Ben trovati amici ed amiche di Frazione Handicap. Oggi, torno a parlarvi io Marco Gentili, colui che ha dato l’avvio ad un progetto che man mano, con la valida collaborazione di un eccellente team, sta gradualmente riscontrando un grande successo e che spero possa nel tempo raccogliere un bacino sempre più ampio di ascoltatori. Il nostro obiettivo è quello di condividere con voi temi di rilevante spessore sociale che possano evidenziare il valore costante e prezioso insito nella diversità. Il tema che caratterizzerà la puntata di oggi è di estremo interesse per tutti noi in quanto fa inevitabilmente parte integrante della società in cui viviamo:la multiculturalità. Prima di capire insieme quali effetti ha la diversità etnica e culturale sulle nostre vite procediamo in primis a dare una definizione il più possibile esauriente di multiculturalità: “il termine multiculturalismo si ricollega all’idea di una pari dignità da riconoscersi alle espressioni culturali dei gruppi e delle comunità che convivono in una società democratica e all’idea che ciascun essere umano ha diritto a crescere dentro una cultura che sia la propria e non quella contingentemente maggioritaria nel contesto socio–politico entro cui si trova a vivere”. È infatti evidente che la società multietnica in cui ci troviamo a vivere si configura come un sistema sociale strutturato con identità etniche diverse, sia dal punto di vista culturale che da quello religioso, e inevitabilmente connesso con questo tipo di realtà si riscontra il problema sempre più attuale della convivenza tra minoranze e maggioranza, o più specificatamente tra immigrati e contesto di accoglienza, tutela e integrazione. Certo è che questo di cui stiamo parlando è un argomento che non appartiene esclusivamente ai giorni nostri ma risale addirittura all’epoca classica. Le società multietniche sono sempre esistite, è sufficiente pensare ai grandi imperi del passato ovvero alle “invasioni barbariche” per capirci, e nell’arco del tempo a tutte le ondate migratorie di massa che hanno caratterizzato le diverse società fino all’età contemporanea. Forse ad essere più recente è proprio il termine “multiculturalismo” e su quest’ultimo si dibatte malgrado l’ignoranza che quotidianamente possiamo riscontrare nelle opinioni di molte persone, in TV, nelle piazze e nelle sedi istituzionali quali Il Parlamento o il Senato. La realtà italiana, come tutti ben sappiamo, è caratterizzata da un contesto sociale multiculturale e proprio da questo deriva la rilevanza del dibattito. In base ad una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” su un campione di 2200 ragazzi con un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, soltanto il 40% degli intervistati ritiene che gli immigrati che fanno parte della nostra società costituiscano un valore aggiunto in termini di ricchezza sociale, contribuendo alla crescita e alla sostenibilità economica del Paese. Più del 30% invece si dice contrario al multiculturalismo dal momento che va a complicare, se non a sconvolgere, la convivenza culturale nazionale. In questo senso si pensi all’insicurezza sociale collettiva che è derivata dagli episodi di terrorismo, di crimine quotidiano e lavoro nero. Ma attenzione alle generalizzazioni! Chiunque si avvicini al tema così ampio e delicato del multiculturalismo non deve dimenticare che più di 100.000 donne straniere in tutta Italia lavorano nel ruolo di badanti o governanti al posto nostro, perché evidentemente non vogliamo vivere più la pesantezza di certi compiti. Lo stesso vale per il mondo dell’edilizia in cui a faticare moltissimo sono le braccia di immigrati di diversa nazionalità che si prestano come risorse a basso costo pur di sopravvivere. La convinzione che un immigrato sia un pericolo o qualcosa di negativamente “altro” è una convinzione che nasce dall’idea sbagliata che si ha di religione. Quest’ultima non descrive delle differenze ma è solo un grande contenitore di tanti altri aspetti e caratteristiche. C’è la possibilità per tutti noi di trovare molte più affinità con una persona che viene dall’India di religione diversa dalle nostre, che vive qui da anni, studia e che ha gusti ed interessi simili ai nostri nella musica, che ama il calcio e magari odiare chi vive nel nostro stesso paese. Il problema quindi non è l’immigrato ma siamo proprio noi. Fin quando il multiculturalismo sarà visto come un attacco e un problema e non come una realtà da condividere, fin quando si continuano a creare pubbliche convinzioni e discriminazioni, e continuiamo a cullarci nell’idea che l’immigrato è “diverso” e solo per questo non deve essere accettato, allora smettiamola anche di chiamare l’Italia “paese liberale” perché diremmo una grande sciocchezza! Cominciamo a pensare con le proprie teste e a far valere la mentalità di ognuno e forse solo allora le cose potranno cambiare. A tal proposito vorrei darvi qualche cifra indicativa sulla presenza straniera in Italia. In base ai dati ISTAT più recenti, relativi al I° gennaio 2010, gli stranieri sul territorio italiano raggiungono il numero di 4.279.000 stranieri, pari al 7,1% della popolazione totale, con un incremento, rispetto all'anno precedente, del 10% (ovvero 388.000 persone, valore inferiore sia al 2007 che al 2008). Tale popolazione presenta un'età media decisamente più bassa di quella italiana; i minorenni sono 862 mila mentre gli stranieri nati in Italia (le cosiddette seconde generazioni) sono ormai 519 mila, cioè il 13,3% del totale degli stranieri. Ovviamente i dati ufficiali non comprendono i numerosi stranieri che si trovano sul territorio italiano in condizione illegale ma vi apporto le informazioni che ci fornisce la Fondazione IsmuIniziative e studi sulla multietnicità con una sua ricerca del 1º gennaio 2008 in cui è stata stimata la presenza di un 17,9% in più di immigrati irregolari presenti sul territorio italiano che sono più di 600 mila. Per quanto invece riguarda i territori di provenienza, i dati attestano un deciso incremento negli ultimi anni del flusso di immigrati provenienti dall’Europa Orientale, numeri che hanno superato la quota di immigrati dal NordAfrica, che hanno caratterizzato le ondate migratorie degli anni Novanta. È del resto sotto gli occhi di tutti come decisivo e incisivo sia stato in questi anni l’incremento della comunità rumena che nel 2007, con l’ingresso della Romania nell’Unione Europea, è passata da 342.000 a 625.000 persone, rappresentando quindi la principale comunità straniera in Italia. Seguono le comunità albanese, marocchina, cinese ed ucraina. Uno spaccato ancora più determinante a favore della valorizzazione del multiculturalismo lo possiamo dedurre anche dal mondo della scuola. In dieci anni gli alunni stranieri sono passati dall’1,1% al 6,4% della popolazione scolastica e ciò indica un incremento che non può non essere preso seriamente in considerazione; anzi deve farci capire e deve far capire che la scuola deve valorizzare continuamente l’integrazione per chi crede nei valori civili della solidarietà, nella promozione della pluralità delle culture e nello sviluppo di rapporti orizzontali tra culture. È importante che la scuola si faccia promotrice di una cultura educativa fondata sull’uguaglianza, sul rispetto delle multiculturalità e sul riconoscimento della differenza. Proprio il rispetto della diversità è il concetto chiave che deve guidare l’insegnamento e di conseguenza l’apprendimento del valore dell’ “altro”, con cui dobbiamo interagire perché facciamo tutti parte integrante di un modello di società in cui l’arricchimento culturale può condurre ad un reciproco e costruttivo scambio di esperienze. Quindi puntare all’omogenizzazione culturale è lo sbaglio più grande che possiamo commettere, spinti magari da pregiudizi futili, paure infondate e insicurezze collettive. Il genere umano possiede risorse e capacità creative inesauribili nella possibilità di una nuova creazione di cittadinanza planetaria, cosmopolita, internazionale attraverso l’educazione della trasmissione del passato, nel recupero della memoria storica e, al contempo, apertura della mente per accogliere il nuovo, il cambiamento, la diversità, l’anormalità, al centro della innovativa missione di una progressiva progettualità interculturale del pensiero delle differenze. Nessun popolo può arrogarsi il diritto di una priorità cronologica e superiorità qualitativa, perché ogni civiltà si costituisce su un terreno interculturale, ossia come la risultante di interazioni transculturali, in quanto ogni cultura si è sempre formata grazie alla complessiva intermediazione con altri saperì, linguaggi, valori, fedi e culture diversi e differenti da sè. A voi che ci state ascoltando, spero con tutto il cuore che la puntata di oggi possa servirvi da spunto di riflessione e far nascere in voi i più disparati interrogativi sulla convivenza multiculturale, perché alimentare insieme il dibattito attraverso il nostro profilo facebook di Frazione Handicap può incentivare il confronto di idee, obiettivo prioritario che ci siamo prefissati fin dall’inizio di questa nostra straordinaria avventura. Se avete esperienze relative al tema di oggi da condividere con noi scriveteci pure a: [email protected] o lasciate un vostro commento sul post della puntata di oggi, sul nostro blog. Saremo lieti di leggere opinioni positive e negative e di rispondere alle vostre domande. Grazie a tutti coloro che ci hanno seguito, mi auguro davvero che davanti al vostro pc possiate ascoltarci e condividere con noi un percorso di crescita formativo-personale oltre che collettivo su determinati fenomeni sociali, progetti e temi come questo che riguardano il vissuto quotidiano di tutti noi. Mi avvio alla conclusione: il nostro lavoro qui in radio ci auguriamo possa contribuire a migliorare la società, la nostra società. Partiamo dal piccolo ma le grandi sfide si vincono sempre sviluppando passo per passo le potenzialità altrui. Con l’invito di seguirci ogni giovedì dalle 16.30 alle 17.00, vi auguriamo un buon proseguimento di serata e alla prossima!