, oppure obbedirgli come successore? Da qui iniziano i malintesi e le divisioni. Per coloro che saranno gli Sciiti, Alì è presentato da Dio al Profeta come suo successore politico ed è questo che Maometto comunica a tutta l’Ummah all’incrocio di Ghadir e pare anche avere espresso in un versetto del Corano. Per i Sunniti, invece, Maometto ha trasmesso questa comunicazione rivolgendosi solo ai pellegrini presenti e non a tutti i fedeli. Per loro il termine Vali va inteso come amore, rispetto per la parentela del Profeta, essere in amicizia con la sua famiglia. A questo punto chi è il vero interprete del termine e del senso del versetto? Per gli Sciiti è senza dubbio Alì, perché più vicino al Profeta: secondo loro è lui ad aver redatto il primo commento del Corano. “Io sono la città della conoscenza ed Alì è la porta della conoscenza”: questo avrebbe detto Maometto ai fedeli dopo la preghiera. È ovvio che è impossibile verificare le parole del Profeta e non vi è accordo su questo dettaglio. Tornato dal suo pellegrinaggio, Maometto poco dopo si ammala e muore. Accompagnato da sua moglie Zahra, figlia del Profeta, e da un nucleo di fedeli, Alì si occupa della cerimonia funebre. Gli anziani si riuniscono nel frattempo sotto l’arco di Bani Sadr per decidere a chi affidare la successione. Dopo varie deliberazioni tra i seguaci di Medina e quelli della Mecca, si trovò un accordo per la nomina di AbuBakr, padre della sposa del Profeta, uomo saggio, rispettoso e dal carattere calmo e posato. Venuto a conoscenza di questa riunione, Alì protestò e con lui tutti quelli che gli erano accanto durante le esequie del Profeta, inclusa sua moglie. Si recarono tutti da Abu-Bakr e dagli altri seguaci sostenendo che la successione doveva essere sua, in quanto prescelto durante la sosta di Ghadir. Avevano tutti sentito le parole del Profeta e pensavano che la questione fosse stata risolta. Venne loro risposto che no, che non era stata regolata, che la parola Vali non era l’equivalente di una designazione ma andava semplicemente intesa come rispetto per la famiglia del Profeta e loro questo rispetto lo avevano sempre mostrato. 4 Per gli Sciiti questa riunione era dunque inattesa ed inopportuna: la successione doveva essere affidata ad Alì e basta. Gli altri ovviamente erano di avviso diverso: Vali non indica il successore del Profeta, che va eletto e non designato ed era agli anziani che toccava questo compito. Bisogna anche tener presente che Aisha, che aveva dieci anni ed era la sposa di Maometto, era figlia di Abu-Bakr e dunque anche egli faceva parte della famiglia del Profeta. Prima di convertirsi era un mercante assai ricco e di successo. Illuminato e guidato dalla nuova fede, mise a disposizione i suoi averi per far conoscere e diffondere il verbo del Profeta. È da quest’episodio che nasce la frattura tra gli Sciiti, favorevoli ad un’investitura e che consideravano Alì come legittimo successore del Profeta, e i Sunniti che hanno invece optato per l’elezione. Il primo Califfo, Abu-Bakr, ed il suo successore Omar fecero del loro meglio per seguire la via indicata dai precetti del Corano e per far rispettare le disposizioni di Maometto, in particolare quelle riguardanti la giustizia sociale, vista come proiezione di quella divina. Il successivo califfato di Osman fu considerato periodo di abusi e corruzione. Tale risultò la degenerazione dalla via indicata dal Profeta che egli venne ucciso. Era opinione degli Sciiti che la giustizia sociale poteva essere attuata solo da chi, come Alì, si era elevato a modello di equità. A seguito dell’assassinio di Osman e grazie alle sue virtù, Alì ottenne la designazione a quarto Califfo. È qui che nasce il pensiero politico dell’Islam. Dopo cinque anni di governo, mentre si recava in Moschea a pregare, anche Alì venne ucciso. A chi il compito di succedergli? Ne seguì un periodo di dissenso e di contrasti. Con l’inganno, Mavie, della famiglia di Osman, ottenne il Califfato. È l’inizio dell’era degli Ommayadi e la capitale si trasferisce a Damasco. Questo, in breve, il succo delle nostre conversazioni. Il mio ospite vuole scusarsi per la lunghezza del suo esposto e per quelle che potrebbero sembrare divagazioni a chi si occupa solo di politica. Gli rispondo che non deve scusarsi perché chiunque voglia capire qualcosa di più dell’Iran e del resto del mondo islamico, deve in qualche modo confrontarsi con l’aspetto religioso delle cose: una lettura esclusivamente politica non sarebbe sufficiente. Il mio interlocutore mi lascia dicendosi d’accordo con me. Ci sentiremo presto per un altro incontro e vuole informarmi che, bene o male, nelle prossime sessioni dovrà per forza riprendere ed espandere i temi religiosi per farmi meglio capire cosa stia accadendo nell’Iran post-rivoluzionario di oggi. 5