Siracusa, 9 Novembre 2008

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PRIMA CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA CHIESA CATTEDRALE
Siracusa, 9 Novembre 2008
Reverendissimi Canonici del Capitolo Metropolitano
Confratelli Presbiteri, Diaconi, Seminaristi
Carissimi fratelli e sorelle
1. Sono trascorse solamente poche ore da quando ci siamo lasciati ieri sera,
dopo aver vissuto il momento festoso dell’accoglienza del nuovo Vescovo, ed
ecco ci ritroviamo di nuovo insieme per la celebrazione dell’Eucaristia.
Se ieri sera – in occasione dell’inizio del mio ministero pastorale in questa
Santa Chiesa di Siracusa – è stata grande la gioia di trovarci insieme nel Santuario
di Città, tutti sotto lo sguardo amoroso della nostra Madonna delle Lacrime, non
minore è il gaudio comune, e per me anche l’emozione, che proviamo oggi –
domenica, giorno del Signore – nell’essere adunati in questa vetusta Chiesa
Cattedrale, tempio principale della città e della diocesi, luogo privilegiato nel
quale il Vescovo con il suo presbiterio, assistito dai diaconi, celebra i santi misteri
per la gloria di Dio e la santificazione di quella porzione del gregge di Cristo
affidata alle sue cure di Pastore e Maestro. Anche la liturgia odierna, nella
memoria della Dedicazione della Basilica Lateranense – caput et mater omnium
ecclesiarum Urbis et Orbis, chiesa madre della città, sede del Successore di Pietro,
e di tutte le chiese del mondo – impreziosisce di ulteriore simbolismo e, perciò, di
contenuti teologici il nostro convenire per la Celebrazione eucaristica.
La comunione con la Chiesa di Roma è criterio di autenticità apostolica e di unità
ecclesiale. Tale ricorrenza è molto più significativa per me che, in quest’inizio del
mio ministero nella santa Chiesa di Siracusa, desidero rinnovare la mia totale
adesione alla Cattedra del beato apostolo Pietro e del suo attuale Successore, il
Papa Benedetto XVI.
La comunione con la Chiesa di Roma, inoltre, ci pare si possa tradurre in una
precisa indicazione pastorale che ha per nome “obbedienza”. Non si tratta di una
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obbedienza astratta sulle grandi verità della fede, verso le quali tutti dobbiamo
l’assenso dell’intelletto e della volontà, ma di quella obbedienza che ci fa porre
gesti concreti che non spezzano la comunione. Talvolta, infatti, alcuni
atteggiamenti e scelte finiscono per essere una vera contro-testimonianza. Aprire
il cuore all’obbedienza significa essere disposti a mettere da parte, se necessario,
anche le proprie idee pur di costruire la comunione sull’esempio di Colui che
imparò l’obbedienza dalle cose che patì.
2. La rilevanza ecclesiale della Chiesa Cattedrale – lo sappiamo – è
sottolineata anche dal magistero del Concilio Vaticano II, ove si dice che «tutti
diano la massima importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno
al Vescovo, principalmente nella Chiesa Cattedrale» (SC, 41).
La Cattedrale è la chiesa propria del Vescovo, ove Egli ha la sua cattedra di
maestro nella fede; in essa presiede la celebrazione eucaristica, almeno nei giorni
più solenni dell’anno liturgico. In essa, il Giovedì santo, durante la solenne
Eucaristia concelebrata con il presbiterio, il Vescovo benedice gli Oli che vengono
distribuiti e portati nelle singole comunità parrocchiali a significare l’unità del
ministero di santificazione, che si diparte proprio dal Vescovo e dalla Chiesa
Cattedrale per raggiungere tutte le comunità dei fedeli della diocesi. La Chiesa
Cattedrale è, pertanto, segno dell’apostolicità e dell’unità della Chiesa locale e, a
buon diritto, può essere considerata la chiesa madre della comunità diocesana. È
per queste ragioni che, subito dopo la presa del possesso canonico della diocesi,
ho voluto prevedere questa celebrazione nella Chiesa Cattedrale con la vostra
partecipazione, venerati Confratelli Canonici di questo Capitolo metropolitano,
nonché con la rappresentanza del presbiterio, dei diaconi, dei seminaristi, dei
religiosi e di questa eletta assemblea di fratelli e sorelle laici. Grato per la vostra
presenza, vi invito a pregare ancora una volta per me perché, sostenuto
dall’intercessione e dagli esempi dei Santi miei predecessori – del primo Vescovo
San Marciano e di quanti nel tempo si sono succeduti nel servizio di questa amata
Chiesa di Siracusa – sia anch’io Pastore buono, secondo il cuore di Cristo, di
questa porzione del suo gregge.
Una bella espressione usata da Sant’Ignazio di Antiochia nella lettera ai
Romani è quella in cui si dice che la Chiesa di Roma “presiede alla carità”: ciò è
detto per quella Chiesa, ma ovviamente può essere applicato ad ogni Chiesa
particolare. Sappiamo bene come nel linguaggio dei primi secoli la carità indicava
anche l’Eucaristia: è infatti a questa presidenza che probabilmente si riferisce il
grande Vescovo Martire.
Carissimi fratelli e sorelle, presiedendo questa prima Eucaristia nella nostra Chiesa
Cattedrale, desidero sottolineare alla vostra attenzione l’importanza e la
necessità di curare e di spendere ogni energia per il retto modo di celebrarla,
sempre con la debita solennità, cioè con tutte quelle disposizioni che la tradizione
ecclesiastica ci chiede e che sono elemento indispensabile per il pieno frutto di
questo mistero.
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3. La peculiarità di questo tempio – costruito da più di due millenni per
onorare gli dei pagani e poi, in seguito alla predicazione del Vangelo di Gesù
Cristo, dedicato al culto del vero Dio – è per noi un monito costante di come
dobbiamo vivere la nostra fede. Infatti, come a quel tempo la forza della
predicazione evangelica e la novità di vita dei discepoli di Cristo determinò il
passaggio dal paganesimo alla religione cristiana, così la nostra testimonianza di
fede e di carità possa diventare oggi ragione di autentica speranza per questa
nostra città e diocesi di Siracusa. Possa la celebrazione dei santi misteri che
quotidianamente rende sacro questo luogo, sito nel cuore della città, espandersi
all’esterno delle sue colonne e muri perimetrali così da raggiungere e consacrare
in tempio spirituale tutto il popolo che in questa città e diocesi vive, lavora, fatica,
soffre e spera mentre è pellegrino verso la Gerusalemme del cielo.
È questo il momento nel quale l’odierna civiltà ci chiede un rinnovato sforzo
di inculturazione del Vangelo e di assunzione di tutto ciò che è buono. Questo
tempio è icona concreta del metodo da seguire: non si tratta infatti di respingere i
tempi odierni, di demolire quanto è frutto della scienza e del progresso, ma di
“intagliare”, per usare una bella immagine di San Basilio, il “frutto dei popoli” per
farlo diventare “frutto cristiano” (cfr. In Isaiam 9,228). Come non furono demolite
queste vetuste colonne, così non intendiamo demolire quanto il genio umano
costruisce ma dobbiamo elevarlo a Cristo, perfetto compimento di ogni opera
umana.
4. Il nostro proposito di fedeltà al Signore Gesù e di testimonianza del suo
Vangelo è corroborato dall’esempio della gloriosa vergine e martire Santa Lucia la
cui memoria è custodita e venerata in modo del tutto peculiare in questa Chiesa
principale della città e della diocesi aretusea. I Santi illuminano il nostro cammino
di fede: splendono per noi come luci mentre ci dibattiamo tra le tribolazioni e,
talvolta, le persecuzioni di questo mondo. Lucia, il cui nome ci parla appunto di
luce fulgida, ha rischiarato nel tempo il cammino di fede e di santità di questa
nostra Comunità cristiana. Alla illibatezza della sua condotta ed alla fortezza della
sua fede vogliamo ispirare il nostro impegno personale e comunitario. Anche se
non ci è dato di testimoniare il nostro amore a Cristo con il martirio, ci è chiesta
però la piena fedeltà al suo Vangelo: tutte le nostre opere siano sempre degne di
Lui così che gli uomini e le donne del nostro tempo, osservando la nostra
condotta irreprensibile, possano dar gloria al Signore.
Ed ora, carissimi fratelli e sorelle, sento l’esigenza, dopo questi giorni di
grazia e dopo avervi tutti salutati in assemblea liturgica, di incontrarvi
personalmente per conoscere i vostri volti e i vostri nomi, per entrare nelle
pieghe della storia di questa eletta diocesi, per farmi pellegrino con voi verso
Cristo che è l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo. Sia ancora una volta Lui a portare
a compimento l’opera che in questi giorni ha iniziato in noi. A Lui ogni onore e
gloria nei secoli. Amen.
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