FONTE: CORRIERE DI NOVARA 4/6/2011 “Cosa succede ai conti correnti quando ci si separa?” – Monica Bombelli – Matteo Iato Che succede a conti correnti, azioni, investimenti quando ci si separa? La questione è tutt’altro che semplice. Ed è spesso fonte di gravi discussioni e litigi fra i coniugi. Innanzitutto, occorre distinguere se i coniugi sono in regime di comunione legale o di separazione legale. Cominciamo dalla prima ipotesi, la comunione legale. In primo luogo, va ricordato che l’art. 179 del codice civile prevede che non costituiscano oggetto della comunione legale e siano invece beni personali del coniuge a) i beni di, cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento; b) i beni acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione; c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione; e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa; f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali e sopraelencati o con il loro scambio, purchè ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto. L’acquisto di beni immobili o di beni mobili registrati, effettuato dopo il matrimonio, ai sensi delle lettere c), d) e f), è escluso dalla comunione, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge. Veniamo quindi ad una delle più comuni ipotesi: un conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi e quando i coniugi siano i n regime di comunione di beni. Ebbene, che accade con la separazione? Si ritiene che il denaro, portato da tale conto corrente, sia di entrambi i coniugi. Più correttamente, si presume che tale denaro appartenga a tutti e due i coniugi. Però, vi è la possibilità di vincere tale presunzione dimostrando che trattasi di bene personale indicato dall’art. 179 c.c. In altre parole: il denaro è di entrambi e va diviso a metà. Se però uno dei due coniugi riesce effettivamente e concretamente a dimostrare che detto denaro deriva, ad esempio, da una donazione o da una successione, che è appunto uno dei caso di esclusione dalla comunione dei beni contemplata dall’art. 179 c.c., allora esso coniuge potrebbe, secondo quello che è attualmente l’orientamento più accreditato, rivendicarne l’esclusiva titolarità, in tutto o in parte. Diverso invece il caso di un conto corrente cointestato nell’ipotesi in cui i coniugi siano in regime di separazione di beni. Preliminarmente, va ricordato che, in tale regime di separazione dei beni, ogni coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. Inoltre, ai sensi dell’art. 219 c.c., il coniuge può provare con ogni mezzo, nei confronti dell’altro, la proprietà esclusiva di un bene ed i beni di cui nessun coniuge può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per quota di entrambi i coniugi. Che vuol dire che, se un coniuge non riesce a dimostrarne l’esclusiva propria proprietà, detti beni di ritengono di entrambi, metà a testa. Ed arriviamo quindi al conto corrente intestato a tutti e due i coniugi in separazione di beni. Anche in tal caso si presume che il denaro ivi riposto sia metà dell’uno e metà dell’altro, però ciascuno di essi coniugi può dimostrare concretamente che, invece, quel denaro era tutto suo e non dell’altro coniuge. Si pensi, ad esempio, al caso di un saldo attivo di conto corrente bancario cointestato a coniugi in regime di separazione, saldo attivo che risulta discendere da versamenti effettuati solo dal marito e con somme provenienti dal proprio reddito da lavoro mentre la moglie è casalinga e priva di redditi: nella fattispecie, la giurisprudenza ha asserito che dovesse escludersi che la moglie potesse avanzare diritti di partecipazione al saldo predetto. Si può anche verificare l’ipotesi di conto corrente bancario intestato ad uno solo dei coniugi ed acceso prima del matrimonio, con matrimonio in comunione dei beni. In questo caso, si ritiene che il denaro sia bene personale, ai sensi dell’art. 179 lett. a c.c., e quindi sia escluso dalla comunione. Però, se questo denaro, proveniente da questo conto corrente intestato in via esclusiva ad un coniuge solo prima del matrimonio, è stato speso per la vita della famiglia o anche per fare acquisti durante la vita matrimoniale, il coniuge in questione non può vantare alcun diritto di rimborso e gli acquisti fatti durante il matrimonio sono, ex art. 177 c.c., oggetto di comunione. In proposito, è stato altresì precisato dalla giurisprudenza che il coniuge, in ossequio ad una interpretazione restrittiva dell’art. 192 comma 3 c.c., possa chiedere la restituzione delle somme prelevate dal proprio patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, ma possa chiedere invece il rimborso del denaro usato per l’acquisto di beni. Nel caso invece di un conto corrente intestato esclusivamente ad un coniuge su cui confluiscano i redditi della sua attività personale, lavorativa, imprenditoriale, professionale, in ipotesi di comunione dei beni, tale denaro cade in comunione dei beni e precisamente si parla di comunione de residuo. Ovverosia, va diviso fra i coniugi metà a testa ciò che rimane quando si separano. Che dire invece di azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento? La giurisprudenza sostiene che, in caso di comunione legale fra i coniugi, detti diritti costituiscano acquisti ai sensi dell’art. 177 lett. a c.c. e quindi anche essi cadano nella comunione e quindi debbano essere divisi fra i coniugi a metà ciascuno. E se invece un coniuge, sempre in regime di comunione dei beni, vende un bene personale, e cioè uno di quelli esclusi dalla comunione, che succede al denaro ricavato da tale vendita? E’ stato asserito che, in tale ipotesi, il denaro resti bene personale e quindi non cada nella comunione e quindi resti di proprietà esclusiva del coniuge che era proprietario del bene personale venduto. Cura dell’avv. Monica Bombelli e dell’avv. Matteo Iato