06TO07

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VI domenica del tempo ordinario
11 febbraio 2007
La Parola
Prima lettura
Dal libro del profeta Geremia
(Ger 17,5-8)
Così dice il Signore: 5«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e
il cui cuore si allontana dal Signore. 6Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene
non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
7
Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. 8Egli è come un albero piantato
lungo l’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie
rimangono verdi; nell’anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti». Parola di
Dio.
Dal Salmo 1
Beato chi pone la speranza nel Signore.
Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
2
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
1
Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.
3
Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;
6
Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.
4
Seconda lettura
Dalla 1a lettera di Paolo apostolo ai Corinzi
(1Cor 15,12.16-20)
Fratelli, 12se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste
risurrezione dei morti? 16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; 17ma se Cristo non è
risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. 18E anche quelli che sono morti in
Cristo sono perduti. 19Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da
compiangere più di tutti gli uomini. 20Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che
sono morti. Parola di Dio.
Alleluia, alleluia. (Lc 6,23)
Rallegratevi ed esultate, dice il Signore,
perché la vostra ricompensa è grande nei cieli.
Dal Vangelo secondo Luca
(Lc 6,17.20-26)
In quel tempo, Gesù 17disceso con i dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi
discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di
Sidone. 20Alzati gli occhiA verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «BeatiB voi poveriC, perché vostro è il
regno di DioD. 21Beati voiE che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché
riderete. 22Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e
respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel
giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti
facevano i loro padri con i profeti. 24MaF guaiG a voi, ricchi, perché avete gia la vostra consolazione.
25
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e
piangerete. 26Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro
padri con i falsi profeti. Parola del Signore.
Note del testo
La redazione lucana delle beatitudini ha alcuni tratti caratteristici che la distinguono da quella, più nota,
di Matteo. Anzitutto Luca conosce solo quattro beatitudini e le accompagna con altrettanti guai. Il
significato di questa struttura è evidente: vengono capovolte le situazioni del mondo; quello che nel
mondo è cercato, onorato, considerato prezioso viene privato di ogni valore; mentre quello che nel
mondo è povero o disprezzato o rifiutato viene riscattato e messo in una posizione di eminenza. Forse
non ci sarebbe da stupirsi troppo per questa proclamazione: già l’A.T. conosceva qualcosa di simile; si
pensi al cantico di Anna ripreso poi dal Magnificat. La Bibbia sa bene che Dio è colui che fa vivere e fa
morire, che rende povero e arricchisce. Il capovolgimento delle sorti mondane è piuttosto la
manifestazione potente del regno di Dio che viene. La serie oppressiva dei guai vuole rendere gli
ascoltatori del Vangelo consapevoli della vanità di ciò in cui mettono la propria fiducia. Alle
beatitudini e ai guai di Luca fa eco il testo di Geremia. Egli condanna ogni forma di idolatria nella
quale l’uomo diventa il dio dell’uomo e le realizzazioni umane diventano il rifugio in cui l’uomo cerca
sicurezza. Dio solo è invece una roccia salda alla quale l’uomo possa aggrapparsi e dalla quale ricevere
forza e vita.
(A): I due versetti saltati sono decisivi per la comprensione della novità che Cristo manifesta. “ (c’era
gran folla) che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano
tormentati da spiriti immondi, venivano guariti”. Da questi poveri Gesù distoglie lo sguardo.
Identificare i poveri come facciamo noi vuol dire avere bisogno di loro per fare opere buone. Gesù
distoglie lo sguardo da loro e alzatolo verso i discepoli, dice loro: “beati voi poveri”. La presenza delle
moltitudini, di quelli chinati per la propria povertà, riguarda essenzialmente la chiesa. Questo alzare lo
sguardo indica il vero modo di intendere le folle: la povertà di quelli che voi chiamate poveri va risolta.
Quello che Dio vuole è che “voi” diventiate poveri, che “noi” diventiamo poveri. Gesù non fa la scelta
dei poveri come noi la intendiamo: è la prospettiva per cui non sarà più la chiesa che si occupa dei
poveri, ma che condivide con i poveri, che si identificherà con la povera gente, con coloro a cui
appartiene il regno di Dio.
(B): La versione più ampia che dà Matteo (poveri in spirito) si riferisce a chi sopporta consapevolmente
la povertà riconoscendola conforme al volere di Dio e aspira a essere riempito dello Spirito Santo come
vero e decisivo aiuto di Dio promesso da Gesù. In Luca le beatitudini sono più circoscritte al fatto della
povertà. Per Luca si tratta soprattutto di coloro che sono poveri di beni terreni. Gesù ha spesso
manifestato la sua predilezione per loro e Luca rivolge loro un interesse particolare. Con la forma
diretta in seconda persona (beati voi poveri) Luca fa intendere che la beatitudine riguarda la povertà del
discepolo.
(C): Il termine greco “ptochòi” indica gli indigenti, quei poveri che mancano del necessario, i
mendicanti, coloro che si rimettono al soccorso altrui. Mentre i poveri, anche se poco, hanno qualcosa,
questi “poveri” non hanno niente e non possono che vivere di dipendenza e di sottomissione. La parola
greca deriva da un verbo che significa “nascondersi”, “rannicchiarsi su se stessi per timore”. Sono
poveri reali che hanno fame e piangono. La loro beatitudine consiste nel fatto che Dio interviene in loro
favore.
(D): Quello che Luca vuole annunciare, che il Signore vuole annunciare e proclamare è l’irruzione del
regno di Dio nella storia degli uomini. Secondo il vangelo la povertà diventa un vantaggio; e non
perché la povertà di cui parla il vangelo sarebbe una virtù. Il vangelo di Luca non parla della virtù della
povertà, di una povertà scelta, liberamente per amore di Dio o per servizio agli altri, ma parla della
povertà come una condizione di privazione. Perché allora sono beati i poveri? Semplicemente perché
Dio è il difensore dei poveri e dove si trova una condizione di miseria, di bisogno, Dio non rimane
indifferente. Dove c’è un uomo che ha bisogno di vita, di gioia e di perdono, Dio non rimane
indifferente, ma risponde. Quindi beati voi che sperimentate la debolezza, il bisogno, perché Dio – che
viene a regnare – vi risponderà.
(E): L’ascolto delle beatitudini implica una convocazione dei discepoli. Coloro che sono chiamati
poveri sono chiamati poveri perché discepoli. Da qui a dire che i poveri sono chiamati al discepolato il
passo è brevissimo. L’investitura con cui Gesù si rivolge ai suoi discepoli è “beati voi poveri”. Poi la
povertà la si esplicita nella fame, nel pianto, nel rifiuto, nell’essere messi al bando. Ma sostanzialmente
il discepolo è colui che riconosce che al di fuori del Cristo non è nulla, e che senza Cristo tutto ciò che
ha e che è non conta niente. Questo dice anche un modo di accostare i miseri, i poveri che dovrebbe
cambiare. Sicuramente il privare i poveri dell’annuncio del vangelo, il privare le situazioni di maggiore
disagio, miseria, povertà delle nostre comunità cristiane dell’evangelo non è perfettamente calzante con
il brano che abbiamo ascoltato. Sembra strano, ma possiamo chiederci se non abbiamo mai pensato ad
annunciare il vangelo veramente a tutte le persone delle nostre comunità. Forse non abbiamo il
coraggio, in quanto chiesa, di dichiarare la beatitudine dei poveri. Dichiarare la beatitudine dei poveri è
dirci beati per una condizione di povertà che viviamo.
(F): C’è una contrapposizione esplicita. Le beatitudini sono seguite da quattro antitesi che proclamano
sistematicamente la sventura dei beati di questo mondo. Matteo non le riporta e molti hanno pensato
che Luca le abbia composte egli stesso per rafforzare la lezione delle beatitudini. Questa ipotesi non è
certa poiché nell’A.T. si trovano coppie di beatitudini e di maledizioni.
(G): Le quattro dichiarazioni seguenti non sono da comprendersi come maledizioni, né condanne
irrevocabili, ma piuttosto come lamento di compianto, appelli vigorosi alla conversione. Si può tradurre
anche: “ahimè per voi” o ancora “infelici voi”.
Prefazio suggerito: “Nella sua misericordia per noi peccatori egli si è degnato di nascere dalla
Vergine; morendo sulla croce ci ha liberati dalla morte eterna e con la sua risurrezione ci ha donato la
vita immortale” (prefazio del tempo ordinario, II).
Padri della chiesa
Tutto ciò che l’occhio vede , l’avaro lo desidera grandemente. Gli inferi non hanno mai detto: Basta, e
l’avaro neppure ha mai detto: Basta. Quando dunque potrai servirti delle ricchezze presenti? Quando
potrai goderne tu, che sempre ti affanni a procurartene ancora? (Basilio di Cesarea, Contro i ricchi).
Noi siamo per lo più ritenuti poveri: non è un’infamia, ma una gloria. Il lusso abbatte l’animo, la
frugalità lo rafferma. Del resto, come può dirsi povero chi non ha bisogno di nulla, chi non brama i beni
altrui, chi è ricco in Dio? È povero piuttosto colui che, pur possedendo molto, desidera ancor di più.
Dirò proprio quello che sento: nessuno può essere tanto povero come quando è nato. Dunque, come chi
fa un viaggio è tanto più fortunato quanto minore è il carico che porta, così è tanto più felice nel
viaggio di questa vita chi è alleggerito dalla povertà, chi non sospira sotto il peso delle ricchezze
(Minucio Felice, Octavius).
Altri autori cristiani
Nella storia cristiana il Dio dei malati, dei poveri, degli oppressi e degli schiavi è sempre stato il Cristo
sofferente, perseguitato ed oppresso, mentre il Dio dei ricchi e dei potenti era ed è il pantokrator
(l’onnipotente, ndr). Ma che cosa significa, per la storia delle tribolazioni del mondo, la conoscenza del
Dio che ha forma di servo, del figlio dell’uomo sofferente e crocifisso? Chi soffre senza motivo pensa
sempre in un primo momento di essere abbandonato da Dio. Chi soffrendo così alza il suo grido, unisce
in sostanza la propria voce al grido del Cristo morente. Ma Dio allora non è soltanto l’occulta
controparte a cui egli grida, ma è, in un senso più profondo, il Dio umano, che grida in lui e con lui e
che interviene in suo favore con la sua croce quando egli nei suoi tormenti ammutolisce. Chi soffre non
protesta soltanto contro il proprio destino. Soffre perché vive, ed è vivo perché ama. Chi non ama più
nulla non soffre mai più. La vita gli è diventata indifferente. Ma quanto più si ama tanto più si diventa
vulnerabili. (...) Chi viene all’amore e attraverso l’amore alla sofferenza e sperimenta la potenza
mortifera della morte penetra nella «storia di Dio». Se riconosce che il suo abbandono è annullato
nell’abbandono di Cristo, egli può anche, in comunione con il dono di sé compiuto da Cristo, rimanere
nell’amore (J. Moltmann, Il Dio crocifisso, 47-48).
È dovere della Chiesa – di tutta la Chiesa e anzitutto di coloro a cui spetta in primo luogo l’ufficio
profetico come maestri autentici della fede, i vescovi e i presbiteri, loro immediati collaboratori –
denunciare l’abuso del denaro e del potere, così come si denunciano (o si dovrebbero denunciare) tutti i
peccati: la bestemmia, l’adulterio, il furto... Non dico, anzi non lo credo, che la denuncia basterà a
eliminare questo abuso, questo peccato che lede la giustizia e la carità fraterna. Ma Dio non ci chiede di
eliminare dal mondo il peccato. Ci chiede di denunciarlo, come l’ha denunciato Cristo, come l’ha
denunciato Giovanni Battista, e prima, i profeti dell’Antico Testamento, e poi, nella storia della Chiesa,
i santi e i profeti che non sono mai mancati. D’altra parte, sono le stesse voci del magistero che ci
invitano a questo. Io temo che le voci profetiche del magistero in questo campo non abbiano nella
predicazione e nella pastorale quotidiana la risonanza che dovrebbero avere. (...) La denuncia del
peccato e delle situazioni di palese ingiustizia dovrà essere confermata dalla testimonianza personale di
giustizia e di solidarietà. Occorre cercare insieme le mete che il cristiano si deve proporre e i mezzi che
lo debbono sostenere nel cammino per l’attuazione della giustizia. Sarà impegno dei credenti inserirsi
concretamente nelle vicende umane con l’attività sociale e politica svolta nelle forme richieste dalla
vocazione di ciascuno, «per far evolvere le strutture e adattarle ai veri bisogni presenti» (M. Pellegrino,
Camminare insieme, 16-18).
Poggiare sulla carne (Ger 17) porta ad eliminare dall’orizzonte gli altri che ci stanno attorno e a
ricercare tutto in favore di noi stessi come criterio da soddisfare. Poggiando in Dio, invece, si è in
grado di portare frutto, anche nella sofferenza e nei dolori. E questo accade perché Dio ha cura di noi,
non ci mette soli in terre aride, ma ci provvede un posto dove mettere radici e dove germogliare.
Sempre che siamo in grado di non lasciarci andare alla perdizione, che non è altro che il non vedere più
la strada nella quale il Signore ci accompagna. Quante volte siamo in compagnia di uomini stolti? Di
persone che ci conducono lontano da Dio, magari con l’illusione della sazietà, delle ricchezze, del
godimento. Compagnie di invidiosi, litigiosi, avidi, infelici. Vite che cedono alla stupidità e al vuoto
morale: “dimorerà in luoghi aridi nel deserto”. I reati anche gravi che ciascuno di noi ha compiuto non
segnano il giudizio finale su di noi. Essi non hanno vanificato del tutto quello che ci aveva permesso di
farci anche voler bene da qualcuno prima del gesto. Addirittura qualcuno di noi ha contatti con una
parente della propria vittima, la quale gli invia regolarmente auguri e vaglia di sostegno, cosa che fino a
qualche anno fa nemmeno i fratelli facevano. La fiducia nella capacità di Dio di rivoltare le sorti umane
ci apre alla speranza (Lc 6,20-23) (Gruppo OPG).
Passi biblici paralleli
v 17 Mt 4,25: E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme,
dalla Giudea e da oltre il Giordano.
Mc 3,7-8: Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea.
Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall’Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una
gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui.
Gv 1,38-39a: Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate? ”. Gli risposero:
“Rabbì (che significa maestro), dove abiti? ”. Disse loro: “Venite e vedrete”.
Gv 6,67-69: Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene? ”. Gli rispose Simon
Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu
sei il Santo di Dio”.
Gv 17,8-9a: perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno
veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego
per il mondo,
v 20 Sal 72,12-13: Egli libererà il povero che grida il misero che non trova aiuto, avrà pietà del debole e
del povero e salverà la vita dei suoi miseri.
Sal 147,2-3: Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d’Israele. Risana i cuori affranti e
fascia le loro ferite;
Is 50,4: Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una
parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati.
Is 61,1a-2a: Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi
ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore,
Ger 31,25: Poiché ristorerò copiosamente l’anima stanca e sazierò ogni anima che languisce”.
Mt 5,3: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Mt 9,36: Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza
pastore.
Mt 11,28: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
v 21 Dt 8,3: Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu
non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive
soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Is 55,2: Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su,
ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti.
Mt 5,6: Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Mt 6,9b.11: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; Dacci oggi il nostro pane
quotidiano.
Mt 6,31-33: Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa
indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne
avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in
aggiunta.
Gv 4,13-14: Rispose Gesù: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua
che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua
che zampilla per la vita eterna”.
Gv 7,37b-38: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua
viva sgorgheranno dal suo seno”.
Gv 16,20: In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi
sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.
Gv 20,15a: Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi? ”.
Lc 15,17: Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in
abbondanza e io qui muoio di fame!
v 22 Sap 7,7.28: Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della
sapienza. Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.
Sir 4,11.14: La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano. Coloro che la venerano
rendono culto al Santo, e il Signore ama coloro che la amano.
Sal 33,18: Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia,
v 23 Sal 31,8: Esulterò di gioia per la tua grazia, perché hai guardato alla mia miseria, hai conosciuto le
mie angosce;
Sal 126,5: Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.
Is 66,13: Come una madre consola un figlio così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati.
Tb 13,16: Beati coloro che avranno pianto per le tue sventure: gioiranno per te e vedranno tutta la tua
gioia per sempre. Anima mia, benedici il Signore, il gran re.
Mt 5,12: Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno
perseguitato i profeti prima di voi.
Mt 10,22: E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.
Gv 1,16: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
Gv 6,35: Gesù rispose: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me
non avrà più sete.
Rm 5,5b: perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è
stato dato.
2Cor 4,17-18: Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità
smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle
invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.
1Pt 1,6-7; 1Pt 4,14; Ap 7,16-17; Ap 21,3-4a.
v 24 Sal 6,9-10; Sal 73,12.16-18; Is 55,13-14.
v 25 Sap 5,7-9a; Gv 5,44; Gc 4,4; 1Gv 2,15.
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