Nessuna meraviglia. La Chiesa ha agito da Chiesa. Sbagliano coloro i quali affermano che, nel caso di specie, abbia inteso seguire una linea politica. Il monito di Bagnasco è pastorale e nulla ha di strumentale. Ha parlato alle coscienze degli italiani, con volontà redimente, senza alcun obiettivo di natura politica. Cardinal Bagnasco ha parlato da pastore. Ha tradotto il messaggio di papa Benedetto XVI al Parlamento tedesco laddove ha sottolineato che fare politica significa prima di tutto distinguere tra il bene e il male, tra il vero diritto e quello apparente. E forse ha tradotto i messaggi di una società civile in fermento e soprattutto in difficoltà. La prolusione non lascia margini di dubbio. Il monito di Bagnasco è rivolto a tutti senza fare nomi. A Berlusconi, certo. Ma anche ai “comitati d’affari”, a quanti appaiono riluttanti nel riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie, a quanti intendono agire secondo un principio da regolamento dei conti personali piuttosto che ispirato dalla volontà di portare a compimento i propri compiti istituzionali, a quanti contribuiscono al deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, a quanti perpetuano una reciproca, sistematica, denigrazione, e a quanti contribuiscono al corrompere il senso civico, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Ne e' prova l'affermazione “mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui”. In verità già in passato la CEI si era espressa in tal senso, in quel "chiunque sceglie la militanza politica deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda" riportata nella prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre del 2009 e del 2427 gennaio 2011. Il monito di Bagnasco è poi rivolto al mondo cattolico. Questo sì un passaggio politico, che riguarda l’impegno dei cattolici in politica, allorquando afferma che “a dar coscienza ai cattolici oggi non è anzitutto un’appartenenza esterna, ma i valori dell’umanizzazione. Valori che si sta imparando a riconoscere e a proporre con crescente coraggio, e che in realtà finiscono per far sentire i cattolici più uniti di quanto taluno non vorrebbe credere", e che sempre di più "richiamano anche l’interesse di chi esplicitamente cattolico non si sente”, facendo riferimento ad un “patrimonio di cultura fatto di rappresentanza sociale e di processi di maturazione comunitaria”, da cui “si sprigionano ormai ordinariamente esperienze che sono un vivaio di sensibilità, dedizione, intelligenza che sempre più si metterà a disposizione della comunità e del Paese”. La direzione verso cui si muove la Chiesa è intuibile in quel “Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni”. L'obiettivo è il rafforzamento di un’opinione pubblica cattolica, consapevole e unita su un terreno valoriale, che faccia da motore propulsivo alla politica. Il derubricare le parole di Bagnasco ad una sorta di accusa nei confronti di chi ha le redini del Governo ci indurrebbe a commettere un peccato di ingenuità e approssimazione. Se vengono lette come un monito, lanciato da una Chiesa molto più vicina agli elettori di quanto in realtà sia in questo momento la politica italiana, ne trarremo oltre che motivo di riflessione anche i segni inequivocabili di un cambiamento in atto. Michele Napoli Consigliere Regionale Popolo della Libertà