Contesti di Autogestione Contesti per l'Auto-Gestione, Svilupparsi, Crescere P.S. Moffett Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza 1987. vol.54: 317-326 Alcune riflessioni sull'inserimento in una famiglia, un gruppo o una comunità di un pre-adolescente o adolescente il quale non può rimanere più a casa (con la famiglia d'origine).Ci è sembrato interessante pubblicare questo articolo, sebbene di taglio inusuale per la nostra rivista, come testimonianza dei presupposti teorici che ispirano alcune delle più importanti esperienze concrete di assistenza ai minori. In questo campo, e in particola re in Italia, teoria e prassi procedono per solito del tutto separate; la discussione su contributi come questo del dott. Moffett ci sembra possa contribuire a colmare questo iato.Per me, i problemi c'erano già prima ma avevo quasi dieci anni quando dicevano che non potevo più rimanere a casa.Le cose andavano male —malissimo— soprattutto per Mamma. Papà non stava mai a casa, ma quando mamma aveva capito che lui aveva un'altra famiglia allora si senti veramente male.Poi Giorgio, mio fratello maggiore, è stato arrestato. Dicevano che lui era stato fortunato perchè non era ancora morto per la droga. Pensavano che, siccome anche io non andavo molto a scuola, mi poteva succedere la stessa cosa.Lei aveva ricominciato a bere tanto. Era molto arrabbiata per Papà ma si arrabbiò di più quando Giorgio e io ci siamo messi nei guai.Per me il giudice e l'assistente sociale erano bravi, ma Mamma pensava che per loro lei non era una buona madre, e che era colpa sua se c'erano tanti problemi.Io gliel'ho detto che non era vero, lei mi ha detto "Che sai tu?" e mi ha sgridato per la scuola,per Giorgio, per tutte le altre cose che andavano male. è Scoppiata a piangere — e anch'io. Mi ha abbracciato fortissimo. Tremava. Poi si ècalmata un pò e mi ha detto sotto voce, "Starai bene. Vedrai che ti troveranno un bel posto." Lei mi repiteva, "Starai bene. Starai bene."Il giorno dopo ha firmato alcune carte e mi ha lasciato solo con l'assistente sociale. All'inizio, non ho detto niente; poi ho cominciato a dire qualcosa. Lei era diversa dalle altre. Non mi ha detto che sapeva bene come mi sentivo. Mi ha detto solo, "Paura?" Prima ho detto di no, poi quando mi ha sorriso ho fatto un si con la testa. Non mi ha detto di non star male.Poi mi ha detto che c'erano un signore e una signora con una bella casa ma senza figli. Gli piaceva avere un ragazzo come me insieme a loro. Pensavo forse sarebbe bello, come aveva detto Mamma, però... o la preadolescente o adolescente non può più vivere a casa. Gli specialisti, lo psicologo, l'assistente sociale, il giudice rivedono il caso e ascoltano in colloquio il giovane e i membri della sua famiglia. Noi cerchiamo di raccogliere le informazioni sul passato, i mezzi e risorse disponibili in questo momento, per prendere una decisione che, sappiamo, avrà un impatto significativo sul giovane e su tutti coloro che fanno parte della sua famiglia.Nei paragrafi seguenti mi propongo di riordinare alcuni dati di tali vite, utilizzando linguaggi e teorie proprie dei campi interagenti della psicoterapia di gruppo,della terapia familiare, e dell'analisi dei sistemi. Credo che tali ri-organizzazioni dei pezzi della nostre esperienze collettive creino nuove prospettive e forniscano la possibilità di ottenere una "gestalt", intuitivo e integrativo su:a) le dinamiche della famiglia che hanno creato e mantengono la situazione attuale.b) i bisogni e gli schemi di risposta appresi dal fanciullo e il possibile effetto di questi su qualche nuovo sistema in cui il giovane si inserisce.c) i criteri attraverso i quali possiamo individuare modalità di risposte adeguate ai bisogni del ragazzo e degli altri significativi nella sua vita.I dati ben stabiliti riguardo alla "ricapitolazione della famiglia di origine" hanno una profonda influenza sul nostro modo di giungere a delle decisioni. Ogni giorno incontriamo giovani e adulti le cui vite sono frammentate dai sistemi disfunzionali in cui si trovano. Rivedendo le loro storie sociali troviamo spesso ferite e schemi di comportamento distruttivi i quali costituiscono l'eredità di diverse generazioni — come era nel principio, e ora, e sempre.Siamo chiamati ad intervenire nei cicli, apparentemente predeterminati, di queste famiglie: cicli di comportamento costrittivo, la droga, il maltrattamento della consorte e dei bambini, gli abbandoni; famiglie spezzate che generano famiglie spezzate; famiglie afflitte dall'alcoolismo che generano persone che a loro volta cercheranno di essere la vittima o il salvatore di partners dediti all'alcool. Questo è il retaggio di famiglie che gli psicoterapeuti descrivono come "sistemi disfunzionali" — generazioni ipercoinvolte e generazioni staccate.Comunque, le nostre azioni nei confronti di queste persone ferite evidenziano, una qualche speranza di un miglioramento, la possibilità di interrompere i cicli, una certa fede che una persona possa acquisire la potenzialità per stabilire nuovi schemi che portino nuova vita per se stessa e la sua famiglia. Tali sono gli scopi di un intervento terapeutico, cioè, creare un contesto nel quale sia possibile avere una "esperienza emozionale correttiva"; un contesto per il difficile "working through" di intuizioni circa comportamenti auto-distruttivi; un contesto nel quale ognuno è libero di cambiare, di scegliere modi di agire che siano più benefici per l'individuo è per ciò che lui o lei chiama famiglia.Quando il "cliente designato" è un minorenne ed è chiara la necessità di allontanarlo dalla famiglia, lo scopo dell'intervento è raramente terapia in quanto tale. Cerchiamo, invece un ambiente sicuro in cui il giovane possa continuare il suo progetto di vita con i sostegni necessari per crescere e svilupparsi in modo salutare. Tuttavia, la lezione chiara che ci proviene dai vari tipi di psicoterapia dell'infanzia è che il ragazzo (o la ragazza) èimpegnato continuamente nel progetto di sviluppare dell'"Io", realizzando, in modi molto spontanei, l'adattamento, l'accomodamento e la integrazione che gli adulti in psicotherapia trovano cosi sfidanti.Lo studio svolto da Bettleheim in "The Uses of Enchantment", il lavoro di Axline con "Dibbs" e le sue scoperte su "Child's Play", illustrano la fabbricazione, la demolizione e la ricostruzione di espressioni concrete di realtà interiori. Il giovane lotta per riorganizzare i pezzi della sua esperienza personale per ottenere il potere e la capacità nei confronti della corrente degli avvenimenti della sua vita, per raggiungere la sicurezza,il senso di stabilità e di controllo che si accompagnano un'abilita nel prevedere ragionevolmente comportamenti degli altri e presagire le probabili conseguenze di quello proprio.Questi processi molto comuni di sviluppo raggiungono un livello di prominenza nelle vite di giovani il cui mondo è stato reso "imprevedibile" dalla condizione disfunzionale dei propri sistemi famigliari. Essi si trovano ipercoinvolti nella lotta per controllare ciò che è apparentemente incontrollabile, per stabilire ordine dove c'è caos. L'inefficacia dei loro sforzi è spesso una fonte di colpa. Si sentono responsabili del danno che vedono negli altri e che avvertano troppo bene in se stessi. Questo senso di "responsabilità" in un contesto che non permette loro una risposta appropriata,si manifesta in diverse forme. Depressione, distacco, aggressione, passività, acquiescenza, malattia fisica, e comportamenti auto-distruttivi, sono troppo comuni nelle loro storie.Frequentemente i giovani trovano dei mezzi per far fronte ai sistemi più disfunzionali. Essi assumono ruoli che tengono insieme la famiglia fragile — i ruoli del salvatore, della vittima, della madre o del padre o dell'amante surrogati, i quali sostengono la patologia dei altri membri e rendono possibile l'esistenza continua dell'entità famigliare.Quando uno di questi giovani viene posto in una nuova situazione questi ruoli continuano ad essere mantenuti sia rispetto alla famiglia da cui egli è uscito sia rispetto alla "famiglia" in cui si trova adesso. Gli schemi di comportamento ben appresi non possono esser cambiati facilmente. I ruoli assegnati o assunti nella famiglia di origine rimangono frequentemente in evidenza per tutta la vita. La "ricapitolazione della famiglia di origine" è una delle premesse fondamentali della psicoterapia del gruppo. In qualsiasi nuovo gruppo un individuo, col tempo, comincerà a manifestare vari modi di mettersi in rapporto con i componenti del gruppo, i quali sono riproposizioni dei legami che una volta aveva formati con i vari membri nella famiglia di origine.Nei ragazzi i cui meccanismi difensivi e le convenzioni sociali sono meno sviluppati, tali schemi si evidenziano all'ingresso in un nuovo gruppo. Essi lottano per trovare, nel nuovo contesto, delle relazioni che sosterranno i comportamenti, sia congrui che incongrui, appresi e sopra-appresi nei propri ambienti precedenti. Lo stress di questi sforzi si manifesterà frequentemente in alcuni comportamenti verso gli altri o verso se stessi, prova critica della sufficienza del nuovo ambiente.Troppo spesso la famiglia adottiva "ideale" si trova in serie difficoltà. In un sistema famigliare, i cambiamenti nella propria composizione creano un impatto significativo su tutte le relazioni.Quando marito e moglie diventano papà e mamma, quando la bambina della famiglia diventa la sorella maggiore del nuovo bambino, occorre un periodo di assestamento nel quale stato, ruolo e aspettative hanno bisogno di esser ridefiniti. Quando questo nuovo membro è una persona che subisce tempi di stress emozionale, una certa tensione viene indotta nell'intero sistema.Come spesso accade la coppia che in precedenza voleva a disposizione la propria casa si accorge che il suo matrimonio è in pericolo. Come spesso accade i genitori che sentivano di avere spazio per uno in più si trovano in lotta per ristabilire con i propri figli i rapporti che esistevano prima dell'avvento del nuovo membro. Come spesso accade l'istituto o la "casa famiglia" avverte, dopo un periodo di prova, che il posto non è "appropriato" per il nuovo ragazzo. Si intensifica il senso di colpa, di inadeguatezza, di frustrazione che il giovane ha sentito uscendo dalla famiglia di origine; aumenta lo stress che lui o lei porterà con sé nel luogo successivo. Il giovane ha avuto una lezione iniziale nel corso di "learned helplessness" — un corso superato da troppe persone "tutelate dallo stato".Nei nostri sforzi di confrontare queste realtà e di evitare la tragedia dovuta ad una situazione inappropriata per un certo giovane, cerchiamo i criteri per prendere le decisioni iniziali. Le statistiche relative ai vari tipi di posti sono utili per stabilire le cautele, ma non chiariscono affatto l'esigenze ideosincratiche di questo particolare ragazzo di questa particolare famiglia in questo particolare momento trovo nella diversificazione di bisogni un argomento convincente per mantenere una varietà di posti che sia la più ampia possibile. Il respingere, l'adozione, il "foster care", l'affidamento famigliare, gli istituti piccoli o grandi, misti o per un solo sesso, etc. in quanto situazioni categoricamente inappropriate significa eliminare dal campo di scelta ciò che per il singolo caso potrebbe essere la cosa più opportuna.La complessa interzaione dei sistemi di bisogni dell'adolescente o pre-adolescente e quelli della famigilia di origine con le varie possibilità di posti disponibili evidenzia l'importanza di scegliere una domanda focale per stabilire i criteri di selezione. "quali sono i bisogni attuali e prevedibili di questo giovane?" è un punto logico di partenza. Suggerisco, comunque, un approccio alternativo il quale comincerà con la domanda: "Che cosa ha bisogno di fare questo individuo?" Più specificamente, anticipando la risposta, chiederà "Che cosa deve fare questa giovane persona per stabilirsi come membro significativo di una comunità?".Le opere classiche di Robert Havighurst su "tasks of adolescence", di Gordon Allport su "becoming", di Abraham Maslow su "self-actualization" e di Kurt Lewin su "a dynamic theory of personality", indicano che esiste, almeno nel campo della psicologia, una solida tradizione per l'approccio suggerito in precedenza. L'opera più recente di Richard Charms su "personal causation" e la ricerca di Edward Deci su "intrinsic motivation" offrono prove evidenti dell'utilità di un tale approccio. Colui che studia il comportamento umano è incoraggiato ad attendere le iniziative dell'individuo come manifestazioni di una spinta dinamica verso la realizzazione di se stesso con implicazioni significative per il contesto nel quale questi obiettivi di sviluppo possono essere raggiunti nel miglior modo.Le capacità di ascolto e di osservazione che sono essenziali per un tale approccio sono forse troppo rare fra gli specialisti che hanno la responsabilità di prendere delle decisioni sulle varie sistemazioni — questo indica la nostra pressante necessità di aggiornamento.Nella ricerca dei criteri selettivi per giudicare l'idoneità di un particolare contesto ad accogliere o meno un giovane, propongo di osservare l'autogestazione dell'adolescente o del preadolescente da tre prospettive: l'inserimento (osservando le fasi di integrazione nel contesto sociale); il proprio sforzo (riconoscendo lo sforzo psicologico necessario per stabilire l'unicità e l'autenticità del proprio Io), l'elaborazione (ponendo attenzione ai mezzi tramite i quali i giovani entrano in rapporto con le loro esperienze individuali e condivise).L'INSERIMENTO Gli schemi ricorrenti dell'inserimento degli individui nei gruppi indicano che il processo è graduale e può esser visto come coinvolgente una sequenza di realizzazioni inter-dipendenti quali: l'esperienza di essere accettato, la scelta di partecipare, il sentirsi impegnato autenticamente nella vita del gruppo, e, in casi di inserimento completo, l'assunzione di una certa proprietà e di qualche responsabilità dell'esistenza continua del gruppo.L'ACCETTAZIONE comporta una qualche manifestazione chiara che agli occhi di coloro che sono nel nuovo gruppo di riferimento, io (come il pre-adolescente o adolescente) appartengo a questo gruppo. Qui, come in altre istanze, le usanze delle bande della strada o degli scout mettono in risalto alcune dinamiche implicate. I riti di iniziazione e i simboli concreti di appartenenza cancellano ogni dubbio nella mente del nuovo membro riguardo al fatto che lui o lei da ora in poi faccia parte dei "Savage Skulls" o di "truppa 138".Non basta che siano stati manifestati i segni di accettazione. In fatti, la realtà dell'accettazione non basta. Ciò che è essenziale è la mia accettazione del fatto che gli altri riconoscano il mio posto tra loro. Notare i segni di essere accettato e poi sentirmi accettato sono i primi passi per stabilire se io appartenga o meno a questo gruppo. L'aver un posto per "essere" può diventare il punto di partenza per chiedermi se veramente voglio stare qui.Come comincio a occuparmi con questa domanda del "volere stare qui" dipende frequentemente sia dal senso di opzioni (Ho davvero una possibilità di scelta?) sia dalla natura dell'accettazione (Si, mi accettano, ma come? — come sostituto del bambino che no hanno mai avuto? —come una povera ragazza bisognosa di aiuto? — come un'anima da salvare? — come un giovane con grandi potenzialità?Una situazione che mi priva del diritto di dire "No! Non voglio stare qui." è già un rischio. In mancanza di qualche senso di libertà, di scelta, anche la casa più confortevole può diventare una prigione. Una situazione che mi assegna una parte predeterminata è un assalto al mio diritto di essere me stesso.Di importanza critica in queste questioni è la preparazione del pre-adolescente o adolescente come anche quella degli altri membri del sistema sociale da cui il giovane è uscito e in cui egli ora è inserito. Gli atteggiamenti di tutti coloro che sono coinvolti possono essere significativi. L'inserimento del giovane è molto facilitate quando la famiglia di origine lo appoggia e non vede lo spostamento come un ulteriore giudizio di inadeguatezza. Il coinvolgere me e la mia famiglia nel processo di scelta del posto appropriato ci incoraggia ad assumere una maggior responsabilità per assicurare che tutto andrà bene.Per la "nuova famiglia", la preparazione su "positivo riguardo un condizionale", può influire sui ruoli degli adulti (i genitori adottivi, i direttori, gli assistenti, etc.) nella accoglienza del giovane.Quando ci sono altri giovani coinvolti, fratellastro o sorellastra, nella famiglia adottiva, altri residenti nella casa, nel gruppo o nella comunità, il loro ruolo nell'accettazione del nuovo gruppo è spesso il più significativo. L'accettazione da parte dei suoi pari ha un posto alto nella gerarchia dei bisogni del pre-adolescente o adolescente.I tentativi degli adulti tesi a manipolare tale accettazione, di solito, risultano disastrosi e per di più non necessari. Quando le persone giovani sperimentano come relativamente sicuro il loro posto in un dato contesto sociale, sono libere di accogliere i nuovi arrivati. Quando loro stessi sentono di essere accettati in modo incondizionato, sono capace di aprire la loro casa, il loro gruppo, le proprie vite ad un nuovo pari, Infatti, la realizzazione di un inserimento completo porta il giovane membro di una comunità ad un senso di responsabilità per accogliere nuova vita nel gruppo.Se in un gruppo di giovani, gli adulti hanno un ruolo nel promuovere l'accettazione mutuale questo viene ad assumere la forma di un modello di comportamento e di un sostegno per un contesto in cui i giovani abbiano la libertà e il senso di appartenenza che li autorizza a sfidarsi gli uni e gli altri verso responsabilità e proprietà, personali e comuni.LA SCELTA DI PARTECIPARE è in correlazione con le aspettative — sia le mie aspettative che quelle degli altri membri del gruppo. Un senso di reciprocità sorge presto nel processo di sviluppo morale (Piaget, Kohlberg). Voglio pagare per ciò che ricevo. Non mi convince la gratuità. Ho imparato, in modo forse duro, che la gente aspetta qualche forma di ricompensa per la sua gentilezza. In situazioni nuove, ricevere troppo a lungo mi rende nervoso. Sono molto più tranquillo quando sento di poter fare la mia parte. Non perchè amo il lavoro— soltanto perchè preferisco non essere in debito, particolarmente in debito verso qualcuno che non conosco così tanto da affidarmi a lui."Lavoro" in questo senso può significare partecipare a giochi, a conversazioni, ad argomenti, preparare la tavola o semplicemente stare attento. All'inizio fare l'ospite può essere divertente, ma eventualmente, se io intendo restarvi, voglio stabilire il mio posto in questo sistema sociale. L'appartenenza alla comunità inizia quando io comincio a partecipare ai compiti del gruppo come un vero membro.La partecipazione alle attività di un gruppo è l'inizio di un'estensione del senso del "Io". Definisco il mio "Io" non soltanto rispetto ai personali fattori centrali ma anche rispetto ai fattori ambientali. Io ho questa nazionalità, sono nato in questo luogo, e faccio parte di questa famiglia, questa religione, questo gruppo. Quando comincio ad agire come se fossi un membro di un dato gruppo, in realtà, sto partecipando alla mansione psicologica di stabilirmi come "uno di loro", o al meno sto provando la possibilità e l'appropriatezza dell’appartenenza.In questo processo le aspettative degli altri divengono molto significative. Gli adulti e i pari che esigono qualcosa da me stanno, attualmente, proclamando che io appartengo a questa famiglia, questo gruppo, questa comunità e quindi ho un impiego da svolgere e un ruolo da interpretate nella sua continua esistenza.Condividendo il lavoro del gruppo, le sue gioie, i suoi dolori e il suo sviluppo ne confermo la mia appartenenza. La partecipazione quindi diventa una forma di comunicazione tramite la quale proclamo a me stesso e alle persone che sono attorno a me che sto cominciando a sentire di dover stare qui.Se si presuppone che l'individuo abbia il diritto di scegliere o non scegliere l'appartenenza, un contesto (famiglia, gruppo, comunità) che invita alla partecipazione, che richiede e ogni tanto esige sacrifici, facilita l'inserimento.IL SENTIRSI IMPEGNATO AUTENTICAMENTE nella vita del gruppo caratterizza un tipo di partecipazione che è congruente all'auto concetto e personalità dell'individuo.A causa dell' instabilità del senso dell'"Io" dell'adolescente e delle variazioni frequenti nei modi di presentarsi ad altri di questo "Io", la sua qualità di integrazione nella vita del gruppo è soggetta a frequenti mutamenti. Quando si entra in un gruppo per la prima volta, si compiono molti sforzi per trovare le posizioni giuste. Voglio che loro sappiano che io sono forte, bravo, capace di badare a me stesso — spesso perfettamente al contrario di quello che io sento. Quanto più mi sento a mio agio con loro, tanto più posso essere autentico nel gruppo.Ogni tanto cercando un posto nel gruppo, creo un'immagine di me stesso che diventa il mio ruolo accettato e atteso dal gruppo. Divento per il gruppo il pagliaccio, il leader, il furbo, l'intellettuale, il rocchettaro, lo sportivo, il ribelle, il santo. Un'identità dà sicurezza, crea un modo di essere nel gruppo, e riduce l'ambiguità. Ho la necessità di essere qualcuno in questa famiglia, gruppo o comunità. è meglio avere un'identità negativa che non averne nessuna.Per ottenere un livello significativo dell'impegno autentico, l'adolescente con bisogno di collocamento richiede un contesto nel quale è possibile compiere queste operazioni psico-sociali. Un tale contesto è caratterizzato sia da solidità che da fluidità.C'è bisogno di adulti che abbiamo ottenuto un'adeguata integrazione personale per non essere minacciati dai frequenti mutamenti emozionali e affettivi dell' adolescente, di adulti la cui costanza e stabilità fornisca all'adolescente in flusso, punti di referenza attendibili, di adulti il cui "positivo riguardo incondizionato" li renda attenti e la cui fede verso il processo della crescita permetta loro di dare all'adolescente lo spazio necessario per sperimentare e ridefinirsi.Riguardo a ciò, le bande di giovani forniscono un interessante esempio contrario. Mentre c'è un certo movimento nelle strutture della banda, una varietà di ruoli e mansioni, c'è anche una tendenza ad avere frontiere piuttosto rigide verso comportamenti che sarebbero visibili fuori del gruppo. Se io scoprissi che non mi sento più un vero "Savage Skull", capirei subito che la mia uscita dal gruppo non sarebbe accettata. Rituali brutali di uscita scoraggiano la partenza. La morte è una conseguenza troppo frequente della decisione di cambiare parte di un membro della banda.Ostacolare la crescita verso l'autenticità può essere meno evidente in altri gruppi sociali ma non necessariamente meno effettivo. Per mantenere la coesione del sistema gli individui sono costretti in ruoli assegnati. Spesso la persona giovane con una necessità di collocamento era già stata vittima di sistema famigliare disfunzionale. C'è un bisogno saliente di un contesto sociale che permetta prove ed errori in una ricerca di identità.C'è anche un bisogno di interazione fra pari che renda possibile ciò che H:S: Sullivan chiama "reflected appraisals" (valutazione riflessiva) e "consensual validation" (convalidazione mutuale). L'adolescente ha bisogno di feed-back dei coetanei rispetto alla presentazione di sé e alle conseguenze di vari tipi di comportamento. Nella tarda adolescenza c'è un bisogno crescente di tempo riflessivo per elaborare questo feed-back e per esaminare e riesaminare la propria autenticità personale nel contesto dei vari sistemi che fanno parte del proprio senso estensivo dell'Io: famiglia di origine, famiglia affidataria comunità giovanile, chiesa, gruppo etnico, nazione, come anche la mia progettata sistemazione, la mia professione e futura famiglia, etc.IL PROPRIETARIO rispetto ad un sistema sociale suggerisce una forma di impegno personale che renda l'individuo responsabile del mantenimento e della rigenerazione del sistema stesso. Il proprietario rispetto al divenire personale suggerisce una forma di impegno tramite la quale io assuma la responsabilità per il mio sviluppo, il mio comportamento e le mie scelte. Nel processo di inserimento questi due aspetti di responsabilità si uniscono. Coinvolto attivamente nello stabilire chi sono io nei confronti di questi altri, comincio ad accettare una responsabilità crescente verso me stesso ed anche verso la famiglia, il gruppo o la comunità.Un tal senso di responsabilità e il proprietario conseguente vengono nutriti in un ambiente il quale invita ed esige la mia partecipazione nelle decisioni che regolano la vita della famiglia, gruppo o comunità. Allport parla di una trasformazione dalla coscienza obbligatoria dell'infanzia alla coscienza del dovere degli adulti. Le ricerche di Piaget verso "le regole della partita" chiarificano lo spazio per stabilire le regole in questo processo di sviluppo morale. Il cambiamento dalla funzione di tipo "superego" alle forme adulte di coscienza e di presa di decisione viene promosso dall'inserimento con gli altri nello sviluppo delle regole che moderano i nostri modi di essere gli uni con gli altri. è tramite i nostri reciproci accordi in base a: "Dove finisce il campo? —Quali sono le squadre? —A Quanto arriviamo?", che le sanzioni esterne lasciano il posto alla motivazione interna; l'esperienza delle proibizioni e la paura lasciano il posto alla preferenza, al rispetto mutuale, ed ai valori personali e comuni.Quando assumo ruoli di responsabilità crescente in una comunità, i bisogni del gruppo diventano sempre più i miei bisogni. Mi preoccupano la reputazione del gruppo, le azioni dei membri giovani, i legami che ci uniscono, le usanze che con i progetti in cui siamo impegnati, il nostro avvenire. A causa di questo collegamento , questa fedeltà, la mia attività per "noi" diventa un espressione significativa del progetto del mio proprio divenire, il mio inserimento in questo contesto sociale è, in parte, la realizzazione del mio senso più grande dell'Io.IL TENDERE DEL PROPRIOIl tendere del proprio ("PROPRIATE STRIVING") è un'espressione introdotta da Gordon Allport per indicare quegli aspetti della motivazione umana che vanno oltre la soddisfazione dei bisogni fondamentali. Egli parla del coinvolgimento dell'individuo nel sviluppo dell'Io, ciò che Goldstein e Maslow chiamano "self-actualization" (auto-attualizzazione). C'è un movimento continuo verso l'unificazione della personalità una selezione fra modi disponibili di comportamento di quelli coerenti con l'immagine emergente dell'Io.Riguardo al fanciullo, pre-adolescente o adolescente, questo "tendere del proprio" può essere paragonato alla composizione di una storia — la storia della vita di lui o lei. è una storia creata e ri-creata in sogni, immagini, parole e azioni. Parte della storia è già stata vissuta, la maggior parte ancora no. Ogni giorno ci sono eventi e possibilità che cercano di essere integrati nella storia dando un significato sempre nuovo a ciò che è stato e ciò che sarà.Ogni fase dello sviluppo offre all'individuo un nuovo mezzo per ri-elaborare e raccontare la storia, e quindi una nuova prospettiva per capire il senso di tutto ciò. Egli trova echi della sua storia nelle favole e nei film e nelle vite di coloro che sono intorno a lui. Interpreta le parti, ri-organizza i pezzi, guarda, ascolta, fantastica e crede. Sperimenta con i simboli della propria vita usando i modi di pensare appropriati alla sua età per dire a sé stesso e agli altri chi sia e cosa faccia. Nel processo di sviluppo c'è un movimento dall'immagine concreta alle forme di ragionamento più ipotetico-deduttivo. L'adolescente ha metodi sempre più potenti peri interpretare ciò che è stato e per proiettare quello che potrà essere.Qual è la situazione riguardo al pre-adolescente o adolescente che ha bisogno di collocamento? La storia del caso che leggiamo è solamente una prospettiva parziale sulla sua storia. Quanto più turbolenti gli eventi trascorsi della sua vita tanto più sono difficile e forse più necessaria sarà la sua ri-elaborazione dei pezzi in una storia che può essere continuata in una nuova dimora.L'impegnarsi in attività attuali può apparentemente distrarre un individuo dalla storia centrale, comunque, il lavoro condotto in terapia con gente di ogni età conferma che il racconto delle nostre storie continua — riconosciuto o non-riconosciuto — in tutte le nostre attività personali e interpersonali.Ogni tanto il racconto della storia non è molto creativo. Così quando uno scrittore non si sposta più dall' ultima frase, legge e rilegge l'introduzione sperando che affiori un'intuizione in grado di fornire l'aggancio fra ciò che è stato e ciò che sarà.Le famiglie disfunzionali sono caratterizzate da tale fissità. Sembrano essere disperatamente costrette a ripetere i loro schemi distruttivi. Per il giovane proveniente da un tale sistema cerchiamo un collocamento che possa fornire lo spazio sociale ed emozionale per sviluppare schemi che tendono maggiormente alla crescita.Il movimento da un sistema ad un altro complica l'opera del tendere del proprio. C'è molto di più da integrare nella storia: le relazioni continue con gli altri membri della famiglia di origine, le nuove relazioni con adulti e pari significativi, le terminazioni rispetto a ciò che è passato, i sentimenti di ostilità e colpa, un senso di avere abbandonato gli altri e di essere stato abbandonato, gli obblighi verso coloro che l'hanno aiutato, le domande del nuovo contesto sociale, ecc.Collocato in un nuovo ambiente, cerco gli elementi familiari con i quali posso organizzare uno spazio fisico, emozionale, temporale nel quale mi sento sicuro e dal quale posso eventualmente continuare gli aspetti più creativi del mio " tenere del proprio."Prima di tutto cerco ciò che sarà necessario per soddisfare i miei bisogni fisiologici fondamentali. Sto attento alle fonti di rafforzamento e comprendo rapidamente sia chi ha il controllo sia cosa devo fare per ottenere ciò di cui ho bisogno o voglia. Colui che è stato vittimizzato in situazioni precedenti conosce bene l'importanza di imparare come si usa il nuovo sistema.Come sono bravi nell'arte di piacere agli adulti i giovani con una storia caratterizzata da molti collocamenti! La manipolazione reciproca — gli adulti manipolano i giovani e i giovani manipolano gli adulti — è un coinvolgimento affascinante che può occupare completamente le energie e limitare effettivamente la crescita di tutti i partecipanti.L'esercizio di tali giochi è ridotto quando ci sono norme consistenti e accettate da tutti per quanto riguarda gli aspetti basilari come l'ora di andare a letto, i pasti, l'igiene, il lavoro domestico, le visite, i viaggi, lo spazio personale, le finanze, etc. Una chiarezza verso tali questioni alimenta un senso di sicurezza rendendo il nuovo ambiente più prevedibile. La partecipazione nello stabilire e rivedere queste regole invita ad un maggiore senso di appartenenza, autonomia e responsabilità.Le opportunità per impegnarsi con le arti creative e espressive, disegno, pittura, scultura, atletica, per cantare, suonare degli strumenti musicali, appartenere a squadre, partecipare ad organizzazioni, ad attività religiosa, sociale e politica, può facilitare gli sforzi sperimentali dell'adolescente nel raccontare e ri-raccontare la storia del sé emergente.Se l'adolescente si avvicinerà agli aspetti più creativi del "tendere del proprio", lui o lei dovrà trovare eventualmente nel nuovo sistema altra persone significative, adulti e pari, con cui poter formare nuove relazioni e, nel senso psicoanalitico, riformare (work through) precedenti relazioni. Forse avrà bisogno di molta intimità. Forse avrà un bisogno ugualmente urgente di mantenere una notevole distanza.Il contesto ottimale consiste in uno spazio emozionale che sopporta ma non costringe, che incoraggia all'autenticità, tollera i mutamenti, e sfida gentilmente la falsità. che invita all'intimità rispettando la preparazione del giovane ad aver fiducia e ad affidare ad altri un sè emergente.L'ELABORAZIONEUn ambiente tendente verso "il tendere del proprio" di un adolescente facilita e accomoda una capacità emergente di ragionare, di applicare la logica agli eventi della vita, di analizzare e ipotizzare. Alcune dialettiche significative si sviluppano quando l'adolescente comincia ad applicare i metodi deduttivi e induttivi delle materie della scuola secondaria, forse senza consistenza, spesso in modo ego-centrico, al contesto sociale personale. "Perchè dobbiamo sempre ...? Perchè io non posso...? Che cosa faresti se io...?"Interrogare, prendere tempo da solo e tempo con le altre persone significative nella mia vita per riflettere e valutare, accordarci, scontrarci, dire il mio parere, ascoltare il parere degli altri, sfidare, essere sfidato, tutte queste attività fanno parte dell'elaborazione richiesta per ciò che è stato descritto sopra come "il tendere del proprio" e "l'inserimento nella vita del gruppo."Tale elaborazione può accadere spontaneamente ma ciò non accade frequentemente. Come avviene spesso i sistemi disfunzionali sono quelli bloccati. Persone che vivono in un'intimità apparente non riescono a rivelare reciprocamente i loro pensieri e i loro sentimenti verso ciò che accade e ciò che non accade fra loro. Gran parte della terapia della famiglia consiste nell'istruzione e nella pratica riguardo alle basi della comunicazione umana.Un giovane proveniente da un tale sistema disfunzionale può sentire la chiamata alla comunicazione e l'intimità tanto minacciosa. Modelli e situazioni sicuri e stimoli lievi possano essere necessari per autorizzare il giovane ad aprirsi all'elaborazione interpersonale cosi dinamica.Inoltre i fanciulli molto giovani sono capaci di parlare delle proprie esperienze quotidiane, Conversare su eventi molto ordinari della giornata serve per introdurre livelli più profondi di condivisione. Questa interazione deve cominciare presto nella vita, appena possibile. Un adolescente che non ha sperimentato la comunicazione reale nella famiglia di origine può essere particolarmente resistente a qualche condivisione che avvicini le regioni più interne del sé.Stando in presenza di altri impegnati in tale elaborazione, l'adolescente chiuso ha un'opportunità per ottenere un'introduzione a questa attività importante. Può essere indicato anche un intervento psicoterapico. Ho trovato piuttosto efficace in tali casi psicoterapia individuale seguita dalla psicoterapia "conjoint" individuale e del gruppo. Vie alternative per esprimersi come l'arte, la musica e lo sport possono aiutare ma non possono completamente compensare ciò che viene raggiunto tramite le dinamiche della condivisione interpersonale.L'impegno della comunicazione di un gruppo interattivo offre ricche opportunità per le valutazioni riflessive, le validazioni mutuali, gli adattamenti riguardo alla perdita personale e il dolore, gli stereotipi sfidanti, la comprensione di come gli altri vedono il mondo, come gli altri mi vedono, lo stabilire e ristabilire il mio posto nel gruppo, lo sperimentare nuovi metodi per la presentazione del sé.Mentre una parte di questa elaborazione può realizzarsi in momenti privati di riflessione, o in relazioni a due, è nel sistema sociale, nella famiglia, nel gruppo, nella comunità che l'adolescente eventualmente cerca la validità del suo inserimento e rivela i risultati del "tendere del proprio". è proprio in presenza de gli altri significativi della sua vita che l'adolescente asserisce il sé emergente.CONCLUSIONITutte queste considerazioni conducono ad alcune domande che vorrei proporre per decidere la appropriatezza di un collocamento particolare. Non si offrono tanto come un elenco di criteri ma quanto come una revisione di ciò che è stato presentato e come un invito ad osservare il modo in cui un dato contesto sociale favorisca ciò che il pre-adolescente o adolescente deve fare per stabilire il proprio sè in un gruppo di altri significativi. , lui o lei, potrà lavorare per inserirsi in questa famiglia, gruppo o comunità?Quali sono le opportunità per partecipare?Quali sono le esigenze di appartenenza,le aspettative, le possibilità di rimanere e partire?Quali sono i processi per prendere delle decisioni?Quali sono le strade verso la responsabilità e la proprietà riguardo questo contesto sociale?In questo contesto sociale il pre-adolesescente o adolescente come potrà impegnarsi nel proprio sforzo?Qual è lo spazio emozionale disponibile per sostenere relazioni significative, per occuparsi di terminazioni, sentimenti di ostilità, perdita, colpa, e abbandono?Quali sono le opportunità per trovare strade giuste verso l'autoespressione?Qual è il sistema di rafforzamento in questo contesto?Chi amministra i premi e le punizioni?Come si realizza il movimento verso un'autonomia e una responsabilità crescenti?Quali sono le possibilità e l'accettabilità di sperimentazione con nuovi metodi di presentazione del sé?Questo ambiente come favorisce il bisogno dell'adolescente di elaborare gli eventi della sua vita?Quali sono i sistemi di comunicazione di questa famiglia, gruppo o comunità?Quali sono le strutture e le dinamiche che facilitano la condivisione interpersonale?Quali sono le opportunità per un consiglio e una psicoterapia se ne nascesse il bisogno?Qual è la capacità degli altri (adulti e pari) di iniziare con il ragazzo o la ragazza un dialogo significativo rispetto alla storia emergente delle vite che essi condividono?In questo articolo ho usato frequentemente l'espressione "la famiglia, gruppo o comunità" in riferimento al contesto sociale di un pre-adolescente o adolescente bisognoso di collocamento. Mi piacerebbe a questo punto terminare ridefinendo il termine "comunità" come un contesto sociale in cui vengono favoriti i processi di "inserimento" e "tendere del proprio" già descritti.Non tutte le famiglie, non tutti i gruppi, grandi o piccoli (anche quelli che pretendono di esser definiti "comunità") raggiungono questi criteri. Alcuni lo fanno. è in tali comunità che giovani provenienti da famiglie disfunzionali hanno una nuova opportunità nella vita, un'opportunità di realizzare l'espressione piena ed unica del tendere del proprio. Dove non esistano queste comunità la loro gestazione potrebbe essere l'attività propria di ognuno di noi che condivida il volere e il dovere per assicurare i diritti della gioventù.BIBLIOGRAFIAAllport G.(1955), Divenire. Trad. it., Ferenze:Giunti-Barbera, 1963.Axline V.(1964) Dibbs New York: Ballantine.Bettleheim B. (1976), The Uses of Enchantment. New York: Random House.DeCharms R. (1968), Personal Causation. New York: Academic Press.Deci E., Ryan R. 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