Gli Ebrei dovrebbero ringraziare Gesù Cristo!
Mi trovo a Gerusalemme, per trascorrere il Natale con mia figlia e
per ispirarmi, dovendo comporre un’opera lirica in 3 atti “Maria
Maddalena”. Per vedere e toccare con mano i luoghi dove Gesù ha parlato
e i suoi apostoli e le pie donne hanno operato a fianco a lui.
Dopo aver visitato il Santo Sepolcro, che Sant’Elena, madre
dell’imperatore Costantino, nominò più propriamente “anastasis”, che in
greco vuol dire luogo della resurrezione, mi sono spostato verso la
Spianata delle Moschee. Non trovandola, ho chiesto ad uno del luogo che
strada dovessi percorrere per giungervi.
Costui, appena ha saputo che ero italiano, mi ha subito detto che
mentre gli ebrei amano gli italiani, questi ultimi sono antisemiti. Ho
cercato di fargli capire che le cose non stanno così. Ci sarà un pugno di
fessi che lo sono, ma sono un pugno. Ma lui, imperterrito, è andato avanti
con i suoi ragionamenti e ha osservato che solo la sua religione è quella
vera, mentre il cristianesimo e l’islamismo, oltre a discendere da quella
ebraica, hanno causato milioni di morti per cercare di convertire la gente
al loro credo.
Gli ho replicato che in parte aveva ragione, perché taluni pretacci
hanno giustificato e incoraggiato nel tempo guerre sante, mentre il
fondatore del Cristianesimo biasimava totalmente la violenza.
Ma lui ha continuato a colpire dicendo che gli Ebrei sono il popolo
eletto da Dio, anche perché sono l’unica luce nell’oscurità più completa, in
cui sono immersi gli altri popoli.
Questa sua asserzione mi ha fatto venire i brividi. Gli ho obiettato
che Cristo era ed è un profeta ebreo e solo grazie a lui la Bibbia, libro
sacro degli Ebrei, è stato conosciuto da tutta l’umanità e oltre tre
miliardi di persone hanno bene a mente la storia di Mosè, di Abramo e
degli altri profeti, osservando i loro comandamenti.
Diversamente, la
Bibbia avrebbe fatto la fine degli altri libri sacri, conosciuti solo da un
popolo, da quello che lo ha creato, come il Baghavdgita degli Indù.
Ho detto all’amico ebreo che il suo popolo, anche se non riconosce
Gesù come il Figlio di Dio, dovrebbe essergli infinitamente grato e
dedicargli almeno qualche statua in una delle loro principali piazze. Forse,
in tal modo, le due religioni, quella cristiana e quella ebraica, avrebbero
maggiori momenti di collegamento.
Per questi suoi alti meriti Gesù Cristo dovrebbe essere riconosciuto
almeno come il più grande profeta del popolo ebraico.
Ma il mio cortese compagno di strada, che si è qualificato come un
soldato dell’esercito israeliano che ha combattuto nella guerra dei sei
giorni, mi ha obiettato che ciò non poteva accadere in quanto Gesù Cristo
aveva violato la legge di Mosè, non essendosi sposato a 19 anni e non
avendo avuto figli.
Non ho voluto replicargli che ero un carabiniere, che di fronte ad
affermazioni similari di un soldato italiano, lo avrei proposto per una
visita psichiatrica. Certo che la maggior pare dei soldati israeliani,
ragionano diversamente, l’ho salutato cordialmente e me ne sono andato
per la mia strada, cioè quella della religione unica per tutti i popoli della
terra.
Antonio Pappalardo
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