IN MARGINE AL CONVEGNO SULLA CARITÀ INCONTRI DI FORMAZIONE TENUTI NELLE QUATTRO VICARIE CONSIDERAZIONI SUL SEME…SPARSO Dopo gli incontri di formazione sulla carità a Fermignano (10/04), a Urbania (12/04), a Mazzaferro (17/04) ed a Morciola (19/04), vale la pena ed appare conveniente, per un pubblico più vasto, soffermarci su qualche impressione a caldo per fare un minimo di riflessione non solo sui partecipanti, ma anche su alcuni contenuti che hanno avuto ampio sviluppo trattando il tema: “La carità, cuore del Vangelo e vita della Chiesa”. Innanzi tutto vorrei rilevare che la partecipazione è stata complessivamente soddisfacente. Ma ciò che maggiormente mi ha colpito è stato l’aver notato, sul volto degli ascoltatori, il fascino per la teologia della carità. Ovunque c’è stato un ascolto attento e interessato. Ovunque si è apprezzata la “sete” di sapere e di conoscere. Ma cosa mai si era detto per attirare tanta attenzione? E’ semplice: si è parlato della cosa più bella e più grande che c’è nella vita: si è parlato dell’amore; dell’amore vero che trasforma la vita e che fa i santi. Se n’è parlato con precisi e concreti riferimenti alla Sacra Scrittura ed ai Documenti pontifici. Si è dimostrato che l’uomo è amato da Dio attraverso i richiami di molte immagini del Vangelo. Si è parlato della Chiesa che è viva nel dialogo dell’amore tra Dio e gli uomini. Si è parlato della Trinità come modello d’amore della Chiesa, dove ogni persona è “uguale” e “distinta” come sono le persone della Trinità, e si è affermato che una chiesa senza amore è come un corpo senz’anima. Dall’amore verso Dio nascono, verso il prossimo, le opere di misericordia spirituali e corporali, che permettono di coprire i settori di emergenza a cominciare a consigliare i dubbiosi, a consolare gli afflitti, a perdonare le offese….per giungere ad atti di amore, di solidarietà e di servizio dai tossicodipendenti ai carcerati, dalle prostitute ai malati terminali dell’aids, dalla famiglia alla scuola ed all’Università, dagli usurai agli handicappati, agli ammalati, ai diversi e all’opzione per i poveri…per i quali, alla Chiesa, necessitano tante mani e varie équipes sulle aree del bisogno. La carità non ha confini: occorre amare anche i nemici. Accennando, poi, alla pubblicazione dell’opuscolo “Il Volontariato”, ci si è augurato che, in tanti settori, quelle associazioni potranno fare da battistrada per vivere insieme e pienamente la carità nelle difficili realtà della nostra diocesi e di tutta la Chiesa. Ho voluto anche ricordare “che la nostra chiesa è costellata di tante stelle, è ricca di santi”. Questi santi sono oggi i nostri compagni di viaggio e ci possono insegnare ad amare. In Diocesi, abbiamo modelli per tutti gli stati di vita, da quelli religiosi a quelli laici. Un modello per sacerdoti è senza dubbio il Servo di Dio Mons. Domenico Bartolomei (1878-1938), definito “la perla del clero italiano”. Un modello per laici può essere sicuramente la Serva di Dio Renata Nezzo (1894-1925), una giovane di Urbino morta a 31 anni costruendo la sua santità in famiglia, nel silenzio, nel dialogo e impegnandosi a fondo nell’AC. Verso la conclusione, ho affermato che il simbolo più alto dell’amore è la croce, che porta alla preghiera e da cui nasce l’inno alla carità di Paolo (cf. 1 Cor 13, 1-13). Anche i giovani che andranno in Canadà porteranno la croce pregando; ed anche l’Arcivescovo Francesco ha istituito in Diocesi la “Croce del Giro”, attorno a cui si ritrovano in preghiera i giovani delle nostre parrocchie. La carità non è monopolio di nessun gruppo, né di nessun ente e né di nessun movimento: la carità è la virtù teologale che dà vita a tutta la Chiesa. Ciascuno potrà dirsi “cristiano” nella misura in cui vivrà l’amore e saprà praticare la carità. Giuseppe Mangani