Europa - Area Popolare Camera

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PERCHÉ L'EUROPA
Noi amiamo l’ Europa ma questa Europa non ci piace.
Amiamo l' Europa ma...
Amiamo l’ Europa perchè siamo europei
Amiamo l’Europa perché siamo europei. Quello di Europa non é, propriamente, un
concetto geografico. A scuola ci hanno insegnato che l’ Europa é un continente, ma non é
vero (o almeno non del tutto). Un continente é una parte delle terre emerse circondata dall’
oceano. Il mare ostacola il movimento delle piante, degli animali, degli uomini e delle
culture. Per questo continenti diversi contengono almeno in parte specie animali e vegetali
e culture diverse. Per l’Europa non è così. Siamo una penisola del continente eurasiatico.
Se siamo un continente (e certo siamo un continente) siamo un continente della cultura.
L’identità dell’Europa é segnata non dalla geografia ma dalla cultura. Socrate e Gesù ci
hanno detto che l’uomo é capace di conoscere la verità e di dominare le proprie passioni
per usare la loro energia al servizio della verità. Questa é l’idea europea di libertà. La
verità unisce gli uomini perché in essa scopriamo la dignità, cioè il valore assoluto, di ogni
singola persona. Vivere in una giusta comunità umana, godere della presenza e della
amicizia gli uni degli altri, appartenere gli uni agli altri nell' amore é più bello che soddisfare
senza freni il proprio arbitrio soggettivo. Queste idee strettamente congiunte di libertà,
dignità e comunità sono il nocciolo della identità europea.
Gli europei, poi, si dividono in laici(sti) e cristiani. I cristiani pensano che Gesù fosse il
Figlio di Dio e che Socrate fosse un profeta inviato a preparare le strade della rivelazione
cristiana, una specie di S. Giovanni Battista dei pagani. I laici pensano al contrario che
Gesù fosse un filosofo ed un esempio altissimo di vita morale come Socrate. Il dibattito su
queste due radici della identità europea durerà probabilmente senza fine ed è esso stesso
parte della identità europea.
Questa eredità comune la riceviamo attraverso un fascio di storie nazionali diverse e pure
congiunte fra di loro. I valori europei divengono concreti in queste storie e si comunicano
attraverso le forme di vita della famiglia, della cultura, della lingua, della letteratura e
dell’arte. Le nostre diverse culture hanno ciascuna una propria distinta individualità e pure
portano il segno della radice comune. Esse, inoltre, sono cresciute nel dialogo le une con
le altre e si sono reciprocamente arricchite. L’identità europea non si oppone alle identità
nazionali. Essa indica piuttosto una appartenenza reciproca delle nazioni, un vincolo più
stretto fra loro che le segna e le rende distinguibili nella più ampia famiglia delle nazioni.
Amiamo l’Europa perchè siamo europei. Questa è la nostra identità, la nostra storia, la
nostra cultura.
Amiamo l’Europa perchè siamo italiani
La nostra storia di italiani ci insegna qualcosa che ci spinge con una forza particolare a
camminare sul sentiero dell' ideale europeo. Nella seconda metà del secolo XV l’Italia era
il paese più ricco, più colto e più felice dell’Europa e del mondo. Altri paesi però avevano
risolto o stavano risolvendo il problema della dimensione nazionale della politica e
costruivano potenti stati nazionali. In Italia questo problema non fu affrontato. I milanesi
non potevano accettare una unificazione fatta dai veneziani mentre napoletani e fiorentini
si opponevano sia ai milanesi che ai veneziani. Alla fine sull' Italia che era l' anello debole
della catena si scaricarono tutte le tensioni del sistema politico europeo e gli eserciti dei
grandi paesi vennero a farsi guerra a casa nostra. Siamo stati spogliati, derubati, umiliati
ed asserviti per 3 o 4 secoli.
Oggi l’Europa è (o almeno era fino a qualche anno fa) il continente più ricco, più colto e più
felice del mondo. Altri però hanno risolto il problema della dimensione continentale della
politica e noi invece no. Gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India, il Brasile sono tutti stati
continentali. Gli stati nazionali sono tutti troppo piccoli e deboli per esercitare una effettiva
sovranità in questo contesto. Corriamo il rischio che tutte le tensioni si scarichino su di noi.
Guardiamo alla recente crisi finanziaria: perchè si è accanita con tanta ferocia contro l’
Europa? Perchè nessuno può immaginare che un attacco speculativo, anche
pesantissimo, possa spezzare in due il dollaro e rompere l’unità economica degli Stati
Uniti. L’idea invece di rompere l’euro poteva essere pensata e si è cercato con grande
dispendio di mezzi di realizzarla. Economicamente il dollaro non è più forte dell’euro. É più
forte il potere politico che lo sostiene: gli Stati Uniti d’America.
Amiamo l' Europa perchè non vogliamo più guerra
Gli europei non sempre sono stati fedeli alla loro identità culturale. La storia dell’Europa è
una storia di fedeltà e di tradimento. Le diverse confessioni cristiane si sono separate e
lacerate fra loro. Laici e credenti si sono perseguitati a vicenda. Soprattutto le diverse
nazioni si sono dilaniate in lotte sanguinose per il predominio. Tutto questo ha portato
infine, nel secolo XX, a due terribili guerre mondiali che possono essere descritte anche
come una unica spaventosa guerra civile europea, che ha portato l’Europa ed il mondo
sull’ orlo di una definitiva catastrofe. Alla fine della Seconda guerra mondiale un imperativo
morale si impone con forza a tutti i leader responsabili, politici, culturali o religiosi: mai più
guerra in Europa. Da qui partono Adenauer, De Gasperi e Schuman per porre le prime
fondamenta di quella che è poi diventata l’Unione europea.
Oggi alcuni pensano che questo ideale sia superato, non faccia più presa sulle giovani
generazioni. Chi mai pensa possibile una guerra in Europa? Il tintinnio di sciabole che si
sente oggi in Ucraina dovrebbe insegnarci una diversa lezione che dal tempo di Thomas
Hobbs è scritta con chiarezza nella storia della filosofia europea: la guerra è la condizione
naturale nelle relazioni fra i singoli e fra gli stati, la pace è invece il risultato di politiche
responsabili e lungimiranti, di sforzi culturali consapevoli, di un impegno incessante.
Tucidide, il grande storico greco, ci ha lasciato una spiegazione folgorante delle ragioni
per cui nascono le guerre. Lo fa spiegando perchè è scoppiata la seconda guerra del
Peloponneso: perchè era andata al potere una nuova generazione di uomini che non
sapevano quanto fosse brutta la guerra. Adesso in Europa va al governo una nuova
generazione di uomini e di donne che non hanno conosciuto la guerra. Coltiviamo la
memoria della guerra e rafforziamo la scelta per la pace che è al tempo stesso la scelta
per l’Europa. Amiamo l’Europa perchè non vogliamo mai più vedere la guerra in Europa.
Amiamo l' Europa perchè vogliamo la prosperità nella pace
Nel mondo di prima delle due guerre mondiali ogni stato ergeva potenti barriere doganali
fra se e i suoi vicini per riservare il proprio mercato interno per la propria industria. Poi
cercava di impadronirsi militarmente dei territori da cui derivavano le materie prime per le
sue industrie e dei mercati di sbocco dei suoi prodotti. È stata l’epoca del protezionismo,
del colonialismo, del militarismo, del nazionalismo e infine, necessariamente, della guerra.
Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo avviato un esperimento straordinario di libertà
economica. Abbiamo detto: ognuno compri le materie prime dove vuole, le trasformi con il
proprio lavoro e le rivenda dove crede. In Italia molti erano contrari. Pensavano che in una
competizione libera saremmo stati sopraffatti da paesi dotati di industrie più forti, come la
Francia e la Germania. Invece siamo cresciuti tutti e noi più degli altri colmando il ritardo di
sviluppo che avevamo verso gli altri paesi avanzati. Gli italiani sono bravi lavoratori e bravi
imprenditori. Hanno tutto quello che serve per avere successo nell’Europa e nel mondo.
Sono però afflitti da un atavico complesso di inferiorità che li induce ad avere paura della
competizione ed a cercare delle scorciatoie che poi regolarmente non funzionano. Il
mondo non è dei furbi ma dei lavoratori seri ed onesti. L’unica cosa di cui dobbiamo avere
paura è la paura stessa.
Amiamo l' Europa perchè amiamo la libertà
Le istituzioni europee che abbiamo sviluppato sono animate da una filosofia. Si chiama
economia sociale di mercato. Il mercato al servizio della pace e della persona umana.
Davanti a questa Europa che veniva crescendo negli anni ‘50 e ‘60 e ‘70 si stagliava un’
altra Europa. Era l’Europa del comunismo dove le libertà civili erano represse, dove i diritti
delle nazioni erano calpestati dall' imperialismo sovietico, dove c’era un’economia di
comando che produceva solo povertà e fame. Gli accordi di Yalta fra le potenza vincitrici
della Seconda guerra mondiale avevano assegnato metà dell’Europa all' imperialismo
sovietico e sembrava che quella cortina di ferro che divideva in due il continente non
potesse essere superata senza un’altra guerra, che peraltro, con l’uso delle armi
atomiche, avrebbe probabilmente causato la fine dell'umanità. La più grande
concentrazione di potere totalitario, politico e militare, della storia umana si è invece
dissolta davanti alla resistenza non violenta, culturale e religiosa, dei popoli e delle
nazioni, guidata idealmente dal Papa slavo: Giovanni Paolo II. I movimenti popolari che
hanno attraversato in quegli anni i paesi comunisti non hanno mai sfidato il potere sul
terreno della forza ma hanno rifiutato di colludere con la menzogna di stato ed hanno fatto
appello alla coscienza degli oppressori. È stata una lotta per la libertà e per l’Europa.
Questa Europa non ci piace perchè è rimasta a metà
Quando il comunismo è crollato gli analisti politici prevedevano un lungo periodo di
instabilità punteggiata da guerre civili su di un territorio che si estendeva dal Mar Baltico
all’Adriatico, cosparso di armi nucleari. Rancori e desideri di vendetta alimentati dalla
lunga e feroce oppressione, la miseria di grandi masse in un tempo in cui la economia
comunista non c'era più e quella di mercato ancora non c’era e neppure di sapeva come
fosse possibile introdurla e farla funzionare nei paesi ex comunisti.
La predicazione di Giovanni Paolo II ha contenuto gli odi ed i desideri di vendetta. Helmut
Kohl ha visto e fatto accettare dagli altri paesi europei un grande progetto: la riunificazione
dell’ Europa. Non un semplice allargamento ma, insieme con esso, una riappropriazione
dei valori dell' Europa, illanguiditi nella nostra società dei consumi ma riscoperti nei paesi
ex comunisti nel corso della lotta per la libertà. Era necessario prima di tutto legare la
Germania definitivamente alla Europa occidentale per impedire la rinascita di un
imperialismo tedesco. A questo serve l’euro che è più che una moneta: è un vincolo contro
il risorgere dei nazionalismi. Era poi necessario l’allargamento a Est ed una politica
generosa di sostegno ai paesi ex comunisti per aiutarli a ricostruire le loro economie. Era
necessario essere generosi ma anche fermi nel chiedere le riforme necessarie. Solo in
questo contesto era possibile la riunificazione della Germania. Tutto questo è stato fatto
ed è storia di ieri. Serviva anche una politica verso la Russia che ne sostenesse la
transizione democratica ed articolasse il futuro ordine europeo su due pilastri, uno ad est
ed uno ad ovest, di modo che l' Europa potesse respirare liberamente con i suoi due
polmoni. Anche la Russia, infatti, è Europa.
Serviva una profonda riforma economica che permettesse all’Europa di entrare
organicamente nella epoca della economia della conoscenza.
Serviva una Costituzione che sancisse l’unità politica della Europa e iscrivesse nella
coscienza degli europei i valori fondamentali che stanno alla base della nostra identità.
Tutto questo non lo abbiamo fatto.
Oggi noi siamo gli Stati disuniti d' Europa. Dobbiamo diventare gli Stati Uniti d’
Europa
Questa Europa non ci piace perchè è una casa in cui ci piove dentro. E’ come un
castello bellissimo al quale però manca il tetto. Le suppellettili sono preziose, i mobili
eleganti, arazzi artistici sono appesi alle pareti, tutto è bellissimo però ci piove dentro.
Quando piove dentro la casa tutto imputridisce e va in rovina. Finchè il tempo è bello tutto
va (o sembra andare) bene. Quando il tempo è brutto, piove o nevica, allora tutto va in
rovina.
Prendiamo un esempio: la famosa regola della disciplina di bilancio, la cosiddetta “regola
del 3%”. In condizioni normali il bilancio di stato dovrebbe essere in pareggio. In condizioni
di crisi è ammesso uno sconfinamento massimo del 3% per condurre una manovra
anticiclica. È tutto molto ragionevole e pieno di buon senso, se tutto va bene. È come
andare per mare, fissare la prua verso l’obiettivo che vogliamo raggiungere e poi legare il
timone. Se il moto ondoso rimane all' interno di limiti ragionevoli va tutto bene. Se arriva
una vera tempesta devi slegare il timone ed orientare la rotta in modo da offrire alle onde
la minore resistenza possibile. La crisi è arrivata e noi la abbiamo affrontata, all' inizio, con
il timone legato. Più avanti abbiamo rafforzato le catene al timone. Solo con molto ritardo
abbiamo slegato (solo parzialmente) il timone. Cosa vuol dire slegare il timone? Significa
esercitare responsabilità politica e prendere decisioni politiche. Per prendere decisioni
politiche occorre però avere legittimazione politica. La legittimazione politica, l’unità politica
dell’Europa è esattamente ciò che non abbiamo costruito. Abbiamo bisogno di una politica
economica comune che decida sia la misura di deficit accettabile nei singoli stati, sia le
misure di solidarietà appropriate nella situazione, sia le decisioni comuni necessarie per
superare la crisi. Queste cose non si possono affidare ad un funzionario di Bruxelles.
Queste cose non si fanno senza un ministro europeo della economia politicamente
legittimato ma non ci può essere un ministro della economia politicamente legittimato se
non c’è un governo europeo politicamente legittimato. Con questa crisi abbiamo pagato la
mancanza della unità politica dell’Unione.
Questa Europa non ci piace perchè non protegge la nostra prosperità
Gli Stati Uniti hanno reagito alla crisi con un massiccio investimento di denaro
semipubblico nella economia. Diciamo denaro semipubblico perchè non è denaro dei
contribuenti ma denaro creato dalla Federal Reserve (la banca centrale americana). È
stata una mossa azzardata della quale non discuteremo adesso vantaggi e rischi, che
però in questo caso sembra avere funzionato. Gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi prima di
noi ed hanno oggi meno disoccupati ed una economia più dinamica. Molti hanno chiesto
che la Bce ( Banca centrale europea) facesse qualcosa di simile. Si voleva in particolare
che Francoforte comprasse i titoli del debito pubblico dei paesi che non riuscivano a
collocare i loro titoli sul mercato. Questo non era evidentemente possibile perchè vietato
esplicitamente dai trattati e non è stato fatto. Domandiamoci adesso: perchè questo è
vietato dai trattati e perchè non è stato fatto? Più in generale: perchè la Bce è tenuta solo
a contenere l' inflazione mentre la Federal Reserve è tenuta anche a cooperare von il
Governo drgli Stati Uniti per realizzare l’obiettivo politico del pieno impiego? La risposta
non è difficile: perchè non esiste un governo dell’Unione europea. Una cosa è chiedere
alla Bce di comprare titoli di un governo europeo, un’altra cosa è chiederle di usare i soldi
di tutti per pagare i debiti (magari accesi in modo irresponsabile) di alcuni stati. La Bce ha
trovato comunque il modo di dare un contributo decisivo per superare la crisi, muovendosi
fra le pieghe dei trattati, ma come può la Bce collaborare ad una politica economica
europea che non esiste?
Questa Europa non ci piace perchè non assicura il lavoro ai nostri figli
Il mondo sta cambiando con una velocità impressionante. La nuova libertà di commercio
dopo la fine del comunismo e dopo i trattati che hanno istituito il WTO (World Trade
Organization, il più importante foro negoziale per le relazioni commerciali multilaterali a
livello internazionale) fa in modo che i popoli della fame abbiano adesso di nuovo la
possibilità di entrare nei mercati internazionali. Hanno costi del lavoro molto più bassi dei
nostri e ci spingono fuori da tutte le produzioni che hanno una grande quantità di lavoro
non qualificato. Per i poveri del mondo questo è un processo assolutamente positivo.
Miliardi di esseri umani escono dalla geografia della fame. Questi sono anni cattivi, invece,
per i poveri dei paesi ricchi ( e quindi dell’Europa). Perdiamo milioni di posti di lavoro.
Che fare? Milioni di posti di lavoro nascono contemporaneamente nella nuova economia
della conoscenza fondata sulla applicazione accelerata alla economia delle scoperte della
scienza. La risposta è semplice: dobbiamo fare entrare l’Europa nella epoca della
economia della conoscenza, dobbiamo fare le cose che i popoli nuovi non sanno fare,
vendere a loro merci e servizi ad alto contenuto di informazioni e di conoscenza e
comprare da loro le merci ad alto contenuto di lavoro non qualificato.
Nel marzo del 2000, a Lisbona, il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo ha
detto tutte le cose giuste. Abbiamo cercato di farle con il cosiddetto “metodo di
coordinamento aperto”, basato sullo scambio di informazioni e sull’incitamento e
l’emulazione reciproca. Non ha funzionato. Abbiamo bisogno di una vera politica europea
per l' industria, l' innovazione e l' economia della conoscenza. Dobbiamo costruire le
grandi reti infrastrutturali di cui la economia della conoscenza ha bisogno, sia quelle
materiali ( ad esempio le telecomunicazioni) sia quelle immateriali (ricerca e sviluppo,
università e scuola). Dobbiamo dare ai nostri giovani orientamento e formazione
professionale verso i nuovi mestieri. Dobbiamo fissare agli stati obiettivi vincolanti e
dobbiamo stabilire criteri di valutazione dei bilanci pubblici non meno ma più stringenti,
criteri che valutino non solo la quantità ma anche la qualità del debito pubblico. Fare un
debito per investire sulla rete digitale non è la stessa cosa che fare un debito per coprire le
spese correnti. Dobbiamo infine far partire un grande piano comune di investimenti
finanziato da un debito pubblico comune per lo sviluppo.
Quattordici anni fa' , a Lisbona nel 20014, sapevamo quali erano le cose giuste da fare. Se
le avessimo fatte non avremmo tanti disoccupati. Perchè non le abbiamo fatte? Perchè
queste cose non le possono fare i superburocrati di Bruxelles e non le possono fare
neppure i singoli stati membri ciascuno per conto suo. Le può fare solo un governo politico
dell’Europa.
Questa Europa non ci piace perchè non garantisce la nostra sicurezza
È bastato un ruggito dell’orso russo per ricordarci che viviamo in un mondo pericoloso in
cui l’uso della forza nelle relazioni internazionali non è affatto escluso e rientra nel novero
delle cose possibili, in certe circostanze perfino probabili.
Contemporaneamente nuove ondate di profughi rischiano la vita nel Mediterraneo per
sfuggire a guerre civili, regimi oppressivi , persecuzioni religiose (specialmente contro i
cristiani). Il Mediterraneo rischia di diventare già in questa generazione un mare non di
pace ma di guerra. Abbiamo bisogno di una forte difesa militare e non possiamo
immaginare che gli Americani ce la offrano gratis e senza contropartite. Gli Stati Uniti
hanno valori assai simili ai nostri ma una diversa collocazione geografica e diverse priorità
strategiche. L’unità d’intenti (accompagnata da una chiara subordinazione politica degli
europei) che si è verificata negli anni della Guerra fredda non è detto che sia destinata a
ripetersi nello stesso modo nella fase nuova che stiamo vivendo. L’Unione europea non
spende poco per la difesa. Spende male. Ventotto organizzazioni indipendenti! Troppi stati
maggiori e troppo poche unità operative. Troppi generali e poca innovazione e sviluppo.
Abbiamo bisogno di una difesa europea strettamente connessa a quella degli Stati Uniti
all’interno della più vasta comunità atlantica ma capace anche di azione autonoma.
Abbiamo bisogno di una politica estera europea. La minaccia russa non si affronta
ricostruendo le barriere e la mentalità della guerra fredda. Anche la Russia è Europa,
condivide, nel suo modo peculiare, la nostra comune cultura. Cosa abbiamo fatto, in questi
ultimi anni, per includere la Russia in un comune progetto europeo? Quali sforzi abbiamo
fatto per esorcizzare nella mente e nel cuore del popolo russo la paura secolare della
esclusione e della emarginazione dall' Europa? In che modo abbiamo cercato di favorire la
crescita di una vera e robusta democrazia russa? Il risorgente imperialismo russo è
(anche) il risultato della mancanza di una politica della Unione Europea verso la Russia.
Nel Mediterraneo abbiamo vissuto la stagione (in gran parte effimera) delle cosiddette
primavere arabe. Ad esse noi non siamo stati capaci di tendere una mano per consolidare
i movimenti popolari in rivoluzioni democratiche. Questo ha permesso agli integralisti
islamici di prendere in gran parte il controllo di questi movimenti e l’unico argine contro
l’integralismo sono diventati i regimi militari. L’Italia si trova a fronteggiare (quasi da sola)
ondate migratorie che sono la spia di squilibri profondi e tensioni minacciose che
potrebbero esplodere in qualunque momento. Oggi abbiamo bisogno nel Mediterraneo di
una iniziativa politica di dimensioni paragonabili all' allargamento all’Est che, a suo tempo,
ha stabilizzato l’Europa centro-orientale. Non è possibile proporre ai paesi sull’altra
sponda del Mediterraneo l’ingresso nell’Unione ma è sì possibile proporre la costruzione di
una area di prosperità condivisa, di stretta collaborazione politica, economica e culturale.
Solo così possiamo stabilizzare l’altra sponda del Mediterraneo, far cessare le migrazioni
bibliche e, inoltre, un Mediterraneo in sviluppo traina anche la crescita economica di tutta
l’Unione europea e prima di tutto della Italia meridionale.
Questa Europa non ci piace perchè non ha un'anima
Al tempo della Convenzione convocata per scrivere la Costituzione dell’Europa non si
trovò l’accordo per inserire nella Costituzione le radici culturali dell’Europa. Che le radici
culturali dell’Europa non siano solo cristiane è ovvio. Io stesso ho richiamato il ruolo
fondamentale della filosofia greca. Si vuole aggiungere anche l’illuminismo? Non mi
oppongo. Per qualcuno invece era inaccettabile che si richiamassero le radici cristiane, È
innegabile, tuttavia, che proprio quelle radici abbiano giocato un ruolo fondamentale nella
lotta contro il comunismo per la libertà e per l’Europa.
La Costituzione senza radici è stata poi rigettata dai referendum dei popoli in Francia ed in
Olanda. È iniziata allora una fase di ripiegamento e di riflusso in cui sono tornati a
prevalere tutti gli egoismi, individuali e di gruppo. Si è parlato di “Europa dei diritti” ed i
diritti sembrava che fossero l’aborto, l’eutanasia ed il matrimonio gay, tutte questioni che
per esplicita disposizione dei trattati sono riservate alla sfera di competenza esclusiva
degli stati nazionali. Separare i diritti dai doveri è il modo più semplice per mandare in
rovina gli stati. Noi oggi abbiamo bisogno, come diceva Aldo Moro, di una nuova cultura
dei doveri. Contemporaneamente gli stati più ricchi hanno praticato una politica di difesa
settaria dei loro interessi egoistici mentre qualcuno dei più poveri si è ingegnato a
ingannare le istituzioni europee per farsi finanziare un tenore di vita che non poteva
permettersi. Quando è arrivata la crisi non siamo stati capaci di fronteggiarla insieme ed
anche in diversi altri momenti si è visto un deficit di visione e di solidarietà. Se all’inizio si
fosse andati in soccorso dei paesi in difficoltà con tutta la decisione necessaria, se si fosse
detto senza ambiguità e tutti insieme: “l’euro non è in discussione e verrà difeso a
qualunque costo” le ondate speculative che hanno scosso la nostra economia
probabilmente non sarebbero partite o sarebbero state frenate fin dall' inizio. Ma può
esserci una risposta alla crisi corale, forte, comune se non c'è la convinzione di avere
radici comune ed un sentimento di solidarietà che viene prima del calcolo dei vantaggi e
degli svantaggi comparati di ogni singola misura? Abbiamo bisogno di leader dotati di una
forte visione, desiderosi di guidare e disposti a pagare. Ci siamo trovati con una leadership
europea fatta in buona parte di uomini senza visione, senza l’ambizione di guidare e
preoccupati soprattutto di non pagare. Poi la dura realtà delle cose ci ha fatto vedere che
tutte le misure che ci portavano pragmaticamente fuori della crisi ci portavano anche a
rafforzare il vincolo europeo che ci unisce. Ma può l’Unione europea vivere di una
costrizione materiale a stare insieme che non è una emozione profonda ed un
convincimento radicato nel cuore? Un’Europa senza radici e senza anima sarà sempre
destinata a reagire tardi e male alle sfide della storia fino a che non andrà a fondo contro
uno dei tanti scogli che le vicende della economia e della politica pongono sul cammino.
Diamo una anima all'Europa. Costruiamo gli Stati Uniti d'Europa.
Abbiamo detto senza infingimenti le ragioni dell' Europa e le ragioni contro l' Europa. Che
bilancio possiamo trarre?
Alcuni dicono di essere contro l’Europa in nome della difesa della sovranità nazionale.
Rispondiamo che nel mondo globalizzato solo entità continentali possono essere
veramente sovrane e garantire la pace, la sicurezza ed il benessere dei loro cittadini.
Se questa Europa non ci piace (e non ci piace) non esiste però un'altra Europa nella quale
possiamo rifugiarci per condurre una vita migliore. C’è solo una Europa, questa Europa. E
se questa Europa non ci piace l’unico cammino realisticamente aperto davanti a noi è
quello della lotta culturale e politica per cambiare e per salvare l’unica Europa che c'è, che
ci appartiene ed alla quale apparteniamo.
Bisogna completare il grande progetto interrotto di Helmut Kohl e di Giovanni Paolo II.
Bisogna costruire il tetto del castello europeo prima che tutto vada in rovina.
Diamo un’anima all’Europa. Costruiamo gli Stati Uniti d' Europa.
On. Prof. Rocco Buttiglione
Questo testo è stato originariamente pubblicato sul sito della fondazione Fede e Scienza
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