Omelie per un anno - Volume 2-Anno B - salesiani don Bosco

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Omelie per un anno
Volume 2 - Anno “B”
Anno “B”
12ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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Gb 38,1.8-11 - Qui si infrangerà l’orgoglio delle tue onde.
Dal Salmo 106 - Rit.: Diamo lode al Signore per i suoi prodigi.
2 Cor 5,14-17 - Ecco, sono nate cose nuove.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Loda, Gerusalemme, il tuo
Dio che manda sulla terra la sua parola. Alleluia.
 Mc 4,35-41 - Chi è costui al quale anche il vento e il mare
obbediscono?
La tempesta sedata
Gesù chiede ai discepoli con tono di rimprovero: “Perché siete così
paurosi?”. Noi siamo pieni di paura, ci sentiamo minacciati da tutte le
parti, braccati come selvaggina in fuga. Molti dei nostri incontri
quotidiani con le persone invece di essere dominati dalla fiducia e
dalla gioia sono caratterizzati dalla diffidenza, dall’apprensione o dalla
paura. Abbiamo paura della malattia, della morte, dei ladri, degli
assassini, dei terroristi che sparano, di una possibile catastrofe
cosmica, della miseria. Ma non abbiamo paura di chi minaccia la
nostra salute spirituale, non temiamo la possente cultura dominante
che, per mille strade, irrompe prepotentemente nella nostra vita per
farci pensare in un certo modo, per farci decidere e scegliere secondo
certi modelli. Non abbiamo paura di chi vuol ucciderci l’anima, ma
temiamo invece tutto ciò che mette in pericolo la nostra integrità
fisica o quel che possediamo. E Gesù ci ripete: “Perché siete così
paurosi?”.
La proposta di Gesù è il contrario di quel che tende ad alimentare la
cultura dominante, che vuol tenerci nella paura. Poiché la cultura
della vita vuole liberare dalla paura e far vivere nel corpo e
nell’anima, la cultura dominante è cultura della morte. Pensiamo al
compiacimento con cui i midia propagandano le stragi, le disgrazie, le
catastrofi naturali e le minacce di distruzione atomica. Quel che
incuriosisce di più è quel che fa paura.
12ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005
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Gesù ci invita a uscire da questa cultura che promuove la paura
perché favorisce la morte; la proposta alternativa di Gesù è di aver
paura soltanto di questa cultura della morte, che spegne l’anima e la
gioia di vivere. Nella Messa noi preghiamo di essere liberati dal
peccato e da ogni turbamento, perché la paura ha una segreta
connessione col peccato, con la mancanza di fede, con la carenza di
amore. L’alternativa di Gesù è la proposta della gioia, della libertà che
è frutto della liberazione.
L’origine del mare
Dio risponde a Giobbe dal turbine, segno della sua potenza e
trascendenza. Dio interroga Giobbe sull’origine del mare, immaginato
come una massa d’acqua chiusa tra due porte. L’acqua erompe dal
“seno materno” della terra e, come un bambino appena nato, viene
avvolta di fasce, che sono le nubi e la caligine folta. Ma anche il mare,
con tutta la sua immensa potenza, è limitato: “Gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte”. C’è un limite per ogni creatura,
anche per il mare vasto e profondo. L’orgoglio delle sue onde si
infrangerà contro il limite invalicabile posto da Dio. Come ogni cosa,
anche il mare ha il suo posto ben definito e delimitato. Di qui Giobbe
dovrebbe imparare a interrogarsi: non c’è anche per l’uomo un
confine, un limite? Non dovrebbe ogni uomo riconoscere il proprio
“posto”? È l’armonia del mondo che esige che ciascuno occupi uno
spazio preciso, quello che gli compete e gli appartiene.
Svelando a Giobbe i limiti del suo potere e del suo sapere, Dio cerca
non tanto di condannare e umiliare il suo “servo”, ma di rivelargli
delle ricchezze alle quali egli non aveva accesso. Situandosi al suo
vero posto nel cosmo, Giobbe apprende anche a situarsi giustamente
in rapporto a Dio; accogliendo il messaggio del creato – in questo
caso, del mare – Giobbe ritrova le parole dell’umiltà e della lode. Dio
non richiama a Giobbe i suoi limiti per fargli paura o schiacciarlo, ma
per aprirgli la possibilità di una relazione nuova con il mondo e con
sé.
Taci, mare
Gesù calma le acque del mare sconvolto dalla tempesta. Ritorna il
motivo del limite posto al mare, simbolo del male: Dio pone un limite
anche al male e lo vince. Ma rileggiamo questo stupendo racconto
evangelico.
12ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005
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Mentre Gesù dormiva sul cuscino, a poppa, la tempesta mette in pericolo la barca con i discepoli. Questi lo svegliano gridando: “Maestro,
non t’importa che periamo?”. Hanno paura di morire e temono che
Gesù non si curi di loro. Tutta la preoccupazione dei discepoli è
centrata sulla loro vita: sono preoccupati di sé. Nella loro domanda
c’è il tono del rimprovero, la paura della disperazione. È in gioco la
loro vita: si tratta di vita o di morte.
Gesù si sveglia, come se risorgesse da morte, “sgrida” il vento come
ha fatto con gli spiriti impuri (cf 1,25; 3,12) e chiude la bocca al
mare. Tutto il miracolo è narrato come un esorcismo, perché il mare
rappresenta le forze del caos e della morte. Il gesto di Gesù è un atto
di liberazione potente, che evoca la vittoria di Iahvè sulle acque del
mar Rosso e del Giordano.
Il mare tornò subito alla calma. Ma una volta quietatasi la tempesta
sul lago, scoppia la tempesta nei cuori. Chi è costui che agisce così? I
discepoli l’hanno chiamato “Maestro”, perché ancora non riconoscono
in lui il Figlio di Dio.
E Gesù infatti li rimprovera per la loro mancanza di fede: “Perché
siete così paurosi? Non avete ancora fede?”. Le libertà umane sono
ancora sconvolte finché non si abbandonano a “Colui al quale anche il
vento e il mare obbediscono”. Alla paura di morire subentra la paura
esistenziale dell’uomo che scopre di essere di fronte al mistero.
Le tempeste della natura come le tempeste dello spirito non lasciano
tranquillo il cuore umano finché esso non riposa nella fede. Gesù
strappa i suoi discepoli alla paura della morte e anche al timore
davanti al mistero, tremendo e fascinoso, di Dio. La mancanza di fede
è più pericolosa di una tempesta!
Gesù Cristo sa che i suoi discepoli hanno paura e viene loro incontro
sia mostrando la sua prodigiosa salvezza sia invitando alla fede. Se i
discepoli riconoscono il Liberatore e credono in lui, saranno liberati
totalmente, cioè saranno salvati. Nella pace della fede, i discepoli
sono in grado di accogliere la “salvezza”; ma se essi credono che
Gesù “dorma”, cioè non si curi di loro, non sperimenteranno la
salvezza.
L’amore di Cristo
Il dinamismo della vita cristiana viene dall’amore di Cristo: “L’amore
di Cristo ci spinge”. È l’amore di Cristo che è morto per tutti ed è
risuscitato per far vivere. È l’amore che libera dalla morte e fa vivere.
Se quindi uno crede in Cristo e vive in lui, “è una creatura nuova”.
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La fede opera una profonda e radicale ristrutturazione di tutta la
personalità dell’uomo: elimina le cose vecchie e ne crea di nuove. A
tutti i livelli della personalità, il cristiano è rinnovato e riplasmato da
Gesù Cristo. Chi è così rinnovato “non conosce più Gesù Cristo
secondo la carne”, ossia secondo i parametri della conoscenza
neutrale e storica. Gesù Cristo diventa principio di vita nuova.
Poiché la ristrutturazione della personalità del cristiano avviene in
forza dell’amore di Cristo, anche la paura – che è ciò che tiene l’uomo
schiavo a tutti i livelli – è bandita. Alla paura subentra l’amore, al
timore la capacità di amare e sperare, la fiducia gioiosa in Dio.
Questa riplasmazione della personalità dei suoi discepoli è ciò che
Gesù Cristo vuol compiere per creare delle personalità libere, gioiose
e non più schiave della paura.
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