M. Cristina Cornia La pratica con la famiglia con un bambino con disturbi di apprendimento: Il contesto scolastico Negli ultimi anni si è potuto notare un accresciuto interesse e richiesta di intervento sia in ambito clinico sia in quello didattico per le molteplici problematiche che i bambini mostrano nel percorso scolastico. Nella scuola convivono situazioni personali e sociali molto differenti che si esprimono con poliedrici percorsi di crescita, con diversi linguaggi e talvolta differenti lingue; ogni classe è una rappresentazione reale di una società variegata che offre ai sui figli un contesto di apprendimento. In un luogo così connotato dalla complessità la scommessa riguarda il significato che assume il poter dare istruzione a tutti operando per una uguaglianza di opportunità che non significhi dare in modo uguale ai singoli ma permettere a ciascuno di poter avere una offerta formativa adeguata alle proprie esigenze. Le differenti difficoltà che i bambini manifestano a scuola rendono esplicito come il processo di apprendimento (dei codici, degli strumenti, delle strategie, dei contenuti..) non sia affatto in un continuum con le modalità usuali di apprendere del bambino nella scuola della infanzia o in famiglia. Fino all’ingresso a scuola il bambino è posto in una condizione di apprendimento spontaneo, in situazione, un apprendimento per lo più “ecologico” non dichiarativo; il procedere nell’acquisizione della lingua scritta e dell’operatività numerica segnala una distanza con questa modalità primaria di apprendimento e mette in luce singolarità e differenze del funzionamento mentale adeguato che talvolta rendono complesso l’apprendimento “insegnato”. Nel contempo il bambino deve confrontare le proprie regole di vita, le rappresentazioni che ha costruito su di sé e sul suo mondo con una esperienza nuova che non sempre risulta in sintonia con le realtà sociali frequentate precedentemente e con i rimandi avuti dagli adulti importanti; se questa dissonanza e discontinuità sono troppo evidenti il bambino potrà manifestare alcune difficoltà nel coniugare e far dialogare, nella sua realtà interna, il mondo della famiglia e il mondo della scuola. E’ in questo scambio e confronto individualizzato e costante di relazioni, di esperienze e di informazioni che gli insegnanti contribuiscono, con la famiglia, alla crescita cognitiva, psicologica e relazionale del bambino. Spesso però la flessibilità e la ricchezza che vengono richieste al pensiero e all’azione del docente si scontrano con una rigidità nelle strutture o nella gestione delle attività o con una scarsità di investimenti o ancora con una difficoltà a porre in atto un fruttuoso dialogo con le altre agenzie che nel territorio si occupano di infanzia ( Servizi Sociali, Sanitari, del volontariato…). La famiglia si trova poi, in un periodo prefissato della vita del bambino, a dover condividere il processo educativo del proprio figlio con altri adulti che diventeremmo ben presto figure relazionali importanti; il bambino porterà a scuola i suoi principi relativamente alle regole di vita e ai modelli di interpretazione del mondo, li confronterà nel contesto scolastico e ne trarrà quindi risposte di maggior o minor grado di adeguatezza. La famiglia spesso si sente sotto osservazione e valutata dalla scuola rispetto ai propri compiti educativi; quando poi l’insegnante informa che c’è qualcosa che non va nell’apprendimento e/o nel comportamento del bambino la famiglia deve collegare tale giudizio negativo con le rappresentazioni e le aspettative che ha sul figlio. Prima di giungere ad una modalità positiva e collaborativa che unisca in modo sintonico le energie e le competenze dei genitori e degli insegnanti possono nascere altri stili di comunicazione che indicano tuttavia sofferenza nella relazione scuola-famiglia. Fra i più comuni stili di reazione segnaliamo quello che si rifà e modalità di contrapposizione rispetto a quanto segnalato dalla scuola, la famiglia asserisce che: “ l’insegnante non capisce il bambino”o “il metodo di insegnamento, i programmi sono sbagliati”o “le richieste sono eccessive”…..; la contrapposizione porta spesso a penosi cambi di scuola e alla ricerca altrettanto infruttuosa del “metodo giusto”. Un altro stile vede un adesione senza condizioni al modello osservativo e interpretativo degli insegnanti, il bambino è giudicato, riconosciuto principalmente per quello che appare a scuola e non trova in famiglia una descrizione che moduli il parere dei docenti; si moltiplicano così i recuperi , i trattamenti e il parere della scuola viene oggettivato, reso inapellabile: i genitori non assumono il ruolo proprio di “avvocato” del proprio figlio. A tali reazioni si possono aggiungere incredulità, ansia o viceversa fiducia e consapevolezza quando la scuola invia il bambino ad una consultazione sanitaria per una valutazione delle problematiche di sviluppo. E’il momento in cui si avvia l’incontro con una realtà sanitaria sconosciuta e talvolta temuta; la famiglia si pone svariate domande “che cosa c’è che non va nel bambino?”o “in che cosa abbiamo sbagliato?” o ancora “che cosa a scuola non va bene per nostro figlio?” e spera di trovare risposte adeguate ai suoi interrogativi. A dare una descrizione del bambino entrerà così un terzo attore: lo psicologo, il neuropsichiatra, il logopedista, l’educatore, un’altra figura che dovrà collegare il suo operato alla realtà di vita del bambino. Lo sforzo di tutti sarà quello di intrecciare e confrontare differenti esperienze e conoscenze: quelle dell'insegnante che coglie le difficoltà nel lavoro con il singolo bambino e nel confronto con i compagni di classe, quelle della famiglia che fronteggia una situazione di difficoltà da una posizione di prima linea e quella dell'operatore sanitario che sa che il lavoro per il benessere del bambino non si conclude con una diagnosi od ad una terapia. E’ necessario prevedere un dialogo tra tutti i sistemi implicati affinché la conoscenza di quel bambino e del suo modo unico di sentire e di apprendere sia un patrimonio condiviso. Se ci riferiamo poi alle problematiche scolastiche relative principalmente all’apprendimento dobbiamo riferirci ad un corpus di problemi che si possono accompagnare a numerose patologie o situazioni problematiche. Le difficoltà scolari possono essere secondarie ad un deficit ( come nel caso del ritardo mentale o dell’autismo) o ad importanti problemi psichici ( come le sindromi depressive, i disturbi ansiosi…) oppure collegabili a situazioni sociali e/ o ambientali sfavorevoli. Esistono poi problemi di apprendimento che si ritrovano senza che queste situazioni siano presenti: si tratta dei disturbi specifici di apprendimento. Questa ultima realtà, misconosciuta per molto tempo, ha trovato negli ultimi decenni un preciso inquadramento nosografico e la descrizione delle linee guide per la diagnosi e i percorsi di aiuto. Poiché tali disturbi hanno un grande peso nello sviluppo psicologico del bambino e si determinano in un contesto relazionale fondamentale per la sua salute psichica ne verranno descritti più avanti i tratti essenziali. Lo studio delle difficoltà di apprendimento è perciò un ambito in cui si incrociano: • saperi teorici (relativi al sistema cognitivo e al suo sviluppo, all'intreccio tra intelligenza e apprendimento, al rapporto tra apprendimento e motivazione, ...), • metodologie didattiche • conoscenze cliniche (diagnostiche e riabilitative) • istanze educative. E’ indispensabile quindi, per intervenire in modo efficace, sia conoscere e descrivere le caratteristiche della popolazione cui ci si riferisce secondo una aggiornata modalità nosografia sia avere ben presente un quadro interpretativo del processo di sviluppo del bambino. L’evoluzione psicologica del bambino sarà perciò resa possibile dal suo inserimento in un preciso contesto famigliare e socioambientale e dall’interazione costante con questo il contesto che il bambino stesso modifica e da cui è modificato. I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO Introduzione Parlare di disturbi specifici di apprendimento (DSA) in età evolutiva significa riferirsi a problematiche che investono le abilità implicate nei processi di lettura, di scrittura, di numero e di calcolo. E’ importante sottolineare l’interesse che in questa etichetta diagnostica assume l’aggettivo “specifici”, esso delinea la settorialità del funzionamento disfunzionale che si manifesta all’interno di un funzionamento globale adeguato; ed in particolare, per quanto riguarda l’apprendimento scolastico, non vengono compromesse sia le capacità di risolvere problemi che quelle di comprensione e produzione di un testo . I DSA sono quindi disturbi settoriali che investono una o più abilità specifiche e si manifestano in bambini indenni da un punto di vista cognitivo , senza disturbi neurologici , privi di deficit sensoriali( visivi e uditivi) importanti ed esenti da disturbi che investono, fin dalle prime tappe di sviluppo, la sfera della relazione. Inoltre occorre considerare il contesto di apprendimento e la realtà socioculturale che devono essere considerate normalmente adeguate. Già da questa prima descrizione appare chiaro che per poter fare una diagnosi di DSA occorre adottare un criterio di esclusione relativamente a deficit o a condizioni ambientali sfavorevoli e conseguentemente in fase diagnostica è indispensabile verificare, accanto alle valutazioni specifiche, sia quali siano state le opportunità e il percorso di sviluppo sia l’adeguatezza del funzionamento cognitivo. Occorre poi porre una distinzione tra il disturbo acquisito e quello di cui stiamo trattando cioè il disturbo evolutivo; infatti utilizziamo per definire i principali DSA termini mutuati dalla Neuropsicologia dell’adulto come ad esempio il termine Dislessia per riferirci al disturbo di lettura. Quando parliamo di Dislessia Evolutiva (DE) ci riferiamo al disturbo specifico nello sviluppo della lettura e a problematiche che si manifestano quando il bambino, inserito in un contesto di apprendimento, non riesce ad apprendere l’abilità richiesta; il problema è preesistente alla sua manifestazione ma si evidenzia solo quando il bambino deve incominciare a leggere. La natura del problema è, in questo caso, da considerarsi costituzionale e fondata su elementi di tipo neurobiologico che accompagneranno l’individuo per tutta la vita mentre l’espressività e le caratteristiche del disturbo potranno cambiare notevolmente nel corso dello sviluppo. Con Dislessia Acquisita ci riferiamo invece ad un disturbo di lettura che può insorgere a tutte le età e che ha come causa una lesione cerebrale verificatasi dopo l’acquisizione dell’abilità, pertanto fino all’insorgere del fenomeno lesionale il processo di lettura risultava adeguatamente strutturato. Inoltre il termine Dislessia Evolutiva viene utilizzato sia, come fin qui detto, per definire il disturbo specifico di lettura sia per descrivere quella specifica costellazione di problematiche di apprendimento che spesso si trovano associate, con differenti calibrature, nel percorso scolastico di un individuo; si accompagnano in questo caso ai problemi di lettura difficoltà nell’ambito della scrittura, nei processi di lettura e scrittura del numero e nel calcolo orale e scritto.. Queste distinzioni invitano ad una attenta osservazione e valutazione di fronte ad un problema di apprendimento ed all’utilizzo di un linguaggio specifico che definisca gli ambiti entro cui ci muoviamo. L’espressività clinica dei disturbi specifici di apprendimento spesso è contrassegnata, come più avanti vedremo, da problematiche emotive e comportamentali che vanno considerate a seconda dei casi reattive, secondarie o di accompagnamento alle frustrazioni prodotte dal disturbo di base. Tuttavia la presenza di queste componenti spesso invasive per la vita sociale e relazionale dell’individuo e la natura del problema che investe in modo lacunare alcune aree e non altre ha talvolta ritardato una valutazione precisa delle abilità specifiche implicate e rimandato un corretto intervento di aiuto. I genitori e i ragazzi con DSA spesso riferiscono che loro stessi e gli insegnanti hanno attribuito la frammentarietà dei risultati scolastici a cause differenti . Alcune di queste fanno riferimento al mondo interno del bambino; l’insuccesso scolastico viene così imputato alla svogliatezza, allo scarso impegno ed a non ben precisate difficoltà di relazione; in altri casi si colpevolizzano fattori esterni come la scarsa disponibilità dell’ambiente scolastico, il metodo di insegnamento o la non buona relazione scuola- famiglia. Tutti questi elementi possono essere riscontrati in presenza di un DSA e richiedono una precisa valutazione; è importante comunque ricordare che l’apprendimento della letto-scrittura è un fatto che avviene di norma con sufficiente facilità specialmente in una realtà sociale come la nostra che immerge il bambino fin da piccolissimo in un mondo di parole scritte. Inoltre è esperienza comune che persone con deficit cognitivo di grado lieve ed anche medio possano imparare a decodificare correttamente i “segni dello scritto” attivando quindi una produzione orale di parole scritte anche senza arrivare a comprenderne il significato lessicale e/o grammaticale. IL disturbo riguarda quindi abilità strumentali che non richiedono un alto impegno cognitivo e che, una volta apprese, vengono automatizzate permettendo un utilizzo in velocità, con un basso dispendio di energia e un basso rischio di errore. Paradossalmente si può dire che sia più facile imparare a leggere e scrivere che non farlo e deve perciò suscitare molto interesse la situazione di un bambino intelligente che è incerto nella lettoscrittura. Va sottolineato che il disturbo di apprendimento risulta, tranne che per le situazioni che hanno presentato un disturbo linguistico, del tutto inatteso generando in un primo tempo sentimenti di incredulità e confusione; infatti il bambino prima dell’ingresso a scuola aveva manifestato abilità adeguate per l’età facendo presagire un normale successo scolastico. I DSA sono quindi un fenomeno polimorfo che ha origine da un dato costituzionale e trova la sua manifestazione clinica a partire da un certo periodo di sviluppo ; si esprime poi all’interno di un importante intreccio di relazioni famigliari e sociali con il risultato che un problema specifico, che per sua natura interessa solo alcuni processi, può diventare una ferita molto ampia per lo sviluppo psicologico dell’individuo. Pertanto l’approccio al problema deve essere concepito in un’ottica bio-psico-sociale che tenga conto dei diversi aspetti e dei sistemi implicati. Descrizione clinica I DSA presentano le seguenti caratteristiche comuni. Il primo dato importante lo andiamo a ripetere ed è che si presentano in bambini con intelligenza valutata nella norma e che hanno goduto di adeguate opportunità sociali e scolastiche. I bambini con DSA non presentano difficoltà di ragionamento, né problemi nella comprensione orale né tanto meno nella comunicazione sociale; spesso manifestano abilità settoriali molto spiccate ( artistiche, motorie, musicali) che danno atto della ricchezza delle capacità globali. Talvolta sono segnalate difficoltà nella esposizione orale vincolata, quando il bambino deve inserire nomi o algoritmi specifici all’interno di un testo o di una narrazione; più comunemente si riscontrano problematiche di attenzione. Ricordiamo poi che in età evolutiva è raro trovare un unico disturbo isolato, più facilmente troviamo una costellazione di difficoltà che rende unico il profilo neuropsicologico dell’individuo, inoltre i disturbi possono mutare la loro espressività nelle diverse fasi di sviluppo ed è quindi importante un monitoraggio nel tempo. Le caratteristiche dei DSA possono essere descritte con protocolli di valutazione che permettono sia la misurazione della singole difficoltà che la descrizione del profilo del disturbo; la riproposizione dei protocolli valutativi nel tempo ne traccerà l’evoluzione. Non si ritiene utile in questa trattazione entrare nel merito dei protocolli di valutazione rimandando ai testi in bibliografia. Caratterizzazione dei singoli disturbi specifici. DISLESSIA –DISTURBO SPECIFICO DELLA LETTURA: E’ il più comune tra i DSA e il più studiato. Prevede tempi e numero di errori nella lettura significativamente superiori a quelli attesi, la lettura ad alta voce risulta particolarmente stentata e faticosa; il ritardo nell’automatizzare i processi di lettura appare sia persistente nel tempo sia resistente agli abituali metodi di insegnamento o di recupero delle difficoltà. Nella lingua italiana il processo disfunzionale sembra situarsi nel compito di conversione fonema grafema; il bambino con DSA non riuscirebbe ad applicare in modo stabile e veloce tale compito e procedere quindi ad automatizzare il processo. Tale difficoltà rende difficile la lettura di nuove parole e la costruzione di un lessico ortografico che risulta essere l’accesso attraverso il quale un lettore esperto legge velocemente. I criteri guida per valutare la lettura sono: • analisi della sua correttezza: numero e tipo di errori • tempo di lettura • comprensione (di norma è buona specie per i testi di tipo narrativo) ; nei casi di disturbi severi la grave difficoltà nella decodifica impegna tanto il soggetto da limitare la comprensione del testo. Numerosi studi longitudinali e catamnestici sottolineano come l’accuratezza nella lettura tende naturalmente a migliorare nel tempo mentre il problema velocità si trasforma meno facilmente; è questo pertanto il dato da monitorare nel tempo per valutare l’andamento del disturbo e per potere definire una prognosi. DISTURBO SPECIFICO DI SCRITTURA: Si accompagna sovente al disturbo di lettura e spesso la difficoltà ad apprendere i rudimenti dello scritto è segnalata primariamente. Il disturbo di scrittura ha, di norma, una evoluzione naturale che va verso la riduzione degli errori; si distinguono due differenti problematiche DISORTOGRAFIA Si riferisce agli errori ortografici; riconosciamo due categorie di errori: • errori fonologici che riguardano i suoni (es. nano per mano) • errori non fonologici ovvero inesatta rappresentazione ortografica della parola. ( Per scrivere acquitrino non basta una corretta analisi fonologica, occorre la conoscenza di alcune regole di ortografizzazione e una corretta immagine visiva della parola) . • • • DISGRAFIA Si presenta come una distorsione della melodia cinetica dello scritto; occorre valutare: il modo in cui sviene occupato lo spazio nel foglio e la discontinuità nel gesto dello scrivere, la pressione durante l’esecuzione e la ritoccatura del segno già tracciato la direzionalità della scrittura, la distanza tra le parole e la legatura tra i segni. DISTURBO SPECIFICO DEL CALCOLO- DISCALCULIA Riguarda l’aritmetica e le abilità numeriche di base e si rende evidente col procedere della scolarità ; si presenta con uno o più tra i seguenti problemi : • difficoltà nella lettura, scrittura e ripetizione dei numeri, • errori di esecuzione delle procedure di calcolo e nel riconoscimento e nell’utilizzo dei differenti segni, • difficoltà nella manipolazione del numero, errori nelle tabelline e nei fatti aritmetici. Eziologia ed epidemiologia. Numerosi studi sulla DE sottolineano la presenza del disturbo anche in altri membri della famiglia e risulta particolarmente significativa la compresenza di difficoltà riscontrata nelle coppie di gemelli monozigoti. Gli autori che si sono occupati dei DSA sono concordi sulla natura costituzionale del disturbo e nel considerate le problematiche emozionali come concomitanti o effetto del disturbo e non la causa; permangono invece diverse opinioni relativamente ai modelli interpretativi e quindi alle classificazioni e ai conseguenti interventi riabilitativi. La società Europea di Dislessia afferma che nei paesi europei mediamente l’8% della popolazione è interessata dal disturbo; le caratteristiche della lingua italiana, che rendono più semplice la conversione suono/segno, permettono di porre l’entità del problema su percentuali più basse pari al 3-4% della popolazione. Problematiche psicologiche che si accompagnano ai DSA. Numerose ricerche effettuate anche nel nostro territorio nazionale sottolineano come un problema di apprendimento possa mettere in luce o favorire lo sviluppo di disturbi o di fragilità nella sfera emozionale. E’ noto inoltre che le difficoltà psicologiche interferiscono negativamente con i processi di apprendimento; a partire da questi due presupposti si può supporre che nel caso dei DSA sia possibile una situazione di circolo vizioso dove difficoltà di natura diversa si implementano vicendevolmente; questa eventualità aumenta quando sono presenti situazioni personali, famigliari, socio-ambientali sfavorevoli. Di seguito elenchiamo senza darne una approfondita descrizione alcune tra le concomitanze psicologiche, gli aspetti emozionali e comportamentali che si possono trovare associate ad un DSA: • Il funzionamento cognitivo spesso viene descritto operare con una modalità passiva e/o superficiale che si evidenzia anche con l’attribuzione, da parte dello studente, di un’idea statica e non incrementale alla propria intelligenza, intelligenza che viene riconosciuta come una capacità che non può essere positivamente modificata dal soggetto. Anche il sé cognitivo può apparire debole mostrandosi in difficoltà nel controllare con l’uso dei propri strumenti cognitivi sia il mondo esterno che quello interno. • L’autostima risulta abbassata e, specie per quanto riguarda il sé accademico, vengono spesso espresse idee negative, di autosvalutazione e di insuccesso. • L’emotività può risultare poco controllata ed esprimersi con alterazioni della condotta, con passaggi all'atto o con manifestazioni di ansia e/o di umore depressivo; parimenti si possono individuare modalità di relazioni sociali descrivibili come inibite, ipercontrollate, superficiali o timorose. Di norma questi ultimi comportamenti vengono attribuiti alle bambine, mentre i maschi sono più spesso descritti come ribelli, ipercinetici e disturbanti. • L’evitamento del compito e i comportamenti di auto sabotaggio sono modalità che trovano risonanze negative sia nell’ambiente famigliare che in quello scolastico. • Anche il sistema attribuzionale, cioè quel corpo di idee che un individuo si costruisce nel corso della vita circa i fattori implicati e responsabili dei sui successi e insuccessi, potrebbe risultare non funzionale; il bambino con DSA, contrariamente a quello che accade normalmente, attribuisce di solito l’insuccesso a fattori interni e il successo a fattori esterni. La lettura di queste problematiche non può essere fatta solo attraverso la descrizione della loro manifestazione clinica o dell’evoluzione dei sintomi. Occorre collocare la sofferenza, le difficoltà del bambino all’interno del suo contesto sociale ove la famiglia fronteggia in prima linea la situazione e la scuola è parte attiva in causa poiché è a scuola e nei rimandi che la scuola dà, che si consuma il dramma di un bambino intelligente che ottiene risultati inferiori alle sue aspettative e ai suoi sforzi. Le caratteristiche dell’individuo devono poi essere colte non solo nei punti di debolezza ma anche negli aspetti di positività riconoscendo che spesso il bambino assume comportamenti–problema per tutelarsi, per mantenere un po’ di autostima o che viceversa può trovare nell’espressione di abilità non scolastiche in cui è capace un rinforzo o un nutrimento alla consapevolezza di sé che gli permettono di meglio tollerare le difficoltà a scuola. Pare importante inoltre tener presente anche le tappe dell’evoluzione del ciclo vitale dell’individuo e della sua famiglia; di questo percorso ricordiamo alcune fasi. La manifestazione del disturbo avviene poco dopo l’ingresso a scuola in un momento in cui la famiglia deve delegare una parte del suo compito educativo ad un’altra agenzia e nel contempo fare i conti con le proprie idee ed aspettative rivolte alla scuola. Il bambino nel contempo si deve mettere in relazione con un nuovo contesto di relazioni e comunicazioni e deve trovare un accordo, deve adattare le sue regole di vita, con la nuova realtà; il problema DSA può rendere più complesso il dialogo e la fiducia reciproca tra scuola e famiglia. Più avanti il percorso scolastico procederà tra miglioramenti e stasi fin ad arrivare alla scuola media tappa importante per il nuovo inserimento scolastico e la pubertà. Nella adolescenza, periodo di insicurezze e di disequilibrio per definizione, si potrà notare una accresciuta sofferenza emotiva e un aumento dei problemi comportamentali. Questo periodo vede talvolta esacerbarsi la fisiologica conflittualità genitori- figli che trova nel problema scuola un focus problematico sempre attivo; basti pensare che questo è il periodo delle scelte scolastiche che orientano il futuro professionale o che, all’interno del processo di svincolo, il ragazzo rivendica maggiori libertà e autonomie ma poi si trova costretto a ricorrere quotidianamente all’aiuto dei famigliari per poter eseguire i compiti. Le osservazioni fatte inducono a considerare come la crescita sana di un bambino e di un ragazzo sia in gran parte determinata dalla capacità degli adulti di apprendere e di modificarsi in relazione ai messaggi che egli invia e ai bisogni che manifesta. Gli interventi , le risorse, gli aiuti, l’evoluzione possibile. La natura neuro-biologica del disturbo indica che non si può prevedere la guarigione, infatti i DSA non sono una malattia; è possibile invece attivare precocemente una rieducazione al fine di ridurne gli aspetti disfunzionali. L’intervento rieducativo deve essere mirato ed orientato da una pregressa valutazione delle abilità compromesse, dovrà tener conto delle tappe dell’iter scolastico e delle caratteristiche psicologiche dell’individuo. Dal momento che il disturbo accompagnerà il bambino per lungo tempo occorrerà prevedere l’attivazione di diversi e differenti aiuti mirati e flessibili, sempre monitorati nel percorso evolutivo ma soprattutto collocati all’interno di una circolarità di dialogo con il bambino la sua famiglia e la scuola che permetta di definire i rispettivi ambiti di lavoro collegandoli a quelli degli altri. Numerosi e differenti sono gli approcci riabilitativi descritti in letteratura: neuropsicologici e psicopedagogici ; negli ultimi tempi, sono stati utilizzati anche interventi computerizzati. Gli autori concordano sulla necessità di seguire il bambino per tutto il corso degli studi e di procedere ad interventi mirati, relativamente alle componenti disfunzionali delle abilità ed orientati per obiettivi. Pare opportuno prevedere una riabilitazione a cicli intensivi e mirati nei primi anni di scolarità attivando negli anni successivi sia interventi a carattere metacognitivo, che rendano più consapevole il bambino rispetto al suo funzionamento cognitivo, sia di supervisione alla didattica. Per monitorare lo sviluppo dei bambini con DSA occorre valutare più fattori quale l’evoluzione delle abilità strumentali, degli apprendimenti scolastici e del benessere psicologico dell’individuo. I bambini con DSA si appropriano più tardi e in modo incerto delle abilità di letto scrittura, questa eventualità può interferire con l’acquisizione degli apprendimenti curricolari soprattutto se non sono stati messi in atto interventi di compenso; la frustrazione per gli insuccessi potrà poi rendere più vulnerabile l’equilibrio psicologico. L’evoluzione è quindi connessa con fattori individuali che riguardano la gravità e la complessità del disturbo e con fattori di contesto: famiglia e scuola. Tutti gli aiuti dati alla famiglia ed al bambino nel prendere consapevolezza della natura del problema, dell’evoluzione dello stesso e degli interventi necessari sono da considerarsi elementi protettivi e preventivi rispetto all’insorgere di ulteriori difficoltà. E’ indispensabile,ancora, ricercare un buon raccordo con la scuola, in questo modo sarà possibile monitorare il percorso evolutivo, nel formarsi e stabilizzarsi delle competenze e programmare interventi precoci qualora insorgessero nuove difficoltà. Il ruolo della scuola è fondamentale per il benessere del bambino: è a scuola che si devono ricercare metodologie didattiche mirate alla riduzione delle difficoltà, individuare soluzioni compensative o dispensative che lo aiutino nei compiti e nelle verifiche. Il fine è quello di un cambiamento migliorativo del “contesto di istruzione” poiché viene introdotta maggior flessibilità, individualizzazione e riflessione sulla operatività quotidiana e vengono trasformate quelle azioni che modificano il livello di competenza del bambino. In questi ultimi anni la maggior conoscenza dei DSA e delle concomitanze sfavorevoli ad essi associati ha prodotto in numerosi contesti scolastici attività di formazione, di ricerca, di screening e/o l’attivazione di esperienze di recupero; tutte queste attività che nascono con finalità e obiettivi peculiari hanno un tratto comune: si configurano come prevenzione secondaria di difficoltà emozionali e comportamentali frutto di una esposizione ripetuta, non evitabile e non tutelata all'insuccesso scolastico. Per concludere riportiamo le direttive che propose un neurologo inglese, Critchley. che molto studiò il disturbo dislessico. Questo autore descrisse nel 1981 i cinque fattori che, a suo parere, intervengono nella prognosi del disturbo. Da allora questi fattori, che andiamo a descrivere e commentare, costituiscono il pentagono prognostico che porta il nome dell’autore inglese. 1. Un buon livello cognitivo. La normalità cognitiva è un fattore di inclusione indispensabile per definire la diagnosi di DSA; tuttavia quanto più sono efficienti le capacità cognitive tanto più il ragazzo potrà attivare differenti strategie di compenso o di bypass o ancora efficaci e personali ristrutturazioni dei dati in possesso per affrontare il problema strumentale che gli è ostico. 2, Un ambiente famigliare e modalità educative che risultino adeguati. Dove l’adeguatezza dell’ambiente fa riferimento sia ai compiti educativi e affettivi della famiglia sia alla comprensione delle difficoltà che nascono dal DSA. 3, Un adeguato ambiente didattico. Un ambiente cioè che riconosca le caratteristiche del problema, lo sappia affrontare sia da un punto di vista didattico che educativo. 4, Una identificazione precoce del problema e un tempestivo intervento. L’ interesse per “ciò che si sviluppa” e “del come si sviluppa” relativamente alle abilità strumentali e l’attenzione al monitoraggio dei processi di apprendimento possono permettere sia di individuare precocemente le modalità disfunzionali sia di ricercare al più presto opportune modalità di recupero. 5, Un buon equilibrio psicologico nel bambino. Una buona”tenuta” psicologica è il frutto di un percorso evolutivo che nasce e cresce nella relazione e nell’interazione con gli adulti, il bambino con DSA deve inserire in questo processo le caratteristiche del suo disturbo senza per questo identificarsi in toto nel problema. Questa descrizione, che fa riferimento sia a fattori interni (quali la capacità cognitiva e l'equilibrio psicologico), sia a fattori esterni (quali l'identificazione e l'intervento precoce, l’ ambiente famigliare positivo e il contesto educativo e didattico adeguato), permette di riconoscere la possibilità di un equilibrio tra elementi protettivi ed eventualità stressanti o traumatiche. Invita poi a considerare il bambino nella sua complessità cognitiva ed emozionale riconoscendo che ogni problema di sviluppo va letto come una frattura dolorosa ma sanabile nel dialogo tra soma, psiche e contesto. BIBLIOGRAFIA Arcolini I.Zardini G. (a cura),(2002), “I disturbi di apprendimento della lettura e della scrittura”, Franco Angeli Biancardi A.Milano G.,(1999), “Quando un bambino non sa leggere”, Rizzoli. Boscolo P.,(1986), “Psicologia dell’apprendimento scolastico”, UTET. Cornoldi C.,(1989), ”Metacognizione e Apprendimento”, Il Mulino. 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