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LEZIONE 6
L'ATTIVITÀ NORMATIVA NELLA CHIESA
Sommario: 1. L'attività normativa dei fedeli: norme di autonomia e consuetudini.— 2. La
funzione normativa dell'autorità ecclesiastica: a) La distribuzione di funzioni di governo; b) La
funzione legislativa; e) Le norme singolari.— 3. La questione delle fonti del diritto canonico.
1.  L'attività   normativa  dei  fedeli:  norme  di
  autonomia  e consuetudini
Nella Lezione precedente si è visto come qualsiasi soggetto capace di attribuire
diritti e di configurare la loro misura sia capace di dare norme giuridiche, cioè regole
giuridiche valide per il futuro. Qualsiasi fedele avente capacità di agire può,
nell'ambito del suo dominio, disporre (razionalmente) di ciò che è suo e prevedere la
propria condotta. Ne deriva che due o più fedeli possono raggiungere un accordo
mediante il quale almeno uno di loro si impegna a mettere a disposizione di un altro il
proprio bene giuridico (che può essere un bene materiale, una condotta, ecc),
stabilendo quindi regole giuridiche per il futuro. Per esempio, un fedele si può
impegnare con un altro o con un gruppo di fedeli a realizzare determinate attività (di cui
è capace, ma che fino allora non era tenuto a svolgere) se si verificano certe circostanze,
oppure un insieme di fedeli può prevedere che tutti i componenti del gruppo porranno
determinati atti giuridici al compiersi di certe condizioni. Si tratta, insomma, della
capacità che i fedeli hanno di stipulare dei contratti normativi. L'ambito di libera
disposizione dei fedeli, in cui essi sono capaci di obbligarsi, viene chiamato ambito
di autonomia, proprio perché è una spazio di libertà in cui
86Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â LEZIONI DI PARTE GENERALE DEL DIRITTO CANONICO
spetta allo stesso fedele, accordandosi con uno o più fedeli, stabilire norme
giuridiche, cioè "autonormarsi".
La legge, proveniente dalla competente autorità , può limitare e
condizionare l'esercizio dell'autonomia privata, ma allo stesso tempo la legge non può
disconoscere la giusta autonomia privata dei fedeli'. Talvolta, infatti, per la validità di
certe norme pattizie occorre osservare certe formalità ; in altri casi i soggetti dovranno
possedere determinate qualità legalmente stabilite, ma questi limiti non possono mai
giungere alla negazione della legittima autonomia privata. La legge può anche
prevedere la produzione di determinati effetti giuridici in seguito alla celebrazione di
certi patti, ma ciò che costituisce la caratteristica principale delle norme di autonomia
privata è proprio il fatto che la forza giuridica vincolante deriva appunto dalla
libertà dei fedeli che hanno emanato tali norme.
L'esercizio dell'autonomia privata può sfociare in una svariatissima
modalità di patti normativi. Forse il tipo di norma promanante dall'autonomia privata
più rilevante è quello degli statuti regolanti la struttura e la vita di un ente, sorto
anch'esso dalla libera iniziativa dei fedeli. E' il caso appunto degli statuti di alcune
fondazioni e associazioni.
Il Codice ha fatto diversi tentativi di fissare una terminologia per applicarla ad
un determinato tipo di norme. Così, il can. 94 da una definizione di "statuti", sebbene
esso precisi che si riferisce agli statuti in senso proprio, ammettendo quindi un senso
improprio2. Afferma quindi il can. 94 § 1 che «statuta, sensu proprio, sunt ordinationes qua e in universitati bus si ve personarum sive rerum ad normam iuris conduntur, et quibus
definiuntur earundem finis, constitutio, regimen atque agendi rationes». La definizione si basa quindi sul contenuto di queste norme: gli statuti sono quelle norme che stabiliscono il diritto "costituzionale"
di un ente morale, di un'universitas personarum o di un'universitas rerum, siano queste costituite o meno in persone giuridiche (cfr. cann. 115-117). Il § 2 del medesimo canone completa la nozione di questo tipo
di norme, nel determinare il loro ambito di applicazione: gli statuti obbligano soltanto le persone che sono membri della cor porazione e coloro che si incaricano del governo della fondazione. Gli
statuti in senso proprio sono, quindi, norme fondanti di un ente e si riferiscono solo a questo ente, sicché non interessano direttamente i soggetti esterni alla corporazione o alla fondazione.
La collocazione sistematica del can. 94, all'interno del Titolo V del primo Li br o, va l e a dir e, in un T i t ol o post er i or e a d a l tri dedi ca t i al l a l egge, a l la
1 C fr . E . M O L AN O, La a u to n o mia p r iv a d a c n e l o rd c n a mie n t o c a n à ²n i c o . C ri tc r io s p a ra su delimitación materia ! y formai, Pa mplona 1974.
: Sui motivi della redazione dei cann. 94 e 95 e sul processo della loro elaborazione, cfr. G.P. MARCUZZI, Statuti e regolamenti, in Apollinaris, 60 (1987), pp. 527-543.
L'ATTIVITÀ NORMATIVA NELLACHIESA             87
consuetudine e alle norme e atti amministrativi, fa pensare che si tratti di norme che potrebbero non essere qualificate né di natura legislativa né di natura amministrativa; anzi, sembra che gli statuti più
tipici, quelli cioè che meglio rispondono alla definizione legale, siano appunto gli statuti che procedono dall'autonomia privata dei fedeli, vale a dire, gli statuti delle associazioni e delle fondazioni
create dall'iniziativa dei fedeli, che determinano il fine, la costituzione, il regime e la forma di agire di questi enti3.
Nonostante la collocazione sistematica del Titolo V del Libro I, non si può affermare a priori e in senso assoluto la natura privata di questo tipo di norme, benché essa rimanga quella
più caratteristica. La natura -- legislativa, amministrativa o di autonomia privata — dipenderà in ultima istanza dall'autore degli statuti. Difatti, il § 3 del can. 94 stabilisce che «quae statutorum
praescripta vi potestatis legislativae condita et promulgata sunt, reguntur praescriptis canonum de legibus», ammettendo quindi l'ipotesi di statuti di natura legislativa4. Giova anche notare che
vengono spesso denominati "statuti" le leggi con un contenuto precipuamente "statutario" (definitore della costituzione dell'ente), come sono gli statuti di alcune circoscrizioni
ecclesiastiche (ordinariati militari, prelature personali, ordinariati rituali, ecc.), che godono del rango formale di legge e sono anche veramente leggi. In sintesi, dinanzi ad una norma denominata "statuti"
occorrerà analizzare l'autore e il contenuto per verificare se si tratta di norme di autonomia o meno.
Interessa sottolineare il fatto che ci sono norme la cui forza giuridica vincolante proviene dalla sola autonomia privata, in modo tale che si può affermare che sono gli stessi fedeli
a darsi norme canoniche. Ciò si nota in maniera particolarmente chiara nel caso degli statuti delle associazioni. Infatti, è un diritto fondamentale del fedele fondare, dirigere e iscriversi in associazioni
per raggiungere scopi di carità , di apostolato o di pietà 5. Fa parte di questo diritto la facoltà di stabilire le proprie norme regolanti l'ente associativo che si vuole creare. In altre parole, gli
statut i che regolano le associazioni sorte
3             Cfr. L. PRADOS, La intervención de la autoridad sobre la autonomia estatutaria, in Das
konsoziative Element in der Kirche. Akten des VI. Internationalen Kongresses fùr kanoniches
Recht, Mùnchen, 14.-19. September 1987, St. Ottilien 1989, a cura di W. Aymans-K.T. GeringerH. Schmitz, pp. 469-471, ma vedi anche J. OTADUY, Las caracteristicas juridicas en los estatutos
segùn el e. 94, in ibidem, pp. 313-319, dove si riportano alcuni esempi in cui il Codice usa il
termine "statuti" per norme che non possono essere considerate frutto dell'autonomia dell'ente.
4             In pratica, poiché il legislatore ha potestà per farlo, è possibile che nell'emanare degli
statuti, questi contengano disposizioni che interessino terzi, contrariamente a quanto disposto
dal can. 94 § 2, in modo che non sarebbero più statuti in senso proprio, bensì leggi di contenuto
prevalentemente statutario. Sarebbe anche il caso delle norme che regolano l'assetto e il modo
di agire di organi con potestà , che proprio per la loro funzione pubblica, interessa anche terzi.
Per esempio, le norme della Segnatura Apostolica e quelle della Rota Romana sono, per questa
ragione, leggi che pur avendo un contenuto prettamente statutario (definiscono il fine, la
costituzione, il governo e i modi di agire dell'ente), devono essere promulgate da colui che ha la
corrispondente potestà legislativa, poiché non riguardano soltanto la costituzione interna
dell'ente.
'Cfr. can. 215.
88Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â LEZIONIDIPARTEGENERALEDELDIRITTOCANONICO
dall'autonomia privata dei fedeli sono anch'essi effetto dell'autonomia privata dei soci, che decidono di regolare l'associazione in un determinato modo. Occorre chiarire che nel caso degli statuti
delle associazioni si richiede un certo intervento dell'autorità ecclesiastica competente, ma esso rimane esterno alla norma stessa, non intaccando quindi la natura privata degli statuti6.
Per avere un quadro completo della potestà normativa dei fedeli occorre anche considerare il fenomeno della norma consuetudinaria. La natura, però, della consuetudine è di tutto un
altro ordine rispetto alle norme di autonomia. Qui non si tratta della regolamentazione libera e pattizia di spazi sottomessi al dominio dei fedeli, bensì dello stabilimento di un ordine introdotto
mediante la condotta abitudinaria di tutta una comunità cristiana (compresa anche l'autorità ecclesiastica corrispondente). La consuetudine è un tipo di norma di grande importanza che sarà oggetto
di un'attenta analisi nella Lezione 14; qui basta segnalarne l'esistenza.
2. La funzione normativa dell'autorità ecclesiastica
a) La distribuzione di funzioni di governo
Ogni società ha bisogno di essere governata. Chi ha la missione di governare deve avere la potestà necessaria per adempiere al suo ruolo, peraltro imprescindibile, in beneficio della
comunità , potestà che consiste nella capacitÃ
6 II can. 117 stabilisce che, affinchè una corporazione o fondazione ottenga la personalità giuridica è necessario che i suoi statuti siano approvati dalla competente autorità ecclesiastica. Per ciò che riguarda le associazioni, occorre affermare che tutte
devono avere gli statuti propri (can. 304 § 1). Il can. 299 § 3 dispone che non si ammette nessuna associazione privata nella Chiesa se i suoi statuti non sono stati esaminati (se non hanno ottenuto la recognitio) dall'autorità competente (di cui al can. 312 § 1); affinchè
queste a ssocia zioni ottenga no la personalità giuridica, i relativi statuti devono essere approvati (can. 322 § 2), allo stesso modo in cui vengono approvati quelli delle associazioni pubbliche (can. 314). Si è molto discusso circa quale possa essere la differenza tra l'approvazione e
la semplice recognitio; per alcuni la recognitio sarebbe un co nt r ol l o d i c o n fo r mit Ã
co n la fed e, l e co n su etu d i n i e i l d ir it t o e c c l e sia sti c o , m e n tr e l'approvazione consisterebbe in un giudizio di valore positivo (cfr., per esempio, L.F. NAVARRO, sub can. 299, in Comentario
exegético al Código de Derecho Canònico, a cura di A. MARZOA - J. MlRAS- R. RODRI'GUEZ-OCANA, Pamplona 1996, voi. II, pp. 426-432 e sub can. 374, in ibidem, pp. 482 e 483). Comunque sia, ciò che qui interessa affermare è che in ogni caso (approbatio o recognitio, di un'associazione o di
una fondazione) si tratta di un atto amministrativo singolare mediante il quale l'autorità competente approva o riconosce gli statuti previamente elaborati, senza poter modificarli e, quindi, senza che l'autorità diventi l'autrice di tale norma e, pertanto, se n za c h e g l i
st a t u t i d e l l e a ss o c i a z i o n i p er d a n o l a l o r o n a t u r a d i n o r m e d i a u t o n o mi a , divenendo norme amministrative.
L'ATTIVITÀ NORMATIVA NELLA CHIESA             89
di vincolare con i propri comandi i membri della società . Poiché la potestà di governare è qualcosa che viene attribuita ad un titolare, un suum, e, di conseguenza, i membri della società hanno
il dovere giuridico (di giustizia) di obbedire ai comandi legittimi. Ne deriva che la potestà di governare una società può essere qualificata a rigore di giuridica.
Di per sé, la potestà di comandare per l'attuazione dei beni giuridici della comunità è unica, ma è ormai classico distinguere tre tipi diversi di attività corrispondenti a chi è a
capo di una comunità , il che ha dato luogo alla nota divisione tripartita del potere in legislativo, amministrativo e giudiziario. Nell'ambito civile, soprattutto a partire da Montesquieu, si parla di tre
poteri dello Stato che devono essere separati anche perché in questo modo si controllano e bilanciano ...
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