6B-3 Pasqua - salesiani don Bosco

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Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
3ª DOMENICA DI PASQUA
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At 3,13-15.17-19 - Avete ucciso l'autore della vita; ma Dio l'ha
risuscitato dai morti.
Dal Salmo 4 - Rit.: Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo
volto.
1 Gv 2,1-5a - Gesù Cristo è vittima di espiazione per i nostri
peccati e per quelli di tutto il mondo.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Signore Gesù, facci
comprendere le Scritture; arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia.
Lc 24,35-48 - Il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il
terzo giorno.
La nostra fiducia in Cristo e la vera conoscenza di
Dio
S. Giovanni assicura i fedeli che avessero peccato che hanno un valido
intercessore presso Dio Padre. Li sprona quindi a dimostrare il loro
amore verso Dio con l'osservanza dei suoi comandamenti.
Gesù, avvocato e vittima di espiazione (vv. 1-2)
L'Apostolo si rivolge ai fedeli chiamandoli «figlioli miei». È la formula
affettuosa del pastore che esorta con sollecitudine i suoi figli nella
fede. Tale espressione, come sempre nella lettera (cf 1 Gv
2,12.18.28), riguarda l'insieme dei fedeli.
Se qualcuno ha peccato abbiamo un avvocato presso il Padre. La
parola «avvocato», che in greco è detto paràkletos, è una persona
amica che sta presso l'accusato a sostenerne le ragioni. Mentre nel
Vangelo questo termine indica lo Spirito che viene in aiuto ai credenti
sulla terra, qui invece indica il Signore Gesù che intercede per essi
davanti a Dio.
Gesù è l'avvocato dei peccatori, mediante i meriti della sua giustizia.
Egli infatti è strumento di propiziazione col suo stesso sangue (cf Rm
3,25); sta alla destra di Dio e intercede a nostro favore (cf Rm 8,34).
3ª domenica di Pasqua “B” • © Elledici, Leumann 2005
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Gesù Cristo è chiamato «giusto»; l'appellativo, più che alla sua
innocenza e perfezione morale, si riferisce all'opera con la quale egli
giustifica i peccatori, in piena fedeltà al disegno di Dio.
Gesù è detto ancora la vittima di espiazione. Questa formula, che si
trova anche più avanti nella stessa lettera (cf 4,10), deriva dal
vocabolario sacrificale dell'Antico Testamento (cf Es 29,36-37), ed
evoca il sacrificio volontario di Gesù Cristo sulla croce; gli è come vittima di espiazione (cf Ap 5,9-10) che ora intercede per noi davanti al
Padre suo. Pertanto, se per disgrazia avessimo peccato, non dobbiamo
mai disperare del perdono per i meriti di Gesù Cristo.
La vera conoscenza di Dio (vv. 3-5a)
Secondo s. Giovanni in antitesi al peccato sta l'osservanza dei
comandamenti, che è frutto e segno della comunione con Dio.
L'Apostolo infatti usa i verbi in prima persona plurale: «sappiamo,
conosciamo». Il tema della comunione ritorna qui in espressioni
parallele che arricchiscono il nostro vocabolario sulla grazia.
S. Giovanni parla soprattutto della conoscenza di Dio. Conoscere Dio,
secondo l'accezione biblica del termine, non è soltanto avere di lui una
nozione astratta, ma entrare in relazione personale e vivere in
comunione con lui. Questa formula può essere stata ispirata all'Autore
dal testo di Geremia sulla conoscenza universale di Dio nella Nuova
Alleanza: «Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande»
(31,34).
In particolare, nella teologia giovannea conoscere Dio o Cristo implica
un contenuto pratico, morale: significa conoscere ciò che egli è e ciò
che egli vuole, quindi la sua legge. L'Apostolo indica qui tutto ciò che
implica una tale conoscenza di Dio. Davanti al pericolo che minaccia i
cristiani di evadere nelle speculazioni religiose, Giovanni si preoccupa
che la fede informi realmente tutta la loro esistenza. Il criterio di
un'autentica conoscenza di Dio è l'osservanza dei suoi comandamenti,
cioè essenzialmente l'amore del prossimo.
Per l'Apostolo «conoscere Dio» è anche sinonimo di «essere in lui»; e
indica non tanto un'attività intellettuale, quanto la partecipazione alla
vita divina, di cui Giovanni intende dare i segni di riconoscimento: chi
osserva i comandamenti «ha conosciuto» Dio, viceversa «chiunque
pecca non lo ha visto né l'ha conosciuto» (cf 1 Gv 3,6; Tt 1,16).
Dall'osservanza dei comandamenti o, altrimenti, dalla confessione dei
peccati, conosciamo la «verità» o «falsità» delle nostre belle
dichiarazioni.
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Riflessioni pratiche
Per quanto grandi possano essere le nostre colpe, non diffidiamo del
perdono di Dio. Interponiamo la mediazione di Gesù Cristo che durante
la sua vita, nelle parabole e nelle opere, ci ha insegnato a usare
misericordia per i peccatori pentiti e ha versato il suo sangue per la
remissione dei peccati.
Non illudiamoci di amare Dio solo a parole. Il vero amore si dimostra
con le opere. Soprattutto facciamo consistere il nostro amore di Dio
nell'osservanza dei suoi comandamenti, anche quando ci costassero
sacrificio.
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