7.3. GLI AMPLIFICATORI E LA CONTROREAZIONE A causa delle tolleranze intrinseche ai processi di produzione gli elementi attivi di per sé non consentono di costruire amplificatori molto precisi e dalle caratteristiche ripetibili. Per ottenere E + U, desiderato = KE A R 1\K Fig.7.21: Schema di sistema controreazionato. caratteristiche di grande precisione e ripetibilità nel progetto dei circuiti elettronici si ricorre al principio detto della reazione negativa o controreazione. La teoria della reazione è applicabile non solo all’elettronica, ma anche per esempio al campo dei controlli automatici, dei servomeccanismi e può fornire dei modelli interpretativi anche nella medicina, nell’economia, nella sociologia. Consideriamo lo schema della fig.21, costituito da un blocco detto di trasferimento diretto con funzione di trasferimento A e un blocco detto di reazione, con funzione di trasferimento 1\K. L’ingresso del sistema viene indicato con E: si desidera che l’uscita sia data da U = KE. Si preleva l’uscita U, la si moltiplica, mediante il blocco di reazione, per 1\K ottenendo un segnale R e la si riporta in ingresso sottraendola (da cui il termine di controreazione o reazione negativa) all’ingresso E. Se l’uscita fosse quella desiderata, KE, la differenza = E-R sarebbe nulla. In realtà potrà essere positiva o negativa. Se è positiva l’uscita deve aumentare, in modo da ridurre l’ingresso, viceversa se è negativa bisogna togliere di meno all’ingresso e quindi l’uscita deve diminuire. Si vede quindi che A deve essere non invertente e tale da dare un’uscita finita KE quando l’ingresso è zero. Ricaviamo il legame tra U e E. U = A, ma = E-R, quindi U = A(E-R) = A(E-U\K) e ricavando U: AE KE U A K 1 1 K A Si vede quindi che si otterrà il risultato desiderato U = KE con approssimazione tanto migliore quanto più è piccolo K\A. Quindi, se A è l’amplificazione del sistema non reazionato, a catena aperta, l’amplificazione del sistema reazionato si esprime con A A K Af A 1T 1 1 1 K T avendo definito T = A\K l’amplificazione di anello. Si vede quindi che se A è grande, l’amplificazione Af non dipende quasi più dal guadagno dell’amplificatore. A dipende da elementi attivi, poco precisi, mentre K può dipendere da elementi passivi e quindi essere molto più preciso. L’amplificazione di un amplificatore reazionato con reazione negativa è quindi più precisa. La reazione negativa riduce la distorsione. Un amplificatore può distorcere a causa di non linearità, quindi l’amplificazione della catena diretta A può dipendere dall’ampiezza del segnale di ingresso, mentre l’amplificazione dell’amplificatore reazionato, anche se A varia, purché T resti sufficientemente grande, non ne risente. La reazione negativa aumenta la banda passante. Alle frequenze elevate un amplificatore amplifica di meno, A diminuisce alle alte frequenze, purché T resti abbastanza alto, A F rimane quasi inalterato. Si vede dunque che un amplificatore reazionato viene desensibilizzato a variazioni dell’amplificazione. In particolare, se la reazione è resistiva, il prodotto guadagno x larghezza di banda resta costante. Si può anche dimostrare che la controreazione tende a rendere un amplificatore ideale per quanto riguarda le impedenze di ingresso e di uscita. In particolare: per un amplificatore di tensione, se Zi e Zo sono le impedenze di ingresso e di uscita del sistema non reazionato: Zingr =Zi (1+T) ; Zusc=Zo\(1+T) per un amplificatore di corrente: Zingr =Zi \(1+T) ; Zusc=Zo(1+T) 7.3.1. L’amplificatore operazionale Per quanto visto nel paragrafo precedente è quindi necessario disporre di un componente con un’amplificazione A molto grande. Questo componente è l’amplificatore operazionale (AO). Gli amplificatori operazionali reali sono integrati monolitici (si potrebbero anche costruire con elementi discreti) costituiti da un centinaio di transistor, generalmente BJT. Talvolta i transistori di ingresso sono FET, raramente tutti MOS. L’ amplificazione può arrivare fino a valori dell’ordine di 106. Di solito si impiega un’alimentazione bilanciata, valore tipico 15 V. Inoltre l’amplificatore presenta due ingressi, uno definito invertente e caratterizzato dal segno – e uno caratterizzato dal segno +, non invertente. La tensione di uscita è data dalla differenza amplificata fra le tensioni ai due ingressi. L’amplificazione viene indicata con il simbolo Ad, amplificazione differenziale o di modo differenza (esiste anche un’amplificazione detta di modo comune, che di norma deve essere la più piccola possibile, come verrà spiegato in seguito). La fig.7.22 riporta il simbolo e le notazioni comunemente impiegate per l’amplificatore operazionale. L’amplificatore operazionale può venire + Vi V1 - Vu= AdVi = Ad(V1 – V2) Vu V2 Fig.7.22: Amplificatore operazionale e relazione ingresso-uscita. rappresentato dal circuito equivalente di fig. 7.23, in cui ri e ro rappresentano le resistenze (impedenze alle alte frequenze) di ingresso e di uscita dell’amplificatore. + ri Ad Vi ro Vi - Vu Fig.7.23: Circuito equivalente dell’amplificatore operazionale. 7.3.2. Analisi di circuiti contenenti amplificatori operazionali. Concetto di corto circuito virtuale I circuiti contenenti amplificatori operazionali possono essere analizzati con i normali metodi dell’elettrotecnica o con metodi di simulazione per calcolatore (esempio Spice). Tuttavia un AO è un amplificatore ideale e questo porta alla formulazione di concetti e metodi approssimati che danno ottime soluzioni in modo molto rapido. ii Vu + Vi Vu Vi Fig.7.24: Transcaratteristica dell’AO. La fig.7.24 riporta la caratteristica di trasferimento dell’AO, cioè l’andamento dell’uscita in funzione dell’ingresso. Si vede che esiste un tratto lineare, in cui la pendenza è data dall’amplificazione. Poiché questa è molto alta il tratto lineare dovrebbe essere praticamente verticale. E’ poi chiaro che la tensione di uscita non può comunque superare un valore limite dato dalla tensione di alimentazione. Per chiarire meglio facciamo un esempio: se Vu = 10 V al massimo e A = 100000, Vi potrà essere al massimo 100 V. Si vede dunque che se l’amplificatore lavora in zona di linearità, si può supporre che Vi 0. Dal circuito equivalente di fig.7.23: Vu = AdVi quindi Vi Vu ma poiché Vi 0 segue che Ad. Ad Vi 0 ri Per definire un AO ideale si dice spesso che la resistenza di ingresso deve essere infinita. La formula precedente fa invece vedere che ri può anche essere finita, purché Vi 0: La corrente di ingresso sarà comunque nulla. L’unica ipotesi da fare per definire un AO ideale è dunque Ad. Inoltre ii La condizione Vi 0 prende il nome di corto circuito virtuale. Il concetto di corto circuito virtuale, quando applicabile, porta a una rapida soluzione dei circuiti contenenti amplificatori operazionali. 7.4 CIRCUITI CON AMPLIFICATORI OPERAZIONALI IN SCHEMI CON REAZIONE NEGATIVA Vediamo ora come con l’uso di AO in schemi a reazione negativa, si possano realizzare diversi tipi di circuiti, in particolare le quattro principali categorie di amplificatori (tensione, corrente, transimpedenza e transconduttanza) 7.4.1. Amplificatore di tensione Quando abbiamo illustrato il principio della reazione ci siamo serviti (fig.7.21) di uno schema a blocchi, in cui le grandezze di ingresso, di uscita e di reazione erano indicate in termini generici. Ora, passando a schemi circuitali effettivi, è necessario precisare l’effettiva natura delle grandezze in gioco. Il tipo di grandezze, tensioni e correnti, è determinato dal tipo di circuito che vogliamo realizzare. Volendo costruire un amplificatore di tensione è naturale scegliere come grandezza di ingresso un tensione e come grandezza di uscita una tensione. Se l’ingresso è una tensione, il sommatore di ingresso deve sommare tensioni, quindi anche la grandezza riportata in ingresso deve essere una tensione. Poiché poi l’uscita è una tensione, la grandezza prelevata in uscita sarà una tensione. Questo prelievo può essere effettuato con un partitore di tensione, che produca una tensione di reazione proporzionale all’uscita, da sommare all’ingresso. E’ particolarmente importante notare che il prelievo della grandezza di reazione deve essere indipendente dal carico: se non si specifica questo, poiché tensione e corrente di uscita sono proporzionali attraverso il carico, l’individuazione della grandezza di uscita come una tensione o una corrente perde di significato. Quindi la grandezza di reazione deve essere proporzionale all’uscita attraverso un fattore K che non dipende dal carico. Queste considerazioni sono tradotte nello schema di fig.7.25, in cui una tensione + ri Ad Vi ro Vi R2 Ve R1 Vu Vr Fig.7.25: Amplificatore di tensione Vr, prelevata mediante il partitore formato dalle resistenze R1 e R2, viene sottratta alla tensione Ve per dare la tensione di ingresso Vi. Confrontando la figura 7.25 con lo schema unifilare generale per i sistemi con reazione della fig.7.21, vediamo che il sommatore di ingresso è costituito dalla maglia di ingresso (la maglia, principi di Kirchhoff, somma le tensioni) e la rete di reazione è costituita dal partitore. Notiamo ancora che Vu AdVi , trascurando ro, con Ad non invertente e che Vr viene riportata sull’ingresso invertente. Avremo allora: R1 R2 Vu R1 V u , con K R1 R1 R2 K inoltre Ve Vi Vr V V Poiché Vi u e Vr u , K Ad V V Ve u u . Ad K Ricavando Vu , V KA KVe AV R R2 Vu e d d e 1 Ve KVe Ad K Ad 1 K R1 1 Ad K Vr Si vede dunque che, purché K sia piccolo, si è ottenuta la relazione Ad Vu KVe , con K indipendente dal carico. R1 e R2 sono elementi passivi e possono essere molto precisi. K Il risultato è stato ottenuto come limite per molto piccolo. Applicando il concetto di corto Ad circuito virtuale si ha: V Vr u Ve . Da cui Vu KVe . K Calcoleremo ora le impedenze di ingresso e di uscita dell’amplificatore di tensione. Il risultato dimostrerà che la reazione negativa tende a rendere l’amplificatore ideale: trattandosi di un amplificatore di tensione l’impedenza di ingresso sarà infinita e quella di uscita zero. Non è possibile ricorrere al concetto di corto circuito virtuale, anzi scopo del calcolo è anche di verificare quanto sia valido il passaggio al limite, intrinseco al concetto di corto virtuale. ii + ri Ad Vi ro Vi R2 Ve R1 Vu Fig.7.26: Amplificatore di tensione- Calcolo dell’impedenza di ingresso. Per calcolare l’impedenza di ingresso si applica all’ingresso dell’amplificatore un generatore di tensione Ve e si calcola la corrente ii che entra (fig.7.26). Il rapporto V Z i e fornisce l’impedenza di ingresso. Vogliamo esprimere Z i in funzione della resistenza di ii ingresso dell’amplificatore operazionale (sistema non reazionato). Esprimiamo ii: V V ii i e poiché Vi u Ad ri V V ii i u ri Ad ri Ma ricordiamo che Vu KVe KVe K 1 1 1 Ad T Quindi Vi V KVe Ve u A ri Ad ri ( 1 K ) A r ( 1 d )ri d i Ad K Infine V A Z i e ( 1 d )ri ii K Si vede dunque come la resistenza di ingresso dell’amplificatore, già alta, viene moltiplicata per (1+T). Come si è già detto è questa una proprietà generale della reazione negativa, che tende a rendere ideale l’amplificatore, di tensione in questo caso. Da un altro punto di vista è una proprietà generale della reazione in cui in ingresso si sommano tensioni (reazione di tensione in ingresso, detta anche di tipo serie). Esempio. Supponiamo K = 10 e Ad = 100000 = 105. Allora 10 5 T 10 4 . 10 Supponiamo ancora ri 100 K che è un valore normale per un AO. Si ha allora Z i 100 K ( 1 T ) 100 10 4 K 10 9 , che è un valore così alto da non essere realistico, nel senso che viene ridotto dalla dispersione tra le piste dei circuiti stampati su cui l’AO può venire riportato. Calcoliamo l’impedenza di uscita dell’amplificatore di tensione. L’ingresso viene posto in corto, si alimenta l’uscita con un generatore di tensione e si calcola la corrente che entra nel morsetto di uscita (fig.7.27). ii + ri Ad Vi Vi ro i2 i i1 R2 V R1 Fig.7.27: Amplificatore di tensione- Calcolo dell’impedenza di uscita. Si vuole calcolare Z u V . i Ma i i1 i2 . Calcoliamo separatamente i1 e i2. V i1 R1 R2 R1 V V AdVi R1 R2 , i2 ro ro dal momento che, a causa del corto circuito in ingresso VR1 Vi , nell’ipotesi che ri non modifichi R1. (in questo caso invece di R1 bisognerebbe tenere R1 R2 conto del parallelo tra ri e R1). Sviluppando: AR 1 1 i2 V ( 1 d 1 ) V ( 1 T ) R1 R2 ro ro ma i2 è molto più grande di i1 quindi i2 i: r V Zu o i 1T Con gli stessi valori numerici dell’esempio precedente si ha, se ro = 50 50 Z u 4 5 10 3 10 quindi l’amplificatore si comporta come un generatore ideale di tensione con Zu 0. V Ad Voltage follower (inseguitore di tensione) Riprendiamo in considerazione l’amplificatore di tensione appena studiato (fig.7.28). Sappiamo che + - R2 Ve Vu R1 Fig.7.28: Amplificatore di tensione. R1 R2 Ve . R1 Se R2 = 0 o R1 = o anche R2 = 0 e R1 = si ottiene Vu Ve Vu R1 = R2 = 0 + - + - R2 Ve Vu Fig.7.29: Voltage follower. Ve Vu Il circuito assume uno degli aspetti di fig.7.29. Un amplificatore di questo tipo serve da stadio separatore, per adattare i livelli di impedenza. Consideriamo la situazione di fig.7.30, in cui un generatore eroga una certa tensione a un carico. La funzione di trasferimento Vu ZL dipende dall’impedenza del generatore e del carico. Inoltre il generatore deve Ve Z G Z L erogare corrente. Zi alta Zo bassa + ZG Ve Vu ZG ZL Vu Ve ZL Fig.7.30: Adattamento di impedenza mediante uno stadio separatore. Viceversa, con l’impiego di uno stadio separatore come nella parte destra della fig.7.30 si ha Vu = Ve con un’approssimazione che può raggiungere la sesta cifra decimale, il trasferimento non dipende dal generatore e dal carico e il generatore non è costretto a fornire corrente al carico.