Articolo sulla conferenza di due studentesse.

Hobbes e il “patto politico”
Per non sbranarsi come lupi
La riflessione politica moderna ha dovuto confrontarsi con la sua rigorosa teorizzazione
Molti studiosi hanno considerato Hobbes come un fotografo del suo tempo: egli è stato infatti
testimone di un periodo estremamente drammatico, della crisi formativa dello Stato moderno e del
crollo dei rapporti sociali tradizionali.
Questo «approccio esterno» non rende però pienamente ragione all'importanza del paradigma
etico-politico di questo filosofo con il quale per due secoli tutto il pensiero politico ha dovuto
confrontarsi bisogna invece tentare una ricostruzione razionale della struttura interna e logica della
sua teoria per comprenderne effettivamente il significato.
Un primo aspetto da esaminare è il quadro filosofico generale in cui vengono a maturare le nuove
categorie morali e politiche. Siamo di fronte alla prima metafisica materialistica in senso moderno i
perché vengono introdotti la mate-ria e il moto come elemento fondamentali per spiegare tutto ciò
che consideriamo realtà, inoltre Hobbes elabora una teoria della conoscenza convenzionalistica in
cui viene dato enorme rilievo alla funzione del linguaggio e alla funzione della libera creazione di
teorie che dipendono dai nostri modi di porre i problemi; la razionalità è perciò un prodotto
dell'uomo che elabora dei dati sensibili attraverso strutture logico- linguistiche convenzionali.
Materialismo e convenzionalismo costruttivistico rappresentano una rottura con la visione
teleologica della tradizione filosofica dov'era diffusa l'idea che la realtà fosse una totalità
organizzata, una cattedrale in cui ogni essere avesse un compito e un posto stabiliti; la natura non è
né ordinata né disordinata, è un insieme contingente di corpi che si muovono secondo leggi casuali
e non finali; l'ordine della natura è una nostra costruzione razionale e personale.
La rottura della visione teleologica della realtà; mette in discussione anche la concezione
tradizionale del-l’etica e della politica, che si basava su due assunti fondamentali: l'uomo abitato da
un'anima razionale, da una ragione che conduce ad agire in modo ordinato sia rispetto ai fini che
agli alti uomini; la società vista come qualche cosa di naturale perché l'uomo e un animale per
natura sociale. Hobbes afferma invece che l'uomo è portato per natura a soddisfare desideri ed
impulsi attraverso la lotta con altri uomini che devono essere costretti a lavorare per lui la natura
umana non conduce l'uomo ad una società ordinata e pacifica, ma a rapporti disordinati e bellicosi.
Non viene esclusa la possibilità che l'uomo sia capace di fare calcoli razionali, ma questa
razionalità non ha il carattere della normatività. Hobbes con la sua filosofia etico politica vuol
dimostrare la possibilità di creare istituzioni morali e politiche come artifici del-l'uomo, per questo
fine introduce nuove categorie per quanto riguarda i soggetti e per le procedure nella costruzione di
regole razionali. Gli individui non sono membri di comunità ma astratti soggetti di desideri e di
bisogni e le leggi morali sono regole che vanno bene ad individui astratti. Il contrattualismo
hobbesiano è il tentativo di giustificare le regole morali e le istituzioni sociali e politiche, mostrando
che sono il risultato di un procedimento di scelta razionale operata da individui astratti e capaci di
fare calcoli razionali.
Per svolgere tale procedi-mento razionale Hobbes come premessa introduce la vecchia idea dello
stato di natura, che non riflette una realtà storica, ma che è un ritrovato argomentativo per definire
le condizioni entro cui si sceglie e per indicare che la razionalità nella scelta di istituzioni sociali e
politiche si commisura sulla capacità di risolvere un problema di conflitto.
Razionale è una scelta che conduce a diminuire o attenuare il conflitto.
Nella situazione naturale di guerra di tutti contro tutti, vi è una circostanza che non può imporsi a
tutti gli individui e non può non orientare il calcolo razionale: l'uguaglianza di tutti gli uomini
rispetto all'uguale rischio di morte. Non c'è nulla nella natura dell'uomo che ci garantisca che tutti
gli uomini raggiungeranno un accordo, è solo lo stato generale di conflitto che farà scegliere a tanti
individui capaci di calcoli razionali le stesse regole di condotta che li possono portare ad evitare la
morte.
Queste regole di condotta, che non sono d'origine divina, ma puri calcoli razionali, sono indicate
con un termine tradizionale ed improprio «leggi di natura»; la loro caratteristica comune è di
minimizzare il rischio di morte attraverso la minimizzazione del conflitto.
Punto forte dell'argomentazione di Hobbes è la tesi che queste leggi di natura non funzionano e non
riescono a raggiungere il loro fine di chiudere il conflitto naturale, sulla base di queste scelte
puramente razionali, senza altre garanzie non si può fare ciò che sarebbe razionale fare perché non
abbiamo la sicurezza che gli altri agiranno come noi siamo disposti ad agire.
Secondo Hobbes non basta sapere ciò che è razionalmente giusto, bisogna fare un passo avanti, che
è rappresentato dal passaggio dall'etica alla politica: l'uscita dalla situazione d'impossibilità di
comportamento razionale per tanti individui isolatamente presi sta nella costituzione di un potere
che sia in grado di imporre un modo di comportamento pacifico, ragionevole e giusto.
L'istituzione di questo potere è il patto politico: bisogna creare lo Stato perché sia possibile un
comportamento razionale e morale per una moltitudine di individui.
Hobbes è così giunto ad una concezione dello Stato in cui vi è un'autorità onnipotente rispetto alla
quale gli individui non hanno diritti; si inaugura qui, sia pure in una forma estrema, la nostra
nozione di Stato. La filosofia di Hobbes ha lasciato in eredità alla riflessione politica due problemi:
l'idea di Stato e di sovranità come categorie centrali del pensiero politico e la necessità di definire la
natura e i limiti di questa sovranità; sarà nel tentativo di dare risposte alternative a questi problemi
che si svilupperanno le varianti liberali e democratiche del contrattualismo.
di Amalia Coticchio e Monica Fogliata
Bresciaoggi, Mercoledì 16 marzo 1983