LUOGHI DEL
PELLEGRINAGGIO E
INCONTRO DELLE
CULTURE.
Riflessioni nella prospettiva del Giubileo sull'epoca della grande trasformazione di un
mondo complesso,
multiculturale, multietnico, multireligioso.
Antonio Thiery
I MAGI DI SAN LAZZARO DI AUTUN.
Il "pellegrino"è un uomo incarnato nella storia presente, con le sue complessità ed il suo
pluralismo culturale, che in una visione cosmica, cerca di conoscere "dalle cose", dalle
esperienze dalla vita quotidiana per progettare il futuro.
Si dice che i magi, venuti dall’Oriente (Matteo,2,1) sarebbero i primi pellegrini del mondo
cristiano.
Nel capitello della Cattedrale di San Lazzaro di Autun, uno dei grandi centri dei cammini del
pellegrinaggio, c’è infatti, nella presentazione dei Magi, la teologia dell’incarnazione nelle
culture e nella storia del mondo. Gesleberto, che tanto influenzò la cultura figurativa europea
ed italiana, (tra il 1125 ed il 1145) rappresenta nelle corone dei magi una simbologia cosmica (i
simboli di Dio, il centro, la rotazione creativa) che ricorda che l'uomo è un microcosmo,
raccoglie in se il mondo, i diversi ordini della natura: homo quodammodo omnia (Gregorio
Magno).
Tutto il tema della riconciliazione è quì; la condizione per la giustizia e la pace è la
ricostruzione del sistema del creato, di cui l'uomo, ogni uomo, di ogni condizione e cultura,
è parte.
I magi hanno affrontato un lungo viaggio, si sono fatti pellegrini, per esplorare e comprendere
"dalle cose", dalle esperienze dalla vita quotidiana, anche dalla vita di un bambino. Non a caso
Gesù è rappresentato come un bambino e non come un piccolo uomo (e questo è un fatto molto
raro) a significare che visse la storia dell’uomo in tutta la sua pienezza, in tutta la sua fragilità,
senza privilegi. Sembra di leggere la lettera di Paolo ai Galati, ai Galli dell'Asia Minore: "nato da
donna, nato sotto la legge".
Ecco lo scenario della riconciliazione. La realtà quotidiana nella quale Dio si incarna per
trasformarla.
Il primo re è anziano, porge un vaso con le esperienze del passato, che il bambino Gesù cerca
subito di aprire. Poi c’è un re giovane, l’unico che si appresta a deporre la corona: è il futuro, con
il vaso dei progetti per il futuro. Ultimo viene un uomo di mezza età, il presente, con lo scrigno
delle esperienze presenti. La cultura medievale dell’occidente si era formata alle opere di
Gregorio Magno, che ricordava i tre tempi della profezia: nessuno può profetizzare il futuro se
non conosce il passato e non vive il presente (Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, Traduzione,
introduzione e note a cura di Emilio Gandolfo, Roma, Città Nuova Editrice, 1979).
A Roma, nel V secolo i magi erano rappresentati con vesti persiane dell'epoca sasanide. Sono
appena arrivati i vandali. Roma sente di non essere più la padrona del mondo. Deve confrontarsi
con altre realtà e con altre culture. Il Vangelo arabo dell'infanzia del Salvatore, del V-VI secolo,
ma che riferisce tradizioni assai più antiche, li identifica con i discepoli di Zoroastro, venuti a
Gerusalemme come aveva predetto Zoroastro (7,1).
Se quello dei magi fu il primo pellegrinaggio cristiano, fu compiuto da seguaci di altra
religione e di altra cultura.
UNA TERRA MOLTE RELIGIONI
"Una terra, molte religioni": questo è il titolo del bel libro di Paul F.Knitter, edito dalla
Cittadella di Assisi. Knitter è un americano che ha imparato nella Roma di papa Giovanni a
conoscere le culture del mondo, trovando nell’India un laboratorio globalmente responsabile. Il
dolore del mondo (la sofferenza umana e la sofferenza ecologica) diventano una sfida religiosa.
La soteria, il ben-essere umano ed ecologico è il contesto per una teologia e un dialogo delle
religioni in cui sia rispettato il dominio delle diversità.
A Roma conobbe Pietro Rossano, che in seguito fu vescovo ausiliare di Roma e che non perdeva
occasione per ricordare il pluralismo religioso a Roma (Pietro Rossano, Vangelo e culture,
Roma, Edizioni Paoline, 1984). Rossano metteva l’accento sul fatto che la Chiesa, per la prima
volta "si deve confrontare con un pluralismo religioso e culturale consapevole e spesso
concorrenziale, che rifiuta ogni posizione di inferiorità e di sottomissione....Se ci troviamo
storicamente divisi in confessioni religiose e in formazioni culturali differenziate non dipende da
opzioni personali dei singoli individui, ma da ragioni storiche e geografiche e in ogni caso le
religioni e le culture corrispondono a istanze congeniali ai diversi gruppi sociali, ai quali offrono
modelli di comportamento apprezzati e un approdo ad aspirazioni profonde della vita" (Gruppo
di studio: Lo Spirito Santo nelle Religioni e nelle culture non cristiane).
Si può aggiungere che non solo la Chiesa, ma che l'umanità intera e non per la prima volta, si
deve confrontare con un pluralismo religioso e culturale consapevole e spesso concorrenziale,
che rifiuta ogni posizione di inferiorità e di sottomissione.
FIN DALLA PIU' REMOTA ANTICHITA' UNA RETE FITTISSIMA DI CENTRI DEL
MONDO
La Spagna si prepara a celebrare nel 1999 l'anno santo compostelano. Il 25 luglio, festa di San
Giacomo, nel 1999 cade di domenica. Sarà, pertanto, un año jubilar, il grande anno giubilare
compostelano di fine Millennio, a ricordo del cammino dei pellegrinaggi che dall’estremo
oriente giungevano all’estremo occidente, mettendo insieme, in un sistema interagente, culture,
etnie, religioni diversissime. L' Arcivescovo di Santiago, Don Julián Barrio Barrio, nella Lettera
pastorale sull’ año jubilar ricorda che "La visita ai luoghi santi non nasce con il cristianesimo.
E' un fenomeno esteso nell'universo religioso".
L'uomo, fin dalla più remota antichità, viaggia, si sposta, cerca nuovi insediamenti. "Le
migrazioni", come sosteneva Luigi Di Liegro, figlio di emigranti clandestini, "sono un fatto
strutturale della storia". Le migrazioni di individui isolati e di popoli sono uno dei fattori che
hanno reso possibile l'evoluzione ed il cammino dell'umanità, per motivi genetici, spesso per
trovare il coniuge, per procurarsi ed utilizzare merci e risorse, per combattere carestie e malattie,
per evitare o sopravvivere a disastri naturali, guerre, sovrapopolazione di territori, per
comunicare e conoscere.
Gli studi dei genetisti, come Luigi Luca Cavalli Sforza (Geni, popoli e linguaggi, Adelfi 1996;
Idem, Storia e Geografia dei geni umani, Adelfi 1995; Luca e Francesco Cavalli Sforza, Chi
siamo, Mondadori 1993) indicano come l'Uomo moderno, nei suoi 100.000 anni di storia, ha
sempre viaggiato: le migrazioni erano già un fatto strutturale. Insediandosi in diverse regioni del
pianeta, è andato via via differenziandosi nel tempo, per adattarsi alle specifiche condizioni
ambientali. Ricordiamo anche che l'uomo moderno arriva tardi in Europa, prima nelle regioni
dell'Est, poi in Francia, forse da Oriente, dalle steppe.
L’uomo, di ogni etnia, cultura, religione, "pellegrino" dalla più remota antichità, fino ai
giorni nostri, alla ricerca del "centro". I centri del mondo, i luoghi della riconciliazione.
Fin dalla più remota antichità, l'uomo si prefigge, viaggiando per universum mundum, di cercare,
navigare, domandare, guardare, capire, ascoltare, associare, evocare ricevere l'aperta visione,
conoscere se stesso, il proprio ruolo individuale e sociale nel sistema del Creato. Una "cerca"
fisica, mentale, virtuale, per evocare, trovare i "siti", i "luoghi" dove l'invisibile si è manifestato
attraverso le azioni della natura e dell'uomo, e dove il pellegrino incontra l'invisibile, si confronta
con il Creatore, diventa parte della Creazione, sente fino in fondo che homo quadammodo
omnia. Gli elementi dell’"ambiente", del paesaggio, in quelli che vengono interpretati come i
centri del mondo, vengono consacrati e trasformati in "stazioni" di pellegrinaggi. E' in quel
luogo, in cui Il "centro" del mondo è il luogo, dove tutti gli opposti si congiungono; dove Dio
scende sulla terra, ha l’esperienza dell’umano e l’uomo "sale" in cielo, ha l’esperienza del divino.
E' il luogo della riconciliazione. Cadono le distinzioni tutte occidentali (il dualismo) tra bene e
male, tra mortale e immortale, tra luce e tenebre, tra anima e corpo, tra natura e storia, tra il
mondo d’oggi e il mondo futuro, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra umano e divino. La
ricerca del "centro" (i "centri" sono tantissimi) è la ricerca di un sito ben individuato e delimitato,
consacrato o da manifestazioni naturali evidenti (cime di monti o di colline, grotte, confluenze
tra fiumi, sorgenti o sacre fonti o fonti minerali, acqua spumeggiante in cascate nelle grotte,
pietre vive segnata da un colpo di ascia o scolpita, stalagmiti, stalattiti, monoliti di età
antichissima, alberi simbolici, o altro) o percepibile dall'uomo attraverso un intimo contatto
con la natura (concentrazione magnetica, fiumi sotterranei o altro), o consacrato dal ricordo di
opere dell'uomo (ad esempio: cimiteri, bonifiche, etc.) o consacrato da manifestazioni del
moto del sole, della luna, delle stelle.
L'intero universo dunque (con tutte le sue componenti fisiche, biologiche ed antropiche,
con tutte le etnie, tutte le culture, tutte le religioni) si manifesta come l'immagine trasfigurata del
suo Creatore. Va ricordato che i popoli altri dalla cultura eurocentrica sono alieni dal concetto di
proprietà privata. In particolare sono estranei all'idea di possedere la terra. Anzi è la terra che
possiede l'uomo: la terra è sacra, la terra è cara a Dio, la terra è di Dio.
E’ naturale che grande importanza abbia il culto dei "progenitori", la creazione di
"luoghi" (le tombe) dove si depositava, era restituita alla terra per una "creazione nuova", la
"memoria" di una stirpe, di una cultura, di una fede religiosa, di un'esperienza. Le differenze tra
le razze sono assai limitate e quantitative più che qualitative. Sopra le tombe veniva eretta una
"memoria", spesso costituita da un tumulo, da alcune pietre o da un grande monolito, una grande
stele. Le pietre, toccate dal lavoro dell'uomo, sono il simbolo del sé, della conoscenza, della
fertilità, dell'immortalità. Sono la parola creatrice della divinità. Nel cristianesimo sono la parola
di Dio, sono Cristo. Tra i progenitori nella fede ci sono gli apostoli, i testimoni, i santi. Come
moltissimi erano i "centri" del mondo, anche i "testimoni", i "martiri" sono moltissimi.
Nell'Europa cristiana si assiste ad un grande sviluppo del pellegrinaggio alle loro tombe.
Si delineano percorsi molto articolati, fatti di strade che "disegnano" una rete fittissima di
intrecci e di labirinti. Il labirinto, la ricerca del "centro", è uno straordinario coadiuvante
conoscitivo, archetipo della trasformazione, simbolo del viaggio, che consente sempre di trovare
la strada giusta, attraverso una esperienza calmante, che aiuta a trovare il bandolo della propria
esistenza. Anche oggi, attraverso Internet e l'ipertesto, conoscere è "navigare", cercare i "siti", i
"luoghi" dove attingere al patrimonio delle "memorie" virtuali o reali. Il "linguaggio" del
pellegrinaggio è anche il linguaggio di Internet.
Solo qualche esempio, per definire meglio i "centri del mondo".
In Bretagna, nei pressi di Trégastel, c'è un sito preistorico con testimonianze di grande interesse:
enormi blocchi di granito rosa, dolmen, menhir, un menhir cristianizzato e lì a duecento metri i
laboratori di Télècom Spatiales con una quindicina d'antenne giganti. Quella è la terra di un
grande museo delle telecomunicazioni e di un gigantesco planetario per studiare stelle e galassie.
E' un "luogo" di conoscenza di cui l'uomo d'oggi non può fare a meno per comunicare.
Natura e storia sono strettamente intrecciate.
E che dire di Brioude in Alvergna, tra i mille vulcani spenti, quasi alle sorgenti dell'Allier,
affluente della Loira. Lì fu sepolto nel 304 Giulio, un tribuno delle legioni romane, martire
perchè cristiano. Enorme fu l'affluenza dei pellegrini dal IV secolo, specie in epoca merovingia.
Ma lì vanno anche a deporre le uova i salmoni atlantici (salmo salar) dopo aver rimontato 800
chilometri di corrente.
Il pavimento dell'imponente basilica di San Giulio (quasi 75 metri di lunghezza), fatto di ciottoli
dell' Allier, fissa il legame, tra il sacro e la straordinaria "naturalità" del luogo, sottolineato dalla
Maison du Salmon.
E’ evidente come il senso del sacro si percepisca nella Terra e in tutti i suoi "abitanti" che
una scienza infantile divide tra animati ed inanimati. La visita ai "luoghi santi", il
pellegrinaggio, il "camminare" ritmicamente non nasce con il cristianesimo, ma riguarda
tutti i popoli, tutte le culture, tutte le religioni fin dalla più remota antichità, e, quindi
anche il giubileo cristiano si struttura fin dalle origini, come viaggio in tutto il mondo, ed
esalta l'incontro tra i popoli, le culture e le religioni più diverse. Il pellegrinaggio serve a
mettere insieme, a sintetizzare esperienze culturali e religiose, sociali e politiche,
comunicative e linguistiche, usi e costumi, conoscenze scientifiche e tecniche, modi di vita e
di pensiero.
Ricordiamo Lazzati che nel definire le caratteristiche di una cultura che possa dirsi cristiana tra
l’altro mette in evidenza di una cultura che abbia il gusto della metafisica e cioè il gusto
dell'assoluto, del perché ultimo; che abbia l'umiltà di aprirsi alla rivelazione, cioè che abbia il
gusto della fede; che sappia il valore della scienza, come strumento indispensabile per ridurre il
mondo, l'universo, il cosmo a servizio dell'uomo; che sappia il valore dell'esperienza, nel senso
più ampio del termine: il gusto della storia, fare la storia, conoscere la storia, avendo in testa chi
è l'uomo, qual è il suo rapporto con l'assoluto e con la realtà che lo circonda; che sappia
illuminarsi della luce della relazionalità e cioè l'opposto di una cultura individualista.
Relazione con Dio, relazione con gli uomini, relazione anche con le cose, ed infine che sa
tradursi in stile di vita, cioè diventa testimonianza.
IL PELLEGRINAGGIO CRISTIANO, IN EUROPA
Il pellegrinaggio cristiano, in Europa, acquista caratteristiche peculiari proprio a partire
dal IV-V secolo (quando la fede cattolica si struttura teologicamente secondo le categorie
logiche dell’Ellade), nell'epoca, cioè delle grandi migrazioni (che siamo soliti chiamare
"invasioni barbariche"), dei grandi movimenti di intere popolazioni, spesso molto civili,
nelle regioni fra il lontano Oriente e l'Europa. Vorrei citare ancora una volta Cavalli
Sforza: le lingue parlate dagli aborigeni economicamente più sprovveduti sono ricche come
le nostre, e talora dotate di strutture più complesse. La stessa cosa avviene per le culture.
Basta guardare alle vie commerciali di terra e di mare, alle strade percorse dalle grandi
migrazioni per rendersi conto della complessità degli effetti delle migrazioni. I "popoli
nuovi", come li chiama Gregorio Magno, portano lingue, culture, stili di vita, esperienze, il senso
del Sacro, religioni molto diverse, ma che si relazioneranno largamente, senza atteggiamenti
irenici, né sincretistici, ma con rapporti dinamici con le culture e le esperienze religiose delle
maggioranze della gente comune. Se è vero che i luoghi del pellegrinaggio cristiano, sono
"naturalmente" i luoghi di incontro tra le culture, è anche vero che, al tempo stesso, si
determinano, ma solo nelle "gerarchie", forme di arroccamento e di difesa e si va formando il
modello esclusivista del cristianesimo romano (una, sola, definitiva, superiore, assoluta, finale,
insuperabile, totale verità) visto come luce, come mondo del Verbo dello Spirito. Il cristianesimo
romano si contrappone alle stesse molteplici forme del cristianesimo non ellenizzato e alle altre
religioni, che sono viste come tenebra, peccato, eresia e paganesimo. Se Edward Schillebeeckx
può dire che "la "prospettiva" da cui noi, come cristiani...partiamo per riflettere è sempre più
l’ecumene delle religioni mondiali e l’ecumene dell’umanità sofferente", dobbiamo ricordare che
nell’epoca delle grandi migrazioni, tra il III ed il V secolo, tutti gli uomini avevano la
"prospettiva" di un’ecumene eco-umana, di un dialogo delle religioni, fortemente diversificate,
ma correlazionate, che andiamo riscoprendo solo oggi, non a caso in un’epoca di
globalizzazione e di forti migrazioni.
La riconciliazione, cioè la ricerca di un rapporto interagente e sistemico nel creato
(sintetizzate in epoca moderna dallo sviluppo sostenibile) si svolge lungo la via della
giustizia e pace nel creato (non basta: giustizia, pace, salvaguardia del creato); del rapporto
sistemico tra economia ed ecologia: l'uso frugale dei beni della terra; del rapporto sistemico
tra natura e cultura: sistema interagente di culture diverse.
Tra il III-VI secolo, quando nasce il medioevo occidentale, il mondo sta vivendo uno dei grandi
momenti. Siamo troppo abituati a pensare in chiave eurocentrica. Pensiamo che oltre ai
greci, ai romani, ai germani il mondo sia stato disabitato.
Dai manuali scolastici appendiamo che, caduto l'impero romano, nascono i secoli bui.
Dobbiamo imparare a riflettere un po' sulle dimensioni delle popolazioni del mondo
stimate in diversi periodi. Ma scopriamo ad esempio che nell'anno 500 si pensa che nel
mondo dovevano esistere 206 milioni di individui e che in Europa gli abitanti fossero solo
29 milioni.
E infatti scopriamo tante cose:
- Se è vero che il greco è diventato una lingua desueta, è altrettanto vero che il siriaco, il copto e
l’etiopico sono le nuove lingue veicolari.
L’Occidente si chiude su se stesso. Nel 494 il Sacramentario Gelasiano: il canone romano
assume la sua forma definitiva, e nascono gli "anatemata": Solo quello che è scritto in latino o
greco è canonico.
Se guardiamo nel resto del mondo vediamo che:
- Giappone, Cina, India: da secoli vivono grandi civiltà. Nel V secolo c’è un forte rinascimento
culturale e religioso. In India sono introdotti i numeri ed il sistema di calcolo, che ancora usiamo,
centrato sullo "zero".
- La Persia Sasanide raggiunge una grande civiltà.
- Egitto, Arabia, Palestina, Siria, Mesopotamia sono nodi fondamentali e cosmopoliti della
direttrice terrestre delle vie commerciali, della seta e delle spezie. Le comunità monastiche
cristiane (laiche) si inseriscono su comunità monastiche precristiane.
- L’Etiopia è un nodo fondamentale e cosmopolita della direttrice marittima delle vie
commerciali, della seta e delle spezie. Dal 372 rapida cristianizzazione direttamente dalla
Palestina. Le comunità monastiche cristiane (laiche) si inseriscono su comunità monastiche
precristiane.
- In Francia, dal II secolo, tante correnti diverse di monachesimo, "ovviamente orientali". S.
Ilario e S.Martino di Tours. St.Thierry, I monaci di Lérins e del Giura.
- In Irlanda si sviluppa il monachesimo.
- Nella penisola Iberica la cultura celtica, si collega con l’Asia e l’Africa
- In Umbria si insediano (per testimonianza di Gregorio Magno) monaci Siriaci.
- A Roma affluiscono le altre culture, anche cristiane: la chiesa di santo Stefano Rotondo.
- Dal 568 I longobardi in Italia: popolazione germanica del nord, ariana. Presto cristianizzata
e fanaticamente religiosa
- Dal 540 al 604 vive Gregorio Magno, che ridà centralità, almeno religiosa a Roma. Nasce il
Monachesimo Occidentale.
- Nel 570 nasce Maometto.
- Le Civiltà americane toccano il massimo splendore. La civiltà Maja al suo apogeo introduce lo
"zero".
- Si rinnovano la "marcia sacra", i pellegrinaggi ai "luoghi" significativi , sottolineati dalle tombe
dei santi.
LE QUATTRO STRADE DEL PELLEGRINAGGIO CRISTIANO
Nel mondo cristiano, se infinite sono le "stazioni" (i centri del mondo, i santuari), i "poli"
del pellegrinaggio, soprattutto a partire dal IX secolo, diventano essenzialmente quattro, come i
poli cardinali, come le quattro parti del mondo. E quattro saranno i cammini del pellegrinaggio:
la via di Cristo, a Gerusalemme, dove Cristo morì e risorse. La via dell’angelo, a San Michele
Arcangelo nel Gargano, dove Cristo si manifestò risorto imprimendo nella pietra la propria
impronta. Va ricordato che Michele significa, appunto: Come Dio. L'arcangelo Michele è segno
del Cristo risorto. La via dell’uomo a Roma, il presente, il cristianesimo occidentale, l'esperienza
individuale, la sede di Pietro, che diventerà il primato della gerarchia. La via lattea, la via della
stella, a Compostela, la pluralità delle culture e delle etnie, i confini del mondo, la progettualità
rivolta al futuro, la trasposizione collettiva delle esperienze individuali, l'esaltazione dello
Spirito, la rottura che Cristo opera nel sacerdotalismo ebraico, non certo per inaugurare una
nuova gerarchia, ma per rivendicare la libertà dei figli di Dio.
Sappiamo bene che San Francesco (che non a caso manifesta una visione sistemica del
creato) cercò di raggiungere tutte e quattro le mete del pellegrinaggio. Non è vero, dunque, nel
mondo dell'Occidente cristiano, che tutti i pellegrini vengono a Roma, che, l'unica esperienza del
Cammino è la "peregrinatio ad Sancti Petri sedem", come vorrà poi Bonifacio VIII, quando
sacralizzerà tra i tanti percorsi dei pellegrinaggi solo quello che porta a Roma, alle tombe degli
Apostoli Pietro e Paolo.
Naturalmente le strade dei pellegrinaggi si intrecciano nell'Europa centrale e nella
Francia, dando vita ad alcuni dei grandi centri del pellegrinaggio. Sono migliaia, non
possiamo ricordarli tutti. Ma la Maddalena di Vezelay con la sua pietra aniconica, Le Puy
con la sua pietra nera, Bruges, con le sue colonne imponenti non possono essere
dimenticati.
GERUSALEMME. LA VIA DI CRISTO
Gerusalemme è uno dei centri del mono. La Bibbia ricorda: "Tu beata Gerusalemme che sei nel
palmo della mano di Dio".
Come indicano bene i mosaici di Madaba, Gerusalemme sorge su
tre colli. La benedizione apocalittica si conferisce unendo il pollice con l'anulare (come ricordano
tanti mosaici). Le dita unite delimitano un cerchio (la perfezione cosmica). Le altre tre dita
definiscono la la configurazione in terra , nell'ambiente naturale, della città celeste.
Tutti gli ebrei adulti, da qualunque parte del mondo, si recavano da tempo antichissimo a
Gerusalemme per mangiare la Pasqua.
Per i musulmani e da Gerusalemme, dalla roccia sulla spianata del tempio, si avvia con
l'arcangelo Gabriele, il viaggio di Maometto.
Non vanno dimenticate due testimonianze precise del pellegrinaggio cristiano a Gerusalemme.
Non bisogna meravigliarsi se i cristiani prendono quella che sarà denominata la "Via di Cristo".
Va ricordato il Codex Burdigalense del 333, che testimonia un viaggio da Bordeaux a
Gerusalemme e ritorno. Da Bordeaux l’itinerario va ad Arles, traversa il Moncenisio, va fino ad
Aquileia, qui entra nei paesi slavi e Balcani, visita Costantinopoli, attraversa la Turchia e la Siria
(Antiochia), arriva a Gerusalemme. E poi torna per mare. Vediamo il pellegrino sbarcare da
Otranto e poi è a Rimini. Riprende la strada per la Francia. Non passa per Roma.
E poi straordinaria è la testimonianza di Egeria, una donna forse della Galizia (che sconvolge le
conoscenze sulla cultura dei primi secoli, con il suo diario di viaggio incompleto e redatto forse
tra il 380 ed il 383, o forse qualche anno più tardi, ma entro il 417), che dall’estremo occidente
della Penisola Iberica (proprio dalla regione del capo finis terrae), va in Egitto, nel Sinai, nella
Terra Santa, in Anatolia, in Mesopotamia, ed assiste, descrivendola, alla liturgia cristiana di
Gerusalemme. Da Costantinopoli a Costantinopoli il suo viaggio è di oltre 5000 chilometri. Nel
suo diario di viaggio (un testo privo di ogni elemento classico!) non si scorge mai la tendenza ad
una razionalizzazione astratta, la la curioisità, il voler sapere, il voler toccare con mano (proprio
come il bambino del capitello di Autun), il voler compiere fisicamente il cammino.
SAN MICHELE ARCANGELO. LA VIA DELL'ANGELO
Il Gargano è il monte sacro. E' un altro centro del mondo fin dalla più remota antichità.
Fu anche un centro mitraico, prima che i Longobardi ne facciano, già nel VI secolo, il terminale
delle popolazioni che dalle steppe, dall'Asia centrale si sono ormai insediate in Europa.
MÎ CA EL - CHI COME DIO. E non a caso il cammino di San Michele Arcangelo si snoderà
attraverso il Brennero e la Val Pusteria, ma anche dall'Irlanda, alla Cornovaglia, alla Bretagna, la
Borgogna e l'Alvernia, il Moncenisio, il San Bernardo, il Gottardo.
ROMA. LA VIA DELL'UOMO
Tutto fa pensare che Roma, diventata con Augusto una città imperiale, diventi anche il centro
dell'Orbe, il punto di riferimento per genti di tutte le razze, di tutte le culture, di tutte le religioni.
Marc'Aurelio (già convinto che tutti gli uomini appartengano ad una stessa razza e che abbiano
uguale dignità) aveva aperto ancor più Roma a tutte le scuole filosofiche e religiose, per favorire
un confronto universale.
Il "guado" sul Tevere a Roma congiunge i popoli che vengono dal mare e dal nord con i popoli
del centro e del Sud. Anche Roma è un centro del mondo, è uno dei luoghi del pellegrinaggio e
un luogo di incontro delle culture.
Dal X al XVII secolo secolo l'isola Tiberina sarà detta "Isola Licaonia" non solo perchè lì è la
tomba di Bartolomeo, che evangelizò la Licaonia, ma perchè quella regione è il "guado" tra
Oriente ed Occidente.
A Roma sarà sempre ricordato l'incontro tra culture.
SANTIAGO DE COMPOSTELA. LA VIA LATTEA, LA VIA DELLA STELLA. LA
TRASPOSIZIONE COLLETIVA DELLE ESPERIENZE INDIVIDUALI.
Il "sito" di Compostela (cristianizzato dalla "scoperta" dei resti dell'apostolo Santiago nell'81214) è fin dalla più remota antichità, un luogo sacro, uno dei tanti centri del mondo, dove umano e
divino, vita e morte, terra e cielo si "confondono", dove nasce, per dirla con San Paolo, una
"creazione nuova". E' il "luogo" dove il sole si immerge nel nostro mondo, dove, penetrandola,
vene a fertilizzare la Terra, trasmettendole la propria forza vitale. In quelle terre, secondo la
tradizione, fu sepolto Ercole. Da quelle terre partì Cristoforo Colombo, alla ricerca di quella
parte di mondo, che nei mappamondi medievali, veniva descritta come "una quarte parte, al di
là dell'Oceano, che non ci è nota a causa del calore del sole e che si favoleggia abitata dagli
Antipodi".
Compostela diventerà il più celebre tra i luoghi cristiani di pellegrinaggio (Dante ricorda nella
Vita Nuova, XL, 7, che "in modo stretto non s'intende pellegrino se non chi va verso la casa di
sa' Iacopo o riede") e il Cammino di Santiago, ai confini dell'Occidente, percorso dalle etnie e
dalle culture più diverse, rimarrà il percorso più spirituale. La strada per Santiago è la strada
della civilizzazione europea. Viene dall'oriente, tocca in Francia le tombe degli amici di Gesù e
infiniti luoghi del pellegrinaggio che vorrei riassumere con Moissac, alla confluenza del Tarn
con la Garonne, con San Juan de la Peña (l'elemento centrale della liturgia è una lingua di
stallattite, riflettente come i fiumi dell'Apocalisse), e San Pedro de la Nave, la chiesa del VII
secolo che testimonia la circolazione europea dei Vangeli di Filippo e di Tommaso. I due
apostoli, dai capitelli centrali, si confrontano con Pietro e Paolo.
Il pellegrinaggio europeo acquisisce forme nuove nel VII-VIII secolo (quando la religione
cristiana, occidentalizzata, ha ormai preso sostanzialmente l'egemonia e, non a caso, per reazione
al sapere concettuale dei greci, nasce l’islamismo), ed infine dal IX secolo, in età carolingia,
quando assume precise e definitive connotazioni politiche. José Luis Barreiro Rivas, nel bel
libro, "La función política de los caminos de peregrinación en la Europa Medieval. Estudio del
camino de Santiago", Madrid 1997, ricorda la "centralidad de Roma, sin Roma", l' "invenzione"
della tomba di san Giacomo in coincidenza con la nascita dell'impero Carolingio, il significato di
"tradución colectiva de las motivationes individuales" assunto dal pellegrinaggio ai confini del
mondo.
Ed è proprio nella traduzione collettiva delle motivazioni individuali ed attraverso il
pellegrinaggio "a la casa di Galizia, però che la sepoltura di sa' Iacopo fue più lontana de la sua
patria che d'alcun altro apostolo" (Dante, Vita Nuova, XL, 7)che si definisce la coscienza e
l'identità europea (molto composita).
E' vero che già nell'VIII secolo, si consolidano a Roma le Scholae peregrinorum, le colonie
straniere che davano assistenza ai pellegrini. Ci sono i Sassoni, i Frisoni, i Franchi, i gli Angli,
gli Alamanni, i Burgundi, i Bavari, Longobardi, ecc. Ma è anche vero che sono proprio dell'VIII
secolo alcuni documenti che ricordano la "Dispersio Apostolorum", la pluralità delle culture del
cristianesimo primitivo, la "missione" degli apostoli, dopo la Pentecoste, per "Universum
Mundum" e non solo la "missione" di Pietro e Paolo "per omnes gentes", a Roma e nel mondo
ellenistico greco e romano. L' Omelia dell'Anonimo cristiano arabo dell'VIII secolo, ricorda,
nella bellissima traduzione di Maria Gallo: "Poi gli apostoli uscirono, si divisero tutto il mondo
tra loro e annunciarono il Regno del Cielo e la penitenza nel nome del Messia...poveri, deboli,
stranieri in mezzo agli uomini, senza beni di fortuna, senza potere in questo mondo, senza
ricchezze da usare quali strumenti di corruzione, senza scienza, senza parentele di cui potersi
vantare presso chiunque...non combatterono contro nessuno, non forzarono gli
uomini...invitarono il popolo al Vangelo".
Allo stesso modo, il Commento all'Apocalisse del monaco Beato, scritto nella Penisola Iberica a
metà dell'VIII secolo, ricorda: "Hi sunt duodecim Christi discipuli, praedicatores fidei, et
doctores gentium. Qui cum omnes unum sint, singuli tamen eorum ad praedicandum in
mundo sortes propria acceperunt. Petrus Romam. Andrea, Acaiam. Thomas Indiam. Jacobus,
Hispaniam. Joannes, Asiam, Mathaeus, Macedoniam. Philippus, Gallias. Bartholomaeus,
Licaoniam. Simon Zelotes, Aegiptum. Mathias, Judaean. Jacobus frater Domini, Jerusalem". E'
la prima volta, tra i testi arrivati fino a noi, che Giacomo viene associato alla Spagna.
L’ANNO SANTO ROMANO
E' certamente interessante vedere come, nella tradizione del cristianesimo occidentale, nasca il
primo anno santo del 1300, un fatto politico che conclude un lungo impegno a ricondurre tutte le
espressioni di religiosità, tutte le manifestazioni del sacro, all' ordo romanus, ad una teologia
rituale e strutturata, a stati passivi e rituali, ad una funzione politica. Roma, diventa la Nuova
Gerusalemme, ed assume un andamento ternario: le basiliche di san Pietro e di san Paolo, con la
cattedrale di San Giovanni. Ma vuole anche "rappresentare" il mondo. La cattedrale di Roma
deve diventare il centro del mondo. Ed ecco la struttura quaternaria (con l'aggiunta di Santa
Maria Maggiore). Ecco le altre basiliche minori (a cominciare da Santa Maria in Trastevere) che
consentono a San Giovanni di collocarsi al centro dei percorsi di pellegrinaggio a Roma.
Persino Dante, preso dalle lotte politiche della sua epoca, ignora la tradizione della "Dispersio
Apostolorum" ed è partecipe di questa dimensione politica di romanità. "Chiamansi palmieri in
quanto vanno oltremare, là onde molte volte recano la palma; chiamansi romei, in quanto vanno
a Roma". I "romei", da una radice greca, sono quelli che viaggiano e poi identificano i pellegrini
latini che si recano in Terrasanta.
Se Gerusalemme e Santiago sono mete "lontane" per cultura e significati e difficilmente
raggiungibili, la grotta di San Michele e la montagna del Gargano (non la tomba di un Apostolo,
ma direttamente il segno della resurrezione di Cristo) rappresentano tuttavia un ponte con il
passato sacrale della Puglia, la porta con l'Oriente, con l'Asia, con il Mediterraneo ed il terminale
di un "cammino" che lega queste terre all'Europa. Non a caso proprio in quei luoghi si
manifestano i primi segni della cultura romanica europea. Il Gargano è un terminale capace di
annullare le pretese di Roma. Particolare attenzione sarà messa nei secoli, e dura tuttora, per
minimizzarne il ruolo. Si allungherà il percorso fino a Bari (le spoglie di san Nicola vengono
acquistate e trafugate in Asia Minore). A Bari si contrappone Trani, che si crea il suo san Nicola
pellegrino. Federico II (Svevo, che guardava all'Africa), cerca di determinare un nuovo "polo" in
Puglia, Castel Del Monte, un segno riassuntivo di una società multiculturale, multietnica e
multireligiosa del linguaggio universale, della mente globale, delle conoscenze scientifiche che si
andavano formando da contrapporre a Roma. Alla fine del XIII secolo, Bonifacio, ha partita
vinta, nel riaffermare la centralità del papato, legando le indulgenze (che derivano da meriti
riconosciuti dall'autorità, non dalle esperienze individuali e sociali) al percorso di pellegrinaggio.
Il polo del Gargano (legato ad ancestrali manifestazioni del sacro, non a caso è tutt’oggi legato
alla memoria di Padre Pio), frantumato attraverso le vicende succedutesi per quasi tre secoli,
viene portato ad identificarsi con Roma, con la sede di Pietro e delle tombe di san Pietro e di san
Paolo.
Questo avviene proprio quando la Cattedrale dei santi Giovanni, un "centro" molto ricco
di significati simbolici, viene abbandonata, a vantaggio della basilica di san Pietro, per
identificare il papa con Pietro e rivendicarne il primato. Quando la stessa sede del papa viene
temporaneamente trasferita ad Avignone, è chiaro fino in fondo che il significato di Roma è solo
allegorico, pedagogico, descrittivo del ruolo del successore di Pietro. Nel papato avignonese si
verifica la centralità di Roma senza Roma.
IL PELLEGRINAGGIO A ROMA NELL'ETA' MODERNA. LA VISITA ALLE 7
CHIESE.
L'anno santo romano è un'esperienza radicalmente diversa da quella del pellegrinaggio, e
la tradizione romana nel Cinquecento nella visita alle 7 chiese richiamò il desiderio di ripristinare
il senso del pellegrinaggio, della cerca, DELLA RICONCILIZIONE, questa volta viaggiando in
una sola città, che, però è vista come un microcosmo: le quattro basiliche maggiori e le tre
minori: San Sebastiano sull’Appia Antica, Santa Croce in Gerusalemme e san Lorenzo al
Verano. Nel Cinquecento riassume compiutamente questo significato: è segno dell'universo
mondo. Una pianta del 1589 indica come Roma sintetizzi il mondo; le quattro parti, i punti
cardinali: San Sebastiano a Oriente; San Pietro ad Occidente; Santa Maria Maggiore a Nord; San
Paolo a Sud. Il centro è occupato dalla Basilica di San Giovanni. La chiesa dedicata al salvatore
e dal VI secolo ai due Giovanni (il Battista, il passato e l’Evangelista il futuro), in cui cielo e
terra si congiungono.
Il percorso delle 7 chiese (il pellegrinaggio, che diventa una marcia sacra) si definisce in
considerazione di vari elementi, ed acquista vari significati: politico, spirituale, religioso, di
esperienza, di conoscenza di sé, fisico, storico, economico, di socializzazione. E un atto "sacrale"
di riconciliazione, vitale per molte culture nello stesso occidente. Partecipare al pellegrinaggio
significa "esserci", esistere.
***
Oggi siamo evidentemente in un'epoca in cui le grandi migrazioni di popoli ricordano che "le
migrazioni", come sosteneva Luigi Di Liegro, figlio di emigranti clandestini, "sono un fatto
strutturale della storia". Gli spazi lasciati vuoti dalla scarsa natalità dei Paesi Occidentali,
vengono coperti dai popoli nuovi (come Gregorio Magno chiamava le genti che venivano
dall'Asia), non disposti a rappresentare i nuovi schiavi, necessari per consentire all'economia ed
ai privilegi delle piccole élite di ricchi, di perpetuarsi. L’arcivescovo di Parigi Lustiger ha messo
in evidenza che se la ricetta politica adottata in Europa è quella che gli extracomunitari siano il
meno possibile, tutte le previsioni dicono che tra 20 o 30 anni l’Europa ricca e sottopopolata non
potrà evitare l’arrivo in massa delle popolazioni del Sud e dell’Est.
I ragazzi con meno di 15 anni in Italia sono il 15%, mentre nell’intera Africa e nel Medio Oriente
sono il 65%. Di contro gli anziani con più di 65 anni sono in Italia il 16,1%, mentre in Africa e
nel Medio Oriente sono il 3,2%. E’ prevedibile che nel 2025 la popolazione lavorativa tra i 20 ed
in 45 anni nel Nord e nel Centro Italia sarà superiore al 40%.
Una diversa cultura, una diversa concezione della democrazia e dell’organizzazione sociale con
la quale dovremo presto fare i conti. Solo pochi giorni fa l’arcivescovo di Parigi Lustiger metteva
in evidenza che se la ricetta politica adottata in Europa è quella che gli extracomunitari siano il
meno possibile, tutte le previsioni dicono che tra 20 o 30 anni l’Europa ricca e sottopopolata non
potrà evitare l’arrivo in massa delle popolazioni del Sud e dell’Est. Nel 2025 il 40% della forza
lavoro dell’Italia del Nord e del Centro sarà costituito da "stranieri".
Vorrei ricordare che "Il pluralismo ... culturale consapevole e spesso concorrenziale, che rifiuta
ogni posizione di inferiorità e di sottomissione" a cui fa cenno Rossano non è soltanto quello
degli stranieri, dei popoli nuovi che vengono da lontano, è anche quello espresso da molti di noi,
dalle maggioranze dei cittadini comuni, nelle nostre città fatte di tante culture, di tante etnie, tanti
sentire religiosi.
Culture consapevoli eppure "altre", "diverse", che, si dice, rappresentano una ricchezza. Eppure
una caratteristica forte è l'espropriazione delle culture, dell'intelligenza e della creatività delle
maggioranze dei cittadini, attraverso le strutture della scuola, della cultura e della
comunicazione. Una espropriazione che colpisce il diritto fondamentale della identità personale e
collettiva e conseguentemente alla partecipazione comunitaria e solidale della democrazia e
dell’organizzazione sociale. Altro che Costituzione incompiuta!
Non è esagerato affermarlo. Nel Rapporto ISTAT 1996-97 si legge che "L'Italia sta cambiando. I
numeri e le analisi affermano che il mutamento è profondo, più veloce del previsto, tale da
modificare i rapporti tra le categorie sociali e le diverse aree del Paese. E' un cambiamento in
meglio? Soprattutto, è un cambiamento sostenibile...?".
Dai dati che seguono sembrerebbe proprio di no. Se la scuola è aperta a tutti secondo il dettato
Costituzionale, il sapere, in realtà, è riservato a pochissimi. Anche la modernizzazione
tecnologica, è per pochi, per una piccola minoranza. I comportamenti attivi (legati alla cultura
medio alta) sono riservati ad una piccola minoranza. E’ evidente la convinzione che la
democrazia è fatta solo per la classe dirigente e non per la massa, che bisogna emarginare,
distrarre e controllare per il suo bene. ll bene comune compete, infatti, ad una piccola classe
specializzata.
L'ISTAT sta studiando come modificare i propri "indicatori" perchè il potere d'acquisto delle
famiglie è diminuito. Nascono nuove disparità.
RICONCILIAZIONE. Homo quadammodo omnia.
UN IMPEGNO CONCRETO E PROGETTUALE PER LA GIUSTIZIA E LA PACE.
In Italia fervono i preparativi per il Giubileo del 2000, per l'Anno Santo Romano. Fin dal III
secolo venivano pellegrini a pregare sulle tombe di Pietro (segnata da un modesto altarino) e
Paolo. Solo con il 1300 il Cammino verso Roma, verso la sede di Pietro, assumerà le forme del
Grande Giubileo, del pellegrinaggio maggiore che riassume i pellegrinaggi di tutta la cristianità.
Mentre ci prepariamo al giubileo/pellegrinaggio del 2000 avvertiamo un temibile privilegio: ci
troviamo all'inizio di una coscienza planetaria, ma al tempo stesso si intravedono nuove barriere
alla liberazione dell'uomo:
- l' accumulo di ricchezze e di poteri (culturali, informatici, militari, finanziari);
- la sofferenza umana con l’ingiustizia sociale che costringe alla povertà larga parte della
popolazione del pianeta;
- la sofferenza, la devastazione ecologica della terra stessa con il degrado dei terreni, dell'acqua e
dell'aria e la distruzione ambientale del nostro pianeta;
- la cultura individualista e l'atomizzazione degli individui isolati; il vuoto e l'assenza di
comunione e di comunicazione (al punto che almeno 2\3, ma forse è meglio dire 4/5 di italiani
sono esclusi da ogni consumo educativo e culturale);
- la convinzione che il compito storico di uno schieramento di progresso e innovatore è
essenzialmente quello di compiere finalmente una modernizzazione del capitalismo;
- la crisi dei due sacri pilastri della nostra civiltà: il lavoro ed il consumo. La disoccupazione
anche nelle nostre città ed il debito pubblico che strangola i Paesi del Terzo Mondo sono le
conseguenze più evidenti che richiedono interventi decisi nella ricerca di convivialità e di
semplicità di vita
Nel Cinquecento il popolo romano, attraverso la visita alle chiese, dette un significato alla
parola RICONCILIAZIONE. Alle soglie del III millennio si stanno verificando mutazioni
antropologiche profonde.
Le nuove sette chiese che dobbiamo imparare a vivere per dare oggi un significato alla parola
RICONCILIAZIONE sono:
complessità, pluralismo multiculturale, multietnico, multireligioso. Forza dei linguaggi. Identità,
Molteplicità. Dignità. Conoscenza, corresponsabilità, interrelazione. Globalità e universalità
della comunicazione. Cultura (e le culture sono molto diverse tra di loro) non come espressione
letteraria, ma modo di vita (come ricordava Lazzati), sperimentato nel laboratorio della realtà
quotidiana. Cambiamento e modernizzazione. Attenzione al futuro. Riconciliazione dell'uomo
con l'ambiente (inteso in tutte le sue componenti); giustizia e pace: ridistribuzione delle risorse,
dei poteri e dei saperi. Le occasioni non mancano.
Il ben-essere umano ed ecologico è il contesto per una teologia e un dialogo delle religioni in
cui sia rispettato il dominio delle diversità.
Bisognerebbe riconoscere il pellegrinaggio ed il giubileo come un grande movimento che porta
al rimescolamento, all’integrazione di culture e di stili di vita. La riflessione sul pellegrinaggio e
sul giubileo, di fronte alla sofferenza umana ed ecologica, della Terra stessa, dovrebbe consentire
di riproporre l' obiettivo di progresso come ricostruzione del sistema del Creato e come
promozione della qualità della vita e di giustizia e di pace, attraverso la ridistribuzione dei saperi
e il riconoscimento della dignità di tutti gli esseri naturali ed umani, qualunque sia la loro etnia,
la loro religione e la loro cultura.
Si dovrebbe abbandonare il concetto di progresso illimitato, misurabile in termini quantitativi di
possesso e di accumulo (per pochi) di beni materiali, con un'attenzione volta esclusivamente al
presente.
Se non altro, dovrebbe avvenire il riconoscimento dei caratteri universalistici delle nostre città, in
particolare di Roma, fatta di tante culture, di tante etnie, tante religioni. Nella Roma dell’età
imperiale convivevano, ben più di adesso, uomini delle etnie dell’universo mondo e fedeli di
almeno 30 religioni primarie e di un centinaio di culti. Esistevano molti edifici pluriculto. Oggi
ci sembra una grande novità far pregare insieme i capi di 4 o 5 religioni. Il cammino da fare è
ancora molto lungo.
Igor Man sul "La Stampa" di martedì 24 novembre si chiedeva: "Ma siamo pronti noi cristiani,
marchiati dall’insania del colonialismo, a rinunciare alla presunzione che l’Occidente
custodisca valori assoluti e, come tale, "utilizzabili" da chicchessia?"
La preparazione all'anno giubiliare del 2000 (o, come più esattamente si dovrebbe dire, all'Anno
Santo Romano del 2000) dovrebbe rappresentare una straordinaria occasione per riflettere sulla
grande trasformazione e modernizzazione di un mondo complesso, multiculturale, multietnico,
multireligioso, per cominciare a rinunciare a questa "presunzione", riscoprendo, nella cultura del
pellegrinaggio, le nostre radici e la realtà cosmopolita europea del primo millennio, cancellata
dai nostri manuali.
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Riflessioni
1) i grandi cambiamenti e le parole nuove di cui dobbiamo imparare a capire fino in fondo il
significato: la "globalizzazione"
2) gli schiavi non servono più. I ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri.
3) la società è sempre più caratterizzata dalla diversità delle culture
4) "La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca"
5) quale diritto si ha di imporre agli altri il proprio modo di accogliere Cristo?
6) l'inculturazione del Vangelo: il Vangelo non si identifica con le culture, ma si identifica nelle
culture
7) quale diritto si ha di imporre agli altri la propria cultura ed il proprio modo di essere nel
mondo?
8) la disfatta dei sistemi educativi: il sapere e il potere sono riservati a pochi
I DIRITTI
La cancellazione del debito pubblico dei Paesi del Terzo Mondo e della pena di morte sono
solo i primi passi che devono condurre ad uno sviluppo giusto e sostenibile, al rispetto delle
identità e delle diversità culturali, etniche, religiose, alla ridistribuzione dei saperi, alla
valorizzazione dei patrimoni naturali e culturali, al rispetto delle dinamiche naturali del
pianeta Terra
1) Diritto all'unitarietà del sistema universo. Superare la cultura antropocentrica che pone
l'uomo bianco ed occidentale al centro e al di sopra di tutti gli esseri animati ed inanimati e di
tutte le ricchezze della terra: la questione ambientale come ricostruzione della globalità del
sistema dell'universo, del "creato" e di tutti gli elementi, di tutte le "creature". La conservazione
dell'ambiente umano e naturale, la progettazione comunitaria e solidale del territorio sono la
condizione essenziale per uno sviluppo giusto e sostenibile.
2) Diritto alla dignità e alla diversità: all'identità, alla diversità dell' esperienze, dei bisogni e
delle attese, qualunque sia il colore della sua pelle, l'etnia, la cultura, la "razionalità", la religione,
l'estrazione sociale, il lavoro. Superare la centralità dell'uomo bianco, ricco, colto, concettuale.
La dignità umana si realizza attraverso "notevoli differenze", attraverso forme di organizzazione
socio politica miranti alla maggiore possibile articolazione, diversificazione, qualificazione di
attività, di mansioni, di contributi singoli alla vita collettiva.
Che senso hanno i "Valori" tradizionalmente imposti? La famiglia? Lo Stato? L'assistenza
sociale? L'educazione?
3) Diritto alla mulculturalità. Diritto al linguaggio universale ed alla mente globale. Superare
la cultura concettuale ed eurocentrica che pone le élite della civiltà occidentale (culla della
cultura, delle civiltà, della democrazia) al centro del mondo. Imparare a progettare una società
che sappia vivere la complessità, la modernità, la multiculturalità, la multimedialità (come
sistema dei linguaggi e dei modi di pensiero), l' interazione-discontinuità-creatività, il
riconoscimento delle diverse identità culturali, il rispetto della storia nell'universo mondo, di tutti
i popoli, di tutte le comunità, di tutte le culture e di tutte le civiltà. Non ci sarà pace nel mondo
fin tanto che non ci sarà pace tra le culture e le religioni.
4) Diritto all'esistenza rifiutando ogni forma di violenza fisica e di manipolazione della natura,
di ogni forma di vita vegetale e animale e dell'uomo. Superare il principio secondo cui l'uomo
può disporre a suo piacimento e per la propria utilità della vita degli altri esseri viventi: no alla
pena di morte.
5) Diritto a procurarsi i mezzi necessari per vivere con il proprio lavoro. Diritto alla giustizia
ed alla pace: giustizia produttiva (e non distributiva), dalle umane condizioni di produzione (che,
dal punto di vista dei cittadini e dei lavoratori, sono le condizioni di vita, sono la vita) alle
infrastrutture sociali, allo spazio, alla comunità. Mettere l'ambiente, le risorse e le merci al centro
delle relazioni economiche e sociali per uno sviluppo sostenibile. Abbandonare il concetto di
progresso misurabile in termini quantitativi di possesso e di accumulo di beni materiali e di
saperi, come politica di potenza e di attenzione volta esclusivamente al presente. Mettere fine
alla morte per fame (manifestazione della crisi dell'ambiente e della squilibrata ripartizione delle
risorse), alle guerre "locali", alla distruzione delle condizioni di sopravvivenza dei nativi:
cancellare il debito pubblico dei Paesi del terzo Mondo.
6) Diritto alla democrazia ed all'uguaglianza, intesa non solo come superamento della
mancanza dei mezzi economici essenziali, del lavoro, della casa, della salute, dell'istruzione, ma
come ridistribuzione delle conoscenze e dei saperi, dei diritti e del potere, come riconoscimento
del diritto alla comunicazione, all'uso dei diversi stili, codici, ambienti di comunicazione e di
conoscenza, delle diverse "visioni del mondo" e dei diversi processi e modalità di pensiero.
Ricercare nella memoria storica gli elementi conoscitivi per progettare il futuro alternativo,
ricostruendo un sistema di comunità solidale. I beni culturali e la valorizzazione dei patrimoni
naturali e culturali sono le fonti primarie di arricchimento della qualità della vita in ogni Paese e
lo strumento primario per la ridistribuzione della comunicazione, della conoscenza e dei saperi.
7) Diritto allo sviluppo delle potenzialità umane attraverso forme di apprendimento innovative
basate sull'etica e sull'anticipazione (attenzione responsabile volta al futuro della globalità
dell'Universo e di tutti i suoi elementi) e sulla partecipazione di tutti alle scelte per l'avvenire.
Rispettare la dinamica naturale del pianeta Terra, considerando i limiti della scienza e della
tecnica, della manipolazione genetica, delle biotecnologie, le intolleranze e i genocidi culturali.
IN CONCRETO, A ROMA, CHE COSA SI POTREBBE FARE?
ITINERARI. Si potrebbero ricostruire itinerari nel territorio e nelle città, anche segnalati
con semplici tabelle esplicative, che mostrino come gli infiniti "luoghi" della storia (ad esempio,
a Roma, il Velabro, Trastevere, San Giovanni; nell'Italia Meridionale, i Cammini a San Michele
Arcangelo), coincidano con i "centri del mondo", in cui si è manifestata l'unione sistemica
natura/cultura (superando la contrapposizione uomo/animali; esseri animati/esseri
inanimati; organico/inorganico, reale/irrazionale, ecc.), la riconciliazione dell'uomo con
l'ambiente e la sintesi delle diversità, delle multiculture, delle multietnie, delle multireligioni. Si
potrebbe ricostruire il carattere non romano ed universalistico di Roma e del cristianesimo delle
origini.
CONFERENZE, OPUSCOLI, INIZIATIVE MASS MEDIOLOGICHE E
MULTIMEDIALI PER RACCONTARE UNA STORIA PIU'RISPETTOSA DEL VERO.
Si potrebbe recuperare il carattere complesso della "romanità", la pluralità (non solo delle
opinioni, ma delle culture, della etnie, delle religioni, delle diverse "visioni del mondo" e dei
diversi processi e modalità di pensiero) presente anche a Roma nel primo secolo d.C. e nel primo
Millennio. Si racconterebbe una storia meno fantasiosa e più rispettosa del vero, producendo e
diffondendo capillarmente materiali multimediali, ben fatti, che sappiano ritrovare la globalità
dei linguaggi della comunicazione ed il ruolo di documento storico fondamentale dei beni
naturali e culturali. Il Mediterraneo "culla" di tutte le civiltà; Atene "patria" della democrazia; i
Pagani ancora lontani dalla vera religione; le "invasioni" barbariche; Attila flagello di Dio; gli
arabi e i musulmani; la battaglia di Poitiers; i secoli "bui"; la scrittura ed il razionalismo; le
crociate; le "orde" di Gengis Khan; l'Africa Nera, Marco Polo, l'"Umanesimo"; la scoperta
dell'America; il "secolo dei lumi"; l'integralismo islamico: ecco alcuni, e solo alcuni, dei tanti
esempi possibili su cui esercitare il nostro pentimento, anche attraverso opuscoli, conferenze e
seminari, superando luoghi comuni e ricostruzioni di comodo per raccontare una storia più
rispettosa del vero.
Le celebrazioni dell'anno 2000 dovrebbero far riferimento alle culture e alle civiltà lontane dalla
nostra (europee, centro-africane, arabe, centro-asiatiche, estremo orientali), e dovrebbero
affrontare i temi fondamentali dei diritti (vedi il capitolo precedente), dell'ambiente, della scienza
e della tecnologia, della genetica, dell'etica .
INIZIATIVE DI SENSIBILIZZAZIONE. Si potrebbe fare una forte sensibilizzazione sui
grandi temi dell'uomo alle soglie del III Millennio, contro le manipolazioni genetiche, sulla
società e lo sviluppo sostenibili, sui limiti della scienza, della tecnologia e della ricerca, contro la
pena di morte e per la cancellazione del debito pubblico del Terzo Mondo, dei popoli, cioè, che
con il loro lavoro, le loro risorse, la loro cultura, la loro fame e le loro miserie hanno fin qui
contribuito alla nostra ricchezza.
Si potrebbe fare una forte sensibilizzazione sulle multiculture, sulla molteplicità dei
sistemi comunicativi e conoscitivi, sul linguaggio universale, sulle culture dei giovani, sulle
peculiarità delle varie modalità di pensiero che caratterizzano ogni persona umana, sulla mente
globale. Si potrebbero ricordare, nel 2000, i quattrocento anni della pubblicazione dei
"Conceptos Spirituales" di Alfonso de Ledesma, che ancora oggi condizionano in negativo larga
parte della scuola occidentale e giustificano la concentrazione dei saperi e dei poteri nelle mani
di pochi privilegiati. Si potrebbe ricordare papa Silvestro II, il papa dell'anno 1000, il papa
definito Mago, perchè cercò di introdurre culture diverse da quelle occidentali ("Può venire
qualcosa di importante da ciò che non è stato inventato dai greci?") lo zero, le figurine indiane (i
numeri che saranno detti arabi) ed il calcolo posizionale: in una parola la semplificazione e la
democratizzazione del "far di conto"e della scienza.
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RETE FITTISSIMA DI STAZIONI DEL PELLEGRINAGGIO
Anche nel mondo cristiano, infinite sono le "stazioni" (i centri del mondo, i santuari). Si
delineano percorsi molto articolati, fatti di strade che "disegnano" una rete fittissima di intrecci e
di labirinti. Il labirinto, la ricerca del "centro", è uno straordinario coadiuvante conoscitivo,
archetipo della trasformazione, simbolo del viaggio, che consente sempre di trovare la strada
giusta, attraverso una esperienza calmante, che aiuta a trovare il bandolo della propria esistenza.
Si fa conoscenza camminando, danzando, pregando disegnando, percorrendo, fisicamente o
mentalmente, un labirinto, magari anche rimanendo nella propria città. Anche un monaco, nella
clausura del suo convento, pregando in giardino con le siepi tagliate a forma di labirinto, diventa
cittadino del mondo.
I percorsi dei pellegrinaggi, come quelli della conoscenza, quindi sono labirintici, discontinui,
non lineari, evocativi, stimolatori di esperienze sociali, ricchi di esperienze simboliche (segno
iconico, colore, linea, gesto, danza, suono, rumore, musica, canto, odore, mimismo, luminosità
della visione, movimento, ecc.), aperti alla libera curiosità, lontani dal dogmatismo infantile della
scienza e delle religioni strutturate. Non si raggiunge una città percorrendo "la via retta", ma
operando deviazioni, ritorni, soste anche molto prolungate. E la Francia rimane al centro, come
era stata al centro dell'evoluzione umana in Europa.
Il pellegrinaggio non è per le élite intellettuali o economiche. E' per tutti , è accessibile a
tutti. Ognuno può accedervi, utilizzando la formula che più gli si adatta. Stando per anni lontano
da casa, o anche solo "vedendo". Si fa pellegrinaggio anche stando nella chiesa della propria
città, operando la marcia sacra dall'ingresso della chiesa all'altare, alle tombe dei santi, verso il
punto che segna la nascita del sole. Molte chiese hanno un labirinto inciso sulla pietra,
evidenziato con le pietre sul pavimento, riprodotto negli intonaci dei pilastri e delle colonne. Gli
esempi di Pisa e di Chartres (il grande pavimento a forma di labirinto) non possono essere
dimenticati.
La marcia sacra a volta dura anni, a volte si svolge dalla porta del luogo sacro all' altare, a
volte è mentale e consiste nell' avere esperienza attraverso un labirinto scolpito o dipinto: la
Fonte della Sapienza è nel proprio cuore. Se oggi un aereo od un pullman ci portano rapidamente
a destinazione, non possiamo dimenticare che la marcia sacra avviene stimolati dall' evocazione
e dalla percezione attivata da tutti i sensi, e da tutte le esperienze extrasensoriali, ricercando e
portando i simboli (o abiti che sono simboli essi stessi) della "cerca", i propri vessilli e le proprie
insegne colorate, con le immagini delle proprie armi e della propria mente, con danze sacre, con
la stanchezza e lo sfinimento fisico della navigazione (spesso ci si paga il viaggio remando) ,
delle marce delle veglie e dei digiuni, delle calche, degli odori spesso ripugnanti di sporcizia, di
emissioni corporali, di urina e di feci, del fumo dei fuochi o delle candele, degli svenimenti, con
la vista di malati sfigurati, con il lezzo di carne marcia delle ferite aperte ed in cancrena e del
sangue rappreso, con l'orribile sterco di cavalli, cammelli, asini e buoi impiegati come animali da
traino, o compagni di riposo notturno nelle stalle, con il sommerso mormorio della musica e del
salmodiare, con il rumore cadenzato dei passi (come detto, uno straordinario coadiuvante
mnemonico), con il freddo, le piogge insistenti ed il caldo asfissiante, con il battito del cuore, con
suoni, canti ed emozioni, con colori che ricordano gli elementi della Terra (il colore del lino la
terra, l' azzurro l'aria, il viola il mediterraneo, lo scarlatto il fuoco, l'arco di colori dal verde
tenero, quasi bianco che si confonde con madre Terra della vita vegetale appena nata al giallo
delle messi mature, o al marrone del ramo secco), con il buio o la fioca luce di candela o di
fiaccola, con repentini passaggi dal buio alla luce, con oscuramento e fiammate improvvise ed
esplosioni di luce (nel recinto sacro può essere il lampo d'oro che proviene da un calice, da una
lancia: la luce improvvisa evoca la croce di luce ed il tempio del Sole) con la tensione nervosa,
l'ansia, lo choc, con scene di panico, con l'effetto dell'ubriachezza e degli allucinogeni, con
formule segrete, con esorcismi e malocchi, con coppe di sangue e di sperma, con malattie e
disagi fisici, febbricitanti, con prove di iniziazione molto faticose, con percorsi labirintici ed in
grotte labirintiche, tra pietre e menhir preistorici, attraverso la conoscenza della volta del cielo e
la celebrazione di eventi celesti.
Il pellegrinaggio è un viaggio psichico alla ricerca di sé, non certo inteso nel senso
intimistico che porta al misticismo estetizzante e che conduce a privilegiare l’ io individuale. La
tradizione cristiana dei primi secoli (fin dagli Atti degli Apostoli) pone l'accento sulla necessità
di collegare l'io sociale con l'io individuale. La carità è comunità. Comunità ed individualità,
cosa assai difficile a comprendersi secondo le categorie di pensiero greco, non sono in antitesi,
ma si sintetizzano in Cristo. La ricerca del sé va quindi intesa come ricerca del proprio ruolo
sistemico nella comunità. E' un viaggio alla "ricerca", volto al futuro, ma anche a ritroso
attraverso l'evocazione del visto, del sentito dire, del "vissuto". E' soprattutto un viaggio nel
presente: il regno di Dio è a disposizione qui e ora; l'unico punto dove possiamo entrare in
contatto con Gesù e il Regno di Dio è dentro di noi. Ogni tappa è importante.
Il pellegrinaggio è anche un atto iniziatico, un atto battesimale. Il battesimo è una
rinuncia a Satana e ad ogni sua pompa: Il Salmo 118,37 (riproposto nelle catechesi
prebattesimali dalle comunità cristiane nei primi secoli e ripreso da Filippo Neri nella visita alle
sette chiese) invitava: "Distogli i miei occhi, perché non vedano la vanità". Viaggiare tra tante
difficoltà significa vedere con gli occhi del corpo e della mente la vanità delle attese, delle
conquiste, delle realizzazioni dell'uomo e la loro decadenza nel tempo. Le ricchezze sono
transitorie. A questo si lega il modello frugale di nella vita del pellegrino, che applicava (ed il
moderno pellegrino dovrebbe applicare) modelli di vita (promozione, distribuzione,
organizzazione politica e sociale) ad alto e diffuso consumo culturale e a basso consumo di
energia e di risorse.
Durante la marcia sacra, i pellegrini si guadagnavano da vivere, secondo il dettato delle
leggi ancestrali, riconfermate da Mosé e dai Vangeli Apocrifi, con il lavoro delle proprie mani,
partecipando spesso a lavori per l'ambiente naturale ed umano (difesa del suolo,
regolamentazione delle acque, rimboschimento, recupero delle terre incolte o degradate,
disinquinamento, ripristino di ambienti naturali ed equilibri geologici, nuovi prodotti agroindustriali, processi di riqualificazione urbana (degli spazi, degli ambienti, dei tempi della città),
gestione dei suoli e degli ambienti urbani.
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