Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Servizio Documentazione
Parrocchia di San Paolo
“Paolo Apostolo del Vangelo di Cristo
21gennaio 2003
mons. Bruno Perazzoli;
Parroco
La parrocchia di San Paolo è in festa per il patrono. Presso la sala parrocchiale “mons.
Adriano Dozza” il parroco Mons. Bruno Perazzoli svolge una relazione, di cui si riporta un
suo scritto stilato personalmente.
Per la profondità del pensiero, per la vastità degli orizzonti, per il costante ricorso al Cristo, le
Lettere di San Paolo sono, dopo i Vangeli, la più ricca testimonianza della Rivelazione.
“Il mondo non vedrà più un altro Paolo”, osò affermare il più famoso commentatore dell’Apostolo,
San Giovanni Crisostomo.
La vita missionaria di Paolo, iniziata sulla via di Damasco, comprende due periodi: dalla
conversione al Concilio di Gerusalemme (anno 36-49) e dal Concilio al suo martirio a Roma (anno
49-67).
La corrispondenza va collocata nel secondo periodo e comprende quattordici Lettere: le Lettere
pastorali sono legate al pensiero e all’attività di Paolo; la lettera agli Ebrei è scritta sotto l’influsso
dell’Apostolo.
Paolo non è un autore facile per il suo stile e il suo carattere.
Il suo pensiero si concentra in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, «per cercare di afferrarlo, dato che
io stesso sono stato afferrato da Lui» (Fil 3, 12).
L’evangelizzazione è lo scopo della sua vita: «Non ho che un unico pensiero: dimenticando il
cammino percorso, teso in avanti con tutto il mio essere, corro verso la meta…» (Fil 3, 13-14).
Alla fine dell’anno 50, Paolo, solo, stanco e scoraggiato, giunge a Corinto. Ha inviato Timoteo a
Tessalonica, la cui giovane comunità è in crisi. Timoteo, adempiuta la missione, raggiunge Paolo
con la notizia che i suoi figli sono scampati da un pericolo mortale.
Paolo subito manda una Lettera: la sua prima Lettera d’apostolo.
Probabilmente Egli non ha il presentimento dell’importanza che la sua corrispondenza ha ed avrà
nella vita della Chiesa.
Dopo venti secoli le sue Lettere formano la corrispondenza più famosa di tutti i tempi e fanno parte
della Sacra Scrittura.
L’Apostolo è riconosciuto dal Concilio Vaticano II come il primo e il più profondo dei suoi teologi.
Le Lettere rivelano la sua personalità e sono lo specchio del suo genio iridescente.
Paolo non cerca mai di fare opera letteraria e non pensa mai che le sue Lettere saranno lette anche al
di fuori della cerchia dei suoi corrispondenti, ma tutti i grandi critici letterari lo riconoscono “uno
dei più grandi scrittori del mondo”.
Paolo è un dialettico, un intuitivo; sa affrontare tutti i problemi che si pongono all’uomo e per
ognuno formula le risposte più originali; al tempo stesso è il più fedele degli Apostoli.
È l’Apostolo di Gesù Cristo, sensibile, rude, mistico, genio di ragionamento e di fantasia, di analisi
e di sintesi. E tutto questo reso incandescente dalla passione di un’anima, in cui arde il fuoco che lo
ha sbalzato da cavallo alle porte di Damasco.
Il suo genio, la sua passione, la sua vita hanno un solo nome: Gesù risorto.
Paolo usa il greco della gente colta del suo tempo, per cui si può chiamare “un classico
dell’ellenismo”, ma vuole che la lingua serva prima di tutto a far amare il Cristo.
Alle porte di Damasco l’Apostolo vede in faccia la verità e comprende che Essa è Qualcuno: Gesù
di Nazaret, morto e risorto.
Questa luce fa penetrare in lui la parola di Dio ed Egli ne rimane «afferrato» (Fil 3, 12).
Capisce che il Cristo è il Figlio di Dio, che vive alla destra del Padre, come pure in ogni fedele e
persino in lui.
Paolo, diventato il missionario di Cristo, non vede e non spiega più nulla se non il Cristo crocifisso
e vivente. Ecco perché Paolo è il più grande teologo del Vaticano II. Basta, infatti, rilevare, nei
Decreti e nelle Costituzioni conciliari, i riferimenti alle sue lettere.
Veramente si può affermare che la sua corrispondenza epistolare è e rimarrà sempre un grande
evento per la Chiesa.
Mons. Bruno Perazzoli