841093057 Lutero e la Riforma Ogni indagine storiografica sulla Riforma è, in parte più o meno ampia, costituita dalla biografia di Lutero. Ma la Riforma andò a un certo punto oltre la sua persona, venendo inoltre condizionata dalla particolare situazione storico-politica della Germania. Lucien Febvre, uno dei maggiori storici francesi del secolo scorso, studioso del Rinascimento e della Riforma oltre che di problemi di geografia storica e di metodologia della ricerca, scrisse nel 1928 un Martin Lutero (ripubblicato con poche modifiche nel 1944 – tr. it. Laterza, Roma-Bari 1969, pp. 282) che trattava in maniera molto originale la vita del riformatore tedesco. Riforma religiosa o riforma ecclesiastica? Il titolo francese dell’opera è in realtà Un destin: Martin Luther e nella “Premessa” Febvre spiegava di non aver propriamente voluto scrivere una biografia. In effetti il libro tratta esclusivamente il periodo compreso fra il 1505, l’anno in cui Lutero si fece monaco, e il 1525, l’anno in cui la Riforma cominciò a vivere una vita indipendente dal suo promotore e, si può aggiungere, cominciò a sfuggirgli di mano e ad assumere caratteri che non dovevano più soddisfarlo in pieno. Proposito di Febvre era quello di «porre nei confronti di un uomo di una vitalità eccezionale, quel problema dei rapporti fra l’individuo e la collettività, tra l’iniziativa personale e la necessità sociale, che è, forse, il problema fondamentale della storia». Per molto tempo la storiografia sulla Riforma è partita dalla questione delle indulgenze, presentando i primi interventi pubblici di Lutero, a cominciare dalle Tesi, come una denuncia della corruzione e degli “abusi” che avevano preso piede nella chiesa. Molta importanza, notava Febvre, si è data abitualmente al viaggio compiuto da Lutero a Roma fra il dicembre 1510 e il gennaio 1511. In questa occasione gli sarebbe accaduto di contemplare con i propri occhi lo splendore materiale e la povertà spirituale del potere ecclesiastico e di prepararsi così al moto di protesta indignata al momento del bando dell’indulgenza tedesca. La conclusione cui arriva Febvre è invece che la novità del pensiero luterano non sta nella denuncia degli abusi, già molte volte compiuta da altri prima di lui, e nella proposta di una riforma dell’istituzione ecclesiastica. Fino al 1515 e anche fino al 1517 «quello che importa a Lutero è l’anima di Lutero, la salvezza di Lutero». «Non è da una Bolla che concedeva, tra dozzine di altre tutte uguali, delle indulgenze» che è derivata la dottrina esposta nelle Tesi; è piuttosto dal «travaglio interiore» di un’anima che dubitava fortemente della possibilità di salvarsi semplicemente combattendo con le proprie forze il peccato e cercando di adempiere i comandamenti. Le Tesi «non sono l’improvvisa reazione di un uomo che vede spiegarsi dinanzi agli occhi uno scandalo imprevisto e clamoroso». Semplicemente vivendo a Wittenberg Lutero aveva potuto per anni vedere come il suo futuro protettore Federico di Sassonia si era preoccupato di mettere insieme un’imponente raccolta di reliquie e di collegarla alla concessione di indulgenze a chi le visitava il giorno di Ognissanti. L’elemento essenziale delle Tesi non era nell’aspetto simoniaco delle indulgenze, con il loro legame fra denaro e cose sacre, ma nell’accusa «di conferire ai peccatori una falsa sicurezza». Lutero, la Germania e la Riforma Secondo Febvre, la chiesa non percepì questa sostanza delle Tesi (il peccato, la grazia, la fede, la salvezza), ma vide solo l’attacco a un proprio potere che giudicava vitale e si affrettò «con goffa precipitazione» a minacciare il suo autore. Inevitabilmente Lutero fu spinto a prendere coscienza delle implicazioni politiche delle sue dottrine e a cercare l’appoggio di quelle forze tedesche che erano mosse da più autentici motivi anticlericali e anti-papali, la borghesia, i cavalieri, molti dei principi. Partito dall’esigenza di riformare la propria vita interiore, qualcosa che riguardava in maniera universale tutti i cristiani, Lutero cominciò a pensare e a comportarsi come un tedesco che rivendicava la liberazione della propria nazione dal giogo romano. 1 841093057 Per cinque anni, dal 1520 al 1525, si mantenne una sintonia apparentemente completa fra l’aspetto più intimamente religioso e quello più strettamente tedesco della battaglia per la Riforma. Ma sempre più fra l’uomo Lutero, il movimento della Riforma e la politica tedesca si venne aprendo una evidente divergenza. Lutero aveva insistito sulla necessità che la libertà della coscienza fosse a fondamento della fede e sul diritto e il dovere di ogni cristiano di leggere e far propria la parola di Dio contenuta nelle Scritture. Accadde invece che da una parte i principi ricrearono apparati ecclesiastici nella forma di chiese di stato indipendenti da Roma (vedi par. 3) ma alle quali non si poteva non appartenere; mentre, dall’altra, il principio del contatto diretto con le scritture veniva piegato a giustificare qualunque interpretazione personale, una moltiplicazione delle sette fino alla disintegrazione anarchica di ogni possibile comunione ecclesiale. 2