Anno A
33ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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Prv 31,10-13.19-20.30-31 - La donna perfetta lavora volentieri con le sue mani.
Dal Salmo 127 - Rit.: Beato chi cammina nelle vie del Signore.
1 Ts 5,1-6 - Come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Vegliate e state pronti, perché non sapete in
quale giorno il Signore verrà. Alleluia.
 Mt 25,14-30 - Sei stato fedele nel poco: prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Elogio del rischio
Nella parabola dei talenti (Vangelo) il «meccanismo» di arricchimento assomiglia stranamente a ciò che noi chiamiamo sistema capitalista. Si tratta di valorizzare una data
somma di denaro anzitutto col lavoro, ma anche con investimenti intelligenti. Il padrone
rivolge al terzo servo un rimprovero significativo: «Avresti dovuto affidare il mio denaro
ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse». Invece i due primi servi vengono felicitati dal padrone per avere saputo far fruttificare il loro rispettivo capitale.
Dobbiamo concludere che il Vangelo convalida un’economia basata su tali pratiche?
Sappiamo che la Chiesa d’Occidente per secoli ha condannato non soltanto l’usura, ma lo
stesso principio del prestito a interesse. Certi storici criticano tale posizione: mentre fece
la fortuna dei finanzieri ebrei, la Chiesa col suo rigorismo avrebbe impedito lo sviluppo
economico del mondo medievale. Max Weber ha dimostrato che la Riforma del sec. XVI
andando contro questa dottrina ha permesso il nascere e il crescere del capitalismo nei
paesi protestanti. Nel prosieguo del tempo la civiltà industriale ha prodotto i frutti
avvelenati denunciati dagli ecologi. Noi come cristiani possiamo approvare senza
reticenze un sistema che si fonda sulla crescita automatica del denaro a profitto di una
minoranza di privilegiati, mentre la massa dei lavoratori fatica duramente per assicurarsi
almeno la sopravvivenza?
Evidentemente la parabola di Matteo non dà una risposta affermativa al nostro problema.
Essa si interessa soprattutto del terzo servo di cui condanna il comportamento timoroso e
sterile. Tradizionalmente i commentatori desumono dal testo evangelico un insegnamento morale che gioca sui due significati della parola «talento»: ognuno sarebbe chiamato a
valorizzare i doni ricevuti dal creatore. In realtà, sembra che l’intenzione dell’evangelista
– e quella di Gesù di cui riferisce gli scopi – riguardi i cristiani ai quali Dio ha affidato «i
propri beni» e cioè la sua parola. Ognuno di noi è responsabile in proprio di tale capitale
che deve portare frutti al centuplo. Il peccato consisterebbe nel tacitare la parola di Dio
per negligenza o per paura. Il terzo servo è «gettato fuori, nelle tenebre» perché si è condannato a morte con la sua stessa condotta. Il rischio affrontato da Dio esige da parte nostra immaginazione e coraggio per far fruttificare la sua parola di vita.
33ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici
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