operazioni di addizione, sottrazione e

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ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI
Anno Accademico 2005/2006– Corso EOLO V - II anno- Garn aerospaziali
Corso di ELETTROTECNICA
(prof.G.Lupò)
Dettaglio degli argomenti svolti
Sito di riferimento:
www.elettrotecnica.unina.it
Lezione n.1 del 12/09/05 (3h)
Definizioni fondamentali:
Corrente Elettrica : fenomeno di migrazione (deriva, drift) di cariche elettriche; tale “moto
medio” (che avviene a velocità dell’ordine di 0.1 mm/s) va nettamente distinto dal moto di
agitazione termica (con valori istantanei della velocità anche di km/s); il detto moto medio
viene indicato come corrente elettrica di conduzione (in altri casi possono aversi correnti di
convezione o correnti di spostamento); al fenomeno possiamo quindi associare il campo
vettoriale di velocità di migrazione v delle particelle.
Conduttori : materiali in cui possono aver luogo significativi fenomeni di migrazione di
carica; i conduttori più diffusi sono metalli; possono tuttavia manifestarsi rilevanti fenomeni
di conduzioni in altri materiali solidi, in liquidi ed in particolari condizioni anche nei gas.
Isolanti : materiali che non consentono significativi fenomeni di migrazione di carica; gli
isolanti possono essere solidi, liquidi e gassosi; l’isolante ideale è il vuoto assoluto.
Tratto di circuito filiforme: conduttore la cui lunghezza è molto maggiore della dimensione
media trasversale; nel caso di tratto a sezione costante, si può ammettere che il campo di
velocità v sia parallelo all’asse del conduttore. Ad ogni sciame di particelle di velocità v di
carica q e di densità volumetrica n si può associare un campo di “densità di corrente” J=nqv
[A/m2].
Intensità della corrente elettrica nei circuiti filiformi: si considera una sezione retta S del
conduttore filiforme, per la cui normale si fissi un orientamento arbitrario n; si considera la
carica totale q che attraversa S in un generico intervallo di tempo t1; il limite per t che
tende a zero del rapporto q /t, se esiste2, è per definizione la intensità I della corrente
ovviamente la carica q si intende “letta e pesata” secondo il riferimento n: si valutano con un coefficiente
(+1) le cariche che si muovono attraverso S nel verso di n, con un coefficiente ( –1 ) le cariche che si muovono
nel verso opposto; ogni carica ha e mantiene ovviamente un proprio segno.
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Se il rapporto è indipendente da t la corrente elettrica viene detta stazionaria.
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elettrica attraverso la sezione considerata secondo il riferimento n. 3 A tale definizione si
perviene ovviamente anche attraverso il campo densità di corrente come flusso di J attraverso
S.
Misura della corrente elettrica nei circuiti filiforme: l’amperometro ideale
Il calcolo dell’intensità della corrente elettrica può essere pensato effettuato da uno strumento
ideale (amperometro ideale) a due morsetti 1-2, inseriti idealmente nella sezione S ed ordinati
in modo che 2 segua 1 nel verso di n.
Moto stazionario di cariche in migrazione in conduttore filiforme: indipendenza
dell’intensità della corrente dalla sezione considerata, fissati riferimenti congruenti. Se il caso
non è stazionario, occorrerà considerare, per ogni sezione, il valore istantaneo dell’intensità
della corrente i(t)S= limt0 =q/tS. Se il caso è stazionario, non vi è variazione media
della carica in moto in ogni volume; in ogni punto è costante la velocità v di migrazione (non
considerando il moto di agitazione termica e il moto vario nell’intervallo tra due interazioni4.
Si può quindi ritenere che sia nulla, in media, la risultante delle forze che agiscono sulla carica
q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel senso del moto ed una “forza d’attrito
equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima.
Effetto Joule: l’interazione tra le cariche in moto con le altre particelle comporta (tranne nel
caso dei “superconduttori”) una cessione di energia. Il tratto di conduttore si riscalda; la
quantità di energia ceduta e trasformata in calore nell’intervallo di tempo t dipende dalla
carica trasportata e dalla natura e geometria del tratto. Se q è la carica che ha attraversato
ogni sezione S del tratto A-B il lavoro compiuto dalle forze del campo è £=q E lAB [ = q
(VA-VB) se il campo è conservativo].
Potenza dissipata: la potenza messa in gioco dalle forze del campo e trasformata (in questo
caso) in calore si ottiene dal rapporto tra lavoro svolto e il tempo di osservazione :
P= £/t =q (VA-VB) /t= (VA-VB) I.
Tensione elettrica tra due punto A e B lungo una curva : è l’integrale del campo elettrico
tra A e B lungo la linea  e si indica con VAB; se tale integrale non dipende dalla particolare
curva, il campo è conservativo e quindi VAB= VAB coincide con la differenza di potenziale
(VA-VB).
Voltmetro ideale: è lo strumento che realizza il calcolo della tensione elettrica; l’indicazione
dello strumento dipende in generale dalla curva  su cui esso si immagina “disteso”5.
bipolo : caratterizzazione del funzionamento di una regione di spazio interessata da corrente
elettrica accessibile da due punti A-B (primo e secondo morsetto o terminale) e per cui possa
Se avessimo considerato un riferimento n’=-n avremmo ovviamente calcolato una intensità della corrente
elettrica secondo il riferimento n’, per cui l’intensità della corrente sarebbe stata I’=-I.
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per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s
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una realizzazione di voltmetro ideale potrebbe essere ottenuta distendendo una fibra ottica tra A e B lungo la
curva assegnata: la caratteristiche di una luce polarizzata entrante in A sono modificate dalla presenza del campo
elettrico lungo il percorso; la luce uscente da B contiene quindi una informazione correlata all’integrale del
campo elettrico lungo il percorso. I voltmetri reali sono molto meno sofisticati e realizzati su più semplici
principi (legge di Ohm,..).
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essere fissato un riferimento per la valutazione dell'intensità di corrente I [ IAB oppure IBA] e un
riferimento per la tensione V [VAB oppure VBA].
Convenzioni: per un bipolo qualsiasi A-B è possibile abbinare in quattro modi i riferimenti I
e V; definiamo convenzione dell'utilizzatore l'abbinamento VAB-IAB o l'abbinamento VBA-IBA e
convenzione del generatore l'abbinamento VAB-IBA o l'abbinamento VBA-IAB.
Caratteristica di un bipolo: legame V=f(I) oppure I=g(V), fissati gli abbinamenti di cui
sopra. Tale legame può essere anche non analitico.
Equivalenza di bipoli
Un bipolo A-B è equivalente ad un altro bipolo A’-B’ se, fissate due convenzioni omologhe
V-I e V’-I’ (ad esempio si considerano i riferimenti VAB-IAB per il primo bipolo e VA’B’-IA’B’ per
il secondo bipolo), i due bipoli hanno caratteristiche uguali.
Legge di Ohm : per un tratto A-B di conduttore metallico filiforme operante a temperatura
costante si verifica sperimentalmente con buona approssimazione la relazione VAB=R IAB con
R numero positivo (al limite nullo) e costante in un ampio intervallo di valori di IAB. Il tratto
A-B viene classificato come resistore; in termini commerciali per resistore si intende un
componente per le applicazioni circuitali ed industriali (stufe, forni, scaldabagni, ...).
Considerando sempre il parametro R0, la legge di Ohm si scrive anche nel seguenti modi:
VAB=-R IBA
VBA=-R IAB
VBA=R IBA
Resistore ideale: Bipolo ideale A-B di caratteristica V=R I ( oppure I = G V) se viene
adottata la convenzione dell'utilizzatore o di caratteristica V= - R I (o I = -GV) se viene
adottata la convenzione del generatore sul bipolo A-B . Le costanti positive R e G vengono
chiamate resistenza e conduttanza del bipolo e si misurano in ohm [] e siemens [S]
rispettivamente.
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Lezione n.2 del 13/09/05 (2h)
Resistenza - Resistività (vedi nota A): nel caso di un tratto A-B di conduttore filiforme
omogeneo a sezione costante S di lunghezza lAB e a temperatura costante ed uniforme, si
valuta che la resistenza R del tratto, è proporzionale alla lunghezza lAB ed inversamente
proporzionale alla sezione S. Il coefficiente di proporzionalità costituisce la resistività (si
indica con la lettera greca -eta- oppure -rho- e si misura in ohm per metro [m]); il suo
inverso viene chiamato conducibilità (si indica con la lettera greca -gamma- oppure sigma- e si misura in siemens/metro[S/m]). Occorrerà valutare opportunamente R nel caso che
il conduttore non sia omogeneo ovvero non sia a sezione costante.
Classificazione dei bipoli:
- bipoli pilotati in tensione : nella caratteristica I=g(V) ad ogni valore della tensione
corrisponde un solo valore dell'intensità di corrente;
- bipoli pilotati in corrente : nella caratteristica V=f(I) ad ogni valore dell'intensità di corrente
corrisponde un solo valore della tensione;
- bipoli pilotati in tensione ed in corrente: caratteristica invertibile.
- bipoli simmetrici: caratteristica simmetrica g(V)=-g(-V) ovvero f(I)=-f(-I);
- bipoli inerti: la caratteristica passa per l'origine: g(0)=0 ovvero f(0)=0;
- bipoli lineari : se ad esempio V'=f(I') e V"=f(I"), si ottiene V=V'+V"=f(I')+f(I");
Bipoli normali
Vengono definiti normali i bipoli a caratteristica rettilinea nel piano V-I.
Esempi di bipoli ideali:
- bipolo resistore ideale : caratteristica lineare, inerte, simmetrica, invertibile.
- bipolo corto-circuito ideale: per ogni valore di I, qualunque sia la convenzione adottata, la
tensione è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle I); tale caratteristica lineare, inerte,
simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in corrente);
- bipolo aperto (o circuito aperto) ideale: per ogni valore di V, qualunque sia la convenzione
adottata, l'intensità di corrente è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle V); tale
caratteristica lineare, inerte, simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in Tensione).
Bipoli tempo-varianti: la caratteristica dipende dal tempo in maniera continua o discreta. Ad
esempio il bipolo interruttore ideale, a seconda del posizionamento del tasto, realizza un
bipolo aperto ideale o un bipolo corto-circuito ideale.
Campo elettrico associato a corrente stazionaria: Consideriamo un circuito semplice (ad
esempio una regione di spazio di forma anulare). Il campo velocità di migrazione delle cariche
ha linee di flusso anulari e tutte orientate in senso orario o antiorario. Quindi la circuitazione
del campo di velocità v e del campo di corrente J=v non può essere nulla, ossia il campo di
corrente stazionaria non può essere conservativo. Poiché il moto di migrazione è non è vario e
il campo equivalente d'attrito è sempre opposto al senso del moto, il campo di forze sulle
cariche ed il relativo campo elettrico (che, si ricorda, è la forza applicata alla particella riferita
alla carica della particella) non possono essere conservativi. Poiché il campo elettrico
derivante da una distribuzione di cariche elettriche è conservativo, ne discende che un moto
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stazionario di cariche non può essere generato da una distribuzione (fissa) di cariche.
Occorrerà quindi considerare una sorgente di campo elettrico non di tipo elettrostatico,
chiamato campo elettromotore. Il campo elettromotore è quindi un campo di forza specifica,
di natura meccanica, chimica, elettrica …. ma non elettrostatica (trattandosi di campo non
conservativo), che agisce sulle cariche tenendole separate in un mezzo conduttore e
consentendo per esse un moto stazionario (o anche non stazionario) .
Tratto generatore e tratto utilizzatore
In un circuito semplice interessato da corrente stazionaria, ci deve essere almeno una parte
(tratto generatore) in cui il campo elettromotore è diverso da zero; l'eventuale parte
complementare, in cui il campo elettromotore è nullo, prende il nome di tratto utilizzatore.
Nel tratto utilizzatore la forza specifica sulle cariche è quella derivante dalla distribuzione di
cariche (causata a sua volta dal campo elettromotore) ed è quindi un campo a potenziale: nel
tratto utilizzatore la tensione valutata tra due punti non dipende dalla curva di integrazione
(all'interno del tratto generatore, viceversa, la tensione dipende dalla curva scelta).
Se quindi il campo elettromotore è diverso da zero solo in una parte del circuito semplice, di
sezioni estreme A e B, la tensione VAB sarà indipendente dalla curva scelta solo a patto di non
"entrare" nel tratto generatore.
Le sezione A e B individuano quindi i confini tra un "bipolo generatore" - identificabile
attraverso una caratteristica V-I valutata all'esterno del tratto generatore - ed un "bipolo
utilizzatore" in cui non vi sono vincoli per la valutazione della tensione.
Forza elettromotrice (f.e.m.)
Con tale termine si deve intendere sempre la circuitazione del campo elettrico lungo una linea
di interesse. La forza elettromotrice dipende quindi dalla curva scelta (salvo che il campo non
sia conservativo); essa è una quantità scalare e si misura in volt.
Nel caso di un circuito semplice filiforme in cui si distingua un tratto generatore ed un tratto
utilizzatore, la f.e.m. valutata lungo l'asse del circuito, essendo corrispondente alla
circuitazione del campo elettromotore, risulta numericamente uguale all'integrale del campo
impresso tra gli estremi del tratto generatore (lungo la parte "interna" dell'asse). Tale f.e.m.
viene in pratica "attribuita" al "bipolo" generatore; di qui la dizione comune "f.e.m. del
generatore".
Generatore ideale di tensione
E' un bipolo ideale caratterizzato da una tensione ai morsetti A-B indipendente dalla corrente
I, qualunque convenzione sia stata adottata. La caratteristica è quindi una retta parallela
all'asse delle I. Il simbolo comunemente adoperato è un pallino con un contrassegno (*,+,1,
etc.) su un morsetto ( trattasi quindi di bipolo ordinato) con indicazione numerica E, che
indica il valore della tensione valutata tra il morsetto contrassegnato (primo morsetto) e l'altro
(secondo morsetto). Il valore E può essere positivo, negativo o nullo; al proposito si pone in
evidenza che un generatore di tensione nulla è equivalente ad un bipolo cortocicuito ( la
caratteristica è la stessa).
Generatore ideale di corrente
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Trattasi di bipolo fondamentale, duale del generatore di tensione ideale, con caratteristica I=I*
(costante) qualunque sia la tensione ai morsetti. Il generatore di corrente è un bipolo normale
(non lineare) e non simmetrico. Si rappresenta in genere con un cerchietto con barra trasversa
e morsetti "ordinati".
Lezione n.3 del 15/09/05 (2h)
Generatore reale di tensione
Nel tratto generatore di un circuito semplice si hanno interazioni tra le cariche in migrazione e
le altre particelle; si avrà quindi comunque una dissipazione analoga a quanto avviene nei
resistori. Se non c'è migrazione e la f.e.m. è diversa da zero, vuol dire che il tratto utilizzatore
è non conduttore (equivalente ad un aperto); in questo caso la tensione VAB coincide
numericamente con la f.e.m.
Abbiamo quindi che un generatore reale di tensione può essere caratterizzato dalla tensione a
vuoto, corrispondente alla f.e.m. e dalla dissipazione, che in prima approssimazione può
essere schematizzata attraverso una resistenza Rg (resistenza interna del generatore). In realtà
tale schematizzazione ha una validità abbastanza limitata.
Nel nostro corso, il generatore reale di tensione è un bipolo costituito dalla "serie" di un
generatore ideale di tensione e di una resistenza Rg.
Un punto notevole della caratteristica di un generatore reale di tensione (valutabile anche
sperimentalmente su un generatore commerciale) si ottiene collegando il bipolo generatore di
tensione reale ad un bipolo corto-circuito (nella realtà, ad un conduttore di resistenza molto
più piccola di Rg). Si ottiene quindi il valore della intensità di corrente di corto-circuito.
E' evidente che non si può " collegare" un bipolo generatore ideale di tensione ad un bipolo
corto-circuito ideale, trovandosi in contraddizione le definizioni dei due bipoli.
Generatori di f.e.m. stazionaria - vedi nota B
Serie e parallelo di bipoli
Due (o più) bipoli si dicono in serie diretta o semplicemente in serie se è possibile stabilire
per essi riferimenti congruenti per l’intensità di corrente I e riportabili l'uno all'altro per
continuità; in tal caso i valori dell’intensità di corrente sono uguali; se sono riportabili per
continuità riferimenti opposti, i valori sono opposti e la serie si dirà contrapposta.
Se due o più bipoli in serie sono contigui, potrà essere valuatata la tensione V* ai capi della
serie e si potrà considerare un bipolo equivalente di caratteristica V*-I.
Due (o più) bipoli si dicono in parallelo diretto o semplicemente in parallelo se è possibile
stabilire per essi riferimenti congruenti per la tensione V; in tal caso i valori della tensione
sono uguali; se i riferimenti sono opposti, i valori della tensione sono opposti e il parallelo si
dirà contrapposto.
Se due o più bipoli in parallelo sono contigui, potrà essere valuatata l’intensità di corrente I*
ai morsetti di ingresso del parallelo e si potrà considerare un bipolo equivalente di
caratteristica V-I.*.
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Partitore di tensione
Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di resistenza R’ ed R” in serie (B'=A"), il bipolo
equivalente ai morsetti A’-B” ha resistenza pari a R= R’+R” (resistenza equivalente alla
serie). Detta V la tensione tra A’ e B”, la tensione V’ tra A’ e B’ è pari a [V R’/R], la tensione
V” tra A” e B” è pari a [V R”/R]. In generale, la tensione V si “ripartisce” tra resistori in serie
secondo la relazione (detta del partitore di tensione) [Vk=fVV] essendo Vk la tensione sul
resistore k-mo; fV vien detto fattore di partizione e vale Rk/R (dove R è la somma delle
resistenze); il segno dipende dalla scelta del riferimento Vk rispetto a V.
Partitore di corrente
Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di conduttanza G’=1/R’ e G”=1/R” in parallelo
(A’=A”=A,B’=B”=B), il bipolo equivalente ai morsetti A-B ha conduttanza equivalente pari a
G=G’+G”” (resistenza equivalente pari a R=R’R”/[R’+R”]). Detta I l’intensità della corrente
in ingresso al parallelo A-B, l’intensità della corrente I’ tra A’ e B’ è pari a I’=I G’/G=I R”/R,
l’intensità I” tra A” e B” è pari a I”=I G”/G= I R’/R. In generale, l’intensità di corrente I si
“ripartisce” tra resistori in parallelo secondo la relazione (detta del partitore di corrente)
[Ik=fII] essendo Ik la corrente nel resistore k-mo; fI vien detto fattore di partizione e vale
Gk/G, , dove G è la somma delle conduttanze; il segno dipende dalla scelta del riferimento Ik
rispetto a I.
Generatore reale di corrente
Se consideriamo la caratteristica ai morsetti del parallelo tra un generatore ideale di corrente
I* e un resistore R*, essa sarà normale e passerà per il punto (0,Icc=I*) ed il punto
(V0=R*I*,0). Tale parallelo sarà quindi equivalente ad un generatore reale di tensione con
tensione a vuoto V0, resistenza interna R* e corrente di corto circuito I*.
Per realizzare un generatore di corrente praticamente ideale I*, basterà disporre di un
generatore di tensione reale con resistenza interna R* molto maggiore della resistenza Ru del
carico; tale generatore dovrà avere una idonea tensione a vuoto V0=R*I*.
Potenza assorbita ed erogata dai bipoli
Il prodotto tensione-corrente è omogeneo con una potenza. Se la convenzione adottata sul
bipolo (a caratteristica qualsiasi) è quella dell’utilizzatore, tale prodotto viene chiamato
potenza assorbita6 . Se la convenzione adottata è quella del generatore, tale prodotto prende il
nome di potenza erogata7.
Bipoli passivi ed attivi
Un bipolo si dice passivo se, per tutti i punti della caratteristica, la potenza assorbita non è
mai negativa [la potenza erogata non è mai positiva].
Un bipolo si dice attivo se, per almeno un punto della caratteristica , la potenza assorbita è
negativa [la potenza erogata è positiva]
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la potenza assorbita da un resistore è numericamente uguale alla potenza dissipata in calore dallo stesso
se nella rete vi è un solo generatore, la potenza erogata dal generatore coincide con la potenza messa in gioco
(generata) dallo stesso
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Adattamento in potenza
Un un resistore Ru collegato ad un generatore reale di tensione (tensione a vuoto Eo,
Resistenza interna Ri) assorbe una potenza Pu=RuI2=Ru[Eo2/(Ri+Ru)] . La potenza assorbita è
nulla a vuoto (Ru=  ) e in corto-circuito (Ru=0). Si può facilmente valutare che al variare di
Ru la potenza assume il massimo quando Ru = Ri (condizione di adattamento). In tal caso essa
è pari a quella assorbita da Ri e quindi il rendimento di trasferimento è del 50%. Tale
considerazione è utile nel trasferimento di segnali elettrici di debole potenza. Non può essere
ovviamente applicarsi alle reti di distribuzione dell’energia elettrica (perderemmo il 50%
dell’energia del generatore).
Lezione n.4 (20/9/05) 3h
Reti elettriche
Connessione significativa di bipoli elettrici.
Topologia delle reti
Lato: costituito da un bipolo o, volendo, dal bipolo equivalente alla serie di più bipoli
Nodo: punto di connessione di più di due bipoli (si parla di nodo degenere se si considera la
connessione di due bipoli)
Maglia: definita dalla connessione di bipoli lungo un percorso chiuso
Grafo (non orientato): mappa della connessione dei bipoli; il grafo si dirà ridotto se non vi
sono connessioni in serie o in parallelo (o si sono considerati i bipoli equivalenti); un grafo
ridotto si dirà completo se è prevista la connessione (semplice) tra tutti i nodi (un grafo potrà
essere sempre completato considerando bipoli aperti in luogo delle connessioni mancanti). Un
grafo ridotto e completo poggiante su n nodi ha un numero di lati pari a L=[n (n-1) /2]
Albero: struttura fondamentale della rete, che collega tutti gli n nodi della rete, senza dar
luogo a maglie; l’albero ha quindi (n-1) rami.
Coalbero: parte della rete complementare all’albero; il coalbero ha quindi L-(n-1) lati.
Sistema fondamentale
Considerata una rete di L lati (su ognuno dei quali vi sia un bipolo per ognuno dei quali è
fissata la caratteristica V-I), risolvere la rete significa trovare i valori delle 2L incognite
tensioni e intensità di corrente. Occorre quindi definire un “sistema fondamentale” risolvente;
è necessario che questo sistema sia costituito da 2L relazioni indipendenti. Un “pacchetto” di
L relazioni indipendenti è dato dalle stesse relazioni caratteristiche. Le altre relazioni saranno
collegate ad elementi topologici della rete (nodi e maglie); saranno quindi chiamate
“equazioni topologiche”.
Equazioni ai nodi indipendenti ( I principio di Kirchhoff)
Ai singoli nodi si può esprimere un bilancio di carica: in condizioni stazionarie non vi può
essere accumulo di carica in ogni volume che comprende il nodo. Facendo riferimento ad un
fissato intervallo di osservazione, potremo esprimere quindi un bilancio di intensità di
corrente: la somma “ponderata” delle intensità di correnti che interessano il nodo deve essere
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nulla, dove per “ponderare” le intensità basterà moltiplicare per un coefficiente (+1) [ oppure
(-1)] l’intensità I se il riferimento è uscente dal nodo e per un coefficiente (-1) [(+1)] se il
riferimento è entrante.
Se si considera l’albero, è immediato costatare che le prime (n-1) equazioni ai nodi che si
scrivono sono indipendenti, mentre l’ultima è combinazione delle altre.
Equazione alle maglie indipendenti (II principio di Kirchhoff)
Per le singole maglie si può esprimere l’irrotazionalità del campo elettrico in condizioni
stazionarie. Potremo esprimere quindi un bilancio di tensioni considerando l’annullarsi della
circuitazione del campo elettrico lungo una maglia percorsa in senso orario [antiorario]: la
somma “ponderata” delle tensioni incognite che interessano la maglia deve essere nulla, dove
per “ponderare” le tensioni basterà moltiplicare per un coefficiente (+1) la tensione V se il
riferimento assunto per la tensione è congruente con la circuitazione che si sta eseguendo e
per un coefficiente (-1) nel caso contrario.
Se si considerano le maglie ottenute appoggiando all’albero i singolo lati del coalbero, si
ottengono [L-(n-1)] equazioni alle maglie indipendenti; si può costatare che ogni altra
equazione ottenuta considerando altre maglie è combinazione delle equazioni suddette.
Sistema fondamentale completo: soluzione
Una volta scritte le L equazioni caratteristiche e le L equazioni topologiche, ci si chiede se il
sistema fondamentale ammette soluzioni. Atteso che le equazioni topologiche sono
semplicissime equazioni lineari, potremo affermare che, se le caratteristiche sono “normali”,
il sistema ammette una ed una sola soluzione.
Principio di sostituzione
Se il sistema fondamentale ammette una sola soluzione (ad esempio nel caso di sistemi lineari
non omogenei) è possibile sostituire ad un bipolo (con caratteristica qualsiasi purchè
invertibile) un altro bipolo (ad esempio un generatore ideale di tensione o di corrente con il
valore della tensione o della intensità di corrente uguale a quello della soluzione), purchè il
nuovo sistema ammetta una sola soluzione (ad esempio non ci si deve ritrovi nei casi
“patologici”).
Teorema di scomposizione – Sovrapposizione degli effetti
Se il sistema è lineare, può essere considerare una qualsiasi scomposizione del vettorecolonna dei termini noti e “scomporre” la soluzione in tante soluzioni. Una utile
scomposizione consiste nel considerare uno alla volta i termini noti relativi ai singoli
generatori, in quanto è molto più semplice risolvere una rete lineare alimentata da un solo
generatore. Quest’ultimo procedimento prende comunemente il nome di sovrapposizione
degli effetti.
Lezione n.5 (23/9/05) 2h
Generatore equivalente di tensione (Teorema di Thévénin)
Consideriamo una rete costituita da bipoli attivi e passivi accessibile ai morsetti A-B (bipolo
attivo A-B).
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Al fine di valutare la caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il legame
tensione corrente V-I), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali, può essere
considerato un bipolo elementare costituito da un generatore reale di tensione ossia dalla serie
di un generatore ideale di tensione Vo e di una resistenza Req (bipolo equivalente di Thevenin)
dove Vo è la tensione V “a vuoto” cioè immaginando di collegare A-B ad un bipolo aperto ed
Req è la resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti A-B quando nella stessa rete sono
stati spenti tutti i generatori.
Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo equivalente
di Thevenin con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo elementare
[anche non lineare] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]).
Generatore equivalente di corrente (Teorema di Norton)
Consideriamo di nuovo una rete costituita da bipoli attivi e passivi accessibile ai morsetti A-B
(bipolo attivo A-B).
Al fine di valutare la caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il legame
tensione corrente V-I), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali, può essere
considerato un bipolo elementare costituito da un generatore reale di corrente ossia dal
parallelo di un generatore ideale di corrente Icc e di una resistenza Req (bipolo equivalente di
Norton) dove Icc è la “intensità della corrente di cortocircuito” cioè immaginando di collegare
A-B ad un bipolo cortocircuito ed è Req la resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti
A-B quando nella stessa rete sono stati spenti tutti i generatori.
Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo equivalente
di Norton con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo elementare [anche
non lineare] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]).
I bipoli di Thevenin e Norton sono ovviamente equivalenti tra loro; i tre parametri equivalenti
sono legati dalla relazione Icc = Vo/Req e quindi il terzo si potrà dedurre dalla conoscenza dei
primi due.
Lezione n.6 (27/09/05) 3h
Metodo dei Potenziali Nodali
Se in una rete elettrica si assumono come incognite ausiliarie i potenziali degli n nodi della
rete (considerato un nodo di riferimento, avremo n-1 nuove incognite), la tensione del lato
posto tra il nodo r ed il nodo s sarà Vrs=Vr-Vs e la intensità di corrente, se il bipoli sono
normali, sarà sel tipo Irs=(Vr-Vs+Ers)/Rrs, dove Ers è il valore della tensione del generatore (con
il primo morsetto rivolto ad r) ed Rrs è la resistenza del lato. Le n-1 equazioni indipendenti per
conoscere i potenziali nodali si potranno dedurre dal bilancio delle correnti al nodo, scritto in
funzione della differenza fra i potenziali nodali.
Formula di Millmann
Se la rete ha due soli nodi A-B ed L lati, basterà scrivere, posto VB =0
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VAB  VA 

k'
 Ek '
 k "  J k "
Rk '
1
k ' R
rs
dove il segno – virnr inserito nel caso di generatore Ek’ con il primo morsetto rivolto verso B
e generatore di corrente rivolto verso A.
Scrittura per ispezione del sistema ai potenziali nodali - Conduttanze proprie e mutue
Nel caso di bipoli normali, la matrice del coefficienti A nell’equazione A V + B = 0 (dove
V è il vettore delle incognite potenziali nodali, di dimensioni n-1) è costituita dai termini di
conduttanza propria sulla diagonale principale Grr , pari alla somma delle conduttanze dei
lati incidenti nel nodo r, resi passivi . I termini fuori diagonale (r-s) vengono chiamati
conduttanze mutue e rappresenta la conduttanza del lato considerato, cambiata di segno.
In tal modo il sistema fondamentale può essere impostato per ispezione.
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Metodo delle correnti di maglia
Questo metodo è il duale del metodo dei potenziali nodali.
Se in una rete elettrica si considerano un insieme di ℓ-(n-1) maglie indipendenti – ad esempio
considerando l’insieme dell’albero e di ciascuno degli ℓ-(n-1) lati del coalbero-, si può
associare un riferimento Jk – omogeneo con una intensità di corrente - “prestato” per
continuità dal riferimento per l’intensità di corrente Ik fissato nel lato del coalbero e
“prolungato” all’intera maglia (“corrente fittizia di maglia”).8
Le intensità di corrente nei rami dell’albero si ottengono come semplici combinazioni delle
“correnti di maglia” Jk . I “percorsi” Jk entrano ed escono da ogni nodo per cui i bilanci di
corrente ai nodi, scritti in termini di Jk, si risolvono in identità:
1) I a  I b  I d  0  J a  ( J b )  ( J b  J a )
2)  I a  I e  I f  0   J a  ( J a  J f )  J f
3)  I c  I d  I e  0  ( J f  J b )  ( J b  J a )  ( J a  J f )
Ia
2
1
Id
Ja
Ie
Jb
If
Ib
Ic
4
3 Jf
onsideriamo una rete lineare (costituita da bipoli normali). Se si assumono come incognite
ausiliarie le ℓ-(n-1) correnti di maglia , atteso che per una rete lineare ogni caratteristica di lato
potrà essere scritta in termini del tipo9
Vrs  E rs  R rs   J k
k
,
potremo scrivere le ℓ-(n-1) equazioni alle maglie in termini di correnti di maglia.
E’ opportuno assumere intensità e riferimento di Jk congruenti con l’intensità e riferimento dell’unico lato del
coalbero facente parte della k-ma maglia
9
questa espressione non può essere scritta per un bipolo generatore di corrente ideale; in questo caso sarà
opportuno considerare il ramo contenente il generatore ideale di corrente come ramo del coalbero: si avrà una
corrente “fittizia” di valore noto.
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8
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Potremo scrivere quindi un sistema “ridotto” in termini di correnti di maglia (con opportuni
accorgimenti potremo anche in questo caso pervenire ad una scrittura “per ispezione”) e
quindi facilmente ricavare le incognite tensioni e correnti di lato.
I termini della sommatoria sono moltiplicati per un coefficiente (-1) se il riferimento della
corrente di maglia è discorde da quello di Irs.
Nel caso trattasi di un lato del coalbero, la sommatoria si riduce ad un solo termine
Il metodo delle correnti di maglia considera come incognite fondamentali le correnti di
maglia, in numero di L-(N-1), potendosi ricavare in modo molto semplice le tensioni e le
correnti nella rete.
Le equazioni risolventi saranno le equazioni alle maglie, scritte in termini di correnti di
maglia. Se si scelgono correnti di maglia come sopra indicato, esse daranno direttamente i
valori delle correnti nei rami del coalbero.
Anche in questo caso le equazioni possono essere scritte per ispezione. La matrice dei
coefficienti sarà costituita sulla diagonale principale (Rii) dalla “resistenza di maglia” ottenuta
sommando le resistenze che si incontrano nei lati della maglia, i termini fuori diagonale
(Rij=Rji) rappresentano la somma dei valori delle resistenze dei lati comuni alle maglie i e j, i
termini noti sono collegati alle “tensioni a vuoto” di maglia, il tutto in modo perfettamente
duale al metodo dei potenziali nodali.
La presenza di un generatore di corrente ideale in un lato rende non immediatamente
praticabile il metodo per ispezione. Il lato che lo contiene però può essere scelto come lato del
coalbero e dar luogo ad una corrente di maglia di valore noto, per cui si riduce l’ordine del
sistema.
Il metodo delle correnti di maglia si ritrova particolarmente utile quando il numero delle
maglie è basso rispetto al numero dei lati e/o quando vi siano molti generatori di corrente.
Ad esempio la figura poligonale sotto indicata (con numero di lati perimetrali del poligono
qualsiasi), alimentata da generatori di corrente, dà luogo ad una sola equazione nella corrente
di maglia J*, ricavandosi poi rapidamente tutte le grandezze (analogo del teorema di
Millmann):
J
 J
rs
Rrs    Ers
R
rs
dove il segno (-) va adoperato nel caso di discordanza tra il riferimento di J e il verso r-s
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Jrs
r
s
J
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Lezione n.7 (30/9/05) 2h
Conservazione della potenza nelle reti elettriche
Considerato che in regime stazionario la tensione su un lato posto tra i lati r ed s può essere
espressa come differenza di potenziale ( Vrs = Vr - Vs ) e che vale la legge di Kirchhoff ai nodi
r ed s, si può facilmente dimostrare che, percorrendo uno alla volta i nodi dell’albero
(1,2…r,s,..N), e costruendo la somma delle potenze assorbite Vrs Irs = (Vr - Vs) Irs è possibile
raggruppare a fattore di Vr la somma (nulla) delle correnti con riferimento uscente da r e a
fattore di Vs la somma delle intensità di corrente con riferimento entrante in s. (N.B. per tale
costruzione ogni lato viene considerato due volte). Quindi è nulla la somma delle potenze
assorbite da tutti lati ed è nulla la somma delle potenze generate da tutti i lati. Se non si è
adottato per tutti i bipoli la stessa convenzione, la somma delle potenze assorbite - estesa a
tutti i lati per cui si è fatta la convenzione dell'utilizzatore - è pari alla somma delle potenze
erogate - estesa a tutti i lati per cui si è fatta la convenzione del generatore -.
Potenze virtuali - Teorema di Tellegen
Se si considerano due reti con ugual grafo (in sostanza con lo stesso numero di nodi) e con le
stesse convenzioni sui lati omologhi (r-s,r'-s'), possiamo analogamente dimostrare che la
somma delle potenze virtuali VrsIr's' estesa a tutti le possibili connessioni è nulla (I teorema di
Tellegen).
Teorema di reciprocità
Se si applica il teorema di Tellegen a due reti lineari diverse solo per la posizione dell’unico
generatore, si conclude che, fissati riferimenti congruenti sulle due reti, il rapporto tra i valori
dei due generatori posti l’uno nel ramo a della prima rete e l’altro nel ramo b’ della seconda
rete è pari al rapporto tra le intensità delle correnti nel ramo b della prima rete ed nel ramo a’
della seconda rete.
Se ci si limita quindi in una rete lineare a spostare l’unico generatore dal ramo a al ramo b
(facendo attenzione alla congruenza dei riferimenti), l’intensità della corrente nel ramo b
prima dello spostamento potrà essere valutata considerando l’intensità della corrente nel ramo
a dopo lo spostamento.
Non amplificazione delle tensioni
Considerata una rete di bipoli di cui uno solo attivo, si può dimostrare che la tensione ai capi
del bipolo attivo è, in valore assoluto, la tensione più elevata. Infatti, considerato un generico
nodo r interno alla rete (non collegato con il generatore), la somma delle correnti uscenti dal
nodo Irs è nulla; quindi alcuni termini sono positivi ed altri negativi. Poiché i lati r-s incidenti
sul nodo r contengono bipoli passivi (Vrs Irs0), avremo termini positivi e negativi anche tra le
tensioni Vrs. Ci sarà quindi almento un nodo s’ a potenziale maggiore di r e un nodo “ a
potenziale minore. Potremmo quindi costruire una “scaletta” di potenziali che avrà un
massimo ed un minimo che corrisponderanno ai morsetti del generatore: per questo lato non
potremo ripetere il ragionamento suesposto essendo necessariamente (per il teorema di
conservazione delle potenze) Vrs Irs0.
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Non amplificazione delle correnti
Considerata una rete di bipoli di cui uno solo attivo, si può dimostrare che l'intensità di
corrente erogata dal bipolo attivo assume, in valore assoluto, il valore più grande rispetto alle
intensità di corrente negli altri lati. Infatti se consideriamo un generico collegamento r-s tra
due gradini contigui della “scaletta” dei potenziali, potremo separare un insieme di nodi a
potenziale maggiore di r ed un insieme di nodi a potenziale minore di s. I collegamenti tra i
due insiemi sono interessati, per costruzione, da intensità di corrente Irs non negative per tutti
i lati fuorchè per quello (necessariamente presente) corrispondente al generatore, per cui sarà
Irs<0. Quindi avremo un solo valore negativo che sarà necessariamente in modulo maggiore
degli altri. Il ragionamento può estendersi a qualsiasi lato della rete.
Lezione n.8 (4/10/05) 3h
Caratteristiche degli N-poli
Una rete accessibile da N morsetti (poli)1,2..,N prende genericamente il nome di Npolo; una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(2-2’),...,(N-N’)
prende il nome di N-bipolo; una rete accessibile da N m-ple di morsetti (1-1’-1”-...-1(m)),...,
(N-N’-N”-...-N(m)) prende il nome N-m-polo. Nel caso di una sola coppia di morsetti ordinati
si ritrova il noto bipolo.
La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della
convenzione sulle singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la convenzione
dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere alimentate con generatori di tensione o
di corrente.
La caratterizzazione dell’ N-polo viene in genere effettuata fissando per l’intensità della
corrente elettrica un riferimento congruente su tutte le porte (ad esempio un riferimento
entrante); poichè la rete rappresenta una struttura limitata, le intensità di corrente, supposto un
funzionamento stazionario, sono tra loro dipendenti. Per il principio di conservazione della
carica sarà infatti
N
I
k 1
k
0
(1)
Nella scelta della caratterizzazione dell’N-polo – su base corrente o su base tensione – si
dovrà tener conto sia della (1) che della conservazione del campo elettrico stazionario.
Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali: nella configurazione
concatenata i morsetti dei generatori sono collegati in sequenza tra i poli 1_2,2_3, 3_4…,(N1)_N,N_1, nella configurazione stellata un morsetto del generatore è collegato al polo k e
l’altro ad un morsetto esterno O (centro stella) in comune con gli altri generatori.
L’alimentazione in corrente non potrà prevedere quindi N generatori stellati di corrente di
valore arbitrario I1,I2,…,IN: l’N-mo è dipendente dagli altri N-1. Possono viceversa essere
previsti N generatori arbitrari di corrente concatenati J12,J23,…,JN1.
L’alimentazione in tensione non potrà prevedere N generatori concatenati di tensione
V12,V23,…,VN1 di valore arbitrario, essendo nulla la somma dei loro valori. Possono viceversa
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essere previsti N generatori di tensione stellati E1,E2,…,EN di valore arbitrario, collegati ad un
centro stella esterno comune.
Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-poli lineari passivi alimentati da
generatori di tensione stellati. La caratterizzazione di N-poli lineari passivi alimentati da
generatori di corrente concatenati risulta estendibile per dualità.
Le intensità delle correnti I1,I2,…,IN (dette anche correnti di linea) possono essere ottenute
come somma dei contributi dei singoli generatori E1,E2,…,EN (di valore arbitrario); tali
contributi, trattandosi di rete lineare, sono proporzionali a valori E1,E2,…,EN ; i coefficienti di
proporzionalità sono omogenei a conduttanze e saranno indicati con Gjk, dove l’indice j si
riferisce alla linea (al polo) e k al generatore di tensione stellata; per j=k tale coefficiente ha il
significato ordinario di conduttanza equivalente ai morsetti del generatore k (quando gli altri
generatori sono spenti) e, pertanto, prende il nome di conduttanza propria o autoconduttanza
del polo j; nei casi in cui j è diverso da k, si parlerà di conduttanza mutua tra i poli j e k.
Le relazioni tra correnti di linea e tensioni stellate
I1=G11E1+G12E2+…+G1NEN
I2=G21E1+G22E2+…+G2NEN
…………………………….
(2)
IN=GN1E1+GN2E2+…+GNNEN
può essere riscritta in forma matriciale
I  G  E
(3)
dove I rappresenta l’array delle correnti di linea ed E l’array (colonna) delle tensioni stellate.
La (3) ricorda la legge di Ohm per il bipolo.
La matrice delle conduttanze
G 
G11
G12
.. G1N
G 21
G 22
.. G2 N
..
..
G N1
GN 2
..
(4)
..
.. G NN
gode delle seguenti proprietà :
-
ha rango inferiore a N ed il suo determinante è nullo: la matrice non è invertibile;
-
gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non negative;
-
le conduttanze mutue non possono essere quantità positive: se ad esempio G12 fosse
positiva, si avrebbe, alimentando con un generatore E2=1 V, una intensità di corrente
positiva I1 secondo il riferimento entrante del polo 1; avremmo quindi, nella rete
resistiva alimentata dal solo generatore E2, un nodo interno a potenziale inferiore al
potenziale del secondo morsetto del generatore, in contraddizione con la proprietà di
non amplificazione delle tensioni;
-
per la proprietà di non amplificazione delle correnti, nel caso appena detto, l’intensità
I1 non potrà mai essere superiore in valore assoluto alla intensità I2; si avrà quindi
GjkGjj;
-
il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj;
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-
considerando che la (1) deve valere qualunque siano i valori delle tensioni dei
generatori stellati, si ricava dalla (2) che la somma di tutti i coefficienti di una colonna
(e quindi di riga) è nulla10.
In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si ottiene
considerando che la matrice è simmetrica e che gli elementi della diagonale principale
possono ottenersi a partire dalle conduttanze mutue di riga o colonna; esso vale quindi (N2N)/2 ossia N(N-1)/2 . Tale numero corrisponde alle combinazioni senza ripetizione di N
elementi su due posti e quindi al numero di lati in un grafo ridotto completo con N nodi
propri.
Possiamo quindi pensare di associare ad un N-polo una rete equivalente che si ottiene
considerando un grafo ridotto completo attestato su N nodi, ciascuno corrispondente ad un
polo; la figura che si genera viene chiamata poligono completo.
Si può facilmente mostrare che se si parte da un N-polo strutturato come poligono completo
con resistori di resistenza Rjk tra i poli j e k, la conduttanza mutua Gjk di tale N-polo è pari a
–1/Rjk.
In altri termini, vi è una corrispondenza biunivoca tra gli elementi Gjk di mutua conduttanza
tìdi un N-polo e le resistenze Rjk di un poligono completo di resistori. Quindi possiamo
“trasformare” un N-polo qualsiasi in un poligono completo di resistori di N vertici11.
Con riferimento a strutture a “stella”, di fondamentale impiego nella distribuzione dell’energia
elettrica, ci si chiede se è possibile trasformare un N-polo generico (o anche un poligono) in
una stella di N resistori12. La condizione necessaria è che sia N(N-1)/2=N.
Tale operazione sarà quindi possibile solo nel caso N=3 (trasformazione triangolo-stella).
Trasformazione stella-poligono completo
Si abbia una stella di resistori di centro O; sia Rio la resistenza del resistore tra il polo i-mo ed
il centro stella.
L’autoconduttanza al polo i-mo si otterrà valutando la serie tra Rio ed il parallelo tra le
rimanenti resistenze:
1
Gii 
1
Ri 0  N
1

k 1;( k  i ) Rk 0
La conduttanza mutua Gij si otterrà considerando il partitore di corrente
Poiché l’unica autoconduttanza deve essere non negativa, si conferma che il valore assoluto delle conduttanze
mutue, non positive, deve essere inferiore al valore della autoconduttanza; in particolare, se quest’ultima è nulla,
saranno nulli tutti gli elementi di colonna o di riga .
10
N.B. Se l’autoconduttanza è nulla, il polo corrispondente è “isolato” dagli altri.
E’ da notare che con tale “trasformazione” scompaiono tutti i nodi interni della rete originaria. Se si volessero
avere indicazioni, ad esempio, sui potenziali dei nodi interni, occorrerebbe ricavare tali valori a parte.
12
Ovviamente, ad ogni stella è sempre associabile un poligono completo equivalente.
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11
ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI
Gij 
I j I j Ii
Ij
Ii


 Gii 
E j Ei
I i Ei
Ii
1
R jo
N
1
k 1( k  i ) Rk 0

Gii  
1
R jo
1
N
1
Ri 0 
k 1( k  i ) Rk 0

1
N
1
k 1;( k  i ) Rk 0

Queste espressioni permettono di costruire il poligono completo di resistori ( Rij  
Se N=3 abbiamo la trasformazione stella triangolo




 1
1 
1


 R10 


1
1 
 R20 R30 


R20 R30  R30  R20
1

R12  


1
G12
R30
R20
R23  
1
)
Gij

R R  R R  R10 R30  R20 R30
 R10  20 30   10 20
R20  R30 
R30

R R  R10 R30  R20 R30
1
 10 20
G23
R10
R R  R10 R30  R20 R30
1
 10 20
G31
R20
Sommando le tre relazioni membro a membro abbiamo
2
 1
1
1  R10 R20  R10 R30  R20 R30 
1


R12  R23  R31  R10 R20  R10 R30  R20 R30 




R12 R23

R10 R20 R30
R20
 R10 R20 R30 
R31  
da cui
R20 
R12 R23
R12  R23  R31
R10 
R12 R31
R12  R23  R31
R31 R23
R12  R23  R31
che costituiscono la trasformazione triangolo-stella.
Se le tre resistenze della stella sono uguali (R10=R20=R30=RY) anche le tre resistenze del
triangolo sono uguali (R12=R23=R31=R) ed avremo RY=R/3.
R30 
Caratteristiche degli N-bipoli (presentazione generale; riguardare con attenzione solo la
parte riguardante i doppi bipoli)
Ricordiamo che una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(22’),...,(N-N’) prende il nome di N-bipolo (N-porte).
La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della
convenzione sulle singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la convenzione
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dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere alimentate con generatori di tensione o
di corrente. Non vi è alcun vincolo per le tensioni e le correnti
Nella scelta della caratterizzazione dell’N-bipolo – su base corrente o su base tensione – si
potrà procedere come per l’N-polo, ricordando che non ci sono vincoli per i generatori.
Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali (alimentazione in corrente e
alimentazione in tensione) ed altre ibride (generatori di corrente su alcune porte e di tensione
su altre).
L’alimentazione fondamentale in corrente prevede quindi N generatori di corrente di
valore arbitrario I1,I2,…,IN.
L’alimentazione fondamentali in tensione prevede N generatori di tensione V1,V2,…,VN di
valore arbitrario applicati alle N porte
Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-bipoli lineari passivi nelle
configurazioni fondamentali, sottolineando però che vi sono configurazioni ibride di un certo
rilievo e diffusione, il cui modello è facilmente ricavabile.
Le relazioni tra correnti e tensioni alle porte (alimentazione su base tensione) è la seguente
I1=G11V1+G12V2+…+G1NVN
I2=G21V1+G22V2+…+G2NVN
…………………………….
(2)
IN=GN1V1+GN2V2+…+GNNVN
che può essere riscritta in forma matriciale
I  G V
(3)
dove I rappresenta l’array delle correnti ed V l’array (colonna) delle tensioni.
La matrice delle conduttanze
G 
G11
G12
.. G1N
G 21
G 22
.. G2 N
..
..
G N1
GN 2
..
(4)
..
.. G NN
gode delle seguenti proprietà :
-
ha rango stavolta uguale a N (il suo determinante è nullo): la matrice è invertibile;
-
gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non negative;
-
le conduttanze mutue possono essere quantità positive o negative;
-
per la proprietà di non amplificazione delle correnti, l’intensità Ik non potrà mai essere
superiore in valore assoluto alla intensità Ij, dove sia considerato un generatore; si avrà
quindi GjkGjj;
-
il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj;
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ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI
In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si ottiene
considerando che la matrice è simmetrica; esso vale quindi [N+ (N2-N)/2] ossia N(N+1)/2 .
Poichè la matrice è invertibile, si può anche considerare la relazione
V  G
1
 I  R  I
dove la matrice delle resistenze è l’inversa della matrice delle conduttanze. E’ appena il caso
caso di notare che l’elemento Rij non è l’inverso di Gij; basti pensare, tra l’altro che gli
elementi della matrice delle conduttanze vengono ricavati in condizioni di cortocircuito su N1 porte gli elementi delle resistenze in condizione di aperto su N-1 porte.
Doppi bipoli
Nel caso di due coppie di morsetti la matrice delle conduttanze e quella delle resistenze
avranno 3 elementi indipendenti (due di auto e uno di mutua).
Il modello su base corrente
V1  R11 I 1  Rm I 2
V2  Rm I 1  R22 I 2
porta a considerare uno schema equivalente a T (T1 o T2 a seconda che sia Rm positivo o
negativo), in cui
Ra
Rb
Ra
Rb
1
1
2
R
Rc  R m
1
2
Rc
Ra  R11  Rm
Rc
1’
2’
1’
1’
2’
2
Rb  R22  Rm
T2
T1
Il modello su base tensione
I 1  G11V1  GmV2
I 2  GmV1  G22V2
porta a considerare uno schema equivalente a Π (Π1 o Π2 a seconda che sia Gm negativo o
positivo), in cui
Gc  G m
Ga  G11  Gm
Gb  G22  Gm
Gc
Gc
2’
1
1
2
Ga
1’
Gb
2’
Π1
Ga
Gb
1’
2
Π2
Lezione del 7/10/05 (2h)
Bipoli in regime variabile (quasi stazionario): il resistore ed il condensatore ideali .
Se le grandezze sono variabili nel tempo, ma possiamo sempre parlare di una unica
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2’
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ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI
determinazione per l’intensità della corrente e della tensione, parleremo di bipoli in regime
variabile quasi stazionario.
Definiamo resistore ideale in tali condizioni il bipolo per cui valga la relazione v(t)=Ri(t)
qualunque siano i valori di tensione e corrente e qualunque sia t.
Definiremo condensatore ideale in condizioni quasi stazionarie il bipolo per cui valga la
relazione i(t)=dq/dt=Cdv/dt dove la i è correlata alla variazione della carica q sulle armature
del condensatore; il condensatore è un bipolo dinamico, in quanto abbiamo una relazione
differenziale tra tensione e corrente. Il coefficiente C può essere in prima approssimazione
considerato pari al rapporto tra carica e tensione in condizioni stazionarie (Capacità del
condensatore).
L’ intensità di corrente in un condensatore è in relazione differenziale con la tensione. Tale
relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire al valore della
tensione; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha in un generico istante t1
t1
dvc
(*)
ic  C
 vc t1    ic dt  vc t o 
dt
t0
dove to è un qualsiasi istante di riferimento.
Si vede quindi che se posso conoscere la tensione in un certo istante t1 solo se conosco il
valore della stessa in un istante precedente e l’andamento dell’intensità della corrente
nell’intervallo tra gli istanti to e t1.
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Lezione 11/10/05
Argomenti
Grandezze periodiche
Metodo simbolico – Operatori complessi
Operatori di impedenza e di ammettenza
Le funzioni periodiche del tempo a(t) sono caratterizzate da un periodo T tale che, per ogni t, sia a(t)=f(t+kT)
con k intero qualsiasi. L’inverso del periodo f=1/T viene detto frequenza; f si misura in hertz [inverso del
secondo].
Le funzioni periodiche sono caratterizzate da un valore massimo (o picco positivo) e da un valore minimo13, da
un valore medio nel periodo e da un valore medio quadratico ( rms: root mean square) o valore efficace nel
periodo
Amedio 
1
T

t 0 T
t0
a (t )dt
Arms  Aeff  A 
1
T
t0 T
a
2
(t )dt
t0
Le funzioni periodiche a valor medio nullo si dicono alternative.
Una funzione alternativa rettangolare ha il valore efficace coincidente con il valore massimo.
Una funzione sinusoidale del tipo
 2

a(t ) AM sen
t     AM sen2ft     AM sent   
T

è periodica di periodo T, frequenza f e pulsazione , fase iniziale , è alternativa ed il suo valore efficace è pari
a
Aeff 
AM
2
 0,707... AM
Il punto di nullo più prossimo allo zero è l’istante t*=-/. Pertanto se =0 la funzione è tipo seno, se =/2 la
funzione è del tipo coseno.
Una funzione b(t)=BMsen(t+) è sfasata dell’angolo (-) rispetto ad a(t); se tale angolo è positivo, b(t) è
sfasata in anticipo rispetto a a(t), se è negativo è sfasata in ritardo rispetto ad a(t); se il suddetto angolo di
sfasamento è nullo, le due grandezze si dicono in fase, se l’angolo di sfasamento è  le due grandezze si dicono
in opposizione di fase, se l’angolo è /2 le due grandezze si dicono in quadratura (in anticipo o ritardo).
Osserviamo che se consideriamo la somma o la differenza di due funzioni sinusoidali della stessa pulsazione
otteniamo una grandezza sinusoidale della stessa pulsazione; moltiplicando una funzione sinusoidale per una
costante positiva [negativa] abbiamo una funzione sinusoidale della stessa pulsazione in fase [in opposizione di
fase]; derivando rispetto al tempo una funzione sinusoidale abbiamo una funzione sinusoidale della stessa
pulsazione in quadratura in anticipo.
Poiché il sistema fondamentale prevede relazioni del tipo anzidetto, se ne deduce che una soluzione sinusoidale
di pulsazione  è compatibile con un sistema in cui i generatori (i termini noti) siano sinusoidali della stessa
pulsazione; applicando il principio di identità dei polinomi trigonometrici, si può anche concludere che la
soluzione è unica; tutte le grandezze incognite hanno pulsazione .
Le grandezze si diversificano quindi solo per l’ampiezza e la fase iniziale; possiamo quindi stabilire una
corrispondenza biunivoca tra le funzioni sinusoidali e le coppie ordinate di numeri reali (numeri complessi) ossia
i punti del piano cartesiano:
a(t )  AM sent     ( AM , )  A( Ax  AM cos , Ay  AM sin  )  AM e j  Ax  jAy
L’operatore di Eulero ej, formalmente definito come (cos+jsen), è un operatore di rotazione: applicandolo ad
un vettore Ā (fasore) del piano della rappresentazione – corrispondente della grandezza sinusoidale a(t)- si
ottiene un vettore ruotato di α. Se in particolare α=/2, si ha ej=j; un’altra rotazione di /2 porta al vettore
opposto ad Ā: infatti ej=j2=-1; una ulteriore rotazione di /2 ci porta ad una rotazione complessiva ej3=j3=-j
corrispondente ad una rotazione (“negativa”) di -/2: e-j/2=-j=1/j; una ulteriore rotazione di /2 ci riporta sul
vettore originario: ej2=j4=1
13
Ovviamente una funzione costante è un caso banale di funzione periodica.
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ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI
Alle operazioni di addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio nel tempo corrispondono
addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio della rappresentazione simbolica.
All’operazione di derivazione corrisponde una moltiplicazione per jω ovvero una rotazione di /2 ed una
modifica dell’ampiezza.
N.B. Nella corrispondenza la coppia ordinata di numeri reali può essere sostituita (per tutti i fasori) da un valore
univocamente legato all’ampiezza (ad esempio il valore efficace) e da un riferimento angolare qualsiasi.
Operatori complessi
In generale le operazioni tra fasori corrispondono ad una rotazione e modifica di ampiezza. L’operatore che le
descrive avrà la forma
M  M e j  M x  jM y  M cos  jMsen
con M modulo dell’operatore,  argomento dell’operatore.
Circuito R-C in regime sinusoidale
Se consideriamo un circuito semplice costituito da un generatore ideale di tensione e(t)=E Msen(ωt+), un
resistore di resistenza R ed un condensatore di capacità C, potremo ricavare per la corrente erogata dal
generatore l’espressione
e(t )  v R (t )  vc (t )  E  VR  Vc
v R  Ri R
 VR  RI
dvc
 I c  jCVc
dt
X
jarctg c
EM
E
ja
R
I 
 IM e 
e
 ic (t ) 
2
2
R  jX c
R  Xc
ic  C
EM
R X
2
2
c
sen(t  arctg
Xc
)
R
dove Xc=1/ωC è la reattanza capacitiva.
Operatori di impedenza e ammettenza
Nel metodo simbolico, il legame tra tensione e corrente per un bipolo si esprime nella forma (legge di Ohm alle
grandezze simboliche, convenzione dell’utilizzatore):
V  Z I oppure I  YV
(***)
(operatori di impedenza e di ammettenza)
V V e j V
Z   M j  M e j (   )  Ze j  R  jX
I
IM
IM e
I
I
1
R
X
Y   M e j (   )  Ye j  e  j  G  jB  2
j 2
2
V VM
Z
R X
R X2
L’argomento φ, per motivi che vedremo in seguito, prende il nome di angolo di potenza. La parte reale R
dell’operatore di impedenza è l’operatore di resistenza, il coefficiente della parte immaginaria X è l’operatore di
reattanza. L’impedenza si misura in ohm.
La parte reale G dell’operatore di ammettenza è l’operatore di conduttanza; il coefficiente dell’immaginario è
l’operatore di suscettanza. L’ammettenza si misura in siemens. Da notare che G non è l’inverso di R e B non è
l’inverso di X.
Nel caso del resistore ideale si ha Ż=R+j0,
fase con l’intensità di corrente.
Y  G  j 0 , con R=1/G pari al valore di resistenza. La tensione è in
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ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI
Nel caso dell’induttore ideale si ha Ż=0+j(XL),
Y  0  j ( BL ) , dove XL=L è la reattanza induttiva (mentre
BL=1/L è la suscettanza induttiva). La tensione è in quadratura ed in anticipo rispetto all’intensità di corrente.
Nel caso del condensatore ideale si ha Ż=0+j(-XC), Y  0  j ( BC ) , dove XC=1/C è la reattanza capacitiva
(mentre BC=C è la suscettanza capacitiva). La tensione è in quadratura ed in ritardo rispetto all’intensità di
corrente.
Queste considerazioni inducono ad interpretare l’operatore di impedenza come una “serie” formata da un
resistore ideale R e da un reattore ideale X (=X L-XC), ovvero, con un grado di libertà, come un circuito RLC
serie; l’operatore di ammettenza può essere a sua volta interpretato come un “parallelo” formato da un resistore
ideale di conduttanza G e da un reattore ideale di suscettanza B (=B C-BL), ovvero, con un grado di libertà, come
un circuito RLC parallelo.
Data la relazione tra i due operatori, si deduce che ad ogni circuito RLC serie corrisponde un circuito RLC
parallelo14.
I casi X=0 e B=0 corrispondono ai circuiti risonanti (serie e parallelo) equivalenti a resistori ideali.
Se R=X=0 siamo in presenza di un bipolo corto-circuito ideale.
Se G=B=0 siamo in presenza di un bipolo aperto ideale.
La (***) può essere scritta per qualsiasi bipolo formalmente rappresentabile, non solo del tipo RLC. Può essere
scritta anche per un generatore reale o ideale: in tal caso il bipolo non può essere ricondotto ad un circuito
equivalente RLC.15
Lezione del 14/10/05 (2h)
Argomenti
Consideriamo un bipolo di morsetti r-s funzionante in regime sinusoidale. Consideriamo la potenza istantanea
assorbita dal bipolo:
p rs t   v rs t   irs t   VMrs sin t   rs I Mrs sin t   rs  
VMrs I Mrs
cos rs   rs   cos2t   rs   rs  
2
 Vrs I rs cos rs   rs   cos2t   rs   rs  

 Vrs I rs cos rs   cos2t  2 rs   rs   Pmrs  p frs (t )
La potenza istantanea quindi in genere non è una grandezza sinusoidale, ma è caratterizzabile
da un valore medio Pm (detto potenza media, attiva o reale) e da una potenza fluttuante
sinusoidale a pulsazione doppia.
L’energia assorbita da un bipolo in un intervallo t pari ad un multiplo intero di periodi risulta pari a P mt, in
quanto il contributo della potenza fluttuante è nullo. Se l’intervallo t non fosse esattamente pari ad un multiplo
intero di periodi, il contributo all’energia assorbita fornito dalla potenza fluttuante sarebbe tanto più trascurabile
quanto più t è grande rispetto al periodo.
La potenza fluttuante è tuttavia significativa. Basti pensare che essa ha un valore massimo superiore o uguale alla
potenza media e che, considerando un bipolo reale, le sollecitazioni meccaniche sono legate alla potena
istantanea. Ad esempio all’albero di un motore potrebbe essere applicata una coppia istantanea anche superiore
alla coppia media; ciò porterebbe ad una sollecitazione di torsione intollerabile ovvero ad una sollecitazione “a
fatica” che limiterebbe le prestazioni meccaniche a lungo termine.
Nel caso di bipoli resistivi, la potenza media è pari a RI 2, dove I è il valore “efficace” (come se considerassimo
un caso stazionario), mentre nel caso di bipoli induttore (=π/2) e condensatore (=-π/2) la potenza media è
nulla . Per un circuito RLC l’angolo di potenza  è compreso tra –π/2 e π/2 ed il fattore di potenza cos tra 0 ed
1. Se risulta cos<0 siamo sicuramente in presenza di un generatore o di un bipolo attivo (un bipolo si dirà
passivo se in ogni condizione di funzionamento la potenza media assorbita risulterà non negativa).
14
15
Ovviamente con diversi valori di R,L,C (>0) e con un grado di libertà sulla scelta di L e C.
Può tuttavia essere sostituito da un circuito RLC se risulta R0, G0.
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La potenza apparente (che compare sulla targa dei dispositivi) è definita come prodotto del valore efficace della
tensione per il valore efficace della corrente; essa è una quantità positiva ed è da intendersi come potenza di
dimensionamento, in quanto il suo valore è proporzionale al volume occupato dal dispositivo (la distanza tra i
morsetti è proporzionale alla tensione mentre la sezione dei conduttori è proporzionale all’intensità della
corrente) e quindi al suo costo.
Lezione del 18/10/05 (3h)
Per ogni bipolo si può introdurre una grandezza complessa formale, detta potenza complessa, che abbia come
modulo la potenza apparente e come argomento l’angolo di potenza . Essa si può ottenere moltiplicando il
fasore della tensione per il coniugato del fasore dell’intensità di corrente
~
Prs  Vrs I rs  Vrs e j rs I rs e  j rs  Vrs I rs (cos  rs  jsen rs )  Prs  jQrs
La grandezza Qrs prende il nome di potenza reattiva.
Poichè la potenza complessa è una potenza virtuale (le correnti coniugate soddisfano per loro conto al 1°
principio di Kirchhoff), per il teorema di Tellegen essa si conserva. Ne consegue la conservazione delle potenze
reattive in una rete.
Rifasamento
La potenza reattiva Q assorbita da un bipolo è, in genere, dello stesso ordine di grandezza
della potenza media P; nel caso di bipolo passivo, la potenza reattiva ci dà indicazione se il
bipolo è prevalentemente di tipo ohmico-induttivo (Q>0) o di tipo ohmico-capacitivo (Q<0).
Il dimensionamento di un bipolo è legato alla potenza apparente
A  VI  P 2  Q 2
Per ottimizzare tale dimensionamento – a parità di potenza media in gioco e quindi di energia
– occorrebbe che fosse Q=0. Tutti i bipoli dovrebbero essere modificati in maniera da avere
tensione e correnti in fase. Ciò è in linea di principio possibile se tutti i generatori ideali sono
in fase o in opposizione di fase. In tal caso sarebbe possibile “aggiungere” (in serie o in
parallelo) una reattanza tale che la reattanza (o suscettanza) equivalente sia nulla, ossia i bipoli
siano risonanti (rifasamento locale serie o parallelo).
In genere questa soluzione risulta molto gravosa. Dal punto di vista industriale, un
compromesso si ottiene considerando l’utenza (quasi sempre di tipo ohmico induttivo con
angolo di potenza >26°) nel suo complesso ed inserendo un bipolo (condensatore in
parallelo al carico) in maniera che l’Ente fornitore “veda” un fattore di potenza cosL>0,9
(L<26°).
Dal bilancio di potenza complessa o da considerazioni sul diagramma vettoriale delle
grandezze simboliche otteniamo che il valore della capacità necessaria a rifasare un carico di
potenza P sotto tensione V vale
P(tg  tg L )
C
V 2
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Lezione del 21/10/05 (2h)
Circuiti risonanti
Un circuito in regime sinusoidale, comunque complesso, nel quale siano presenti resistenze,
induttanze e capacità e un solo elemento attivo si dice in risonanza quando rispetto al
generatore che lo alimenta si comporta come un circuito puramente ohmico.
Consideriamo per semolicità il circuito RCL serie illustrato in Fig.1.
Fig. 1 – Circuito RLC serie.
Consideriamo il funzionamento in regime sinusoidale di tale circuito.
Eˆ
Il fasore Iˆ  I m e j rappresentativo della corrente i(t )  I m sen(t   ) è dato da Iˆ 
.
Z eq
Dove Eˆ  Em rappresenta il fasore relativo alla tensione del generatore e(t)  E m sen(t) e
1 

 è l’impedenza equivalente della serie del resistore, dell’induttore e
Zeq  R  jL 

C 
del condensatore.
Il modulo del fasore corrente è:
Im 
Em
.
2
1 


R2  L 

C 
(1)
Consideriamo, ora, l’andamento del modulo della corrente Im al variare della pulsazione ω. È
immediato verificare che il valore del modulo Im tende a zero per ω→0 e per
ω→  ,
mentre assume il suo valore massimo in corrispondenza della pulsazione
caratteristica del circuito:
0 
1
LC
(2)
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La pulsazione (2) prende il nome di pulsazione di risonanza. E’ facile verificare che per tale
valore della pulsazione la parte immaginaria dell’impedenza Z eq è uguale a zero, perché la
reattanza del condensatore è l’opposta di quella dell’induttore, e quindi il modulo di Z eq
assume il valore minimo.
Il valore della corrente alla pulsazione di risonanza è quindi uguale a
Em
, cioè, alla corrente
R
che si avrebbe se nel circuito vi fosse solo il resistore. Inoltre, alla risonanza è immediato
verificare che la tensione del condensatore VˆC è l’opposto di quella dell’induttore VˆL , e
quindi la tensione sul resistore è uguale a quella del generatore.
In definitiva, alla pulsazione di risonanza il circuito, rispetto alla tensione che lo alimenta, si
comporta come se fosse puramente ohmico (la serie L-C è equivalente ad un cortocircuito).
Si osservi che valgono analoghe considerazioni per il circuito RLC parallelo. In questo caso
tuttavia al posto della corrente va considerata la tensione sui tre carichi in parallelo (alla
risonanza il parallelo LC si comporta come un circuito aperto).
I circuiti risonanti, almeno da un punto di vista di principio, sono quelli che si utilizzano nelle
telecomunicazioni quando si voglia selezionare un segnale di un data frequenza presente in
tutto lo spettro che il sistema ricevente raccoglie. La selezione avviene facendo variare la
frequenza di risonanza del sistema ricevente che si “accorda” con la frequenza cercata grazie
al fatto che a quella frequenza si ha un picco di corrente.
Occorre tuttavia ricordare, soprattutto nel caso di impianti di potenza, la tensione sul
condensatore e sull’induttore –RLC serie- [l’intensità di corrente nel caso del circuito
parallelo] potrebbe assumere valori elevati e quindi pericolori. Infatti si può mostrare che il
valore efficace della tensione sul condensatore [dell’intensità di corrente nell’induttore nel
caso parallelo] è, alla pulsazione di risonanza, pari al valore efficace della tensione del
generatore moltiplicato per il fattore di merito
 L
1
R
Qs  o 
[Q p  o RC 
]
R
o RC
o L
che può assumere valori molto elevati per R tendente a zero [per R tendente a infinito].
Un circuito RLC può quindi assumere il ruolo di amplificatore passivo, non valendo più in
generale le ipotesi di non amplificazione valide il regime stazionario16.
La relazione (1) può essere riportata in una curva universale di risonanza, valida per qualsiasi
circuito RLC, in cui si riporta in ordinata il rapporto I(ω)/ I(ωo) tra il valore efficace della
intensità di corrente alla pulsazione generica e il valore efficace alla pulsazione di risonanza;
  0
in realtà si fa riferimento – in ascissa- al prodotto dello scostamento relativo  
0
dalla pulsazione di risonaza per il fattore di merito Qo. Sulla curva risultante può identificarsi
agevolmente la banda passante del circuito17.
Bipoli reattivi (cenni)
16
Si può mostrare che la proprietà di non amplicazione continua a valere anche in regime sinusoidale per le reti
resistive e per le reti RL o RC, oppure solo L o solo C.
17
Si definisce banda passante l’intervallo di frequenza – ad esempio intorno alla frequenza di risonanza – in cui
il valore efficace della grandezza in esame non diminuisce oltre un certo valoreFissando questo valore a
1/√2=0,707.. si definisce in acustica ed in elettronica la banda a 3 dB (il decibel è pari al logaritmo in base 10
dell’attenuazione e serve a “adattare” la valutazione della grandezza alla risposta dell’orecchio umano).
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Si può dimostrare che una rete di bipoli L e C, presenta ai morsetti di accesso A-B, una
reattanza equivalente che è sempre crescente con la pulsazione, tranne nei poli, in cui si
verifica una discontinuità di seconda specie (pulsazioni di risonanza parallelo). Avremo
quindi in un diagramma X(ω) un alternanza di zeri – pulsazioni di risonanza serie- e di poli –
pulsazioni di risonanza parallelo.
A partire da questa proprietà (teorema di Foster) è possibile progettare gli opportuni filtri per
eliminare componenti “armoniche” indesiderate nell’alimentazione.
Lezione del 25/10/05 (3h)
Definizioni fondamentali:
Sistema trifase : Per sistema polifase in regime sinusoidale si intende un collegamento di npoli (vedi lezione n.3) attraverso n linee o fasi. Le tensioni tra i poli si dicono concatenata. Il
sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in Italia è un sistema trifase.
Esistono, per diverse applicazioni, sistemi con un numero di fasi superiore, in genere un
multiplo di tre (6,12,48,…).
Sistema puro e spurio : se gli n-poli sono a stella, è possibile collegare tra loro con un (n+1)mo conduttore ( neutro) i centri stella. In questo caso il sistema si dice spurio; ad esempio, il
sistema trifase di distribuzione in bassa tensione in Italia è un sistema spurio: oltre ai tre
conduttori di fase R-S-T è disponibile un quarto conduttore “neutro” N (oltre ad un eventuale
altro conduttore di protezione P). Il sistema di distribuzione in media tensione è invece un
sistema puro, con tre sole linee.
In un sistema spurio le correnti di linea non dipendono dai carichi (impedenze) delle altre
linee.
Sistemi simmetrici ed equilibrati: un sistema polifase si dice simmetrico (diretto o inverso)
se le tensioni di alimentazione sono simmetriche (diretto o inverso) , ossia se i moduli sono
uguali ed ogni tensione è in ritardo (in anticipo per la simmetria inversa) di 2π/n rispetto alla
tensione che la precede nella sequenza. Se le tensioni sono simmetriche, i fasori rappresentano
un poligono regolare di n lati. Se anche le correnti di linea sono simmetriche, il sistema si dice
equilibrato.
In un sistema simmetrico ed equilibrato l’intensità di corrente nell’eventuale conduttore
neutro è nulla.
In un sistema simmetrico ci si riferisce in genere al valore efficace della tensione concatenata (
tensione di sistema).
Potenza nei sistemi trifase: in un sistema trifase simmetrico ed equilibrato la potenza
fluttuante erogata dai generatori è nulla. La potenza istantanea quindi coincide con la potenza
media: la sollecitazione meccanica legata alla coppia istantanea non ha quindi un termine di
“fatica”, determinando così prestazioni ottimali.
Un sistema trifase simmetrico ed equilibrato consentirebbe, a parità di energia trasmessa, un
risparmio del 50% sui conduttori rispetto a tre sistemi monofasi. In un sistema spurio, il carico
è di norma “quasi” equilibrato, il conduttore neutro può essere realizzato della stessa sezione
dei conduttori di fase e quindi si ha un risparmio di 1/3 rispetto a tre sistemi monofase.
Lezione del 28/10/2005 (2h)
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Teorema di Aron: in un sistema trifase puro (anche dissimmetrico e squilibrato), la potenza
complessa può essere calcolata valutando le tensioni rispetto ad un riferimento qualsiasi
(invarianza della potenza rispetto al centro stella) ; prendendo come riferimento un polo k ,
essa può essere quindi espressa con somma di solo due termini considerando il prodotto del
fasore delle tensioni concatenate di una delle due linee rispetto alla terza linea k con il
coniugato del fasore della corrente della linea.
Per la misura della potenza media e della potenza reattiva in un sistema puro bastano quindi
due wattmetri e due varmetri.
-
Svolgimento di esercizi sui sistemi trifase
Lezione del 4/11/05 (2h)
Esercitazione sui sistemi trifase
Lezione del 11/11/05 (2h)
Illustrazione della trasmissione dell’energia elettrica con schema unifilare
Livelli tipici di tensione (AT, MT, bt) – Tipi di collegamento
Trasformatore ideale
Trattasi di un doppio bipolo ideale, caratterizzabile con parametri ibridi o, più semplicemente
dalle relazioni v1/v2=a , i1/i2=-1/a (a - detto rapporto di trasformazione- è numero reale
diverso da zero). Esso può essere letto come trasformatore di tensione e/o di corrente. Le
tensioni e le correnti s’intendono costanti o variabili nel tempo. Il trasformatore ideale è
trasparente alla potenza istantanea.
Per numerose applicazioni, si considera il funzionamento in regime sinusoidale. In tal caso, il
trasformatore ideale si mostra trasparente alla potenza complessa. Il trasformatore ideale si
comporta anche come trasformatore d’impedenza: se Zu è un’impedenza collegata alla
seconda porta, l’impedenza equivalente alla prima porta vale Z1eq=a2Zu.
Circuiti magneticamente accoppiati
L’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di autoinduzione L1, L2 e mutua
induzione M è valutato dal coefficiente k=M/√ L1L2. Tale coefficiente è in valore assoluto non
superiore all’unità, dovendo essere non negativa l’energia magnetica, funzione quadratica
delle correnti, con parametri L1, L2,M .
Per k=±1, l’accoppiamento si dice perfetto: l’energia magnetica è nulla (il campo magnetico è
nullo in tutto lo spazio) anche se le correnti non sono nulle, ma nel rapporto │ i1/i2│= √L2 /L1.
Lezione del 15/11/05 (3h)
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Circuiti accoppiati – rete equivalente
Due circuiti accoppiati possono essere studiati con il modello del doppio bipolo, matrice Z.
Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è equivalente ad un trasformatore ideale
con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima [seconda] porta. Tale doppio bipolo è
equivalente quindi in genere ad un trasformatore di tensione e non è trasparente alla potenza
reattiva; rispetto ad un trasformatore di corrente è presente la corrente a vuoto alla prima
[seconda] porta. Tale corrente sarà nulla se alla seconda [prima] porta è collegato un bipolo
cortocircuito: in tal caso il doppio bipolo si comporta come un trasformatore di corrente, ma
ambedue le tensioni sono nulle.
L’intensità della corrente a vuoto è tanto più trascurabile quanto più grande è la reattanza ωL1
rispetto al modulo di Z1eq=a2Zu
Se l’accoppiamento non è perfetto possiamo considerare la scomposizione L1=L1‘+L1” e L2=
L2‘ + L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di accoppiamento perfetto. Una delle due
induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad esempio nulla).
Se (in particolare per avvolgimenti a molte spire) si introducono i coefficienti di dispersione
(scarto relativo tra i flussi di dispersione medio auto e mutuo concatenato, dove con flusso
medio si intende il flusso concatenato riferito al numero di spire), si possono definire le
induttanze di dispersione pari al prodotto dei coefficienti di dispersione con le induttanze L1,
L2. Se si assumono come L’ le due induttanze di dispersione, la rete equivalente prevede tra
l’altro un trasformatore ideale con rapporto di trasformazione pari al rapporto spire.
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Lezione del 18/11/05
Richiami sulle proprietà integrali dei campi magnetici stazionari:
- proprietà del vettore H (intensità del campo magnetico) legato alle correnti “libere” Ik nei
conduttori,
 H  tdl   J
c
 ndS    I k
S
del vettore M (intensità di magnetizzazione) legato alle correnti “vincolate” nella materia
corrispondenti al moto degli elettroni,
 M  tdl   J
m
 ndS 
S
del campo B (induzione elettromagnetica) legato a tutte le correnti (libere e vincolate)
 B  t dl   J
c
 J m   n dS 
S
Nel caso quasi-stazionario (magnetico), in cui rientra una prima trattazione del trasformatore e
della macchina asincrona, si trascura il contributo della corrente di spostamento18.
Le proprietà locali dei suddetti campi possono così riassumersi:
div B=0
rotH=Jc
rot M=Jm
B=μ(H+M)
Il parametro μ=μr/μo [H/m] viene definita permeabilità magnetica assoluta del materiale; a μo
viene impropriamente attribuito il titolo di “permeabilità del vuoto”19; ur è la permeabilità
realativa. Possiamo classificare i materiali in materiali diamagnetici con μr poco minore
dell’unità (la presenza del materiale “indebolisce” il campo d’induzione B a parità di sorgenti
“libere”), materiali paramagnetici com μr poco maggiore dell’unità (la presenza del materiale
“rinforza” in modesta misura il campo di induzione) ed in materiali ferromagnetici con μr
molto maggiore dell’unità (il materiale contribuisce notevolmente, con l’organizzazione di
propri domini, al campo di induzione, fino alla “saturazione” cioè all’allineamento di tutti i
contributi al campo magnetico dei domini). Materiali ferromagnetici sono ad esempio il ferro,
il cobalto e loro leghe (in qualche caso si può arrivare a μr dell’ordine di 100.000); anche gli
ossidi di ferro sono ferromagnetici (ferriti) ma con proprietà magnetiche più modeste.
18
Ricordiamo infatti che in generale si avrebbe
 B  t dl   J
o
c
dE
 J s   n dS  con J s   o
S
dt
densità di corrente di spostamento)
19
in realtà μo è una costante dimensionale assoluta, legata alla opportunità di stabilire [per semplicità, nel vuoto]
il legame tra il campo magnetico H, definito a partire dalle correnti [libere nei conduttori] ed il campo di
induzione magnetica B la cui definizione risiede nella formulazione della legge fondamentale dell’induzione
elettromagnetica ( nella forma integrale
d
 E  t dl  dt  B  n dS  ),
significativa nei casi quasi-stazionari
S 
magnetici.
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Il parametro μr può anche essere una matrice (tensore), per i materiali anisotropi (le
caratteristiche magnetiche dipendono dalla direzione del campo).
I campi magnetici interessano tutto lo spazio, ma in molti casi applicativi (avvolgimenti di
spire) possono essere rappresentati facilmente i tubi di flusso “originati” da correnti in un
avvolgimento; in genere questi tubi sono “chiusi” a forma di anello a sezione non costante; ad
ogni tubo di flusso possiamo associare il valore del flusso (di B) attraverso una qualsiasi
sezione dello stesso e la circuitazione (di H) lungo l’asse del tubo (che con buona
C H
approssimazione coincide con una linea del campo). Il rapporto  
tra la circuitazione
 B
di H, misurata in ampère [A] o, con notazione pratica, in amperspire NI [A] ed il flusso di B,
misurato in weber [Wb] costituisce la riluttanza del tubo di flusso; la riluttanza viene
misurata in 1/henry [H-1]. Questa relazione è nota come legge di Hopkinson; essa è analoga
alla legge di Ohm per un circuito semplice ( all’intensità di corrente corrisponde il flusso di B,
alla forza magnetomotice corrisponde la circuitazione di H detta anche forza magnetomotrice,
alla resistenza corrisponde la riluttanza) consente una rappresentazione circuitale per i tubi di
flusso di B, che per tale motivo vengono anche chiamati circuiti magnetici. Se il tubo di flusso
interessa diversi materiali, siamo autorizzati a considerare riluttanze “in serie” e comparare la
forza magnetomotrice alle tensioni magnetiche “ai capi” delle singole riluttanze. Potranno
essere opportunamente applicati i teoremi sulle reti elettriche. Le reti magnetiche sono
considerate, tra l’altro, per valutare ,con buona approssimazione nei casi reali di strutture in
ferro, i coefficienti di auto e mutua induzione.
Sui richiami alla teoria dei campi magnetici si faccia riferimento al capitolo secondo
dell’appendice del testo consigliato; per le proprietà dei campi magnetici in presenza di
materiali ferromagnetici anche alla nota specifica disponibile sul sito
Per gli argomenti successivi si fa ampio riferimento al testo consigliato
Lezione del 22/11/05 (2h)
Il trasformatore reale – Perdite nel ferro
Lezione del 25/11/05 (2h)
Rete equivalente del trasformatore reale – Reti semplificate
Prova a vuoto
Lezione del 29/11/05 (3h)
Reti equivalenti semplificate del trasformatore reale
Prova in Corto circuito
Tensione di cortocircuito
Caduta di tensione nei trasformatori
Lezione del 2/12/05 (2h)
Rendimento di un trasformatore
Parallelo di trasformatori
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Lezione del 6/12/05 (3h)
La macchina asincrona – Il campo rotante
Note sulla conversione elettromeccanica
La conversione elettromeccanica si basa sulla espressione della forza di Lorentz agente su una
carica q:
Fq  qE  v  B 
20
Se consideriamo una carica q in un conduttore filiforme perfetto (all’interno del quale in
campo elettrico E=0), e supponiamo di muovere, con un’azione esterna, il conduttore stesso
in un campo magnetico, ogni carica sarà soggetta a una forza ortogonale alla direzione del
moto ed al campo magnetico (tale forza sarà nulla se il moto avviene lungo le linee del campo
magnetico). Le cariche potranno muoversi nel volume occupato dal conduttore (immaginando
per semplicità che non possano abbandonare lo stesso). Potremo quindi, a seconda dei casi,
fare diverse considerazioni
1) Nel caso di una barretta rettilinea AB di conduttore che si muova di moto uniforme
“trasversalmente” (cioè su un piano ortogonale) ad un campo magnetico B uniforme,
tutte le particelle libere del conduttore sono soggette a forze che le spingono verso gli
estremi, dove si accumuleranno fino al raggiungimento di una situazione di equilibrio
tra il campo di repulsione coulombiano e il campo della forza di Lorentz. Nella
situazione di fig.1 viene evidenziata la separazione delle cariche. Da notare
esplicitamente che la forza di Lorentz agisce sulle cariche nel conduttore, mentre il
campo coulombiamo generato dalla separazione delle cariche può essere “sentito” e
misurato in tutto lo spazio. Quindi si può valutare la tensione indotta
B
B
F
   q  t dl   v  B  t dl lungo la barretta attraverso la misura della tensione lungo
q
A
A
un
percorso
B
 
A
Fq
q
esterno

 t AB dl  VAB 
alla
barretta
AB ,
solidale
con
la
stessa:
B
 E  t dl
A,
. Nell’intervallo di tempo dt la barretta
  AB
avrà coperto una “superficie” di larghezza vdt, tagliando idealmente le linee di flusso
di B. Per tale ragione si parla in gergo di tensione indotta da flusso tagliato:
d tagliato
dt

d
( Bv dt ) LAB ;
dt
Fq
+++++++++++++++
A
+++++++++++++++
+
+++++++++++++++
+
v
+
+++++++++++++++
+
+++++++++++++++
B
+++++++++++++++
B
+++++++++++++++
20
B
   v  B  t dl  vB LAB
A
B
v
+
+
+
+
+
+
+
+
In questa espressione non sono considerate forze di natura diversa (chimica, termica, ..)
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+
+
+
+
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Fig.1
Fig.2
2) Consideriamo ora (fig.2) una spira quadrata (percorso chiuso) immersa in un campo
magnetico uniforme e ruotante con velocita angolare costante Ω ad es. in senso orario
attorno ad un asse ortogonale al piano del foglio. Sulle cariche della spira agirà, a
seconda del tratto della spira e della sua posizione, una forza di Lorentz variabile in
modulo e verso; se la spira si trova in posizione “orizzontale”, la forza di Lorentz è
nulla dappertutto in quanto v e B sono paralleli; in posizione verticale la forza è
massima ed è diretta verso l’osservatore per i punti della porzione superiore della
spira, in verso opposto nella porzione inferiore. Con forza di intensità variabile le
cariche saranno quindi spinte a “circolare” nella spira 21. Il tutto è riconducibile alla
valutazione della forza elettromotrice indotta (legge di Faraday-Neumann)
Fq
d
E

t
dl

 i
 q  t dl   dt . Infatti, quando il flusso Φ concatenato con la spira è
massimo, la forza è nulla; nel tempo il flusso varia con legge cosinusoidale. La spira
chiusa consente una migrazione di cariche, ossia una corrente elettrica che, con il
riferimento fissato in fig.2, è positiva quando il flusso decresce, cioè per mezzo giro.
In tale intervallo, il suo effetto è la creazione di un campo magnetico di “rinforzo”,
ovverosia essa tende a “mantenere” il flusso concatenato.
3) Per avere ovunque ortogonalità tra campo di velocità e campo magnetico, si può
modificare la distribuzione del campo magnetico avvolgendo la spira su supporto
ferromagnetico e facendola ruotare in un traferro tra espansioni o “scarpe” polari
magnetiche (Nord e Sud), sagomate in modo tale che il campo magnetico risulti
praticamente radiale. In tal caso la forza di Lorentz risulta praticamente costante nel
passaggio sotto una scarpa polare, inverte il senso passando sotto l’altra. I due lati
ortogonali al foglio danno luogo ad una tensione indotta lungo il loro asse non nulla,
per cui si dicono attivi; si sottolinea che sugli altri due lati la forza di Lorentz non è
nulla, ma tensione lungo il loro asse è nulla. Questo è il principio di un possibile
alternatore elettrico o generatore (trasforma energia meccanica in energia elettrica).
4) Se la spira ferma, con il riferimento fissato in fig.2, è interessata da una corrente di
intensità i(t), possiamo immaginare che il campo di velocità sia quello di migrazione
delle cariche all’interno del conduttore; quindi le stesse sono soggetta ad una forza
ortogonale al conduttore attivo e quindi ad una coppia motrice. Se la spira è libera di
ruotare, si mette in movimento (principio del motore elettrico)22.
5) Se il campo B è un campo stazionario (di un magnete permanente o di un
elettromagnete) ed i è costante, siamo nel caso del motore a corrente continua;
6) Se il campo B è variabile con legge sinusoidale, la corrente i(t) può essere ottenuta per
induzione elettromagnetica; è possibile far sì da avere una coppia motrice significativa
ed avremo il motore in corrente alternata;
7) Possiamo ottenere una corrente indotta in una spira libera di ruotare (rotore) attraverso
un campo rotante (motore asincrono); per ottenere un campo rotante basta considerare
l’effetto di tre solenoidi disposti simmetricamente (con assi a 120°) sulla periferia di
In realtà nei due tratti di spira ortogonali all’asse di rotazione le cariche sono spinte temporaneamente verso le
pareti.
22
Sui due lati non attivi ha luogo una separazione di cariche che si attestano sulle pareti. Vi sono sonde di misura
del campo magnetico che si basano su questo principio (effetto Hall).
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uno statore (parte fissa della macchina), alimentati da una terna di correnti
simmetriche (sfasate nel tempo di 120°) a pulsazione Ω. Ogni solenoide produce in
ogni punto del traferro un campo sinusoidale a pulsazione Ω diretto lungo l’asse
geometrico del solenoide (z1,z2,z3); tale campo può essere scomposto in due campi
rotanti (diretto ed inverso) con velocità angolare +Ω e - Ω, di intensità costante pari
alla metà del valore massimo del campo. Il contributo al campo del secondo solenoide
può a sua volta essere scomposto un un campo rotante diretto ed uno inverso, ma la
posizione spaziale e del secondo avvolgimento e la fase della seconda corrente fanno
sì che la componente diretta sia allineata alla prima e la componente inversa sia sfasata
di 120° rispetto alla prima; ripetendo il discorso per il terzo solenoide si può
riconoscere che le tre componenti dirette si sommano dando luogo ad un campo
risultante di valore pari a 3/2 rispetto a quello del singolo avvolgimento, mentre le
componenti inverse danno istante per
istante somma nulla (in fig.3, la situazione per
B1=BM cosΩt 1z1
1z1
t=0).
B1i
B1d
Ω
B3d
B2d
-Ω
Ω
B3=BM cos(Ωt+2π/3) 1z3
B3i
1z3
B2i
1z2
B2=BM cos(Ωt-2π/3)
1z2
B1  B 2  B3  B1d  B 2d  B3d 
8) Per quanto detto una terna di avvolgimenti disposti simmetricamente lungo la periferia
interna dello statore, alimentata da una terna simmetrica di tensioni, equivale ad un
magnete rotante (Nord-Sud) e pertanto viene definito coppia di poli. Se gli
avvolgimenti non vengono distribuiti sull’intera circonferenza, ma su una parte 1/p,
avrò una macchina a p coppie di poli. Disponendo in modo regolare gli avvolgimenti
sulla periferia interna di statore, si avrà alternanza di poli Nord e poli Sud; il passo
polare (differenza angolare tra due Nord consecutivi) è pari a 2π/p. La velocità di
rotazione equivalente del campo rotante è ω=Ω/p e quindi la velocità di sincronismo
della macchina è p volte più bassa (per p=1 e f=50 Hz la velocità è di 50 giri/s ossia
3000 giri al minuto, per p=4 la velocità è 750 giri al minuto).
Lezione del 9/12/05 (2h)
-
Rete equivalente del motore asincrono
-
Bilancio energetico – coppia motrice in funzione dello scorrimento
-
Avviamento
-
Regolazione della velocità
-
Cenno sui motori a gabbia
Lezione del 13/12/05
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3
BM
2
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-
Cenni sul motore asincrono monofase
-
Strumenti di misura – Errori
-
Strumenti magnetoelettrici
-
Strumenti elettrodinamici
Lezione del 16/12/05 (2h)
Considerazioni generali sugli impianti di produzione, trasmissione, distribuzione ed
utilizzazione dell’energia elettrica. Protezione da sovratensioni e sovracorrenti.
Elementi di sicurezza elettrica. Cenni sugli impianti di terra.
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