Sir LA MISSION Riconciliare i generi e le generazioni È il contributo

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Sir
LA MISSION
Riconciliare i generi
e le generazioni
È il contributo virtuoso dei cattolici italiani a quella architettura della famiglia che è un bene essenziale
per la comunità, per la società e per lo Stato democratico. Talvolta, persino, a loro insaputa...
Domenico Delle Foglie
La sabbia e la roccia. La sabbia che scivola fra le dita e la roccia sulla quale si può costruire. È felice la scelta
del cardinale Angelo Bagnasco per descrivere la crisi dell’umano e della famiglia, per indicare la via d’uscita
da quella stessa crisi.
Ma ci vuole anche una grande dose di coraggio intellettuale per indicare, senza sconti, l’orizzonte culturale,
sociale, antropologico che sta svuotando di senso la differenza tra uomo e donna, sta producendo
un’assuefazione progressiva alla teoria dell’equivalenza dei generi a scapito della ricchezza insostituibile
della differenza. Dire ai cattolici italiani, ma anche a quella parte dell’opinione pubblica italiana ormai
assuefatta alla prospettiva della uguaglianza senza distinzioni, che la comunità cristiana continuerà a
fronteggiare con dignità e consapevolezza, ma senza arroganze, la teoria del gender anche nelle sue
ricadute legislative (unioni omosessuali e legge contro l’omofobia)... ebbene questo vuol dire amare
l’umano che è custodito gelosamente dalla famiglia e dal matrimonio. Ma, al tempo stesso, esprime un
amore che non è solo dei cattolici. Anzi, è di tutto un popolo che il calore della famiglia lo sperimenta; da
quel calore ricava certezze esistenziali, a quel calore porta ogni giorno un piccolo contributo di energia, in
quel calore matura la ricchezza delle personalità individuali e delle relazioni, attraverso quel calore impara
ad assumersi responsabilità che si rivelano presto un vantaggio sociale. Affermare tutto questo comporta la
consapevolezza di remare controcorrente sul piano culturale, su quello sociale e, infine, politico,
soprattutto nel suo riflesso legislativo. E comporta anche la scelta di ripercorrere la strada della
riconciliazione tra i generi attraverso “la roccia della differenza”, perché l’essere uomo e l’essere donna non
vengano polverizzati “in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e quella
generazionale, eliminando ogni possibilità di essere padre e madre, figlio e figlia”.
Il presidente della Cei, forte anche del richiamo di Papa Francesco alla riconsiderazione del ruolo degli
anziani, dei bambini e dei giovani, individua una prospettiva di impegno che va abbracciata dai cattolici con
rigore intellettuale, con generosità operativa, con creatività sociale. Si tratta, infatti, di operare una
tempestiva riconciliazione tra generazioni che contesti apertamente quella “segregazione generazionale”
che ammorba la relazione fra adulti e giovani, quasi che davvero non si abbia nulla più da dirsi e da darsi. La
questione appare così in tutta la sua evidenza educativa. Non sarà possibile per i cattolici italiani piegarsi
alla logica della indifferenza tra le generazioni, ma sarà una loro cura creare ponti e spazi di dialogo. Con la
tenacia e la dedizione che i cattolici sanno mettere in campo quando prendono coscienza della sfida storica
portata alla capacità dell’uomo di creare relazioni e attraverso queste di costruire comunità. E la prima
comunità guarda caso è proprio la famiglia, di cui la relazione è pilastro fondativo.
Una doppia riconciliazione è, dunque, davanti a noi tutti. La riconciliazione fra i generi attraverso la
centralità della differenza tra uomo e donna, tra maschile e femminile. Una riconciliazione fra generazioni
che rifiuti la cultura dello scarto umano (anziani e giovani) e sposi la famiglia come lo spazio delle “grandi
differenze” (età, sesso, cultura e storia) che vivono di reciprocità.
Una doppia riconciliazione che costituirà il contributo virtuoso dei cattolici italiani a quella architettura della
famiglia che è un bene essenziale per la comunità, per la società. E persino per lo Stato democratico.
Talvolta, persino, a loro insaputa...
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Sir
A BOTTA CALDA
Da Torino la speranza
di un dibattito pubblico
senza pregiudiziali
Il sociologo Sergio Belardinelli: "Una 'guerra civile' sulla famiglia sarebbe devastante per la comunità. La
sua grandezza non sta in relazioni da 'Mulino Bianco', ma nel fatto che - nonostante le durezze e le
asprezze - continua a essere un luogo privilegiato nel quale le persone si accolgono, si sentono amate,
imparano ad affrontare il mondo, prendono coscienza della loro libertà..."
dall'inviato Sir a Torino, Francesco Rossi
Un contributo offerto con “dolcezza” per “aprire un dibattito non pregiudiziale”. È il commento “a caldo”
che il sociologo Sergio Belardinelli offre al Sir non appena udita la prolusione del cardinale Angelo
Bagnasco, presidente della Cei, alla 47ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si è aperta oggi a Torino
ed è dedicata a “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”.
Il cardinale Bagnasco delinea una famiglia in crisi, deteriorata dall’individualismo, ma pure “antidoto alla
stessa crisi”. Che ne pensa?
“Queste parole sono estremamente vere: la sociologia da anni parla di crisi dell’istituzione familiare,
sottolineandone la drammaticità perché questo è l’unico soggetto sociale in grado di fronteggiare le molte
crisi che investono l’uomo. Perciò possiamo dire che la Chiesa mostra quale sia l’unica chiave di accesso per
affrontare i problemi del nostro tempo in modo davvero ‘umano’, cioè degno dell’uomo”.
Lo stesso termine famiglia, però, pare in crisi, messo in discussione da quanti vorrebbero diverse “forme” di
famiglia...
“La famiglia è una relazione eterosessuale sancita da un patto pubblico. Questa è la definizione che
l’antropologia e la sociologia per lungo tempo ne hanno dato. Voglio sperare che la dolcezza con cui il
cardinale ne ha sottolineato le fondamenta serva ad aprire un dibattito non pregiudiziale. Una ‘guerra
civile’ sulla famiglia sarebbe devastante per la comunità. La sua grandezza non sta in relazioni da ‘Mulino
Bianco’, ma nel fatto che - nonostante le durezze e le asprezze - continua a essere un luogo privilegiato nel
quale le persone si accolgono, si sentono amate, imparano ad affrontare il mondo, prendono coscienza
della loro libertà...”.
“Si è giunti a negare anche il dato di partenza: la persona è sessuata”. Questo ha detto Bagnasco
riprendendo il dibattito sul gender. Vi è un’alternativa a questo relativismo esasperato?
“La prolusione ha inteso dare un impianto antropologico alla Settimana Sociale scegliendo il tema della
differenza, declinato su quello che è il vero crinale: il modo in cui negli uomini si combinano natura e
cultura, natura e libertà, natura e scelta. Bagnasco ha ricordato un’evidenza antropologica di fondo: c’è un
elemento non dipendente da noi. La follia del nostro tempo è aver pensato che nell’uomo, essendo un
animale culturale, la natura sia un optional. Non c’è niente di più drammatico di quella che Hegel chiamava
‘dialettica del riconoscimento’. La chiusura nell’individualismo è una delle più grosse follie del pensiero
contemporaneo”.
La posta in gioco non è solo per i cattolici...
“Gli altri non sono un limite per la nostra libertà, bensì coloro che la rendono possibile. I cattolici non
vogliono andare contro la cultura moderna, ma indicare quella che è l’unica strada per valorizzare la libertà
e l’autonomia dell’uomo, che sono proprio i vessilli di questa cultura. Il cristianesimo contiene un
messaggio universale, rivolto a tutti gli uomini”.
È possibile rendere concretamente la famiglia un “soggetto attivo” delle politiche sociali?
“Se in tanti anni non abbiamo fatto passi avanti nella sussidiarietà delle politiche sociali è perché per molti
erano solo chiacchiere di ‘cattolici da sacrestia’. Non è così, queste proposte devono diventare un
patrimonio comune e in questo chiediamo l’aiuto di tutti perché la posta in gioco è il bene di ogni persona”.
Un pensiero, infine, per la “sofferenza di tante famiglie” e in particolare per quelle che hanno fatto
esperienza della “lacerazione della vita matrimoniale”. Come la Chiesa può farsi sempre più loro prossima?
“La Chiesa è già protagonista nella vicinanza e in più circostanze queste famiglie trovano appoggio, parole
di conforto, sostegno. Certo, si può fare molto di più, serve una consapevolezza diffusa e in questa
direzione vanno anche le parole odierne di Papa Francesco e del presidente della Cei”.
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Sir
CON PAPA FRANCESCO E BAGNASCO
Il popolo che ama e cura
gli anziani e i giovani
costruisce il suo futuro
Due gli applausi che hanno salutato il messaggio di Papa Francesco e la prolusione del cardinale
Bagnasco. Un “popolo” che si ritrova nelle parole dei suoi pastori
dall'inviata Sir a Torino, M.Michela Nicolais
Una “sinfonia a due voci”, di fronte a una platea “di popolo”. È la prima istantanea della Settimana Sociale,
scattata da Torino, “città emblematica per tutto il cammino storico-sociale dell’Italia”, dirà subito il Papa
nel messaggio inviato ai partecipanti. Milletrecento, in rappresentanza di tutto il variegato arcipelago
cattolico: diocesi, associazioni, movimenti. Due gli applausi che hanno salutato il messaggio di Papa
Francesco e la prolusione del cardinale Bagnasco. Un “popolo” che si ritrova nelle parole dei suoi pastori, e
che da loro acquista slancio per navigare in mare aperto, senza complessi d’inferiorità ma anche senza
arroganza. Nello stile della “testimonianza semplice e coraggiosa di tantissime famiglie che vivono
l’esperienza del matrimonio e dell’essere genitori con gioia”, scrive il Papa a suggello della sua missiva.
Papa Francesco al Teatro Regio parte dall’“aria di casa”, dai Santi sociali del XIX e del XX secolo, una
“schiera luminosa” che - a partire da Toniolo - costituisce un esempio “sempre valido per i cattolici laici di
oggi” a cercare “vie efficaci” per raccogliere le sfide della società. E all’impegno del laicato cattolico, e in
particolare dell’associazionismo, il cardinale Bagnasco farà riferimento poco dopo, sul finale della
prolusione, con un vibrante invito a “sostenere” il mondo associativo ecclesiale.
Una sinfonia a due voci. Il Papa parla di speranza, futuro e memoria - le tre-parole-chiave della Settimana e lo fa dicendo che “un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha
futuro”. Il cardinale Bagnasco gli fa eco dedicando un’ampia parte della prolusione - tutta centrata sulla
“roccia della differenza” - alla necessità di non oscurare la differenza tra le generazioni, evitando quella che
definisce la “segregazione generazionale”, ristabilendo il dialogo tra due segmenti della società - i giovani e
gli anziani - che “rischiano di essere scartati”.
La “differenza” è anche un tema del discorso di Papa Francesco: la famiglia per il cristiano, ricorda, è quella
del Libro della Genesi, che vede uomo e donna uniti nella differenza: è questo il presupposto di una società
e di un’economia a misura d’uomo”. Tenere, o non tenere conto, di questo, comporta conseguenze positive
o negative, ammonisce il Papa. Ancora la sinfonia, adesso è il momento del crescendo: “Non possiamo
ignorare la sofferenza di tante famiglie”, il grido del Papa, che ne cita le cause: la mancanza di lavoro, il
problema della casa, la mancanza di libertà di scelta sul piano educativo. L’accento forte entra anche nei
meandri spesso più nascosti dei singoli vissuti familiari: i conflitti interni alle famiglie, i fallimenti
matrimoniali, la violenza che - il Papa non ha paura di dirlo - “si annida anche all’interno delle nostre case”.
Eppure, nonostante tutto, sono le famiglie “belle” e semplici, quelle citate all’inizio dal Papa nello scandire
delle loro attività quotidiane, che costituiscono ancora oggi lo zoccolo duro del Paese. Perché “la famiglia
ha tenuto duro”, dice il cardinale Bagnasco in una parte della prolusione che ci riporta ai ricordi di quella
“zona franca”, di quell’“onda di calore” che per ciascuno di noi - non senza le difficoltà e le prove - è stata la
famiglia. Che “non era un nucleo dai confini cangianti e dai tempi incerti, ma definito e permanente, su cui
sapevamo di poter contare”. Il “popolo di Torino” ci conta, continua a contarci. E non ha paura di navigare
in mare aperto.
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Corriere della sera
L'INCREDIBILE VICENDA DEGLI ABUSIVI A NAPOLI
Come premiare l'illegalità
Circola in Italia una strana idea di legalità. I suoi cultori chiedono alle Procure di esercitare il ruolo improprio
di «controllori» ma non appena possono premiano l'illegalità, per demagogia o per calcolo elettorale. È il
caso di Napoli, città-faro del movimento giustizialista visto che ha eletto sindaco un pm, dove è stata
appena approvata, praticamente all'unanimità, la sanatoria degli occupanti abusivi delle case comunali. Nel
capoluogo partenopeo si tratta di un fenomeno vastissimo: sono circa 4.500 le domande di condono giunte
al Comune per altrettanti alloggi. Per ogni famiglia che vedrà legalizzato un abuso, una famiglia che avrebbe
invece diritto all'abitazione secondo le regole e le graduatorie perderà la casa. Non c'è modo migliore di
sancire la legge del più forte, del più illegale; e di invitare altri futuri abusivi a spaccare serrature e scippare
alloggi destinati ai bisognosi.
Ma nelle particolari condizioni di Napoli la sanatoria non è solo iniqua; è anche un premio alla camorra
organizzata. È stato infatti provato da inchieste giornalistiche e giudiziarie che «l'occupazione abusiva di
case è per i clan la modalità privilegiata di occupazione del territorio», come ha detto un pubblico
ministero. In rioni diventati tristemente famosi, a Secondigliano, Ponticelli, San Giovanni, cacciare con il
fuoco e le pistole i legittimi assegnatari per mettere al loro posto gli affiliati o i clientes della famiglia
camorristica è il modo per impadronirsi di intere fette della città; sfruttando le strutture architettoniche
dell'edilizia popolare per creare veri e propri «fortini», canyon chiusi da cancelli, garitte, telecamere, posti
di blocco, praticamente inaccessibili dall'esterno e perfetto nascondiglio per latitanti, armi e droga.
Non che tutto questo non lo sappia il sindaco de Magistris, che a Napoli ha fatto il procuratore. E infatti ha
evitato di assumersi in prima persona la responsabilità di questa scelta. L'ha però lasciata fare al consiglio
comunale, Pd e Pdl in testa, difendendola poi con il solito eufemismo politico: «Non è una sanatoria. Io la
chiamerei delibera sul diritto alla casa». E in effetti è una delibera che riconosce il diritto alla casa a chi già
ce l'ha, avendola occupata con la forza o l'astuzia.
13 settembre 2013 | 7:46
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Corriere della sera
LA CRISI - DIPLOMAZIA AL LAVORO
Assad: consegnerò le armi chimiche
Kerry: le parole non bastano, ora passi concreti
Il segretario di Stato Usa vede il ministro russo Lavrov
«Posizioni divergenti su chi ha usato le armi chimiche»
Assad consegnerà le armi chimiche in proprio possesso. Il presidente siriano lo ha confermato durante
un'intervista a una televisione russa dando così il via libera alla proposta di mediazione avanzata nei giorni
scorsi da Putin e appoggiata anche dagli Stati Uniti. Assad ha però sottolineato che il processo di
smantellamento dell'arsenale non deve essere unilaterale e che gli Usa devono smettere di minacciare
Damasco e di armare l'opposizione.
Da Ginevra, dove si è recato per incontrare il ministro degli Esteri russo Lavrov, il segretario di Stato
americano John Kerry precisa: «Le parole non bastano, servono passi concreti. Sia chiaro che non
permetteremo - ha aggiunto - un altro attacco chimico». E ancora: «Se l'accordo sulla Siria fallisce, l'uso
della forza potrebbe essere necessario». Da parte sua, Lavrov ribadisce invece che la Russia è determinata a
cercare un compromesso.
TAVOLO A GINEVRA - Kerry e Lavrov si sono incontrati a Ginevra per cercare di capire se sia possibile
mettere sotto il controllo internazionale l'arsenale chimico di Damasco, scongiurando l'intervento armato
voluto dalla Casa Bianca contro Assad. Gli Stati Uniti e la Russia continuano ad avere posizioni diverse su chi
ha usato le armi chimiche, commenta Kerry, al termine dell'incontro con il ministro degli Esteri russo. E
avverte: «Ci sono aspettative molto elevate per un accordo che potrebbe salvare vite umane. Ma la Russia
e la Siria devono mantenere le promesse».
Kerry: «Raid se accordo fallisce»
LETTERA ALL'ONU - Da New York, si apprende anche che il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon ha
ricevuto una lettera dal governo della Siria che dichiara formalmente l'intenzione di aderire alla
Convenzione sulle armi chimiche, accordo internazionale che ne vieta la produzione e l'uso. Lo ha fatto
sapere il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. Quest'ultimo ha anche spiegato che l'invio della
lettera al segretario generale del'Onu da parte del governo di Assad è il primo passo della procedura per
un'eventuale adesione della Siria alla Convenzione. E che i dettagli del documento ricevuto da Damasco
verranno resi noti nelle prossime ore.
RAPPORTO ONU - Le speranze di trovare una soluzione negoziata al conflitto sono appese anche al
rapporto degli ispettori Onu sull'attacco con armi chimiche dello scorso 21 agosto contro un quartiere alla
periferia di Damasco, rapporto che potrebbe essere reso pubblico lunedì. Il dossier - che secondo alcuni
arriverà sul tavolo del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon lunedì - non farà riferimento in
maniera esplicita a chi è ricorso ai gas. Ma secondo le anticipazioni raccolte da Foreign Policy da fonti
diplomatiche interne al Palazzo di Vetro, sarebbe in grado di offrire un «gran numero» di informazioni che
consentirebbero di risalire chiaramente al regime di Damasco. «Hanno ottenuto una ricca campionatura
biomedica ed ambientale e hanno intervistato vittime, medici e infermiere - ha detto una fonte della rivista
- Sembrano abbastanza soddisfatti di quanto raccolto».
LA GUERRIGLIA CONTINUA - Sul campo,
invece, si continua a combattere. A Maalula, il minuscolo centro simbolo della cristianità in Siria, le truppe
lealiste danno ancora la caccia ai gruppi di ribelli che domenica avevano conquistato il villaggio.
L'opposizione intanto denuncia un nuovo attacco «con gas velenoso», di cui non è chiara la natura: anche
stavolta nel mirino sarebbe finita la periferia di Damasco.
12 settembre 2013 (modifica il 13 settembre 2013)
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Corriere della sera
IL SIDERURGICO DI TARANTO
«Ilva, messi in libertà 1.400 addetti»
Il gruppo Riva: non possiamo pagare
La decisione dopo il sequestro di beni e conti correnti
Gozzi (Federacciai): «È un accanimento giudiziario»
TARANTO - Il gruppo Riva ha annunciato che da domani metterà in libertà circa 1.500 addetti che operano
nelle 13 società riconducibili alla famiglia e oggetto del sequestro di beni e conti correnti per 916 milioni di
euro operato dalla Guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta tarantina per disastro ambientale. Lo rende
noto la Uilm nazionale. Riva Acciaio - è scritto in una nota - conferma la cessazione da oggi di tutte le
attività dell'azienda, esterne al perimetro gestionale dell'Ilva, e relative a sette stabilimenti in cui sono
impiegati circa 1.400 persone. La decisione viene motivata con il sequestro preventivo penale del Gip di
Taranto.
I SITI - La messa in libertà riguarderebbe vari siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Nel
capoluogo ionico l'unica società interessata è «Taranto Energia», che conta 114 dipendenti. Riva Acciaio,
quindi spiega che cesseranno tutte le attività dell'azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di
Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone
Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). «Tali attività non rientrano nel
perimetro gestionale dell'Ilva - prosegue l'azienda - e non hanno quindi alcun legame con le vicende
giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto. La decisione, comunicata al custode dei
beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si
è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto,
datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva
Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto
corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti
aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della
normale attività. Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di
sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al
patrimonio dell'azienda - conclude l'azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo
deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi
e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale a esclusione degli
addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali».
LA FURIA DI FEDERACCIAI - «Il drammatico provvedimento preso e comunicato da Riva Acciaio rappresenta
l'esito annunciato di un accanimento giudiziario senza precedenti, da me ripetutamente denunciato già in
tempi non sospetti». Così il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, sulla decisione di Riva di chiudere gli
impianti italiani. «È la conseguenza - ha dichiarato Gozzi a margine del funerale di Steno Marcegaglia - di un
braccio di ferro tra magistratura e Governo, con la magistratura che ha prevalso vanificando, di fatto, ben
due leggi dello Stato, la legge 231 e quella successiva sul commissariamento».
L'ATTACCO DEI SINDACATI - «Diffidiamo l'azienda a mettere in libertà il personale - attacca Marco
Bentivogli segretario nazionale Fim-Cisl -, ma la procura configuri il provvedimento affinché vi sia continuità
produttiva. All'indomani del provvedimento di confisca dei beni riferiti alla famiglia Riva e alle società da
esse controllate siamo di fronte - afferma Bentivogli - ad un ennesimo epilogo inaccettabile: l'azienda ci ha
appena comunicato dell'impossibilità di poter dar continuità produttiva e lavorativa e sta predisponendo in
tutti gli stabilimenti di Riva forni elettrici, ex Riva acciaio, la messa in libertà immediata di tutto il
personale». «Ancora una volta - chiarisce Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm - le iniziative disposte
dagli uffici del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Taranto determinano una ripercussione
negativa sulla produzione siderurgica nazionale e sugli approvvigionamenti d'acciaio utili alle imprese
manifatturiere italiane ed estere. Se è vero che le parti sociali, datoriali ed istituzionali sono tutte coinvolte
nel raggiungimento di un coerente equilibrio tra azioni di risanamento ambientale e ripristino produttivo
relative al sito di Taranto, è inconcepibile che si mini la ripresa e l'occupazione confiscando strutture in
questo caso riconducibili a Ilva Spa, a Riva Forni Elettrici Spa, a Riva Fire Spa. Siamo favorevoli affinché
nessuna lentezza nelle procedure autorizzative possa bloccare i lavori previsti dal piano Ambiente per l'Ilva,
ma non possiamo accettare che produzione ed occupabilità delle aziende collegate paghino in modo così
pesante e costante».
TOSI: «A RISCHIO IL FUTURO» - «Ho espresso, attraverso il direttore dello stabilimento veronese, vicinanza
all'azienda, al management e ai dipendenti». Lo ha detto il Sindaco di Verona, Flavio Tosi, nell'apprendere
la notizia del fermo degli stabilimenti di Riva Acciaio, «dopo che un magistrato ha bloccato i conti correnti
dell'azienda». «È giusto - ha detto Tosi - tutelare la salute, combattere l'inquinamento e prendere
provvedimenti per evitarlo, risanando dove ci sono state problematiche, ma in un momento di gravissima
crisi economica che un provvedimento di un magistrato arrivi a costringere alla chiusura un'azienda di
quelle dimensioni, che dà lavoro a decine di migliaia di famiglie, nella nostra città sono più di 500 oltre
all'indotto, dà l'idea di un Paese ridicolo. In nessun Paese del mondo occidentale potrebbe succedere una
cosa del genere. Non mi sembra ispirato al buon senso un provvedimento che causa all'azienda e a migliaia
di suoi dipendenti un danno enorme, che potrebbe diventare irreparabile. Saremo a fianco dell'Azienda e
dei suoi dipendenti per la salvaguardia dell'occupazione e di un pezzo fondamentale dell'economia del
Paese; facciamo appello al Governo e al Presidente Napolitano affinchè siano adottati provvedimenti atti a
impedire che i convincimenti personali di un singolo magistrato possano calpestare la volontà delle
comunità coinvolte e l'interesse nazionale».
Redazione online
12 settembre 2013
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Repubblica
Rehn: "L'Italia si concentri sulle riforme"
L'Ue chiede più stabilità per la ripresa
L'Europa vuole scongiurare la crisi di governo e così il nostro Paese è di nuovo osservato speciale alla due
giorni europea che si svolge a Vilnius: prima l'Eurogruppo, poi l'Ecofin
Rehn: "L'Italia si concentri sulle riforme" L'Ue chiede più stabilità per la ripresa Il commissario Ue agli
Affari economici, Olli Rehn
MILANO - L'Italia torna nel mirino dell'istituzioni europee. Prima la Bce che lancia l'allarme deficit, poi il
monito dell'Unione europea. "L'Italia - ha detto il commissario agli Affari economici, Olli Rehn - ha avuto
alcune turbolenze politiche, ma ora "si concentri sulle riforme economiche": per il ritorno alla ripresa infatti
"è essenziale la stabilità politica". Anche perché entrando all'Ecofin al via in Lituania, il commissario Ue ha
spiegato che "gli ultimi dati economici dell'Italia non sono buoni". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il
presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem:"Per l'Italia la cosa più importante è la stabilità politica".
A preoccupare i partner europei sono i dati relativi all'economia che nel secondo trimestre ha registrato un
calo dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. (13 settembre 2013)
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Repubblica
Decadenza Berlusconi, accordo in giunta.
Letta: "Ho fiducia, non si può far saltare tutto"
L'organismo del Senato ha deciso all'unanimità il calendario dei lavori: mercoledì della prossima
settimana la votazione sul documento del senatore Pdl Augello, che ha chiesto la convalida dell'elezione
del Cavaliere. Casson: "Il problema della retroattività non si pone". Augello: "Bocciatura avrà
conseguenze negative". Il premier: "Possiamo farci molto male, lavorerò perché non accada"
ROMA - La giunta delle immunità e delle elezioni del Senato voterà mercoledì sera sulla relazione di Andrea
Augello (Pdl), nel procedimento di decadenza a carico di Silvio Berlusconi. L'accordo, dopo le tensioni di ieri,
è stato raggiunto all'unanimità dai componenti dell'organismo di Palazzo Madama, su proposta del
presidente Dario Stefàno. "Oggi si erano iscritti a parlare sei senatori e abbiamo già consumato i loro
interventi" - ha detto Stefàno al termine della seduta -. "Si sono iscritti a parlare 19 senatori - ha aggiunto e i loro interventi sono previsti tra lunedì e martedì.
ll premier Enrico Letta prova a spazzare via lo spettro di una crisi legata alla decadenza di Berlusconi da
senatore. "Guardo con serenità e fiducia a quello che ci aspetta nei prossimi giorni. Ho sempre detto che
prevarrà il buon senso perché ciò che l'Italia può perdere mandando tutto a carte quarant'otto è chiaro a
tutti gli italiani e anche chi li rappresenta in Parlamento. Tutti gli italiani sanno quanto ci sarà di positivo su
quello che stiamo facendo, in termini di riduzione di tasse, creazione di posti di lavoro".
Letta, che parla da Venezia al termine del vertice trilaterale con i capi di governo di Slovenia e Croazia,
avverte: "Possiamo, volendo, farci molto del male". Ma garantisce: "Io lavorerò con determinazione perché
il Paese non si faccia del male".
Intesa bipartisan durante i lavori odierni. "Mercoledì è un compromesso accettabile - ha detto Felice
Casson -. Io pressing non sono abituato a riceverli. Se c'è lo evito". Quanto alla legge Severino - al centro
della relazione di Augello - "la decadenza non è né una sanzione penale né amministrativa - ha ribadito il
senatore democratico - e pertanto non si pone il problema della retroattività". Parole che non inducono
all'ottimismo Augello: "Mi pare chiaro che il Pd non venga folgorato sulla via di Damasco e che quindi bocci
la relazione. Credo che tutto clima non possa non avere delle conseguenze politiche". Quanto a Berlusconi:
"Conoscendolo, le dimissioni sono l'ultima cosa che possa aspettarmi" - ha aggiunto il senatore pidiellino.
Soddisfatto per l'accordo il presidente del Senato, Piero Grasso. "Penso che si vada verso quello che tutti
auspicavamo - ha detto Grasso a margine di un incontro a Barletta -: che ci sia una condivisione di tempi e
di regole per portare avanti quello che è nelle cose".
Quanto all'ipotesi che Berlusconi punti a capovolgere in aula il voto della giunta - che stando ai rapporti di
forza dovrebbe sancire la decadenza del Cavaliere - Guglielmo Epifani dice: "Franchi tiratori? Chi lo dice?
non lo diciamo noi, io non ho nessun timore, questo è uno dei punti su cui il Pd è totalmente unito".
Intanto dal Quirinale arriva un velato messaggio al Cavaliere in merito alla possibilità di ottenere la grazia. Il
Colle coglie l'occasione della richiesta di grazia rivolta a Giorgio Napolitano per Robert Seldon Lady (l'ex
agente della Cia condannato per il sequestro dell'imam egiziano Abu Omar avvenuto a Milano nel febbraio
2003) per sottolineare, tra le righe, che il capo dello Stato non può decidere sulla grazia se questa non viene
richiesta. Stando a quanto rende noto il portavoce della presidenza della Repubblica, "la domanda di grazia
del signor Robert Seldon Lady è arrivata alla presidenza della Repubblica ed è stata assegnata all'Ufficio per
gli Affari dell'Amministrazione della Giustizia secondo la consueta procedura prevista in questi casi".
Tutte le sedute. Questo il programma dei lavori: la discussione generale sulla relazione di Augello, che ha
proposto la convalida dell'elezione di Berlusconi (e quindi la sua permanenza in Senato), iniziata oggi,
continuerà lunedì (dalle ore 15) e martedì mattina. Dichiarazioni di voto e votazione mercoledì dalle 20
di LAVINIA RIVARA
(12 settembre 2013)
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Repubblica
Papa Francesco: "Fecondità dalla differenza.
Matrimonio uomo-donna nella Costituzione"
Nel messaggio del Pontefice alla Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si apre a Torino, la
riaffermazione della famiglia espressione della "prima società naturale", "scuola di generosità contro
l'individualismo", messa a rischio da "scelte di carattere culturale e politico". Bagnasco: "No a fughe in
avanti, resti salda la roccia della differenza sessuale"
TORINO - "La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell'unità nella
differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la
prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana". E' un passaggio
del messaggio autografo inviato da Papa Francesco alla 47esima Settimana Sociale dei cattolici italiani, dal
tema "La famiglia, speranza e futuro per la società italiana", aperta oggi pomeriggio a Torino dal presidente
della Cei, cardinale Angelo Bagnasco.
Tanto diverso dal predecessore Ratzinger nelle manifestazioni pubbliche del proprio Pontificato, Bergoglio
resta invece all'interno del solco tracciato dalle Sacre Scritture nella considerazione del matrimonio, inteso
come cellula primordiale della società, caratterizzata dall'obiettivo fondamentale della procreazione. Non
lasciando alcuno spiraglio a qualsiasi ragionamento sul matrimonio omosessuale, legalizzato giorno dopo
giorno in un numero sempre crescente di Paesi nel mondo. "Vogliamo riaffermare - sottolinea infatti il
Pontefice - che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di
un'economia a misura d'uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta".
Come in precedenza Benedetto XVI si era scagliato contro la "rivoluzione antropologica" del "matrimonio
per tutti", anche Papa Francesco punta l'indice contro "le conseguenze, positive o negative, delle scelte di
carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia". Conseguenze che "toccano i diversi ambiti
della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico, che è grave per tutto il continente
europeo e in modo particolare per l'Italia, alle altre questioni relative al lavoro e all'economia in generale,
alla crescita dei figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla base della nostra
civiltà".
"La famiglia è scuola privilegiata di generosità, di condivisione, di responsabilità, scuola che educa a
superare una certa mentalità individualistica che si è fatta strada nelle nostre società. Sostenere e
promuovere le famiglie, valorizzandone il ruolo fondamentale e centrale, è operare per uno sviluppo equo
e solidale".
La famiglia, anche guscio protettivo, scrigno di tesori. "Un popolo che non si prende cura degli anziani e dei
bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa - scrive il Papa -. Il futuro
della società, e in concreto della società italiana, è radicato negli anziani e nei giovani: questi, perché hanno
la forza e l'età per portare avanti la storia, quelli, perché sono la memoria viva".
Ma Bergoglio invita a non "ignorare la sofferenza di tante famiglie, dovuta alla mancanza di lavoro, al
problema della casa, alla impossibilità pratica di attuare liberamente le proprie scelte educative; la
sofferenza dovuta anche ai conflitti interni alle famiglie stesse, ai fallimenti dell'esperienza coniugale e
familiare, alla violenza che purtroppo si annida e fa danni anche all'interno delle nostre case".
"A tutti dobbiamo - continua Bergoglio - e vogliamo essere particolarmente vicini, con rispetto e con vero
senso di fraternità e di solidarietà. Vogliamo però soprattutto ricordare la testimonianza semplice, ma bella
e coraggiosa di tantissime famiglie, che vivono l'esperienza del matrimonio e dell'essere genitori con gioia,
illuminati e sostenuti dalla grazia del Signore, senza paura di affrontare anche i momenti della croce che,
vissuta in unione con quella del Signore, non impedisce il cammino dell'amore, ma anzi può renderlo più
forte e più completo".
Infine, rivolgendosi ai protagonisti dell'evento torinese, Papa Francesco esprime l'auspicio che "questa
Settimana Sociale possa contribuire in modo efficace a mettere in evidenza il legame che unisce il bene
comune alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, al di là di pregiudizi e ideologie. Si tratta conclude il Papa - di un debito di speranza che tutti hanno nei confronti del Paese, in modo particolare dei
giovani, ai quali occorre offrire speranza per il futuro".
Bagnasco: "No a fughe in avanti, salda roccia la differenza sessuale". "Quando attraverso una decisione
politica vengono giuridicamente equiparate forme di vita in se stesse differenti, come la relazione tra
l'uomo e la donna e quella tra due persone dello stesso sesso, si misconosce la specificità della famiglia":
così il cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione alla Settimana dei Cattolici.
Occorre mantenere salda "la roccia della differenza sessuale" per evitare il rischio che "la famiglia resti
imbrigliata in immagini stereotipate o in utopiche fughe in avanti" chiede il presidente della Cei, che
definisce "fondamentale" l'impegno "per ritessere l'umano che rischia diversamente di essere polverizzato
in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e quella generazionale, eliminando così la
possibilità di essere padre e madre, figlio e figlia".
"Volendo eliminare dalla dimensione sessuale le sovrastrutture socio-culturali espresse con la categoria di
'genere', si è giunti - denuncia Bagnasco - a negare anche il dato di partenza: la persona nasce sessuata". Di
qui, secondo Bagnasco, l'obsolescenza della domanda che ha angosciato tante generazioni passate: "Che
mondo lasceremo ai nostri figli?", l'urgenza di un nuovo interrogativo: "A quali figli lasceremo il mondo?".
"No omofobia, ma non criminalizzare chi sostiene matrimonio uomo-donna". "Frequentemente ci si
oppone alle ragionevoli considerazioni della Chiesa per motivi ideologici. Nei mesi scorsi, il dibattito sulla
legge contro l'omofobia ha manifestato con chiarezza questa tendenza", premette il cardinale Bagnasco.
"Nessuno discute il crimine e l'odiosità della violenza contro ogni persona, qualunque ne sia il motivo"
osserva il presidente della Cei, ribaltando poi la prospettiva: "Per lo stesso senso di civiltà, nessuno
dovrebbe discriminare, né tanto meno poter incriminare in alcun modo, chi sostenga pubblicamente ad
esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, o che la dimensione
sessuata è un fatto di natura e non di cultura".
Gaynet: anche famiglia gay è naturale. "Il Vaticano è in guerra? Il Papa parla di famiglia naturale nella
Costituzione, ma pure quella gay è naturale". E' quanto afferma Franco Grillini,presidente di Gaynet Italia,
commentando il messaggio di Papa Francesco.
Zan (Sel): diritti, Italia si affranchi da ingerenze vaticane. "Il cardinal Bagnasco è libero di essere contro i
matrimoni gay, ma non si può più tollerare che la Chiesa e la Cei cerchino di orientare le scelte politiche
italiane in tema di diritti". Lo afferma Alessandro Zan, deputato di Sel ed esponente del movimento gay.
"C'è una parte considerevole della politica italiana - aggiunge - che da sempre viene orientata dal volere
delle gerarchie vaticane su questi temi e non è un caso che anche oggi Bagnasco renda esplicita la posizione
della Cei sulla legge contro l'omofobia in discussione alla Camera. L'Italia ha urgente bisogno di affrancarsi
dalle ingerenze vaticane".
(12 settembre 2013)
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Repubblica
Siria: Wsj, Damasco nasconde armi chimiche.
La denuncia: massacri di massa in due villaggi
Il Wall Street Journal scrive che l'unità speciale 450 sta spostando un migliaio di tonnellate di gas per
rendere più difficile il lavoro degli ispettori e dei servizi segreti americani e israeliani. Oggi nuovo
incontro Kerry-Lavrov
Siria: Wsj, Damasco nasconde armi chimiche. La denuncia: massacri di massa in due villaggiWASHINGTON La Siria avrebbe iniziato a distribuire il suo arsenale chimico su una cinquanta di siti differenti, al fine di
complicare il compito di coloro che dovrebbero controllarlo, secondo il Wall Street Journal. Il giornale
finanziario americano, citando funzionari degli Stati Uniti sotto anonimato, afferma che un'unità militare
specializzata, l'unità 450, è impegnata nello spostamento di tale arsenale chimico di oltre un migliaio di
tonnellate iniziato da diversi mesi e continuato fino alla settimana scorsa.
Un'accusa che arriva mentre continua (oggi si vedranno di nuovo) il vertice tra il segretario di Stato John
Kerry e il suo omologo russo Serghei Lavrov e nel giorno stesso in cui Human Rights Watch denuncia
l'esecuzione sommaria ad opera del regime di almeno 248 persone nei villaggi di Bayda e Banias il 2 e 3
maggio scorsi. Nel rapporto della Ong si dice che il reale bilancio del massacro potrebbe essere molto più
elevato: "Si tratta di una delle esecuzioni sommarie più gravi dall'inizio del conflitto in siria".
Sempre il Wsj scrive che i servizi segreti americani e israeliani pensano comunque di sapere dove si trovi la
maggior parte dello stock di armi chimiche. "Sappiamo molto meno di sei mesi fa circa la posizione di
queste armi chimiche", ha riconosciuto tuttavia una delle fonti del Wall Street Journal.
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La stampa
EDITORIALI
13/09/2013 - LARGHE INTESE AL MINIMO
La politica prossima al default
ELISABETTA GUALMINI
La politica è in default. Le larghe intese – l’unica soluzione possibile, forse, per dare un senso alla XVII
legislatura – segnano il punto più basso di credibilità dei partiti. E il grado più alto di deviazione dalla
normalità democratica. Con anomalie su anomalie, pronte a scaricarsi sui piedi di un Governo dai piedi di
argilla, sempre sul punto di accasciarsi, dietro alle minacce e poi ai ritiri e poi alle minacce di un Pdl allo
stremo.
C’è un premier capace, con nervi saldissimi, ma nominato e non scelto dai cittadini, al contrario di quanto
siamo stati abituati a vedere negli ultimi vent’anni. Che sarebbe stato forse vice in un governo con Pd e SeL,
oppure nel «governo del cambiamento», ed è invece primo della diarchia con Alfano. Ci sono poi i
parlamentari nominati, truppe di discepoli fedeli ai rispettivi capicorrente, con la parzialissima eccezione di
alcuni tra quelli scelti con le primarie Pd (organizzate a capodanno!).
Deputati e senatori che sembrano vivere nell’iperuranio. Arrivati là con il teletrasporto, ogni tanto
mandano un tweet (i più arditi anche foto con Instagram) e si mettono il cuore in pace, pensando di aver
ricucito con il popolo che sta giù.
E ci sono infine gli elettori che, rispetto ai moltissimi volati via al grido di battaglia grillino o rimasti a casa
sdegnati, si erano presi la briga di andare a votare per il centrosinistra anche o soprattutto perché non
volevano questo centrodestra, e viceversa, ai quali è stato consegnato un esito esattamente contrario alle
aspettative. Ce lo spiegano bene Paolo Segatti e Paolo Bellucci anticipando, nell’ultimo numero del
«Mulino» (4/2013), alcuni risultati delle indagini condotte dal consorzio italiano di studi elettorali Itanes. Da
un lato la volatilità è stata altissima: il 49,1% degli elettori ha cambiato il voto tra il 2008 e il 2013, il record
storico, maggiore anche del 1994. Dall’altro solo il 2,7% degli elettori si è spostato da un blocco all’altro, dal
Pd al Pdl e viceversa (un muro granitico e insuperabile tra i votanti dei due partiti che proprio non ne
volevano sapere gli uni degli altri e che poi si sono trovati incredibilmente a governare insieme!). Ad
abbandonare il Pd e il Pdl, continuano gli studiosi di Itanes, sono stati gli elettori più distanti rispetto alle
posizioni dei partiti di provenienza. Quelli in fuga dal Pdl non hanno gradito la campagna urlata ai quattro
venti sull’abolizione dell’Imu, quelli in fuga dal Pd sono più anti-tasse rispetto al partito e meno europeisti.
Tutti e due i gruppi dei fuggitivi condividono poi sentimenti anti-establishment. Al contrario, chi nel 2013 ha
votato per Pd o Pdl si rispecchiava nella linea e nella narrazione ufficiale. E oggi non devono essere proprio
entusiasti del contrordine a corrente alternata: siamo alleati dei nostri avversari, ma anche no.
Come è noto, tra il 2008 e il 2013, il Pd ha perso tre milioni e mezzo di voti e il Pdl sei milioni e mezzo. Una
crisi profondissima. Partiti ridotti a relitti. Fra un po’, anche se cerchiamo e cerchiamo, nuotando giù giù
fino al fondale, non li troviamo più. Missing. Due partiti per di più senza leader. Il Pdl con un leader in esilio.
E il Pd in attesa di un leader.
Pare parecchio improbabile che, in queste condizioni, una maggioranza incapace di cambiare la legge
elettorale, possa portare a compimento la Grande Riforma della Costituzione. Il Grillo-guru l’ha capito
perfettamente ed è di nuovo sceso in guerra. Ha rispolverato le armi, lucidato l’elmetto e ripreso in mano il
kit del cittadino-indignato (urla, bordate e turpiloquio). Il leader capriccioso e «adolescenziale» (perfetto
qui Massimo Recalcati) ha deciso. Ed è pronto ad appiopparci un altro psichedelico V-day.
Certo mandare al voto oggi due relitti alla deriva – sotto il cannoneggiamento di Grillo – sarebbe una follia.
Trovare il modo per scavallare la legge di stabilità è un obiettivo imprescindibile. Ma anche rimanere un
anno e mezzo appesi a un esecutivo prigioniero dei ricatti quotidiani non si capisce bene quanto e a chi,
incluso il premier, possa giovare. La politica è andata in tilt. Si è scassata. Se le larghe intese l’aggiustano un
po’, benissimo. Non sembra però questo il film degli ultimi giorni.
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La stampa
ESTERI
12/09/2013
Damasco aderisce al trattato
dell’Onu contro le armi chimiche
Lettera della Siria a Ban Ki-moon.
È la prima delle condizioni chieste dalla Francia a Damasco
FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK
Con un’accelerazione decisa Russia e Siria consolidano le loro posizioni nella partita tra le diplomazie in
corso al Palazzo di Vetro per trovare una soluzione al nodo degli arsenali chimici di Bashar Al Assad. Dopo
l’intreccio di consultazioni tra i cinque membri permanenti delle Nazioni Unite terminato ieri presso la
rappresentanza di Mosca all’Onu, le divergenze rimango ancora pronunciate, in particolare sul riferimento
al «Chapter 7» della Carta delle Nazioni Unite che prevede come ultima ratio la possibilità di usare la forza
in caso non vengano rispettati i dettami del documento, e ai riferimenti accusatori nei confronti di Assad
contenuti nella bozza di risoluzione francese che hanno fatto infuriare la Russia. A complicare la questione
è arrivato un articolo di Foreign Policy nel quale si sostiene che il rapporto degli ispettori Onu sull’uso di
armi chimiche in Siria sarebbe in grado di offrire un «gran numero» di informazioni che consentirebbero di
risalire in maniera chiara al regime di Damasco.
Il punto è che il mandato degli ispettori non è quello di identificare un responsabile, ma di accertare
l’impiego di armi chimiche nel corso dell’attacco del 21 agosto scorso alla periferia della capitale siriana o in
altre occasioni. Questo potrebbe far vacillare l’ipotesi di un riferimento esplicito sulle responsabilità, ma
molto dipenderà da quanto ampia sarà la relazione degli ispettori e in tal caso diventerà una «moneta di
scambio», come riferiscono fonti diplomatiche nella partita in corso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite. A cambiare il corso della giornata è stata tuttavia la mossa della Siria che tramite la sua
Rappresentanza permanente presso le Nazioni Unite, ha inviato al Segretario generale Ban Ki-moon una
lettera contenente una proposta che indicherebbe l’intenzione di Damasco di voler aderire al trattato di
non proliferazione di armi chimiche. La missiva, di cui La Stampa ha ottenuto una copia, è tuttavia solo il
primo passo di un percorso articolato terminato il quale si renderà effettiva l’adesione. L’entrata della Siria
è una delle condizioni richieste nella bozza di risoluzione francese presentata pochi giorni fa al Palazzo di
Vetro sulla scia della proposta russa di mettere sotto controllo delle autorità internazionali gli arsenali
chimici in possesso di Basha al Assad.
Il trattato in questione è stato stilato nel 1993 ed è entrato in vigore nel 1997. Nel pomeriggio, e in
concomitanza della fine del vertice di Ginevra tra il segretario di Stato Usa John Kerry, e il ministro degli
Esteri russo, Serghei Lavrov, è intervenuto l’ambasciatore Bashar Jafaari, rappresentante permanente di
Damasco al Palazzo di Vetro, il quale ha spiegato che «legalmente parlando» la Siria e’ ora un membro a
tutti gli effetti della Convenzione sulle armi chimiche. «Non abbiamo nulla da nascondere, al contrario
stiamo aspettando il rapporto degli ispettori Onu» ha proseguito Jafaari, commentando indiscrezioni
secondo cui il dossier consentirebbe di risalire al regime di Assad per l’uso di armi chimiche. Quindi
l’affondo alla Francia: «Il ministro degli esteri francese Laurent Fabius sta cercando di privare di significato
l’iniziativa russa e la positiva risposta della Siria». Una mossa che sembra definitivamente mettere la riparo
Damasco dal rischio dell’intervento bellico da parte degli americani e rilancia la partita diplomatica al
Palazzo di Vetro potenziando le posizioni negoziali della Russia.
Questo il testo della lettera:
Questa mattina, la Missione permanente della Repubblica araba siriana presso le Nazioni Unite ha inviato al
Segretario generale delle Nazioni Unite, gli strumenti per l’accesso della Siria alla «Convenzione per il
divieto di proliferazione, stoccaggio e uso delle armi chimiche e per la loro distruzione del 1993».
Il presidente Bashar al Assad, capo di Stato della Repubblica araba siriana, ha firmato il decreto legge
numero 61 datato 12 novembre 2013, col quale dichiara che la Siria approva l’adesione alla Convenzione
che è divenuta esecutiva il 29 aprile 1997.
La Missione permanente siriana ha richiesto al Segretario generale, nella sua veste di depositario della
Convenzione stessa, in accordo con l’articolo 23, di depositare gli strumenti di accesso e di far circolare la
richiesta di notifica agli Stati membri.
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La stampa
ECONOMIA
13/09/2013 - RETROSCENA
Zanonato convoca i vertici
Sui licenziamenti
vuole una marcia indietro
ROBERTO GIOVANNINI
ROMA
Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico, non ha per niente apprezzato la decisione dei vertici
del gruppo Riva di «vendicarsi» a spese di 1.500 lavoratori per il maxisequestro deciso dalla magistratura.
Una mossa, quella dell’azienda siderurgica, che certamente non era attesa.
E che nelle stanze del ministero di Via Veneto ha sollevato insieme ira e sconcerto. Oggi il ministro
Zanonato incontrerà il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, e gli chiederà senza mezzi termini di rimettere a
posto le cose facendo marcia indietro sui 1400 licenziamenti annunciati ieri mattina in ben sette
stabilimenti sparsi per tutto il paese. Non è chiaro se il governo all’incontro si presenterà con in tasca
qualche «carota» da offrire all’azienda per convincerla a rinunciare agli esuberi. Certamente il «bastone» è
già pronto, con la riapertura del dossier a suo tempo abbandonato dal governo, quando ai primi di giugno si
decise di evitare sia provvedimenti di commissariamento dell’Ilva che una drastica nazionalizzazione.
È ovviamente una partita a scacchi complicata quella in corso tra azienda ed Esecutivo. L’Ilva ha preso in
ostaggio i suoi stessi lavoratori per cercare di avere dal governo qualche garanzia contro le iniziative della
magistratura. Il governo risponde minacciando provvedimenti straordinari di eccezionale durezza, ma
secondo i più qualche concessione all’Ilva dovrà pur farla.
Certo è che non appena appresa la notizia, il ministro Zanonato ha convocato una riunione della sua
struttura di crisi, presente il sottosegretario Claudio De Vincenti. Successivamente ha sentito
telefonicamente l’ex prefetto Bruno Ferrante, presidente dell’Ilva. E visto che l’affaire sta prendendo
rapidamente una rilevanza che va molto al di là delle competenze specifiche del dicastero dello Sviluppo
economico, come inevitabile Zanonato ha informato Palazzo Chigi Enrico Letta degli sviluppi della
situazione. Alla fine, la convocazione (si presume per oggi) di Ferrante e di tutti i soggetti parte in causa al
ministero, sindacati per primi. Ai sindacalisti il governo ha assicurato che ai lavoratori posti in esubero
verranno garantite «possibili forme di tutela» per un certo arco di tempo. In altre parole, potranno ricevere
se non altro l’indennità di Cassa integrazione guadagni.
Di sicuro il ministro dello Sviluppo economico è stato autorizzato da Palazzo Chigi a minacciare con l’Ilva il
ricorso alla «arma fine di mondo»: nell’ordine, il commissariamento e la nazionalizzazione. Erano ipotesi
che erano state in effetti prese in considerazione lo scorso mese di maggio, quando sembrava che l’azienda
non avesse intenzione di fare la sua parte dal punto di vista economico per pagare gli interventi di bonifica
ambientale.
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La stampa
Bagnasco: "Indispensabile un fisco a misura di famiglia"
Il presidente della Cei apre la 47° Settimana Sociale dei cattolici italiani a Torino: «servono concreti
interventi di sostegno»
ANDREA TORNIELLI
TORINO
«Una società che non investe sulla famiglia non investe sul suo futuro», servono concreti interventi per
sostenerla, tra i quali, «indispensabile», un «fisco a misura di famiglia, basato sul quoziente familiare». Lo
ha detto questo pomeriggio il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aprendo a Torino i lavori
della 47° Settimana Sociale dei cattolici italiani, dedicata a « La famiglia, speranza e futuro per la società
italiana».
Una prima e considerevole parte della prolusione del cardinale è stata dedicata al tema dell'identità di
genere. «La differenza dei sessi e la differenza delle generazioni - ha spiegato - costituiscono la travatura di
ogni essere umano, l’espressione visibile e certa del suo essere relazione, due orientamenti fondamentali
che non possono essere confusi senza che ne segua una disorganizzazione globale della persona e della
società». Un processo al quale, secondo Bagnasco, si è arrivati attraverso due processi culturali: «il rilievo
sociale della sessualità che ha prodotto paradossalmente l’eclissi dell’identità sessuata» e «la caduta
verticale del dialogo tra le generazioni che sembra portare al congedo dalla possibilità stessa di educare».
Il cardinale ha poi accennato «tendenze» che «mirano a cambiare il volto della famiglia», rendendola «un
soggetto plurimo e mobile, senza il sigillo oggettivo del matrimonio». «Rendendo sempre più brevi i tempi
del divorzio - ha osservato - lo Stato non favorisce una ulteriore ponderazione su lacerazioni che lasceranno
per sempre il segno, specie sui figli anche adulti. Ci chiediamo: i figli non hanno forse diritto a qualunque
sacrificio pur di tenere salda e stabile la coppia e la famiglia? Indebolire la famiglia significa indebolire la
persona e la società».
Per il presidente della Cei, «Una società che non investe sulla famiglia non investe sul suo futuro e si limita,
come spesso dobbiamo costatare, ad affrontare emergenze e allocare risorse senza un chiaro progetto.
Nulla è davvero garantito se a perdere è la famiglia; mentre ogni altra riforma, in modo diretto o indiretto,
si avvantaggia se la famiglia prende quota».
Bagnasco ha ribadito l'importanza del matrimonio, «un soggetto stabilmente costituito, con doveri e diritti
che lo Stato riconosce e per i quali si impegna con normative specifiche». La ragione del «coinvolgimento
giuridico» dello Stato sta nel fatto che «in ogni famiglia è in causa il bene comune sul duplice versante della
continuità e della tenuta del tessuto sociale. La tenuta sociale, infatti - ha argomentato il cardinale - non
dipende in primo luogo dalle leggi, ma dalla solidità della famiglia aperta alla trasmissione della vita e prima
palestra di legami, luogo privilegiato dove si apprendono, si sperimentano e si rigenerano».
Bagnasco ha definito necessaria «una convinta e attiva partecipazione all’azione politica», sollecitando
«concreti interventi di sostegno». «Ciò deve avvenire innanzitutto nell’ambito dell’educazione e della
crescita dei figli – che sono un bene di tutta la società – nonché nel mondo del lavoro e sul piano delle
agevolazioni fiscali». Per il cardinale è «indispensabile un fisco a misura di famiglia, basato sul quoziente
familiare, che determini un circolo virtuoso tra le famiglie e la società nel suo insieme».
Mentre sul lavoro, Bagnasco ha detto che «deve essere organizzato in modo da rispettare le dinamiche
relazionali tipiche della vita familiare, senza impedire i legittimi e necessari momenti di incontro e di
riposo». «Troppo spesso - ha osservato - si esige da chi lavora che sia data totale priorità all’attività
lavorativa, fino a trascurare le relazioni familiari». In primo piano, inoltre, il grave problema
dell'occupazione, che «va affrontato con efficacia il problema dell’occupazione, in particolare per non
costringere i giovani a farsi emigranti impoverendo il Paese di giovinezza e di professionalità, o per non
rischiare, come in parte sta già avvenendo, di lasciarli inoperosi, con conseguenze gravi sul versante sia
personale che familiare e sociale».
Il presidente della Cei chiede che le famiglie siano «soggetto attivo, anche unendosi in associazioni», una
soggettività da promuovere «attraverso un’autentica sussidiarietà: le istituzioni devono dare spazio alla
famiglia e alle associazioni familiari, che meglio conoscono i problemi e sanno valutare più correttamente
l’efficacia di certe proposte e soluzioni».
Nella prolusione il cardinale ha fatto anche un cenno alla legge sull'omofobia. «Frequentemente ci si
oppone alle ragionevoli considerazioni della Chiesa per motivi ideologici. Nei mesi scorsi, il dibattito sulla
legge contro l’omofobia ha manifestato con chiarezza questa tendenza. Nessuno discute il crimine e
l’odiosità della violenza contro ogni persona, qualunque ne sia il motivo: tale decisa e codificata condanna –
coniugata con una costante azione educativa – dovrebbe essere sufficiente in una società civile. In ogni
caso, per lo stesso senso di civiltà, nessuno dovrebbe discriminare, né tanto meno poter incriminare in
alcun modo, chi sostenga pubblicamente ad esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna
fondata sul matrimonio.
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La stampa
Il Papa cita la Costituzione: "Famiglia fondamento della società"
Il messaggio di Francesco ai cattolici italiani riuniti a Torino per la 47esima settimana sociale: in cui richiama
la Carta fondamentale del nostro paese, parla del beato Toniolo e ringrazia la città dei santi sociali
LUCA ROLANDI
ROMA
Il Pontefice ha inviato al presidente della Conferenza Episcopale Italiana un messaggio per la Settimana
Sociale di Cattolici che si apre oggi a Torino. All'inizio del testo Bergoglio ricorda il fondatore dell'iniziativa, il
beato Giuseppe Toniolo, che nel 1907 diede vita a questa lunga storia di testimonianza e azione cristiana in
Italia e non solo.
"La figura del Beato Toniolo fa parte di quella luminosa schiera di cattolici laici che, nonostante le difficoltà
del loro tempo, vollero e seppero, con l’aiuto di Dio, percorrere strade proficue per lavorare alla ricerca e
alla costruzione del bene comune".
L'economista e sociologo di Pievi di Soligo è stato - secondo il Papa - un precursore insieme a olti altri
uomini e donne di fede che hanno operato prima e dopo il grande evento della chiesa cattolica del XX
secolo, il Concilio.
Infatti prosegue il pontefice: "Con la loro vita e il loro pensiero essi hanno praticato ciò che il Concilio
Vaticano II ha poi insegnato a proposito della vocazione e missione dei laici (Lumen gentium, 31); e il loro
esempio costituisce un incoraggiamento sempre valido per i cattolici laici di oggi a cercare a loro volta vie
efficaci per la medesima finalità, alla luce del più recente Magistero della Chiesa (Enciclica, Deus caritas est,
28)".
L'esempio di santità è dunque prosegue il Papa si fonde con la tradizione di carità e santità della chiesa
torinese che ospita l'attuale edizione della settimana:" Torino infatti è una città emblematica per tutto il
cammino storico-sociale dell’Italia, e lo è in modo particolare per la presenza della Chiesa dentro questo
cammino. A Torino hanno operato nei secoli XIX e XX numerosi uomini e donne, sacerdoti, religiosi e
religiose, laici, alcuni di loro Santi e Beati, che hanno testimoniato con la vita e lavorato efficacemente con
le opere a servizio dei giovani, delle famiglie, dei più poveri".
Le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, nei diversi periodi storici, sono state provvidenziali e preziose, e lo
sono ancora oggi. Esse infatti si propongono come iniziativa culturale ed ecclesiale di alto profilo, capace di
affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali, posti dall’attuale evoluzione
della società.
Esprimendo l'apprezzamento per il tema della Settimana Sociale “La famiglia, speranza e futuro per la
società italiana”, Francesco invita la comunità cristiana a vivere nella luce della fede, della speranza e della
carità, per promuovere il maggior bene comune.
Sulla famiglia il pontefice afferma che: "Anzitutto come Chiesa offriamo una concezione della famiglia, che
è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa
realtà, inoltre, riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella
Costituzione della Repubblica Italiana".
Dunque, "la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di
un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta. Le conseguenze,
positive o negative, delle scelte di carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia toccano i
diversi ambiti della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico – che è grave per tutto il
continente europeo e in modo particolare per l’Italia – alle altre questioni relative al lavoro e all’economia
in generale, alla crescita dei figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla base
della nostra civiltà" (Enciclica Caritas in veritate, 44)".
Proseguendo con una importante sottolineatura il Papa riprende una riflessione di Benedetto XVI: " Queste
riflessioni non interessano solamente i credenti ma tutte le persone di buona volontà, tutti coloro che
hanno a cuore il bene comune del Paese, proprio come avviene per i problemi dell’ecologia ambientale, che
può molto aiutare a comprendere quelli dell’“ecologia umana” (cfr ID, Discorso al Bundestag, Berlino, 22
settembre 2011).
La famiglia è scuola privilegiata di generosità, di condivisione, di responsabilità, scuola che educa a superare
una certa mentalità individualistica che si è fatta strada nelle nostre società. Sostenere e promuovere le
famiglie, valorizzandone il ruolo fondamentale e centrale, è operare per uno sviluppo equo e solidale".
AInoltre le condizioni sociali attuali, le difficoltà della famiglia, la crisi economica e la mancaza di lavoro, ma
anche il dramma della violenza che sconvolge troppo spesso il nucleo familiare sono richiamate in un
passaggio del saluto del Papa:
"Non possiamo ignorare la sofferenza di tante famiglie, dovuta alla mancanza di lavoro, al problema della
casa, alla impossibilità pratica di attuare liberamente le proprie scelte educative; la sofferenza dovuta
anche ai conflitti interni alle famiglie stesse, ai fallimenti dell’esperienza coniugale e familiare, alla violenza
che purtroppo si annida e fa danni anche all’interno delle nostre case.A tutti dobbiamo e vogliamo essere
particolarmente vicini, con rispetto e con vero senso di fraternità e di solidarietà. Vogliamo però
soprattutto ricordare la testimonianza semplice, ma bella e coraggiosa di tantissime famiglie, che vivono
l’esperienza del matrimonio e dell’essere genitori con gioia, illuminati e sostenuti dalla grazia del Signore,
senza paura di affrontare anche i momenti della croce che, vissuta in unione con quella del Signore, non
impedisce il cammino dell’amore, ma anzi può renderlo più forte e più completo".
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