Tre uomini in barca e sette donne in villaggio. Dati statistici alla mano e una conta nel giro degli amici intorno ai quarant’anni, quando arriva l’estate, per chi non ha una relazione stabile, le strade o le rotte marine si dividono. Quegli ex ragazzi, avviati alla carriera, dopo notti insonni passate a seguire gli eventi di Luna Rossa, anziché giocare tra le lenzuola, quell’estate si erano tutti buttati in mare. Cambuse cariche di vino, equipaggiati di cibo e tinozze di spritz,i capitani di lungo sorso salpavano per destinazioni mediterranee a vele spiegate. Le loro amiche, compagne di cene invernali e feste, non erano rimaste a riva con binocolo e fazzoletto in mano a vederli salpare. Con le loro rughe e due fili bianchi tra i capelli, non si potevano chiamare ex ragazze, dato che padroneggiavano sempre meglio la cellulite di quanto invece non facessero i loro amici con pance e pelate alla Bisio. Le amiche si erano organizzate per gite intellettuali, spedizioni shopping sfrenato, viaggi in villaggi esotici, dove sbarcavano cariche di cremine, libri, vestiti d’acchiappo e una buona dose di fascino. Il mio approdo alla baia di Ulisse avvenne con un’amica dopo un viaggio tra auto, aereo, taxi, aliscafo, e pulmino. Era settembre, ma il limpido solleone mi evocava le sensazioni del nostro giugno al nord. Alice nel paese delle meraviglie alla reception ci aveva accompagnate al bungalow. La valigia era presto disfatta, ma certo languore ci aveva dirottate al buffet. Ci affacciammo ancora timide alla sala da pranzo. Due animatori gentilmente mi tolsero le zeppe, dicendomi che raso terra ero più umana nel mio metro e ottanta. Divertita dal gesto, entrai quasi disinvolta a piedi nudi in quell’ambiente arabeggiante. Sono scivolata accanto al ricco buffet dal quale salivano i profumi del mare, di pesci cucinati alla griglia, cous cous di verdure, melanzane dolci e morbide cucinate in tutti i modi. Le ampie finestre si aprivano sul mare, proiettandoci quasi sugli scogli con vista sul faro. Coppie ovunque sedute ai tavoli rotondi e donne sole. Ci sedemmo con una vivace coppia partenopea e dopo chiacchiere e stuzzichini io e la “campana” ci eravamo scolate un litro di fresco vino bianco locale da 13 gradi. E suonata appunto come una campana, precipitai in un torpore da caldo pomeriggio siciliano, sotto l’ombrellone nella piccola spiaggia dorata. Un venticello giusto faceva il giro della baia, rendendo quel pisolo una vera delizia, lasciando gli ultimi pensieri tristi all’oblio ero contenta di essere lì e di voler ricominciare a mangiare di gusto. Una piccola vela era entrata nella baia e un parente vicino ad un dio greco aveva attraccato verso gli scogli con i capelli lunghi e gocciolanti. Sembrava tutto perfetto, come in una pubblicità. Lo studiavo dalla mia postazione. Gli ombrelloni erano semivuoti e si era accorto di me. Forse per farsi notare, come se non fosse bastato il suo tuffo plateale, aveva allungato le sue gambe lunghe fino al bar. E i ora camminava nella mia direzione con una bottiglia immersa nel secchiello del ghiaccio, e due calici. Ancora vino? Pensai. Ma non riuscivo a muovere un dito, mi sentivo come un ippopotamo spiaggiato. Era lì fermo davanti a me quando all'improvviso Susi mi ha svegliata con una coca ghiacciata sulla schiena: “Sveglia! Che ci facciamo un giro dell’isola in barca!”. Lo spot pubblicitario era sbiadito. Quella sera, ridendo e spalmandoci a vicenda la crema, scegliendo gli abiti ci eravamo dette: tutto questo sfoggio per piacere a chi? Che, fatta la conta, eravamo sette donne sole al villaggio e nessun maschio libero carino. Siamo uscite dalla camera dondolando sui nostri tacchi verso la zona aperitivi e facendo un brindisi di bollicine ci eravamo sorrise con il calice alzato dicendo: Tutto questo è per noi! Il sole era una palla rosso fuoco che incendiava la baia di Cala Grande, chiusa a Nord da punta sottile con il faro, a nove miglia da punta Troia. E qui comincia la vera storia dell’approdo di Ulisse e se la storia non c’è la s’inventa.