Cardiologia Prof Lucenti 26.04.07 ore 16-17 INSUFFICIENZA MITRALICA Proprio oggi pomeriggio ho visto in clinica un paziente che aveva necessità di un’operazione cardio-chirurgica per una rottura delle corde tendinee di una valvola mitralica, e quindi con un’insufficienza mitralica massiva, grave. Adesso è da vedere se i cardio-chirurghi affronteranno il rischi di un’operazione del genere. Quindi non è che quello che vi ho raccontato oggi (nella mattinata ha parlato proprio di questa condizione patologica) è una cosa tanto improbabile. Oggi vi farò vedere un articolo che ho trovato sulla riparazione della valvola mitralica con immagini e schemi (purtroppo che non mi ha consegnato, ma cercherò di essere il più accurato possibile lo stesso) Le cause della disfunzione della valvola mitralica talvolta sono degenerazioni, talvolta sono associate a debolezza della struttura dei lembi delle corde tendinee che ovviamente causano l’allungamento o la rottura delle corde tendinee. La cardiopatia ischemica del muscolo cardiaco altera la motilità della parete ventricolare e quindi disturba l’allineamento che dovrebbero avere i lembi valvolari nel chiudere durante la sistole il passaggio del sangue tra gli atri e i ventricoli. Ovviamente queste alterazioni determinano insufficienza mitralica e quando l’insufficienza mirtalica è realmente importante, si stabilisce un’ipertensione polmonare grave. Per esempio il paziente di cui vi ho parlato prima aveva manifestato i segni di uno scompenso cardiaco negli ultimi tre mesi senza una specifica storia di malattia o valvulopatia classica. Certamente è una condizione un po’ insolita, ma bisogna documentarla e pensarla. E questi sono i casi in cui una rottura delle corde tendinee comporta una massiccia insufficienza valvolare e quindi un aumento della pressione polmonare molto grave, dispnea, cardiopalmo e tutti i sintomi dell’insufficienza cardiaca. E sono questi i casi in cui la riparazione della valvola mitrale rappresenta il 10-15% di interventi di cardiochirurgia nell’adulto. In passato quando la patologia prevalente era la malattia reumatica, i cardiochirurghi operavano per l’80% pazienti che avevano le valvole deformate e alterate per la malattia reumatica. Oggi invece questa percentuale è fortemente ridotta a circa il 10-15%. Tecniche di riparazione della valvola Esistono varie tecniche di riparazione della valvola mitrale perché si possono fare degli interventi che conservano parzialmente quando è possibile i lembi valvolari e supportano meglio l’anello valvolare. Cmq la riparazione della valvola mitrale garantisce una migliore performance del muscolo cardiaco ed una maggiore resistenza alle infezioni. Inoltre in caso di riparazione parziale della valvola non è necessario fare una terapia cronica con anticoagulanti, che è uno dei problemi che sorgono con la sostituzione della valvola. RIPARAZIONE. L’operazione convenzionale del passato era la così detta “commissurotomia” ed era un’operazione che si faceva quasi alla ceca. Il cardiochirurgo introduceva dal ventricolo uno strumento con una breccia molto piccola, uno strumento che aveva lo scopo di allargare la valvola mitralica e controllava la posizione dello strumento sulla valvola attraverso un dito che poneva nell’atrio sinistro. L’intervento era relativamente semplice ma fatto diciamo “alla cieca”. Questo consentiva dei risultati, ma questi erano generalmente transitori perché, soprattutto nel passato le deformità e le calcificazione dell’anello valvolare rendevanoqueste operazioni di semplice commissurotomia poco efficaci e con recidive o cmq un passaggio verso l’insufficienza valvolare. Più frequenti sono queste plastiche valvolari che sono dovute alla degenerazioni della valvola mitrale di cui abbiamo già parlato stamattina. Il flet mitralico è un’anomaliadella valvola mitralica congenita, associata ad un difetto interatriale (il prolasso e la sindrome della _______________a valle) (perdonate, ma quella parola proprio non sono riuscito a capirla). Prima dell’intervento il chirurgo non può dire se può riparare la valvola o la deve sostituire. È soltanto con l’osservazione diretta del cuore durante l’intervento che il chirurgo può decidere quale strada seguire(riparazione o sostituzione). Infatti se non c’è la possibilità di un recupero dei lembi valvolari perché non hanno una certa elasticità o soprattutto le corde tendinee non sono ben conservate l’intervento di plastica che si può fare si può fare con maggiore successo. Il chirurgo apre l’atrio sinistro per vedele la valvola riparare la soluzione di continuo ove presente, inserire un anello intorno alla valvola e supportare meglio la valvola rispetto alle condizioni normali. Il lembo danneggiato viene resecato e ricostruito sull’anus valvolare. Quando operare? Bisogna decidere con attenzione il momento dell’intervento perché ci sono dei rischi nel ritardarlo e rischi nel farlo troppo velocemente. Se ritardiamo l’intervento si verifica una dilatazione del cuore soprattutto del ventricolo sinistro e possono manifestarsi quelle aritmie associate all’insufficienza mitralica (extrasistoli e fibrillazione atriale)e che poi richiedono necessariamente una terapia anticoagulante. Un intervento precoce blocca la dilatazione cardiaca. Ci sono però delle situazioni più sfumate che necessitano di controlli per stabilire la tendenza allo progressione della sintomatologia. Qui entra diciamo la clinica, perché non esiste un protocollo uniforme se non delle linee guida di massima. Però certamente in caso di insufficienza mitralica che si instaura per rottura delle corde tendinee di una valvola non si possono fare delle correzioni come nei casi in cui ci sia un vizio nella cartilagine valvolare. SOSTITUZIONE. Ci sono protesi meccaniche e protesi biologiche. Quelle meccaniche sono hanno avuto una maggiore diffusione nel passato. Ci sono vari tipi. - La prima era la valvola di STARR costituita da una pallina in un cestello nel quale si muoveva e consentiva l’apertura e la chiusura dell’ostio. - Successivamente sono state sviluppate delle protesi basculanti che si muovono su un asse e che permettono l’apertura e la chiusura della valvola. - Infine sono sempre più sfruttate dell valvole che imitano maggiormente il processo fisiologico. Si tratta di una doppia valvola che è costituita da due dischetti che si aprono e si chiudono Il problema delle valvole meccaniche è la loro durata, perché è chiaro che queste valvole devono avere una durata più lunga possibile e soprattutto che eviti al paziente la necessità di un altro intervento. In passato è accaduto che ci sia stato bisogno si reinterventi con prognosi spesso infauste. Le valvole meccaniche hanno il grosso problema di dover essere affiancate da una terapia anticoagulante a vita. Vengono di solito utilizzati dei farmaci dicumarolici o altri anti aggreganticome l’aspirina o altri e richiedono purtroppo un controllo piuttosto noioso per verificare che l’attività antitrombinica rimanga in un range terapeutico cioè di coagulazione che sia equivalente ad un quarto della coagulazione normale. Ovviamente con le terapie ci sono varie interferenze sia alimentari che farmacologiche che possono accentuare o peggiorare l’effetto anticoagulante. Inoltre quando il paziente è troppo anitcoagulato ogni volta che si lava i denti gli sanguinano le gengive. E come gli sanguinano le gengiva gli possono sanguinare altri distretti come stomaco e intestino. In linea di massima se i pazienti collaborano e fanno spesso i controlli della coagulazione, saranno loro stessi a sapere quali sono le cose che migliorano o peggiorano le condizioni. Ci sono anche delle interferenze alimentari, ma non entrerò nel dettaglio, cmq dovete sapere che alcuni elementi possono ridurre l’efficacia degli anticoagulanti Le valvole biologiche sono delle valvole inventati trent’anni fa, nel concetto che i tessuti delle valvole cardiache sono dei tessuti fibrosi, cioè dei tessuti che non hanno una struttura vascolare e hanno un’antigenicità molto bassa. Si è così cominciato a costruire delle valvole cardiache dalla membrana pericardica di animali. E quindi la ricostruzione, fatta ovviamente in laboratori attrezzati e con la massima sterilità e sterilizzazione, di valvole artificiali che non hanno necessità della terapia anticoagulante, ma la durata di queste valvole era limitata e proporzionata all’età del paziente. In un paziente sotto i quarant’anni la durata delle valvole biologiche dura sotto i 10 anni, invece in un soggetto anziano durano di più, anche 15 anni. Questo è dovuto al metabolismo del calcio che nel giovane è più attivo mentre nell’anziano è più lento e quindi il deposito di calcio nei foglietti valvolari che causa indurimento e successivamente la calcificazione avvengono più lentamente.. Ci sono queste valvole STENTED costruite con il tessuto del pericardio di bovino su una struttura metallica che è completamente avvolta e riproduce la forma della valvola naturale. Queste sono valvole miste, cioè con una componente biologica e una meccanica che con il tempo possono creare problemi legati soprattutto alla parte meccanica. Poi ci sono queste valvole STENDES che non hanno un supporto metallico e che sono prese pari pari dagli animali come il maiale che ha un cuore molto simile a quello umano. Questo rende possibile l’utilizzo della valvola senza un supporto meccanico. Per la valvola aortica, quando si fa l’operazione di sostituzione, bisogna sostituire non solo la valvola, ma anche il primo tratto dell’aorta, che ha un supporto fibroso, da cui partono anche i seni delle coronarie. Questo è molto più facile con le valvole biologiche dove si può conservare lo stend delle coronarie. I rischi delle operazioni di cardiochirurgia sono estremamente varabili in rapporto al tipo d’intervento, al centro operatorio, all’esperienza che hanno i chirurghi per certi tipi di chirurgia cardiaca, e quindi non si può dare un valore generico. La mortalità in un centro di chirurgia è inferiore all’1,5%, quindi è molto bassa, dato che si operano anche casi molto gravi come quello di cui vi ho parlato all’inizio, dove il rischio di mortalità è più alta per ragioni complesse. Però deve esserci la garanzia che la metodica chirurgica e soprattutto la terapia post-operatoria sia fatta bene e quindi la decisione di intervento di cardiochirurgia deve essere presa in base a quale beneficio sostanziale può ricevere il paziente sia per durata che qualità di vita rispetto al paziente non trattato chirurgicamente. È chiaro che qualunque intervento che comporta un peggioramento della qualità di vita è certamente da evitare perché dobbiamo cmq considerare che i pazienti possono lo stesso convivere con la propria malattia e trovare un nuovo equilibrio. Però in molti casi la medicina moderna offre la possibilità di migliorare sostanzialmente la qualità della vita. Vi dicevo stamattina che ci sono pazienti che si abituano a condurre uno stile di vita molto ridotto e non pensano di essere ammalati. In realtà quando vediamo gli ecocardiogrammi ci rendiamo conto della gravità della malattia. Se riusciamo ad operarli otteniamo il risultato sorprendente di far recuperare una qualità di vita di gran lunga superiore a quella che avevano prima dell’intervento con netto miglioramento nella capacità di esercizio e tolleranza negli sforzi. In questo però c’entra sia la psicologia del paziente sia il rapporto fiduciario tra paziente e medico. Sono necessari 2 o 3 mesi per avere un recupero completo, anche per la riabilitazione fisiochinoterapico che li fa recuperare quelle operazioni che loro non facevano più. Dopo i tre mesi dall’intervento i pazienti possono tornare a fare dei cicli riabilitativi anche per vedere i risultati dell’operazione. DISSECAZIONE DELL’AORTA La dissecazione aortica è il passaggio del sangue dal lume aortico nella parete arteriosa nella fissuzarione intimale patologica. È una patologia severa. Intanto c’è da dire che il cuore e l’aorta sono due pompe. Sul cuare è facilmente capibile che la contrazione ha funzione di pompa però spesso viene sottovalutata la funzione di pompa anche dell’aorta. Perché l’aorta essendo un vaso elastico e muscolare ha una sua pulsatilità, come anche nell’arteria radiale. A maggior ragione nell’aorta la quale subisce l’impulso del sangue che arriva e durante la diastole la sua elasticità tende a spingere il sangue e farlo fluire ulteriormente quando le valvole semilunari ed aortiche si chiudono. La pulsatilità dell’aorta è in gioco nella formazione della dissecazione. Le malattie dell’aorta erano note già dall’antichità, già da Galeno, ma solo dal 20 secolo queste patologie sono state classificate e definite. In particolare è stato il grande chirurgo DeBakie che nel 1955 ha fatto la prima classificazione delle dissezioni aortiche in base alle lacerazioni iniziale e all’estensione della lesione stessa. Più recentemente c’è un’altra classificazione di Beyli. C’è un tipo A che comprende le lesioni prossimali dell’aorta (compresa l’ascendente e l’arco con o senza la porzione discendente) e un tipo B che comprende le porzioni distali (aorta discendente). Questa distinzione è natadal fatto che l’arco aortico ha un suo supporto anatomico, il così detto legamento arterioso, che si trova nel punto di congiunzione tra l’arco aortico e l’aorta toracica (primo tratto della discendente). Questo legamento arterioso è connesso con la colonna vertebrale e la pulsatilità dell’aorta trova in questo legamento un punto di fermo. Ed è questo punto di fermo che distingue la possibilità di avere delle lesioni di dissecazione aortica. Intanto la dissecazione aortica è diventato uno dei problemi più diffusi e comuni. Un tempo quando era diffusa la sifilide erano gli aneurismi dell’aorta che gravavano maggiormente la patologia. Oggi non è più così e quindi le malattie dell’aorta sono soprattutto rappresentate dalla dissezione. È un evento fatale. I pazienti muoiono per una dissezione. Ovviamente quelli che sopravvivono sono quelli che possiamo identificare tempestivamente e curare. Spesso colpisce soggetti ancora giovani che non hanno apparentemente nessun fattore di rischi. Questo ci rende molto difficile l’identificazione della patologia. C’è una lacerazione trasversale della tonaca intima che costituisce una porta d’ingresso per il flusso di sangue arterioso pulsatile, perché è proprio la pulsatilità dell’aorta che permette sotto pressione la progressione del sangue nella tonaca media e quindi fa scollare la tonaca intima dall’avventizia. Quindi è un processo già evolutivo che una volta che si instaura si insatura in maniera drammatica, perché man mano con le pulsazioni si scollano le tonache dell’aorta.. La lesione iniziale intimale è spesso un ateroma che indebolisce l’intima e che come tutti gli ateromi delle arterie si può rompere e l’intima può non essere presto riparata dalle piastrine e dal sistema della coagulazione . anche perché nell’aorta il sangue fluisce molto velocemente ed è più difficile il processo di coagulazione. Talvolta può capitare che l’ematoma che si forma tra gli strati dell’aorta sia talmente grave che il paziente muore per rottura dell’arteria. Classicamente De Bakye fece questa classificazione: - Tipo I Riguarda tutta l’aorta e prevede una lacerazione intimale che si trova nell’aorta ascendente. In questo caso la dissecazione coinvolge l’aorta in tutta la sua circonferenza e va ad interessare anche i rami arteriosi che si dipartono dall’aorta, quindi l’anonima, la succlavia e via dicendo quest’ematoma che va a crearsi va ad estendersi più distalmente. Questo tipo è il tipo più grave e pericoloso per varie complicazione che può dare anche a livello cerebrale. - Tipo II L’ematoma si crea più prossimamente alla valvola aortica, nel tratto iniziale dell’arco aortico senza il coinvolgimento dell’anonima e della carotide. In questo caso, però si verifica molto più frequentemente una progressione della dissezione verso le arterie coronarie, situazione che può causare episodi di angina o infarto vero e proprio. - Tipo III Dissecazione distale alla giunzione tra l’arco aortico e l’aorta discendente, esattamente in quel punto critico che è il legamento arterioso, che è appunto un punto di fissità. I fenomeni più importanti possono essere a livello addominale, può coinvolgere le arterie renale o addirittura arrivare all’asso iliaco-femorale e determinare l’ischemia degli arti inferiori. Beyli non ha fatto altro che riprendere la classificazione di DeBakye distinguendo un tipo A e un tipo B, semplificando un po’ la classificazione. - Tipo A Coinvolge l’aorta dalla radice aortica fino all’aorta addominale o può interessare solo l’arco aortico (cioè raccoglie i primi due tipi di DeBakye - Tipo B Che corrisponde al tipo III Quando si fanno gli esami per la diagnosi di dissezione aortica bisogna individuare il punto in cui la dissezione è avvenuta, e verificare se il sangue circoli sia nel lume aortico sia nel falso lume aortico (quello compreso nella delaminazione) o viceversa coinvolgere solo il falso lume aortico e rientrare successivamente nel vero lume aortico. È importante trovare sia la lacerazione iniziale sia quella finale, perché questo comporta una differenza nel trattamento chirurgico, cioè se va sostituito solo l’arco aortico o tutta l’aorta, oppure se la lesione iniziale si trova prima dell’impianto delle coronarie o dopo. La necrosi mediocistica dell’aorta è una patologia un po’ trascurata, ma spesso è alla base della dissecazione aortica. È stata descritta in passato da Frankeber, consiste in calcificazioni della tonaca media. (mostra un’immagine istologica) La dissecazione aortica può essere acuta o cronica. L’acuta è quella che notiamo nelle ore immediatamente successive alla delaminazione. Cronica è quando osserviamo la dissecazione oltre i 14 giorni dall’evento. Questo perché sebbene la patologia sia a rischio anche di decesso, spesso viene a creare una situazione stabile. La dissecazione acuta è i 2/3 dei casi con un rapporto maschio/femmina 2/1. è di piccola incidenza tra la 6^ e la 7^ decade di vita. Nel 75% dei pazienti con dissecazione aortica c’è ipertensione arteriosa, la quale ovviamente è un fattore determinante, oltre al danno endocardico e alla lesione della tonaca media di cui avevamo parlato prima. La valvola aortica bicuspide è un’anomlia congenita di cui parleremo diffusamente nelle prossime lezioni che può essere causa di una stenosi della valvola e quindi di una dilatazione post-stenotica del bulbo aortico e del tratto iniziale dell’aorta ascendente. Questo comporta una maggiore pressione nell’arco aortico che è un fattore predisponente la disscazione. La sindrome di Marfan è un’anomalia congenita che si può riconoscere in una piccola parte dei pazienti che hanno dissezione. Questo a causa della lassità dello strato elastico. La sindrome di Enler-Danhlos rientra tra queste malattie congenite con difetto del connettivo. È lo sindrome dei contorsionisti, che hanno una maggiore lassità dei legamenti articolari. Nma come ce l’hanno nelle articolazioni, ce l’hanno in tutti i tessuti. Inoltre la gravidanza può essere un fattore di rischio per la dissecazione, a causa degli adattamenti fisiologici dell’apparato cardiovascolare. Può capitare che questo si combini con altri fattori predisponesti non specifici dell’arco aortico. Nei pazienti che non si pperano la mortalità è dell’88%, quindi è obbligatoria una rapida diagnosi. I sintomi e i segni sono: - dolore toracico con esordio acuto (sensibilità dell’80%), lacerante. Nel caso cronico si ha una stabilizzazione spontanea, ed il dolore è meno acuto,ma cmq ricorre ogni volta che le lamine continuano a staccarsi. - l’ipertensione arteriosa è importante, ma ha una sensibilità del 40%, quindi è meno sensibile - il soffio diastolico sensibilità del 28% e ci fa capire solo la presenza di una distensione dell’arco aortico - - la pressione differenziale è un’assenza di polso controlaterale ha una sensibilità del 31%, questo perché la coartazione può causare la caduta di pressione nell’arteria anonima e quindi nel braccio destro, mentre rimane nel braccio sinistro i fremiti neurologici focali danno una sensibilità del 17%, causato dal coinvolgimento delle carotidi con conseguenti manifestazioni cerebrali che sono di una certa importanza. L’esame obiettivo ha una scarsa sensibilità, però se falliamo la diagnosi la mortalità è elevata. Quindi bisogna andare a cercare la malattia. La terapia è abbastanza complessa. Non posso entrare troppo nel dettaglio, ma elenco i fattori più importanti: - Controllo del dolore perché è una patologia anche dolorosa come quella dell’infarto acuto, quindi la morfina o farmaci simil morfinici sono farmaci utili per controllare il dolore - Controllo della frequenza cardiaca, perché la stimolazione neurovegetativa causa tachicardia e aumento della pressione arteriosa. Usiamo quindi i farmaci α-bloccanti e βbloccanti, (propanalolo e altri)da somministrare per via endovenosa. - Controllo pressione arteriosa e qui si possono utilizzare moltissimi farmaci. Per quanto riguarda gli aneurismi, questi hanno varie forme: - Navicolare - Cilindrico - Fusiforme il più frequente negli aneurismi dell’aorta addominale, soprattutto nel tratto sotto renale - A sacco per esempio nei aneurismi sifilitici, oggi molto meno comuni se non tra stranieri che vengono in Italia - Circoideo con andamento sinuidale Anche questi aneurismi sono pericolosi perché presentano spesso placche ateromatose, la cui rottura può rappresentare un evento catastrofico tra cui dissecazione o rottura dell’aorta addominale. Operazioni. Sostituzione dell’arco aortico con la protesi di Datron che si impianta e si collega con i vasi arteriosi del distretto (anonima, coronarie, succlavia…). Per l’aorta toracica spesso si devono sacrificare le arterie vertebrali. L’ischemia del midollo spinale secondaria alla sostituzione dell’aorta toracica può essere responsabile di vari sintomi per il danno neurologico che si ottiene. Prima si operano i pazienti meglio è. Per gli aneurismi addominali esistono dei supporti che ne facilitano l’operazione, supporti che non esistono per l’arco aortico e per l’aorta toracica. Ad esempio allargare l’aorta con un palloncino e mettere uno stend metallico a supporto del lume, come nelle coronarie (angioplastica). Questa operazione si effettua anche nelle arterie renali e migliorare la per fusione del rene e contrastare il sistema renina-angiotensina. Flaminio