Muravera, 17/10/2014 Celeste Loi, VA Saggio breve sull’adolescenza Destinazione editoriale: giornale scolastico La spensieratezza invidiata Oggetto di dettagliati studi e discussioni controverse, l’adolescenza rappresenta indubbiamente il periodo della vita più significativo di ciascun individuo, in cui avviene la transizione tra infanzia ed età adulta. L’amplificarsi delle emozioni, le mutazioni fisiche, la maturazione sessuale, sono tutte caratteristiche di un’epoca in cui il fanciullo si ritrova a dover imparare a fronteggiare la vita, a scoprire la propria identità, a dare i primi timidi sguardi al proprio imminente futuro da adulto, che eccita e spaventa al tempo stesso. I cambiamenti che gli si presentano, inevitabili e improvvisi, provocano nell’animo dell’adolescente confusione e turbamento, ma vengono sopraffatti dalla curiosità, la stessa curiosità che spinge il bambino a scavalcare la rete di protezione della culla per compiere i primi passi alla scoperta di nuovi orizzonti. Ed è anche la stessa curiosità invidiata dagli adulti che, come afferma Galimberti in un suo articolo sull’adolescenza (presentato in “Io donna” del 20 settembre 2014) si ritrovano nell’età in cui <<l’abitudine prende il sopravvento sulla creatività e il bisogno di sicurezza sui margini residui di felicità, che non si ha più il coraggio di catturare perché lo slancio adolescenziale si è già da tempo assopito>>. Perché con l’avanzare della maturità si perde la spontaneità che caratterizza gli adolescenti; le situazioni e i problemi che la vita ci propone vengono affrontati attraverso una valutazione minuziosa di tutte le possibili eventualità, non con lo slancio di “gettarsi nel vuoto e correre il rischio” che il fanciullo utilizza. Ed è l’aver perso la libertà dalle imposizioni sociali, l’invidia per la spontaneità perduta e sostituita da una plasticità inamovibile, che spingono gran parte degli adulti a giudicare l’adolescente irresponsabile e arrogante. Ne è un chiaro esempio l’opera di Gustavo Pietropolli Charmet (Fragile e Spavaldo, Ritratto dell’adolescente di oggiLaterza,2008), in cui l’autore rappresenta l’adolescente con l’appellativo di Narciso, colmo di egoismo e disinteresse per tutto ciò che non riguarda la sua individualità. <<[…]Nessuna esperienza psichica penalizza le abilità di Narciso più della vergogna; egli si accorge anche di dosi minimali di mortificazione sociale e ne rimane assiderato>>; e ancora <<[…]Ferito a morte dall’umiliazione, l’adolescente deve inizialmente sottrarsi allo sguardo dell’altro, blindarsi in un rifugio solitario, rivedere mille volte in moviola l’incidente che lo ha screditato e instaurare un procedimento mentale di emergenza che restauri il sé narcisistico manomesso>>. Queste sono le tesi sostenute da un autore che sente la mancanza del tempo perduto. L’appellativo di Narciso è più facilmente applicabile alla categoria degli adulti, che orientano costantemente i loro comportamenti per ottenere l’apprezzamento altrui e si regolano in base alle imposizioni sociali, non più capaci di dire “si” alle novità e alle occasioni della vita. L’adolescente non è immerso nella convenienza, non programma con minuzia ogni singolo evento; l’adolescente prende la vita come viene e la affronta con la felicità e la spensieratezza che nella vita si presentano una sola volta.