Comunicato stampa
Bz, 13.10.2005
Direttiva europea sulla televisione
Pubblicità "occulta":
una minaccia per la credibilità dei programmi TV
Allarme dei consumatori contro la liberalizzazione della pubblicità indiretta:
contenuti redazionali in vendita al miglior offerente
Durante una puntata del più seguito e autorevole programma TV sulla salute, uno degli
ospiti beve da una bottiglia su cui è ben visibile la marca di una bibita per sportivi. Al
termine del programma, nei titoli di coda si legge: "Questa trasmissione è
sponsorizzata dall'associazione nazionale dei produttori di bevande per sportivi". Così
potrebbe essere la pubblicità televisiva del domani, se la Commissione UE e le lobbies
economiche riusciranno a spuntarla. "Quel giorno segnerà la fine di ogni credibilità dei
programmi TV", avvertono le associazioni dei consumatori.
Dal 20 al 22 settembre si è svolta a Liverpool la conferenza sul settore audiovisivo nell'Unione
Europea. Principale punto all'ordine del giorno era la revisione della direttiva europea sulla
televisione del 1997, nonché la nuova regolamentazione, o meglio la liberalizzazione dei messaggi
pubblicitari. La commissaria europea Viviane Reding, infatti, ha proposto di dare il via libera al
cosiddetto "product placement" in televisione.
Reding vorrebbe eliminare il divieto della pubblicità indiretta attualmente vigente in ambito
comunitario e sostituirlo con un più semplice obbligo di segnalazione, inserendo nella sigla iniziale
o finale dei programmi televisivi un richiamo al finanziamento da parte di aziende sponsor.
"Così facendo si abbatterebbe uno dei pilastri portanti della normativa sui mass media, ossia la
netta separazione tra pubblicità e contenuti informativo-redazionali. Il rischio di una simile
proposta è che, dietro pagamento, le imprese e le lobbies economiche incomincino a esercitare la
loro influenza anche sui contenuti del programma televisivo sponsorizzato", afferma il direttore del
CTCU Walther Andreaus commentando l'iniziativa della commissaria europea. Andreaus non è il
solo a lanciare un grido di allarme: in tutta Europa le associazioni dei consumatori si stanno
mobilitando contro la liberalizzazione del "product placement". I loro timori non riguardano
soltanto la tivù. Spiega Andreaus: "Autorizzando il product placement in televisione, si farebbero
cadere anche le analoghe barriere imposte alla carta stampata". Le aziende potrebbero allora
comprarsi i contenuti redazionali e così i consumatori non sarebbero più in grado di distinguere tra
notizie sponsorizzate e informazione indipendente.
La norma attualmente in discussione in Europa è da tempo realtà negli Stati Uniti, dove solo l'anno
scorso si sono registrati 25.000 casi di product placement nei dieci programmi televisivi più seguiti
dal pubblico americano. Uno scenario terrificante per le associazioni dei consumatori, certo non per
il mondo economico che dalla liberalizzazione di questo tipo di pubblicità si attende un massiccio
incremento dei profitti.