LA CHIESA IN CAMMINO
nell’Anno della Fede 2012-2013
Omelia per la festa della Natività di Maria e per l’inizio dell’Anno pastorale
Non è un caso che questo inizio dell’anno pastorale avvenga qui nella nostra
Basilica della Ghiara. A me ricorda, ormai dopo 14 anni, il luogo dove ho messo
piede, appena arrivato da Milano, per iniziare il mio cammino con voi come
Vescovo. Qui ho ricevuto il primo saluto e augurio di benvenuto, prima di
metterci in cammino verso la Cattedrale per la Messa d’ingresso. Alla luce della
Parola di Dio che abbiamo ascoltato amo pensare alla nostra Chiesa in cammino
nell’ANNO DELLA FEDE indetto da Benedetto XVI a partire da tre figure.
Abramo, nostro padre nella fede
“Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva
ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra
promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche
Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa” (così Eb 11,8-10, seconda
lettura).
È questa la figura biblica scelta per l’accompagnamento del nostro cammino
di Chiesa (sarà il tema della prima convocazione diocesana con la presentazione
del Sussidio biblico). Perché questa scelta? Perché la figura di Abramo? Abramo è
quell’uomo di fede che ha avuto il coraggio di lasciare il suo paese, la sua patria,
la casa di suo padre per mettersi in cammino verso una terra sconosciuta:
promessa da Dio ma ancora sconosciuta.
Grazie a figure di credenti come Abramo, Dio entra nella storia umana con un
volto nuovo: come il “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, non come il “Dio dei
filosofi” (direbbe Blaise Pascal). Con Abramo nasce la storia di un popolo che
crede in un Dio creatore del cielo e della terra, non un Dio lontano, assente,
indifferente, ma il Dio vicino all’uomo, in cammino con il suo popolo in terra
straniera verso la terra promessa, che è Cristo, nato a Betlemme (Michea 5,1),
dove “tutti siamo nati” (cf. Salmo 86/87).
Troviamo qui, a partire dalla figura di Abramo, una prima immagine del
nostro essere Chiesa in cammino nell’Anno della fede. Come Abramo, anche noi
siamo in cammino di fede in terra straniera. Scrive il Papa Benedetto XVI nella
sua lettera di indizione dell’Anno della fede: “Fin dall’inizio del mio ministero come
Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per
mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo
dell’incontro con Cristo”.
E il Papa spiega la ragione e l’attualità di questo Anno della fede. “Capita
ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le
conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare
alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo
presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel
2
passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto
nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra
più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede
che ha toccato molte persone” (Porta fidei 2).
Maria, madre della Chiesa
La seconda figura di accompagnamento è Maria. Maria nella pagina di
Vangelo che abbiamo ascoltato sta a conclusione della “genealogia di Gesù”,
“figlio di Abramo, figlio di Davide” (Mt 1,18). Se avete notato la genealogia di Gesù
presenta elementi di continuità e di discontinuità. Gesù fa parte della storia
umana, della genealogia di uomini e di donne, non sempre all’altezza del loro
compito. Gesù però non appartiene solo alla storia umana: prima ancora,
appartiene alla storia di Dio stesso. È il Figlio di Dio fatto uomo.
E Maria ha creduto, come Abramo, “in pellegrinaggio di fede” (Conc. Vat. II,
Lumen Gentium 58). “Per fede Maria — scrive il Papa nella sua lettera — accolse la
Parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta madre di Dio
nell’obbedienza della fede… Con la stessa fede seguì il Signore nella predicazione e
rimase con lui fin sul Golgata. Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di
Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore, lo trasmise ai Dodici riuniti con lei
nel Cenacolo”. Bella questa immagine di Chiesa che nasce dalla memoria
credente, orante di Maria.
Maria ci offre così una seconda immagine di Chiesa, quella di una Chiesa
madre nella fede. Non è un caso che Paolo VI nel Concilio, con un atto diretto e
personale (non condiviso dallo stesso redattore della Costituzione sulla Chiesa,
Mons. G. Philips), abbia fatto introdurre al termine della Lumen Gentium il nuovo
titolo mariano di “Mater ecclesiae”, Madre della Chiesa. Sì, anche la Chiesa, come
Maria, è chiamata oggi a diventare Madre nella fede. Diceva S. Ambrogio: “Maria
ha generato in modo singolare il Cristo, nella fede anche ogni cristiano”
(Commento a Luca, II, 26).
Quando, prima del Concilio, ci si divideva tra i sostenitori di una Chiesa dei
poveri, del Terzo mondo, della carità da una parte, e di una Chiesa della
tradizione, della istituzione, della dottrina dall’altra, il Card. G. B. Montini, in una
lettera al suo clero di Milano, insisteva: “Si deve incominciare con un pensiero forte
a Gesù Cristo, nostro Signore. Egli deve apparire come il principio della Chiesa, che
ne è l’emanazione e la continuazione”.
Questo è il punto: come Chiesa del nostro tempo abbiamo nel Concilio una
sicura bussola e un patrimonio ricco alle spalle in fatto di rinnovamento liturgico,
metodologia catechetica, riscoperta della Parola di Dio come fonte primaria a cui
abbeverarsi nella preghiera e nella vita spirituale, apertura delle Chiese locali alla
missione nei paesi del Terzo Mondo, il modo stesso di pensare e di vivere la Chiesa
come popolo di Dio nella storia, tutto animato fin dal Battesimo dai diversi doni e
ministeri laicali, non solo clericali.
Ecco, invece, che a distanza di mezzo secolo dal Concilio, sembra di avvertire
più segni di stanchezza, di stallo, per non dire di routine nella nostra vita ecclesiale:
3
ad es. una catechesi di iniziazione cristiana dei nostri ragazzi ed adolescenti che
non inizia, ma conclude il cammino verso la fede adulta; la crisi della famiglia come
luogo primario della trasmissione della fede alle nuove generazioni; una prassi
abitudinaria del celebrare l’eucaristia, il Giorno del Signore e la vita sacramentale.
Quanto basta per scoraggiare anche il parroco più zelante e ottimista! Come
riprendere il cammino di fede con rinnovato entusiasmo?
Chiesa di testimoni, porta della fede
Scrive ancora Benedetto XVI: “Il rinnovamento della Chiesa passa anche
attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti” (Porta fidei 6). Nessuna
meraviglia che ci si debba ancora interrogare sul nostro modo di essere Chiesa, di
essere comunicativi nei confronti del Vangelo nelle nostre terre. Ciò che mette più
in difficoltà la comunicazione del Vangelo non è la mancanza di contenuti che
abbiamo alle spalle grazie al Concilio, ma è la povertà di relazioni tra le persone. I
contenuti, in altre parole, non incidono o incidono poco, perchè poco significativa è
la qualità relazionale delle nostre comunità cristiane.
Le “prime” comunità sono nate da esperienze di comunicazione attorno ad un
Evento che ha fatto irruzione nella vita delle persone. Questa esperienza originaria
torna a rivelarsi decisiva in un processo di nuova evangelizzazione. Diventa
importante puntare su comunità significative per le persone. Nulla può sostituire il
rapporto di testimonianza e di annuncio da persona a persona: la fede, che certo è
anzitutto rapporto con Dio, nasce dai rapporti tra le persone e qui vi trova un
terreno privilegiato su cui crescere. Ecco una terza e ultima figura, quella della
Chiesa di testimoni.
Resto colpito, quando ricevo alcune pubblicazioni di storia locale, come
emergano figure di parroci, di comunità cristiane, di uomini e donne ricche di fede e
di saggezza. È questo un volto di Chiesa da non dimenticare non solo per il passato,
ma più ancora nel presente. Ed è questo il volto di Chiesa che ho amato trovare e
incontrare nella Visita pastorale che ho svolto in questi 14 anni. Prima che una
visita alle strutture e alle opere, è stata una visita alle persone: presbiteri, diaconi,
catechisti, educatori, bambini della scuola dell’infanzia, nonni, ammalati, ragazzi e
giovani, famiglie vicine e lontane...
È Paolo VI che nella Evangelii nuntiandi sottolinea con forza che “la Chiesa
evangelizza per tutto quello che è” (EN 41), non solo per quello che insegna ed opera.
La Chiesa diventa così una storia di vita, raccontata per aiutare altri a vivere. È
questo il modello con cui la Chiesa delle origini si è presentata al mondo. A questo
modello intendiamo anche noi ritornare. Come?
- L’Anno della fede, in coincidenza con il 50° dell’apertura del Concilio Vaticano
II è un’occasione propizia per comprendere alcuni testi lasciati in eredità dai Padri
conciliari (in particolare le 4 Costituzioni: la Sacrosanctum Concilium sulla liturgia;
la Lumen Gentium sulla Chiesa; la Dei Verbum sulla rivelazione; la Gaudium et spes
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo) come testi qualificati per il sempre
necessario rinnovamento della Chiesa, la formazione alla fede degli adulti nelle
parrocchie, nel lavoro e nella professione, nella vita sociale e politica.
4
- L’Anno della fede, in continuità con il programma di trasmissione della fede
alle nuove generazioni, è l’occasione per promuovere nei Vicariati e in Diocesi i
cammini dei giovanissimi dai 13 ai 19 anni verso la “Professione di fede”, secondo il
progetto “Salì su di una barca”, allo scopo di scoprire la bellezza della fede
ecclesiale, promuovendo incontri con testimoni significativi.
- L’Anno della fede, consapevoli che il rinnovamento della Chiesa passa anche
attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti, è l’occasione per
promuovere in Diocesi, grazie al sussulto di interesse suscitato dall’opera storica di
Mons. Giovanni Costi e del prof. Giuseppe Giovanelli, l’approccio a figure di “santità
popolare”: quelle che si manifestano nella ricchezza di fede e di carità nella storia
delle nostre comunità, famiglie, dei nostri oratori e scuole, associazioni e
movimenti.
Sono queste alcune proposte in preparazione al nuovo anno pastorale — per
me anno di fede e di speranza — emerse da diverse voci: dai responsabili degli
uffici pastorali, dai Consigli presbiterali e pastorali, dai Vicari foranei.
Affido questa Chiesa che amo alla Vergine Maria che abbiamo invocato
“Madre della Chiesa” nel recente pellegrinaggio dell’Unitalsi con i malati a
Lourdes e, insieme, oggi invochiamo come Madre della Ghiara in questo
pellegrinaggio nelle nostre terre, un pellegrinaggio per così dire alle “porte di
casa”, come amo immaginare il cammino dell’Anno della Fede.
+ Adriano VESCOVO
Reggio Emilia, Basilica Madonna della Ghiara, 8 settembre 2012