Dott. Pietro Salacone - Padis

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VALUTAZIONE
NEOPLASTICA
DELLA
FERTILITA’
PRE
E
POST TERAPIA
IN PAZIENTI AFFETTI DA TUMORE TESTICOLARE
DOTTORANDO
Dott. Pietro Salacone
DOTTORATO IN SCIENZE ENDOCRINOLOGICHE, METABOLICHE ED
ANDROLOGICHE
XVII CICLO
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA ”LA SAPIENZA”
DIRETTORE
Prof. Aldo Isidori
RELATORE
Prof. Franco Dondero
Riassunto : Il tumore del testicolo è la neoplasia più frequente negli uomini tra
i 15 e i 39 anni. La prognosi è notevolmente migliorata grazie al miglioramento
della diagnostica e all’utilizzazione di terapie sempre più efficaci e meno invasive.
Proprio per la miglior prognosi a lungo termine di questi pazienti e per la giovane
età dei pazienti, la crioconservazione del seme rappresenta una valida opzione per
questi pazienti che si sottopongono a trattamenti potenzialmente in grado di
indurre alterazioni sulla spermatogenesi tra cui una possibile azoospermia
transitoria o addirittura irreversibile. Lo scopo del mio lavoro è stato quello di :
1) studiare la qualità del seme nei pazienti affetti da tumore testicolare 2)
studiare l’effetto a breve e lungo termine della chemio o radioterapia sulla
spermatogenesi.1° Studio Il gruppo dei pazienti da me studiato presenta dopo
l’orchiectomia e prima della chemioterapia, una media dei parametri seminali
conformi ai valori minimi di riferimento indicati dal WHO 2° Studio La maggior
parte dei pazienti riprende, a distanza di 24 mesi dalla fine della terapia, una
normale spermatogenesi sovrapponibile a quella di partenza.
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INTRODUZIONE
INFERTILITA' MASCHILE
La riduzione della capacità fecondante dell'individuo di sesso maschile,
definita con il termine di infertilità maschile, è una condizione patologica che
viene quasi costantemente associata ad una condizione di dispermia; con il
termine di sterilità invece identifica una impossibilità assoluta di fecondare. La
dispermia, ovvero l'alterazione di uno o più parametri
del seme, è una
condizione che può presentare una etiopatogenesi estremamente varia e deve
essere considerata rigorosamente come un sintomo e non come
una diagnosi, anche se spesso l'impossibilità di giungere ad una diagnosi clinica
etiologica porta a tentativi terapeutici volti ad intervenire direttamente sul sintomo
dispermia.
Questa duplice premessa consente di ricondurre i due termini infertilità e
dispermia ad un migliore inquadramento sintomatico nosologico, partendo dal
presupposto che la gonade maschile rappresenti un organo endocrino sui generis
in cui coesistono strutture a secrezione ormonale e strutture in grado di produrre la
componente cellulare dell'eiaculato, ovvero gli spermatozoi.
Pur rientrando, pertanto, la patologia seminale nell'ambito della patologia
endocrina, per lo strettissimo controllo esercitato sulla spermatogenesi dalla
componente ormonale, molti degli assunti e delle regole valide per le altre
ghiandole devono essere parzialmente modificate in riferimento alla produzione
spermatica del testicolo.
Tale situazione ha comportato l'individuazione di una branca specializzata nello
studio della gonade maschile e dei suoi rapporti con il resto dell'organismo:
l'andrologia e, nell'ambito dell'andrologia, di una branca di studio dedita alla
ricerca specifica sul liquido seminale: la seminologia.
Tornando all'infertilità maschile essa può essere definita come l'impossibilità di
fecondare dopo almeno dodici mesi di rapporti liberi con partner femminile in
perfette condizioni di fertilità (WHO, 2000). In questa definizione sono insiti due
concetti fondamentali.
Primo, che è richiesto un tempo piuttosto lungo, perché il ritardo di concepimento
divenga statisticamente significativo e deviante rispetto ad una normale gaussiana.
Ciò è una diretta conseguenza di uno stato di ipofertilità fisiologica della specie
umana per la quale non esistono periodi estrali fissi e per la quale le caratteristiche
seminali definibili come normali in senso gaussiano si discostano di molto dal
minimo necessario per fecondare.
Secondo, che nella definizione di infertilità maschile bisogna considerare anche lo
stato della partner; concetto che sottolinea come la fertilità o l'ipofertilità non sono
quasi mai dell'individuo, ma sono uno stato che riguarda la coppia (infertilità di
coppia).
In effetti la potenzialità fecondante della coppia
deriva dall'
integrazione della potenzialità dei due componenti
della coppia
singolarmente intesi, ma soprattutto dalla loro interazione. Abituati ad altre
situazioni di endocrinopatia può risultare complesso affrontare il concetto della
quasi inesistenza di un limite inferiore di normalità degli indici seminali.
Volendo esaminare, a titolo esemplificativo, uno solo dei parametri seminali, la
concentrazione di spermatozoi/ml, possiamo studiare con una comune rilevazione
epidemiologica la distribuzione del dato nella popolazione generale (comprensiva
di tutti gli individui fertili ed infertili scelti a caso fra i 20 e 40 anni) il cui
andamento, se la casistica è sufficientemente ampia, assume un aspetto vicino ad
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una normale gaussiana. Si potrebbero quindi definire una media e delle deviazioni
standard entro cui fare cadere i soggetti "normali" e quindi teoricamente fertili.
Questo dato, peraltro, si dimostra estremamente infido se viene utilizzato per
definire la fertilità dell'individuo.
Infatti, molto diverso sarà il risultato se lo stesso parametro: concentrazione degli
spermatozoi/ml viene studiato in una popolazione selezionata di soggetti fertili,
quali ad esempio soggetti che si sottopongono a vasectomia per scopi
antifecondativi, o soggetti con prole o partners di donne gravide. In questi gruppi
riterremo teoricamente di trovare tutti individui compresi nel nostro range di
normalità, mentre al contrario incontreremo numerose eccezioni che ci
costringeranno a stabilire che, se la media normale è di 60 milioni di
spermatozoi/ml, il limite minimo di concentrazione di spermatozoi in grado di
fecondare è di 10 milioni di spermatozoi/ml e forse meno. Il valore
concentrazione/ml inoltre deve essere necessariamente integrato con gli altri
parametri seminali. Alcuni di questi, quali la motilità e la morfologia
nemaspermica, si dimostrano decisamente più importanti della sola
concentrazione per ml; altri quali la viscosità, la fluidificazione, il volume, il pH e
le cellule non nemaspermiche presenti nell'eiaculato, risultano di complemento ai
precedenti. Pertanto solo un accurato studio del seme del soggetto e l'integrazione
di tutti i suoi parametri seminali con i dati derivanti dallo studio della fertilità
potenziale della partner ci consentirà di definire, in termini corretti, l'aspettativa
di fertilità e la capacità fecondante relativa di un individuo.
E' opportuno segnalare che il liquido seminale, specie nella sua componente
cellulare gametica, risente enormemente di qualsiasi stato di patologia
dell'individuo e che pertanto qualsiasi noxa internistica e terapia farmacologica
conseguente possono agire modificando fortemente lo status seminale del
soggetto. Infatti, la spermatogenesi, con la sua rapidissima replicazione cellulare,
rappresenta una sorta di indicatore dell'omeostasi dell'individuo. Se a questo
aggiungiamo che per passare dallo spermatogonio allo spermatozoo maturo
occorrono circa 70 giorni di " produzione testicolare " più altri 10-15 giorni di
maturazione epididimaria, ci si rende conto di come ciò che vediamo studiando
l'eiaculato di un individuo sia il risultato dello stato di benessere o di malessere
dell'intero individuo nei tre mesi precedenti e di come sia necessaria una accurata
anamnesi in tal senso e di come non ci si dovrà basare sull'analisi di un solo
eiaculato per definire lo stato di fertilità potenziale dell'individuo.
Un altro concetto fondamentale per l'interpretazione dei dati dell'analisi del
liquido seminale è la valutazione in funzione dell'età dell'individuo.
Nel giovane esiste un netto sganciamento fra lo spermarca (comparsa dei primi
spermatozoi nelle urine della mattina derivanti da polluzioni notturne incoscienti),
le prime eiaculazioni coscienti e volontarie, ed infine il raggiungimento della
"maturità" seminale tale da potere essere considerata lo status quo seminale
dell'individuo.
Pertanto prima di
parlare di dispermia sarà necessario
attendere lo stabilizzarsi di tali fenomeni maturativi, tanto che a seconda delle
Scuole si ritiene che dati attendibili si possano ottenere solo dopo i 16/18 o
addirittura 20 anni. In ogni caso tutti gli Autori concordano sulla necessità di
rapportare la situazione seminale allo stato di maturità dell'individuo (età ossea,
età ormonale, ecc.). Similmente è necessario considerare gli indici seminali con il
progredire degli anni. Pur essendo valido il principio generico che la fertilità
maschile non ha un limite superiore di età, è altrettanto vero che tutti i parametri
seminali subiscono un deterioramento progressivo a partire dai 40 anni. Per questo
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lo stato di "normalità" seminale e la "attesa" di normalità (e normalizzazione
mediante terapie) sarà molto diversa a seconda dell'età del paziente.
Tutto quanto fino ad ora esposto è da riferirsi ad una condizione di patologia
seminale che potremmo definire dispermia quantitativa, ossia una alterazione
riduttiva dei parametri seminali; in particolare una riduzione della concentrazione,
motilità nemaspermica e della percentuale di spermatozoi con normale morfologia
(Schema 1).
Schema 1 : Nomenclatura seminale
Normospermia
normali parametri seminali
Ipospermia (ipoposia)
ridotto volume eiaculato
Polispermia (poliposia)
aumentato volume eiaculato
Normozoospermia
normale concentrazione nemaspermica
Oligozoospermia
ridotta concentrazione nemaspermica
Polizoospermia
aumentata concentrazione nemaspermica
Azoospermia
assenza di spermatozoi
Normocinesi
normale motilità nemaspermica
Ipocinesi
ridotta motilità nemaspermica
Discinesi
Alterazione qualitativa della motilità
Acinesi
assenza di motilità
Teratozoospermia
alterata morfologia
A questo concetto va ad affiancarsi, fino a sovrapporsi ed a superarlo, il concetto
di "dispermia qualitativa". Con questo termine si intende tutta una serie di
condizioni in cui, a fronte di una riduzione od anche di una apparente normalità
quantitativa dei parametri seminali, esistono alterazioni qualitative dello
spermatozoo (membrana plasmatica, cromatina, cinetica nemaspermica,
metabolismo cellulare, funzione acrosomiale) che riducono o annullano la sua
possibilità di fecondare. Questo punto è di fondamentale importanza da un lato
perché consente spesso di inquadrare entro termini patologici ben precisi forme di
infertilità che altrimenti dovrebbero essere etichettate come idiopatiche, d'altro
lato perché consente di avere una concezione di fertilità del pool seminale più
vicina alla realtà biologica.
Infatti, il liquido seminale può essere considerato, per esemplificazione, come un
tessuto del tutto particolare in cui, pur coesistendo molte cellule uguali, specifiche
ed altamente specializzate (gli spermatozoi), non sarà, come in altri tessuti, il
complesso di tali cellule a svolgere la funzione finale, ma sarà la singola cellula
che giungerà a fecondare l'ovocita.
Ne deriva la necessità di avere strumenti diagnostici adatti a studiare il complesso
di parametri seminali quantitativi riferiti all'intero pool nemaspermico, le
caratteristiche del plasma seminale entro cui tali spermatozoi si muovono, le
caratteristiche qualitative del pool nemaspermico nel suo complesso, ma anche la
composizione di tale pool inteso nel senso dello studio del grado di maturità e di
capacità fecondante dei singoli spermatozoi o meglio delle singole popolazioni
nemaspermiche da essi costituite.
Queste popolazioni nemaspermiche, che coabitano nello stesso seme, risultano
indispensabili per giustificare l'utilità fisiologica di un numero così ridondante di
gameti maschili rispetto alla funzione finale del singolo gamete fecondante (si
calcola che ogni testicolo ne produca 1500 al secondo). Infatti, il loro diverso
grado di maturità funzionale consente che gli spermatozoi immagazzinati dopo il
rapporto nelle cripte del canale cervicale dell'utero coprano ad ondate successive
un lungo periodo di tempo utile al meeting con l'ovocita.
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D'altra parte, come detto sopra, è il singolo spermatozoo che rappresenta l'unità
funzionale del seme e pertanto sono necessari mezzi diagnostici in grado di
indagare a fondo su questo esempio, unico nell'organismo, di cellula aploide
flagellata in grado di sopravvivere lontano dall'organo produttore muovendosi con
moto spontaneo fino all'esaurimento metabolico.
ETIOLOGIA DELL’INFERTILITÀ MASCHILE
Tutte le patologie internistiche possono agire negativamente sulla fertilità maschile.
Pertanto tutte le patologie genetiche , anatomiche, vascolari, infettive, endocrinometaboliche, neuro-psichiche, immunologiche, traumatiche, iatrogene e tumorali
possono interferire negativamente con la capacità fecondante dell'individuo.
Cause Genetiche
L’incidenza di anomalie cromosomiche nella popolazione dei maschi infertili è
superiore rispetto alla popolazione generale, 5,3% e 0,6% rispettivamente. Per tale
motivo in caso di azoospermia o di severa oligozoospermia andrebbe effettuato un
cariotipo sui linfociti del sangue periferico. Il corredo cromosomico umano può
variare in modo quantitativo e/o qualitativo. Le alterazioni quantitative possono
verificarsi sia per l’aggiunta di un assetto aploide completo di cromosomi, sia per
l’aggiunta o diminuzione di uno o più cromosomi. Il gruppo più numeroso di
anomalie del cariotipo è rappresentato dalle aneuploidie, che possono essere
autosomiche o eterosomiche. Tra queste ultime, la sindrome di Klinefelter (XXY),
determina sterilità maschile, senza peraltro dimenticare i sia pur rari casi di
mosaicismo con normale linea spermatogenetica (Klinefelter fertile). Per quanto
riguarda le alterazioni qualitative ricordiamo le traslocazioni bilanciate e
sbilanciate sia autosomiche che eterosomiche.
Le alterazioni genetiche non visualizzabili con l’analisi del cariotipo sono le
delezioni submicroscopiche del braccio lungo del cromosoma Y. Fino a circa
venti anni fa si riteneva che la funzione del cromosoma Y fosse solo quella di
determinare il sesso maschile (gene SRY). Ma nel 1976 Tiepolo e Zuffardi hanno
ipotizzato la presenza di un locus che codifica per la spermatogenesi a livello della
regione eucromatica del braccio lungo del cromosoma Y (Yq11) denominato
Azoospermia Factor (AZF). Gli studi successivi hanno confermato ed
ulteriormente ampliato questa prima osservazione mettendo in luce delle
subregioni denominate AZFa, AZFb e AZFc il cui difetto è associato ad
alterazioni più o meno gravi della spermatogenesi, che vanno dalla sindrome a
sole cellule di Sertoli, all’arresto maturativo, all’ipospermatogenesi. La presenza
di microdelezioni nella popolazione degli azoospermici-severi oligozoospermici
varia fra il 7% ed il 10%. Attualmente lo studio delle microdelezioni del braccio
lungo del cromosoma Y rappresenta un elemento
indispensabile
nella
diagnostica delle severe oligozoospermie e delle azoospermie.
Nel vasto gruppo delle anomalie di pertinenza genetica rientrano anche i disturbi del
sesso fenotipico (ermafroditismo, pseudo-ermafroditismo, sindrome da virilizzazione
incompleta, sindrome della femminilizzazione testicolare) e
disturbi
del
sesso gonadico (disgenesie ed agenesie gonadiche, sindrome a sole cellule di
Sertoli). In tutti questi casi il disordine genetico agisce in un periodo estremamente
precoce nella vita embrionale.
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Cause anatomiche
Vanno incluse in questo gruppo tutte le patologie malformative che possono
riguardare il prepuzio e il pene ( epi-ipospadia, patologie peniene congenite e o
acquisite, micropene) che interferiscono con la fertilità rendendo difficile o
impossibile la deposizione del seme in vagina. Oppure possono essere individuate
alterazioni delle vie seminali (aplasia o ipoplasia delle vescicole seminali, dei
deferenti, dell'epididimo, deconnessioni didimo-epididimarie), condizioni che si
associano ad un’impossibilità al trasporto degli spermatozoi dal testicolo all’uretra
peniena.
Infine, anomalie anatomiche possono coinvolgere direttamente il testicolo;
escludendo le rare forme di assenza congenita della gonade maschile, va ricordato il
criptorchidismo (anomala discesa del testicolo lungo il decorso fisiologico) e
l'ectopia testicolare (posizione anomala della gonade). Per quanto riguarda il
criptorchidismo, diversi studi, basati
principalmente su
dati istologici
provenienti da biopsie testicolari, dimostrano modificazioni degenerative
dell’epitelio seminifero con riduzione della spermatogenesi per sclerosi o
ialinizzazione peri-tubulare.
Queste alterazioni possono portare sia a problemi di fertilità nel paziente
criptorchide ma, cosa più importante, ad una possibile degenerazione neoplastica
Da ciò ne deriva che l’intervento chirurgico precoce di correzione del testicolo
mal disceso è necessario per la prevenzione della infertilità ma soprattutto della
possibile trasformazione neoplastica.
Cause Endocrine
La spermatogenesi è sottoposta ad uno stretto controllo ormonale.
Praticamente tutti gli ormoni sono coinvolti nello sviluppo, nel mantenimento, e nel
corretto svolgersi di una spermatogenesi fisiologica.
Per esempio nell'iper- ed ipo-surrenalismo esistono turbe evidenti della
spermatogenesi legate alle numerose interazioni ormonali.
In particolare, nelle alterazioni in senso riduttivo delle gonadotropine FSH ed LH, si
avrà la massima evidenza della correlazione ormoni - "omeostasi seminale" fertilità, tanto che l'ipogonadismo ipo-gonadotropo rappresenta una dei più
interessanti modelli di studio dell'infertilità endocrina e, ove trattato precocemente,
rappresenta una patologia in cui sono possibili brillanti successi clinici.
Peraltro molte condizioni di dispermia, specie se caratterizzate da oligozoospermia,
si accompagnano frequentemente ad aumento di gonadotropine (indotto dal
feedback gonadi-ipofisi). In questo caso la turba della secrezione gonadotropinica
deve essere considerata come una reazione fisiologica ad un’ipospermatogenesi la
cui eziologia può essere la più varia e quindi il trattamento riguarderà la patologia di
base.
Trattando delle forme dismetaboliche vale un discorso analogo al precedente. In
pratica non esiste turba metabolica rilevante che sia esente da dispermia più o meno
grave e ridotta fertilità.
E' ovvio che tale alterazione sarà tanto più grave quanto maggiore è la turba
metabolica di base, arrivando fino all'associazione, pressoché constante, fra diabete e
danni tubulari, in questi caso indotti anche dalla vasculopatia arteriolare intratesticolare.
Cause vascolari
Il rilievo più importante fra queste cause spetta al varicocele (più frequentemente
monolaterale) che attraverso la stasi ematica e l'ipossia tissutale, l'aumento termico a
carico della borsa scrotale, ma soprattutto il reflusso di cataboliti tossici di origine
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reno-surrenalica, determina fenomeni regressivi a carico della spermatogenesi ed
ispessimento delle pareti dei tubuli seminiferi. Questi fenomeni coinvolgono sia il
testicolo omolaterale, rispetto all'alterazione vascolare, sia quello controlaterale in
seguito alla presenza di shunt vascolari fra i due distretti e quindi il varicocele si
associa frequentemente a dispermia e ipofertilità.
Escludendo le rare patologie trombotiche e iatrogene (chirurgiche) dell'arteria
spermatica, deve essere presa in considerazione la possibile torsione del funicolo
spermatico, rappresentata da una rotazione parziale o totale del testicolo sul suo asse
vascolare, con strozzamento artero-venoso ed infarcimento ischemico ed emorragico
del testicolo.
Queste forme possono esitare in atrofia testicolare ed associarsi a dispermia ed
ipofertilità.
Cause infettive
Le infezioni del tratto genitale maschile solo in parte identificabili con le classiche
malattie veneree, sono causa sempre più frequente di forme di ipofertilità più o meno
gravi e più o meno transitorie.
Il capitolo delle malattie sessualmente trasmesse è oggi ampiamente rimaneggiato
per quanto riguarda gli agenti eziologici per l'aggiunta di una serie di microrganismi
emergenti quali la clamidia, il micoplasma, il trichomonas e alcuni virus ai classici
agenti Treponema e Neisseria,
A secondo del distretto genitale colpito distingueremo orchiti , epididimiti,
deferentiti, prostatiti, vescicoliti, uretriti, e balano-postiti.
Le orchiti possono avere eziologia virale (prevalente via ematica) o batterica
(prevalente via ascendente).
Le prime sono quasi costantemente bilaterali, anche se uno dei due testicoli può
avere un coinvolgimento maggiore, spesso solo apparente: le seconde possono essere
monolaterali e si accompagnano quasi costantemente a epididimite.
Le orchiti possono esitare in una distruzione più o meno completa dell'epitelio
seminifero.
Le epididimiti e le deferentiti, in genere dovute a germi ascendenti, possono dare
luogo a ipofertilità sia come conseguenza del danno funzionale sulla struttura
coinvolta dovuto alla flogosi sia come conseguenza dell'ostruzione stenotica totale o
parziale dei sottili e delicati canali delle vie seminali.
Le prostatiti e le vescicoliti, spesso associate, sono patologie molto frequenti e
rappresentano, specie nelle forme silenti, sub-acute con tendenza alla
cronicizzazione, una causa importante di dispermia e di infertilità maschile.
Infine, le uretriti e le balano-postiti possono essere sia la prima tappa di un’infezione
ascendente, sia causare forma stenotiche e cicatriziali del prepuzio e dell'uretra con
incompetenza eiaculatoria che può andare dalla difficoltà nella penetrazione vaginale
(fimosi post-flogistica) all'eiaculazione gocciolante e retrograda (stenosi uretrale).
Le forme flogistiche post-infettive miste (uretro-prostato-vescico-deferentoepididimiti) sono chiamate in causa con sempre maggiore frequenza nel determinare
le forme di infertilità maschile apparentemente sine causa, ma che al contrario
riconoscono in un’infezione apparentemente lieve, spesso trascurata, l'eziologia di
forme di dispermia apparentemente inesplicabili.
In questi casi solo un’accurata anamnesi e un’approfondita diagnostica fisica e
strumentale possono permettere di giungere ad un inquadramento eziologico della
patologia.
Cause Neuro-Psichiche
In questo gruppo possiamo ricordare le turbe del comportamento e le lesioni nervose
organiche che impediscono un normale rapporto sessuale.
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Tuttavia in questi casi l'associazione con la dispermia non è la regola, salvo i casi in
cui non sussistono altre patologie.
Di rilievo possono risultare le turbe della conduzione nervosa (post-traumatica,
diabetica) che possono condurre ad un’eiaculazione retrograda in vescica la quale si
accompagna a oligozoospermia o azoospermia pur con apparente normalità
dell'apparato genitale.
Cause Immunologiche
A parte le vere e proprie patologie sistemiche del sistema immuno-competente, va
segnalata la possibilità che alla base di un’infertilità maschile esista una reazione
autoimmune antispermatozoo, che può essere indotta dalle cause più disparate , in un
terreno genetico ed organico predisposto, e legata ad una reazione specifica
autoimmune contro antigeni espressi sulla superficie nemaspermica.
La presenza di tali anticorpi può indurre forme di dispermia quantitativa con ridotta
motilità degli spermatozoi e presenza di zone di spermioagglutinazione
nell’eiaculato.
Nei casi di apparente normospermia può esistere una dispermia qualitativa che
impedisce il transito di questi spermatozoi immunologicamente compromessi nelle
vie genitali femminili.
Gli spermatozoi con anticorpi adesi sulla superficie non sono, infatti, in grado di
attraversare il muco cervicale , vengono attaccati dai fagociti all'interno dell'utero e
delle tube e comunque presentano una ridotta capacità di penetrare l'ovulo.
Cause Traumatiche
Oltre ai casi di lesione delle vie seminali e traumi testicolari, vanno ricordate le
infertilità conseguenti ai microtraumi testicolo-epididimali spesso misconosciute
(ciclisti, autisti, atleti), Bisogna ricordare anche le lesioni chimiche e termiche.
Cause Internistiche
Patologia renale
E’ ampiamente dimostrata l’esistenza di uno stato di ipogonadismo uremico in cui
risulta presente un deficit androgenico legato ad una aberrante regolazione
oppiatergica ipotalamica della secrezione gonadotropinica. Il trapianto renale è il
trattamento d’elezione per l’ipogonadismo uremico mentre la dialisi non corregge
o addirittura aggrava la disfunzione testicolare in conseguenza alla rimozione
steroidea derivante dalle procedure di dialisi. E’ inoltre dimostrato che i regimi
immunosoppressori convenzionali con prednisone, azatioprina e ciclosporina A,
hanno effetti minimi sulla funzione testicolare, ma possono aggravare il danno
alla spermatogenesi.
Infine, l’insufficienza renale acuta è accompagnata da una riduzione dei livelli di
testosterone.
Patologia epatica
Le malattie epatiche acute, inclusa l’epatite, determinano una marcata riduzione
dei livelli di SHBG circolante portando ad un aumento della secrezione delle
gonadotropine e degli ormoni sessuali, mentre il testosterone circolante rimane
invariato come anche la fertilità.
L’insufficienza epatica cronica, sia post virale che alcolica, è, invece, associata a
ipogonadismo, inclusa infertilità, ipospermatogenesi, atrofia testicolare,
ginecomastia e disfunzione sessuale.
Oltre al danno tossico diretto ed alla alterata sintesi steroidea con eccesso
estrogenico, altri fattori patogenetici dell’infertilità nelle patologie epatiche sono
la perdita di parenchima epatico e lo shunt portocavale che porta ad un eccesso di
dopamina a livello cerebrale con conseguente disregolazione ipotalamica.
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Patologia dell’apparato respiratorio e circolatorio
Fra le patologie pure dell’apparato respiratorio, l’apnea ostruttiva notturna è
associata a disfunzioni sessuali e bassi livelli di testosterone senza un aumento dei
livelli di gonadotropine non associata all’obesità, quasi sempre presente.
Anche l’asma è associata frequentemente ad un ritardo puberale legato alla
malattia cronica e alla terapia corticosteroidea, ma non sono stati riportati effetti
sulle funzioni riproduttive maschili nel periodo post-puberale; peraltro, talora
sono stati segnalati, anche nell’adulto ridotti livelli di testosterone totale circolante
dovuti alla riduzione dei livelli SHBG indotta dai glucocorticoidi.
Da ricordare, fra le patologie di carattere genetico la fibrosi cistica da mutazioni
del gene CFTR e la conseguente azoospermia da ostruzione bilaterale dei dotti
deferenti e la sindrome di Kartagener con destrocardia associata a deficit ciliare
della mucosa bronchiale e dell’assonema nemaspermico.
Infine, anche se raramente segnalato, il deficit di testosterone libero associato alla
ipertensione deve essere valutato in caso di associazione a dispermia specie nei
casi di giovani adulti con ipertensione essenziale.
Patologie dell’apparato gastrointestinale
E’ riportato in letteratura che il morbo celiaco è associato a subfertilità,
alterazione del numero, della morfologia e della motilità degli spermatozoi
accompagnato da alti livelli di gonadotropine. E’ invece, noto ai clinici come sia
la colite ulcerosa che il morbo di Crohn determinino ipospermatogenesi. Questa
associazione sembra dovuta alla febbre ed allo stato nutrizionale legato alla
malattia cronica nonché alla terapia con salazopirina. La sostituzione di
quest’ultima con i derivati dell’acido acetil salicilico determina un miglioramento
dei parametri seminali. Infine, l’ulcera peptica non è correlata con una ridotta
funzione testicolare mentre è il trattamento con gli H2 bloccanti di prima
generazione come la cimetidina, che compete con i recettori androgenici, a
determinare deficit erettile e conseguente ipofertilità da deficit sessuale.
Patologia ematologica
Ove si escludano le alterazioni seminali che accompagnano le leucemie e
soprattutto il linfoma di Hodgkin poche sono le dimostrazioni di reali correlazioni
fra malattie ematologiche ed infertilità.
L’iperaccumulo sistemico di ferro dovuto a emocromatosi sia genetica che
acquisita post-trasfusionale causa ipogonadismo ipogonadotropo dovuto al
deposito del ferro a livello dell’ipofisi. Inoltre, esistono in letteratura dati di
associazione tra dispermia e anemia megaloblastica legata al deficit di vitamina
B12 e di folati che inibirebbe la sintesi di DNA e la replicazione cellulare sia nel
midollo che nelle cellule dell’epitelio germinativo. Infine è frequente
l’osservazione clinica di associazione fra Morbo di Cooley e forme talassemiche
minori con infertilità.
Patologia immunologica
La funzione riproduttiva è in genere conservata nei soggetti con spondilite
anchilosante, artrite reumatoiode, LES, mentre, talora è la terapia con farmaci
immunosoppressori che determina una severa, e talvolta anche irreversibile,
ipospermatogenesi legata anche all’effetto alchilante.
Fra le patologie dermatologiche a possibile eziologia immunologica la psoriasi è
associata con ridotta spermatogenesi correlata con l’estensione e la severità della
malattia, ma, anche in questo caso all’uso, nelle forme più gravi, di metrotrexate e
forti dosi di corticosteroidi.
Cause Farmacologiche
Numerosi farmaci (antidepressivi, dopaminergici, antiH2 istaminici, spironolattoni)
agiscono negativamente sulla spermatogenesi inducendo da una severa oligo-asteno9
teratozoospermia ad una azoospermia transitoria o definitiva. Il meccanismo di
alterazione della spermatogenesi può essere di interferenza ormonale, o nel caso
degli antiblastici e degli antibiotici agire direttamente sulla replicazione cellulare.
Le radiazioni ionizzanti, utilizzate a scopo terapeutico o assorbite accidentalmente,
causano una grave regressione della linea seminale fino all’arresto della
spermatogenesi.
Chemioterapia
La maggior parte dei farmaci chemioterapici quali gli antiblastici e gli agenti
alchilanti sono ciclo-specifici, cioè sono maggiormente citotossici sulle cellule in
ciclo replicativo. Alcuni agenti ciclo-specifici a loro volta sono fase-specifici, sono
cioè citotossici per le cellule che si trovano in una particolare fase del ciclo cellulare.
Tutti i farmaci antineoplastici determinano fondamentalmente un effetto doserisposta vale a dire che l'effetto citotossico del farmaco sarà proporzionale alla durata
dell'esposizione dello stesso e ad alte concentrazioni l'effetto tenderà a una fase di
"plateau". È importante notare che anche le cellule normali sono sensibili agli effetti
citotossici di tali farmaci e mostrano un effetto dose-risposta. Il dosaggio di molti
chemioterapici viene calcolato in base alla superficie corporea del soggetto che è in
rapporto al peso e all’altezza. Quindi per tutti i farmaci chemioterapici, il dosaggio
viene riferito ai metri quadrati di superficie corporea.
Le sostanze antiblastiche possono essere classificate come:
1) antimetaboliti: esplicano il loro effetto citotossico perché si comportano da falsi
substrati nei processi metabolici e quindi successivamente interferiscono con i
processi cellulari vitali
2) analoghi delle pirimidine: questi farmaci interferiscono con la sintesi degli acidi
nucleici che nelle cellule tumorali è molto più attiva rispetto alle cellule normali
3) alcaloidi di origine vegetale: attualmente questi farmaci includono quattro classi
di composti: gli alcaloidi della vinca, i taxani e le epipodofillotossine e gli antibiotici.
Del primo gruppo fanno parte la vincristina e la vinblastina che sono attive
prevalentemente durante la fase M bloccando la mitosi e la crescita in metafase.
Esplicano il loro effetto citotossico legandosi alla tubulina e impedendo
l'assemblaggio dei microtubuli. Il placlitaxel è un membro della famiglia dei taxani
che agisce favorendo l'aggregazione dei microtubuli e inibendone la loro
depolarizzazione. L'etoposide e il teniposide, derivati dalla podofillotossina, si
legano anche questi alla tubulina e interagendo con l'enzima topoisomerasi II
bloccano il ciclo cellulare a livello S-G2 provocando frammentazione del DNA
e infine morte cellulare. Tra gli antibiotici la bleomicina ha sollevato molte interesse
a causa della loro attività nei confronti di numerosi tumori umani. La sua azione
citotossica deriva dalla capacità di frammentare le molecole di DNA bloccando le
cellule nella fase G2 del ciclo cellulare.
4) agenti alchilanti: sono i più utilizzati e il loro meccanismo di azione è legato alla
inibizione della sintesi del DNA interferendo con la normale mitosi e
differenziazione cellulare di tutti i tessuti in rapida proliferazione. A questa classe di
farmaci appartengono la mecloretamina, la ciclofosfamide, l'isosfamide, il melfalan,
il clorambucil, il busulfan.
Infine tra i farmaci antineoplastici vi sono anche i composti del platino (cisplatino e
carboplatino) che è l'unico metallo pesante autorizzato all'utilizzo farmacologico.
Essi penetrano nelle cellule per diffusione e reagiscono con il DNA formando legami
crociati sia intracatenari sia intercatenari bloccando la crescita cellulare soprattutto in
fase S del ciclo cellulare.
Radioterapia
La radioterapia rappresenta una modalità di trattamento locale utilizzata nella cura
del cancro. Il suo impiego dipende in larga misura dalla radiosensibilità intrinseca
10
del tumore rispetto a quella dei tessuti normali limitrofi. In linea teorica, la
radioterapia dovrebbe distruggere la massa tumorale causando un danno
trascurabile alla strutture normali circostanti. Ciò è legato alla capacità del tessuto
normale di sopportare e di riparare il danno indotto dalle radiazioni e il
mantenimento da parte del paziente di una funzionalità ancora adeguata anche se
la normale funzione dell’organo viene ridotta. La radioterapia viene effettuata
mediante l’applicazione di radiazioni ionizzanti, di natura elettromagnetica, sul
tumore, prodotte da apparecchiature quali gli acceleratori lineari, per i raggi X, o
dal decadimento di un isotopo radioattivo, per i raggi gamma. Le radiazioni ad
alta energia sono prodotti dagli acceleratori lineari o dal decadimento del
radioisotopo cobalto 60 e vengono frequentemente utilizzate per l’irradiazione di
lesioni profonde. Le radiazioni a bassa energia forniscono una dose maggiore ai
tessuti superficiali. Oltre alla radioterapia esterna è possibile l’inserimento di
sostanze radioattive all’interno del corpo o in prossimità del sito tumorale. Questa
tecnica radioterapia viene definita brachiradioterapia. Comunque per tutte le
tecniche di radioterapia, la dose assorbita viene definita come l’unità di energia
assorbita per chilogrammo di tessuto. L’unità di misura è il Gray (Gy) e spesso,
nella pratica clinica, la dose di energia assorbita, viene espressa con la centesima
parte del Gy detto centiGray (cGy) e cioè 1 Gy equivale a 100 cGy.
Il bersaglio della morte cellulare indotta dalle radiazioni è il DNA. I radicali liberi
prodotti dalle radiazioni ionizzanti attraverso gli intermedi reattivi dell’ossigeno
danneggiano a livello locale i costituenti cellulari compreso il DNA. I tessuti
normali rapidamente proliferanti sono particolarmente sensibili agli effetti
citotossici indotti dalle radiazioni. Quindi un importante fattore determinante per
la radiosensibilità è la concentrazione di ossigeno e i tessuti ipossici sono
relativamente resistenti agli effetti delle radiazioni, così come sono probabilmente
poco sensibili agli effetti delle radiazioni ionizzanti le zone centrali di una grossa
massa tumorale che sono scarsamente vascolarizzate. Prima di iniziare la
radioterapia deve essere eseguito il “centraggio” che è la simulazione con una
esatta localizzazione del tumore. La radioterapia viene di solito applicata in dosi
frazionate, come 180 o 300 cGy al giorno, cinque volte alla settimana.
L’esperienza clinica ha dimostrato che i programmi di trattamento con dosi
frazionate sono contrassegnate da un miglioramento dell’indice terapeutico con un
migliore controllo del tumore; questo miglioramento potrebbe essere legato a
diversi fattori, comprendenti i meccanismi di riparazione cellulare dei tessuti
normali, il ripopolamento dei tessuti distrutti, e la riossigenazione delle zone
tumorali relativamente ipossiche.
Sia la radioterapia che la chemioterapia hanno un effetto mutageno e teratogeno e
per questo motivo si consiglia ai pazienti di evitare di avere rapporti
potenzialmente fecondi nei 12 – 24 mesi successivi alla fine della terapia.
TUMORI TESTICOLARI
Ogni anno in Italia circa 11.000 persone di età compresa tra i 15 e i 39 anni si
ammalano di tumore. Il tumore del testicolo rappresenta il 19 % di tutti i nuovi
casi di tumore diagnosticati ed è la neoplasia più frequente negli uomini tra i 15 e
i 39 anni. In passato questo tumore rappresentava la prima causa di morte per
neoplasia nell’uomo in età fertile, ma fortunatamente negli ultimi 20-25 anni, lo
sviluppo della chemioterapia e/o radioterapia combinate alle tecniche chirurgiche
hanno permesso un notevole miglioramento della prognosi e della sopravvivenza
di questi pazienti ed attualmente circa il 90% di questi tumori diagnosticati
precocemente raggiunge la guarigione.
11
Tra i tumori testicolari i più rappresentati (95%) sono quelli germinali che
originano dall’epitelio germinativo dei tubuli seminiferi caratterizzati da vari tipi
istologici (seminoma, carcinoma embrionale coriocarcinoma, teratoma e tumori
misti composti da più di uno dei precedenti istotipi). Essi mostrano diversi gradi
di invasivita’ e vari gradi di metastatizzazione .
Esistono diverse classificazioni in stadi della patologia; tra le più seguite c’è
quella della Royal Mardsen Hospital.
stadio I: tumore limitato al testicolo, all’epididimo o al funicolo spermatico;
stadio II: limitato ai linfonodi retroperitoneali, diviso in stadio IIA (linfonodi di
diametro inferiore a 2 cm), IIB (linfonodi tra 2 e 5 cm. di diametro) e IIC
(linfonodi superiori ai 5 cm.);
stadio III: presenza di metastasi ai linfonodi sopradiaframmatici o viscerali.
L’American Joint Committee on Cancer e l’Union Internationale Contre le Cancer
hanno rivisitato la classificazione mediante il metodo TNM. Lo stadio I è stato
suddiviso in tumori con o senza invasione linfatica o vascolare. Lo stadio II
include malattia con interessamento dei linfonodi retroperitoneali, senza metastasi
a distanza con o senza livelli di markers tumorali aumentati. Lo stadio III
comprende tumori con metastasi a distanza o con alti valori di markers tumorali
plasmatici.
La prognosi dei pazienti affetti da questi tumori è notevolmente migliorata negli
ultimi anni grazie al miglioramento della diagnostica, ad una corretta stadiazione,
all’affinamento delle tecniche chirurgiche e all’utilizzazione di terapie sempre più
efficaci e meno invasive. I primi schemi multi-chemioterapici, contenenti
Cisplatino, Vinblastina e Bleomicina (con o senza altri farmaci) davano una
remissione completa nel 70-80% dei pazienti con tumore metastatico.
Gli studi successivi hanno dimostrato che non era necessaria una prolungata
chemioterapia di mantenimento e la Vinblastina è stata sostituita dall’Etoposide,
meno tossico e forse più efficace. Lo schema chemioterapico oggi più adoperato
è costituito da 2 - 4 cicli di BEP (Bleomicina, Etoposide, Cisplatino) a dosi
standard.
Alcuni autori hanno riportato un
peggioramento della spermatogenesi
prima dell’inizio della chemio o radioterapia. Si sospetta
che questo
deterioramento è legato direttamente al tumore e alla produzione da parte di
alcuni istotipi della subunità beta della gonadotropina corionica (hCG). Inoltre
va considerato anche lo stress generale associato alla patologia tumorale.
(Meirow and Schenker, 1995).
CRIOCONSERVAZIONE
Negli ultimi anni, proprio per la miglior prognosi a lungo termine di questi
pazienti e per la giovane età dei pazienti, la crioconservazione del seme o del
tessuto testicolare rappresenta una valida opzione per i pazienti che si
sottopongono a trattamenti medici o chirurgici potenzialmente in grado di indurre
alterazioni più o meno importanti sulla spermatogenesi tra cui una possibile
azoospermia transitoria o addirittura irreversibile. Il “periodo finestra” utile per la
crioconservazione del seme in questi pazienti è quello fra l’intervento chirurgico
di orchiectomia e l’inizio della chemio o radioterapia.
Circa il 70% dei pazienti,dopo la diagnosi di tumore testicolare, esprime la
volontà di una paternità futura (Meirow and Schenker, 1995). I pazienti
oncologici in età fertile, pur dovendo affrontare un problema molto grave,
trovano nella crioconservazione del seme non solo la speranza di una fertilità
futura ma anche un sostegno psicologico per affrontare le varie fasi dei protocolli
12
terapeutici. I progressi nella terapia anti-neoplastica e le sempre più sofisticate
tecniche di Fecondazione Assistita hanno aperto nuove possibilità riproduttive per
il maschio infertile e, quindi, la crioconservazione del seme si impone anche nei
casi di liquidi seminali gravemente alterati che non avrebbero avuto nessuna
possibilità di fecondare in epoca pre-ICSI. È quindi imperativo informare il
paziente neoplastico di questa possibilità in caso di terapie che possono ledere in
maniera transitoria o permanente la capacità fecondante.
I primi tentativi di congelamento del seme, da parte di Spallanzani e Mantegazza,
risalgono a circa 200 anni fa, e da circa 50 anni sono state scoperte le proprietà
crioprotettive del glicerolo e sono stati ottenuti i primi successi in termini di
gravidanze ottenuti da Sherman. In campo seminologico, la possibilità di
congelare la cellula nemaspermica è basata sull'impiego di vari terreni di
crioconservazione che hanno lo scopo di preservare lo spermatozoo dalla
disidratazione e dall'aumento della concentrazione di sali (glicerolo, glicina,
saccarosio, ecc.), di proteggerlo dallo shock termico (tuorlo d'uovo, glicerolo,
glicina), di salvaguardare l'integrità della membrana cellulare, soprattutto nella
parte lipoproteica (tuorlo d'uovo, glicerolo) e di ottimizzare l'osmolarità nei fluidi
extracellulari (zuccheri, sali, ecc).
Tecniche di congelamento
Il liquido seminale, a fluidificazione avvenuta, viene diluito a temperaura
ambiente con un uguale volume di terreno crioprotettore e posto in termostato per
la fase di condizionamento con il terreno stesso. Il liquido seminale viene poi
ripartito in singoli contenitori appositi detti paillettes.
Questi sono dei tubicini in plastica della lunghezza di circa 10 cm e del
diametro di circa 2 - 3 mm che possono contenere circa 0.25 - 0,5 ml di liquido.
Esistono due metodi principali di congelamento: il congelamento rapido in vapori
d’azoto ed il congelamento lento o programmato.
Con il primo metodo, che rappresenta la tecnica più antica e meno costosa, le
paillettes sono disposte in un supporto verticale e sono esposte ai vapori d’azoto
dove esiste un gradiente termico in relazione alla distanza del livello dell’azoto
liquido. La curva di congelamento è rapida e dopo 8-10 minuti il contenitore con
le pailettes viene immerso nell’azoto liquido. Con questo metodo la velocità di
congelamento non è controllata e le temperature di congelamento possono variare.
Sono oggi disponibili apparecchi automatici che permettono un congelamento con
temperatura di discesa fissa.
Il congelamento programmato avviene con apparecchi in cui viene immesso
l’azoto pressurizzato con un comando in funzione del programma scelto. Possono
essere selezionate velocità di congelamento lente (0,5°C/min) o rapide(25°C/min).
Lo spermatozoo umano, per le sue piccole dimensioni e lo scarso contenuto
d’acqua, può supportare velocità relativamente rapide di congelamento.
Lo stoccaggio avviene a –196°C nell’azoto liquido.
13
SCOPO DEL LAVORO
Lo scopo del mio lavoro è stato quello di :
1) studiare la qualità del seme nei pazienti affetti da tumore testicolare dopo
orchiectomia del testicolo affetto da tale patologia e sempre prima del trattamento
antineoplastico e valutare se la spermatogenesi è influenzata dall’ istotipo e dalla
produzione del marcatore tumorale hCG .
2) di studiare l’effetto a breve e lungo termine della chemio o radioterapia sulla
spermatogenesi in pazienti con tumori testicolari e definire una eventuale
correlazione tra l’andamento della spermatogenesi con le caratteristiche di base.
MATEDOLOGIA SPERIMENTALE
1° Studio
Ho esaminato 232 pazienti affetti da tumore testicolare, che hanno crioconservato
il liquido seminale, prima di iniziare la chemio o la radioterapia, presso il
Laboratorio di Seminologia ed Immunologia della Riproduzione
del
Dipartimento di Fisiopatologia Medica dell’Università di Roma “La Sapienza”.
La crioconservazione è stata eseguita circa un mese dopo l’orchiectomia.
I pazienti hanno raccolto il liquido seminale mediante
masturbazione
direttamente in un contenitore sterile, dopo 3-5 giorni di astinenza. Il periodo di
astinenza è stato più prolungato in alcuni pazienti che avevano urgenza di iniziare
la terapia. I campioni seminali sono stati lasciati a fluidificare per 60 minuti a
37°C e poi esaminati in accordo con il WHO (WHO 1992 - 2000). Sono state
prese in considerazione le seguenti variabili: volume dell’eiaculato (ml),
concentrazione nemaspermica/ml (nx106/ml), concentrazione totale di
spermatozoi (nx106), motilità rettilinea (%), morfologia (% di forme atipiche). A
causa dell’urgenza dei pazienti di iniziare la terapia l’analisi del liquido seminale
è stata effettuata una sola volta per ogni paziente.
Tutti i pazienti hanno firmato un consenso informato autorizzando sia la
crioconservazione del loro seme che il controllo seminale a distanza post terapia.
Ho classificato i pazienti in base allo stadio clinico (I, II, III) e al tipo istologico:
seminoma, carcinoma embrionale, tumore misto (associazione variabile tra
seminoma, teratocarcinoma, coriocarcinoma, tumore del sacco vitellino).
Il protocollo diagnostico di questi pazienti prevedeva prima dell’orchiectomia
l’esecuzione dei marcatori tumorali ( fetoproteina, hCG, antigene
carcinoembrionario).
2° Studio
Per quanto riguarda il secondo studio ho valutato le caratteristiche seminali di 166
pazienti sempre affetti da tumore testicolare sia basalmente che a distanza di
3,6,9,12 e 24 mesi dalla fine della terapia. Tali pazienti hanno sempre eseguito la
raccolta seminale circa un mese dopo l’asportazione del testicolo neoplastico e
prima di iniziare la terapia. Ho suddiviso la mia casistica in due gruppi in base al
trattamento effettuato.
Gruppo A : 71 pazienti, affetti da carcinoma embrionario e tumori misti,
sottoposti a chemioterapia secondo lo schema PEB (cisplatino, etoposide,
bleomicina). La dose dei chemioterapici e lo schema di somministrazione è stata
la seguente:Cisplatino 20 mg/mq ev e Etoposide 100 mg/mq ev I, II, III, IV e V
giorno, Bleomicina 18 mg/mq ev II, IX e XVI giorno ogni 3 settimane per un
massimo di 4 cicli. In particolare i pazienti sottoposti a 2 cicli di chemioterapia
14
erano 22, quelli che hanno effettuato 3 cicli erano 25 e quelli che hanno effettuato
4 cicli 24.
Gruppo B : 95 pazienti, tutti con seminoma, irradiati a livello delle stazioni
linfatiche lombo-aortiche (con schermatura del testicolo residuo). Questi pazienti
hanno assunto una dose radioterapica media di 2700 cGy. Il protocollo prevedeva
una dose giornaliera di 180 cGy per 15-20 giorni.
ANALISI STATISTICA
1° Studio
Per tutte le variabili sono state calcolate la media e la deviazione standard; per le
variabili nominali sono riportate la % e la frequenza. Il confronto tra i due gruppi
è stato effettuato utilizzando l’analisi della varianza e il test di Bonferroni.
2° Studio
I dati sono espressi come media e deviazione standard per l’intero gruppo dei
pazienti e separatamente per i due gruppi indicati come chemioterapia e
radioterapia. I tests di omogeneità sono stati effettuati sulle variabili osservate al
tempo basale (tempo 0) e successivamente come comparazione tra gli effetti nei
due gruppi: l’efficacia è stata valutata come (X t – X 0) e (X t – X 0/ X 0). Le
differenze tra le medie sono state valutate tramite t di Student per dati appaiati o
non appaiati. Un valore di P a due code inferiore a 0.05 è stato considerato
statisticamente significativo.
Al fine di completare l’analisi statistica è stato effettuato l’analisi ANOVA per
misurazioni ripetute, impiegando il tipo di terapia come variabile e il dosaggio e
il tempo come covariate. Tale test è stato effettuato per valutare l’associazione tra
le singole variabili seminali e la variabile indipendente e le covariate.
RISULTATI
1° Studio
Nel gruppo dei 232 soggetti da me studiati , al momento dell’ analisi del liquido
seminale, 10 pazienti sono risultati azoospermici o criptozoospermici (1-2
spermatozoi nel pellet). Questi pazienti sono stati esclusi dalle analisi statistiche
che sono state quindi eseguite su 222 pazienti
Il periodo medio di astinenza era di 4.1 + 1,2 giorni
L’età e i parametri seminali (volume, concentrazione di spermatozoi/ml,
concentrazione di spermatozoi per totale di eiaculato, % di motilità rettilinea
e % di forme
atipiche) sono riportati nella Tabella I.
Dal punto di vista istologico , i 222 pazienti sono suddivisi in: 118 (53.1%) affetti
da seminoma, 50 (22.5%) da carcinoma embrionale e 54 (24.3%) da tumori misti
quali teratoma, carcinoma embrionale, tumori del sacco vitellino, coriocarcinoma
in differenti combinazioni. La Tabella II riporta l’età e i parametri seminali dei
pazienti in base ai diversi tipi istologici. L’età media del gruppo dei seminomi è
significativamente più elevata (p<.0.01) rispetto agli altri due gruppi. Non c’e una
differenza significativa nel volume del liquido seminale. La qualità dei parametri
seminali è migliore nei pazienti con seminoma rispetto agli altri due gruppi, anche
se tale differenza è statisticamente significativa solo per quanto riguarda la
concentrazione di spermatozoi per ml e per totale di eiaculato, (p<0.01), la
15
motilità rettilinea (p<0.05) e le forme atipiche (p<0.05) nel seminoma rispetto al
carcinoma embrionale.
La stadiazione era nota per 135/222 pazienti: 91 pazienti (67.4%)
presentavano il I° stadio , 37 (27.4%) il II° stadio e solo 7 (5.2%) il III° stadio. Il
confronto tra l’ età e i parametri seminali dei primi due stadi non mostra
differenze significative. Il confronto con il III° stadio non è stato eseguito visto il
numero insufficiente di pazienti.
La valutazione dei marcatori tumorali era disponibile per 177/222 pazienti. Di
questi, 34.5% (61/177) mostravano almeno un marcatore patologico (
fetoproteina, hCG, antigene carcinoembrionario). Il 16.4% di questi (10/61)
erano affetti da seminoma , 32.8% (20/61) da carcinoma embrionale e il 50.8%
(31/61) da tumori misti. I marcatori tumorali nei limiti della norma sono stati
osservati nel 66.5% (116/177) di pazienti: di questi il 67.2% (78/116) erano
affetti da seminoma.
Il 67.2% di questi pazienti con marcatori tumorali nei limiti ed il 60.6% di
pazienti con marcatori tumorali patologici presentava una concentrazione di
spermatozoi ≥ 40x106/eiaculato .Tale differenza non è risultata statisticamente
significativa .
La hCG è stata dosata in 153 pazienti. I campioni con valori di hCG >5
mIU/ml venivano considerati patologici. Utilizzando questo criterio, 36 campioni
con valori compresi tra 9.2 e 8680 mIU/ml sono stati considerati patologici. Una
differenza statisticamente significativa per tutte le variabili seminali considerate è
stata osservata nei i pazienti con valori patologici di hCG rispetto a quelli con
valori normali, con particolare riferimento alla concentrazione totale di
spermatozoi (p<0.05), alla motilità e alle forme atipiche (p<0.01).
2° Studio
Il valore medio dei giorni di astinenza è stato 3,7 + 1,1 giorni per il gruppo A e
4,3 + 1,4 giorni per il gruppo B.
Nel Gruppo A (pazienti sottoposti a chemioterapia) ho riscontrato a distanza di 3
mesi dalla chemioterapia 15 pazienti azoospermici su 40 (37%), 11 azoospermici
dopo 6 mesi su 32 (34%), dopo 9 mesi gli azoospermici sono scesi a 5 su 42
(12%) , dopo 1 anno solo 3 su 46 (6%) pazienti erano azoospermici ed infine, a
distanza di 2 anni solo 1 paziente su 30 e rimasto azoospermico (3%). (tabella 3).
Nel Gruppo B (pazienti sottoposti a radioterapia) ho riscontato a 3 mesi dalla fine
della radioterapia 2 azoospermici su 44 (4%), 11 su 43 (25%) dopo 6 mesi, a
distanza di 9 mesi dalla radio 9 su 46 (19%), solo 5 su 68 (7%) dopo 1 anno ed
infine, a distanza di 2 anni, solo 2 su 51 sono rimasti azoospermici (6%) (tabella
3).
L’analisi statistica dei parametri seminali è stata effettuata escludendo i pazienti
che dopo terapia sono diventati azoospermici.
Nel Gruppo A la media, la deviazione standard e la significatività dei parametri
seminali (volume, concentrazione per ml e per eiaculato, % motilità rettilinea e
% di forme atipiche) valutati a +3, +6, +9, +12, e + 24 mesi sono riportate in
tabella 4.
L’analisi dei parametri seminali di questi pazienti dopo 3, 6 e 9 mesi, mostra una
diminuzione statisticamente significativa della concentrazione degli spermatozoi
per ml e per eiaculato, della motilità rettilinea ed un aumento delle forme
atipiche. Mentre, per quanto riguarda il volume dell’eiaculato, non ci sono
differenze statisticamente significative. La differenza dei parametri seminali, tra il
controllo a 12 mesi e il basale, è risultata statisticamente non significativa,
indicando che la qualità seminale è ritornata sovrapponibile a quella prima della
chemioterapia. A 2 anni dalla fine della terapia si evidenzia un ulteriore
16
miglioramento dimostrato dal fatto che la differenza tra il controllo a 24 mesi e il
basale è statisticamente significativa in positivo. La valutazione della
spermatogenesi a +3, +6, +9, +12, +24, ha consentito di identificare che
l’alterazione dei parametri seminali è più marcata a 3 mesi dalla fine della
chemioterapia.
Nel Gruppo B la media, la deviazione standard e la significatività dei parametri
seminali (volume, concentrazione per ml e per eiaculato, % di motilità rettilinea
e % di forme atipiche) valutati a +3, +6, +9, +12, e + 24 mesi sono riportate in
tabella 5.
L’analisi dei parametri seminali di questi pazienti dopo 3, 6, 9 e 12 mesi, mostra
una diminuzione statisticamente significativa del volume dell’eiaculato, della
concentrazione degli spermatozoi per ml e per eiaculato, della motilità rettilinea
ed un aumento delle atipie. La differenza dei parametri seminali, tra il controllo a
24 mesi e il basale, è risultata statisticamente non significativa, indicando che la
qualità seminale è ritornata sovrapponibile a quella prima della radioterapia. A
differenza del gruppo A, il peggioramento dei parametri seminali diventa più
marcata a distanza di 6 mesi dalla fine della radioterapia.
Nelle figure 1 e 2 sono riportati i valori medi e la deviazione standard dei
parametri seminali presi in considerazione per i due gruppi. L’andamento dei
grafici fa vedere come partendo dai dati pre-terapia si ha un peggioramento nei
mesi intermedi e una ripresa nei mesi più distanti dalla fine della terapia.
La valutazione comparativa dei parametri seminali con il diverso numero di cicli
di terapia, non ha evidenziato differenze statisticamente significative.
DISCUSSIONE
Attualmente la prognosi dei pazienti con tumore testicolare è notevolmente
migliorata. Infatti, nel 1970 la percentuale di sopravvivenza media di questi
pazienti a 5 anni era soltanto del 10%, mentre dal 1990 è salita al 90%. Questo
miglioramento è da attribuire ai notevoli progressi diagnostici e chirurgici nonché
a nuovi protocolli radioterapici e farmacologici a cui i tumori testicolari, sono
particolarmente sensibili. (Bosl et al., Scher et al.)
1° Studio
Alcuni dati pubblicati in letteratura documentano un’alterazione della qualità
seminale nei pazienti con cancro del testicolo al momento della diagnosi. (Fossa
et al., 1989; Hendry et al., 1983; Fritz and Weissbach, 1985; Agarwal et al., 1995;
Meirow and Schenker 1995; Kliesch et al., 1997; Botchan et al., 1997a; Petersen
et al., 1999; Panidis et al. 1999; Fitoussi et al., 2000; Schrader et al. 2001).
Jacobsen et al. (2000) e de Kretser (2000) in uno studio retrospettivo, riproposto
poi da Skakebaek et al. (2001), hanno visto che i pazienti con una scarsa qualità
del liquido seminale possono presentare un più elevato rischio di sviluppare un
tumore testicolare.Queste alterazioni nel liquido seminale possono essere indotte
da diversi fattori, come ad esempio un difetto pre-esistente nella spermatogenesi
conseguente ad un’anomala funzione delle cellule del Sertoli nel feto e nel
neonato (Skakkebaeck et al., 1998), un pregresso criptorchidismo (Muller et al.,
1984; Giwercman et al., 1989), estrogeni ambientali (Depue et al., 1983; Sharpe
and Skakkebaek 1993), oppure da sostanze prodotte dalle cellule tumorali come la
βhCG e l’ feto-proteina (Berthelsen and Skakkebaek, 1983). In particolare, dati
ottenuti da biopsie testicolari dimostrano una correlazione tra elevati livelli sierici
di βhCG e alterazioni della spermatogenesi non soltanto nel testicolo omolaterale
ma anche nel testicolo controlaterale. Queste modificazioni comprendevano
17
quelle relative alle cellule di Sertoli, all’arresto precoce della spermatogenesi, alla
ialinizzazione dei tubuli ed al carcinoma in situ (Hayashi et al., 2001). Inoltre, non
bisogna dimenticare il notevole stress legato alla consapevolezza di avere un
cancro (Meirow and Schenker, 1995; Panidis et al. 1999). Esistono, comunque
anche dati opposti, come uno studio condotto su 178 pazienti da Lampe et al.
(1997) in cui 53 di questi pazienti erano normospermici prima della
chemioterapia.
Il gruppo dei pazienti da me studiato, fatta eccezione per i 10 pazienti
azoospermici o criptozoospermici, presenta invece, dopo l’orchiectomia e prima
della chemioterapia, una media dei parametri seminali conformi ai valori minimi
di riferimento indicati dal WHO (WHO 1992 - 2000). Per quanto riguarda l’
analisi della stadiazione del tumore testicolare, la maggior parte dei pazienti
presentano uno stadio iniziale. Infatti il 67.4% dei pazienti presentava un primo
stadio, il 27.4% un secondo stadio e solo il 5.2% un terzo stadio. Questo può in
parte spiegare le buone caratteristiche seminali osservate in questi pazienti, anche
se in alcuni casi confrontando la qualità del liquido seminale di pazienti al primo e
al secondo stadio non si sono riscontrate differenze significative nei parametri
seminali. Tutto questo indica che non c’è un deterioramento della spermatogenesi
come conseguenza della progressione della patologia. Da un punto di vista
istologico circa la metà di questi pazienti sono affetti da seminoma e presentano
caratteristiche seminali migliori rispetto agli altri gruppi di tumori testicolari. La
differenza della spermatogenesi è statisticamente significativa soltanto per il
seminoma rispetto al carcinoma embrionale. Il ruolo della hCG nel danno alla
spermatogenesi non è chiaro. Essa è posta in relazione con il peggioramento della
spermatogenesi ma non si è evidenziata nessuna correlazione tra concentrazione
di hCG e qualità del liquido seminale. É stato anche dimostrato che la hCG
stimola l’aromatizzazione nelle cellule del Leydig , sebbene non sembra agire
attraverso un’ alterazione dell’ asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (Hayashi et al.,
2001).
2° Studio
I lavori della letteratura sull’effetto delle terapie antineoplastiche sui parametri
seminali, pur essendo numerosi, presentano, a volte, dei limiti legati al basso
numero di pazienti esaminati o ad errori metodologici che ne riducono la validità.
In 20 dei 35 pazienti sottoposti a chemioterapia, Fossa et al.(1985) riportano una
ripresa della spermatogenesi, dopo un anno dalla fine della terapia; 13 di questi
pazienti erano stati sottoposti ad uno schema PEB e 22 ad altri trattamenti
chemioterapici. La ripresa della spermatogenesi si incrementava ulteriormente
dopo 2 anni dalla fine della terapia.
Lampe et al.(1997) hanno studiato 178 pazienti affetti da tumore testicolare di cui
170, dopo un anno dalla fine della terapia, avevano ripreso la spermatogenesi.
Degli 89 pazienti che presentavano
una normale concentrazione di
spermatozoi/ml pre-terapia, il 64% era ritornato ai valori di normozoospermia, il
16% presentava oligozoospermia e il 20% era rimasto azoospermico. E’
importante sottolineare che questi autori hanno, del tutto arbitrariamente,
considerato normali tutti i pazienti con una concentrazione nemaspermica
>10x106/ml e come azoospermici tutti i pazienti con una concentrazione
nemaspermica < a 1x106/ml. Da questo lavoro si evince come la ripresa della
spermatogenesi sia legata non solo al tipo di trattamento ma anche alla qualità
della spermatogenesi prima della terapia e, pertanto questi due fattori possono
essere predittivi del ripristino della spermatogenesi dopo chemioterapia per
tumore testicolare.
18
Fossa et al. (1986) hanno dimostrato in 29 pazienti affetti da seminoma che la
spermatogenesi è molto più alterata dopo radioterapia nei pazienti con una
concentrazione di spermatozoi/ml <3x106/ml prima della terapia e che le
alterazioni della spermatogenesi osservate a distanza di 2-3 anni dalla fine della
radioterapia, sono dovute più ad una alterata produzione nemaspermica pretrattamento che all’effetto negativo dell’ irradiazione sul testicolo rimanente,
fermo restando quanto dimostrato da Hansen (1990), che la schermatura del
testicolo residuo, rappresenta un presidio fondamentale per preservare la
spermatogenesi.
Secondo altri gruppi il parametro più importante per la valutazione della ripresa
della spermatogenesi è rappresentato dalla dose di chemioterapici impiegati.
Infatti, Petersen et al., (1994) hanno confrontato 33 pazienti che erano stati
sottoposti ad uno schema classico di trattamento PEB con 21 pazienti che avevano
effettuato uno schema PEB ad alte dosi. A distanza di un anno dalla fine della
terapia il 19% dei pazienti trattati con schema classico era andato in azoospermia,
mentre nel caso dello schema ad alte dosi la percentuale di azoospermici saliva al
47%.
Reiter et al. (1998), in un gruppo di 22 pazienti affetti da seminoma (stadio I)
trattati solo con carboplatino riportano che solo il 68% dei pazienti ritorna ad una
situazione seminale normale dopo 4 anni dalla chemioterapia. Tale dato è in
contrasto con i risultati del mio studio, in cui ho riscontrato una ripresa della
spermatogenesi nel 98% dei casi ad un anno dalla fine della terapia. Questo può
essere spiegato dal fatto che nel lavoro di Reiter i pazienti con seminoma sono
stati trattati con una dose molto alta di carboplatino mentre nella mia casistica i
pazienti affetti da seminoma sono stati sempre sottoposti a radioterapia e si può
quindi ipotizzare che le massicce dosi di carboplatino impiegate sui pazienti, nel
lavoro di Reiter, abbiano causato danni molto più rilevanti e irreversibili rispetto
alla radioterapia.
I dati del mio lavoro indicano come il numero dei pazienti andati incontro ad
azoospermia sia più elevato a 3 mesi dalla fine del trattamento chemioterapico
rispetto ai controlli successivi dove invece il numero dei soggetti azoospermici si
riduce in maniera costante e graduale. Questo dato può essere spiegato
considerando l’effetto citostatico dei farmaci usati. Tali farmaci agiscono in
maniera più distruttiva sugli spermatogoni di tipo B rispetto agli spermatogoni di
tipo A. Infatti, le cellule germinali di tipo B hanno una attività mitotica molto più
rapida di quelli di tipo A che quindi sono molto meno responsivi all’azione
citostatica degli antiblastici. La differenza con gli altri autori è legata alla
percentuale di soggetti che diventano azoospermici che nel nostro caso, dopo 3-6
mesi dalla fine della chemioterapia, è circa il 50%. Questo numero si riduce in
maniera graduale ai controlli successivi. Lo stesso andamento si verifica per i
pazienti sottoposti a radioterapia con la differenza che i pazienti andati in
azoospermia, in questo gruppo, sono più numerosi nel controllo a 6 mesi rispetto a
quello a 3 mesi che è più vicino all’insulto radiante. Questo dato può essere
spiegato dal fatto che la chemioterapia agisce sulle cellule con attività mitotica più
marcata mentre la radioterapia agisce su cellule a stadi più avanzati di
maturazione come lo spermatocita secondario o lo spermatide e meno sullo
spermatogonio più radioresistente e questo rende necessario un periodo di tempo
maggiore per evidenziare il danno.
Per quanto riguarda il volume dell’eiaculato non ho evidenziato differenze
statisticamente significative tra i valori basali e i controlli successivi nel gruppo
A. Ciò indica che questo tipo di terapia non ha azione sulle ghiandole accessorie
ma solo sulle cellule progenitrici degli spermatozoi. Per quanto riguarda il gruppo
19
B, invece ho riscontrato una riduzione significativa del volume dell’eiaculato che
rimane costante fino a 24 mesi dalla fine del trattamento. Tale dato dimostra che
la radioterapia ha effetto sulle vescicole seminali inducendone una parziale
ipotrofia.
Per quanto riguarda l’andamento della spermatogenesi nei pazienti sottoposti a
chemioterapia (Gruppo A) si osserva un notevole peggioramento dopo 3 mesi
dalla fine del trattamento. A tale controllo questi pazienti presentano una
oligoastenoteratozoospermia severa che coincide esattamente anche con il numero
più elevato di pazienti azoospermici. Anche in questo caso la spiegazione è nel
meccanismo di azione dei farmaci utlizzati per lo schema PEB che, inibendo il
ciclo cellulare o frammentando il DNA, alterano la funzione delle cellule del
Sertoli e bloccano la spermatogenesi proprio a livello degli spermatogoni cioè di
quelle cellule a più elevata attività mitotica. Successivamente, a distanza di 9, 12
mesi la spermatogenesi riprende in maniera costante e al controllo dei 24 mesi
questi pazienti presentano una concentrazione nemaspermica addirittura
raddoppiata rispetto a quella del controllo di base, il giorno della
crioconservazione.
Nei pazienti sottoposti a radioterapia (Gruppo B), l’andamento dei parametri
seminali evidenzia invece un peggioramento massimo non a 3, ma a 6 mesi dalla
fine del trattamento e anche questo dato è in linea con il maggior numero di
soggetti che sono andati in azoospermia. Fortunatamente, anche in questo gruppo,
la maggior parte dei pazienti riprende, a distanza di 24 mesi dalla fine della
terapia, una normale spermatogenesi sovrapponibile a quella di partenza.
Un altro aspetto importante è che non vi è una correlazione tra i parametri
seminali prima della terapia e il recupero della spermatogenesi dopo la terapia
antiblastica. Infatti, alcuni pazienti con una spermatogenesi alterata al controllo
basale presentano un buon recupero dei parametri seminali che sono risultati
anche migliori di quelli pre-trattamento, mentre pazienti che presentavano
parametri seminali buoni di base hanno recuperato solo parzialmente senza
tornare ai livelli di partenza. Infine l’analisi dei dati ormonali rispecchia
l’andamento della spermatogenesi in questi pazienti. Infatti i valori di FSH si sono
rilevati alti nei soggetti con una riduzione della produzione di cellule
nemaspermiche, rientrando nella norma nei soggetti che hanno ripreso una
normale spermatogenesi. L’analisi dei dati ormonali mette in evidenza come
l’effetto tossico della terapia antiblastica sia chemio che radio si esplica solo sulle
cellule deputate alla formazione degli spermatozoi e non sulle cellule di Leydig
poiché i valori di Testosterone non sono risultati alterati e per l’effetto di feedback
che questo esplica sul LH, nemmeno questo ormone e risultato alterato.
CONCLUSIONI
1° Lavoro
La qualità dei parametri seminali osservata nei pazienti da me studiata è migliore
dei risultati riportati in letteratura. Escludendo possibili differenze nella selezione
dei pazienti e considerando che il periodo di astinenza simile a quello riportato da
altri gruppi, è probabile che altri fattori si sommino alla patologia neoplastica
testicolare con un effetto negativo sulla spermatogenesi. Vi è dunque la necessità
di indagare maggiormente su questi fattori che potrebbero avere un ruolo
importante sulla patogenesi della oligozoospermia nei pazienti neoplastici, come
la diversa incidenza sulla spermatogenesi dello stesso tipo di neoplasia, o
differenze ambientali o etniche nel controllo genico della spermatogenesi che
20
incide sulla funzione della gonade. Ques’ultimo fattore è stato suggerito per
spiegare le differenze in vari paesi nel deterioramento della qualità del liquido
seminale. (Carlsen et al., 1992 ; Gandini et al., 2000a; Jensen et al., 2002).
Ulteriori studi con casistiche maggiori sono necessari per indagare ulteriormente
sugli effetti delle patologie neoplastiche sulle cellule spermatiche. La letteratura
dimostra che c’è una più alta percentuale di frammentazione apoptotica (Gandini
et al., 2000b; Kersemaekers et al., 2002) e una frequenza più elevata di
aneuploidia negli spermatozoi di pazienti con tumori testicolari (Giwercman et al.,
1990; Salanova et al., 1999).
2° Lavoro
I miei dati dimostrano che l’azione lesiva sia della chemio che della radioterapia si
esplica quasi esclusivamente sulle cellule della linea spermatogenetica. Inoltre sia
la chemio che la radioterapia alterano la spermatogenesi
in maniera
statisticamente significativa entro i 3 – 6 mesi successivi al trattamento, ma nel
95% dei casi si ha una buona ripresa dopo 12 mesi dalla fine della terapia e
raggiunge il 98% a distanza di 24 mesi ritornando ai parametri seminali di base.
Purtroppo al momento è impossibile prevedere a priori quali pazienti avranno
una buona ripresa della spermatogenesi e quali invece rimarranno azoospermici,
e non vi un indice ormonale o seminale che ci possa aiutare nel predire quali
pazienti andranno incontro ad una sterilità temporanea o permanente. Infatti, la
ripresa della spermatogenesi nei pazienti neoplastici, dopo chemio o radioterapia,
non è funzione della qualità dei parametri seminali pre-terapia. Da ciò
l’importanza di effettuare una crioconservazione del seme prima di effettuare un
trattamento chemio o radioterapico.
21
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24
Tabella I. Media e DS dell’età e dei parametri seminali dei pazienti con tumore testicolare
TUMORE
TESTICOLARE
PAZIENTI
(n°)
Età
(anni)
Volume
(ml)
Concentratione/ml
(x106/ml)
Totale per
eiaculato
(x106)
Motilità rettilinea
(%)
Forme
atipiche
(%)
222
28.8  5.6
3.4  1.7
30.2  32.3
99.9  108.2
31.1  17.0
66.1 16.7
25
Tabella II. Media and DS dei parametri seminali dei tumori testicolari per istotipo;
(seminoma = S; carcinoma embrionale = E; tumore misto = M)
PAZIENTI
(n°)
Età
(anni)
Volume
(ml)
Concentratione/ml
(x106/ml)
Totale per
eiaculato
(x106)
Motilità rettilinea
(%)
Forme
atipiche
(%)
Seminoma
118
30.5  5.2
3.4  1.7
36.5  37.8
122.0  121.4
34.1  16.2
62.5 16.3
Carcinoma
Embrionale
50
26.9  5.8
3.3  1.9
19.2  17.9
65.7  74.5
26.6  16.3
70.4  15.8
Tumore misto
54
26.8  5.3
3.3  1.5
26.7  26.0
83.1  92.9
28.7  18.4
69.9  16.9
SvE
c
a
c
c
b
b
SvM
c
a
a
a
a
a
EvM
a
a
a
a
a
a
a = non significativo
b = p < 0.05
c = p < 0.01
26
Tab. III Pazienti andati in azoospermia a 3, 6, 9, 12 e 24 mesi
MESI
CHEMIO
RADIO
N° pazienti e %
N° pazienti e %
Totali
Azoospermici
Totali
Azoospermici
3
40
15 (37%)
44
2 (4%)
6
32
11 (34%)
43
11 (25%)
9
42
5 (12%)
46
9 (19%)
12
46
3 (6%)
68
5 (7%)
24
30
1 (3%)
51
2 (6%)
27
Tab. IV Confronti delle medie tra il basale e i ritorni ( 0/3; 0/6; 0/9; 0/12; 0/24)
CHEMI
O
Basale
71 pz
M± DS
Volume
3,2±1,6
Conc/ml
0,05
27,2±23,
4
Tot/eiac. 83,6±78,
3
Mot.
31,6±16,
Ret.
9
Atipie
66,8±13,
3
3 mesi
25 pz
M± DS
p
6 mesi
21 pz
M± DS
p
9 mesi
37 pz
M± DS
p
12 mesi
43 pz
M± DS
p
24 mesi
29 pz
M± DS
p
3,7±1,7
ns
3,6±1,4
ns
3,6±1,5
ns
3,3±1,6
ns
3,3±1,3
3,0±5,4
**
7,5±11,4
***
***
52,2±43,1 **
***
23,6±33,
8
14,5±17,
4
84,4±16,
4
***
22,9±20,
2
69,7±66,
0
32,4±16,
8
63,7±19,
6
ns
10,9±15,
2
11,8±12,
8
85,2±13,
8
12,5±11,
8
45,1±59,
9
28,1±14,
7
70,6±11,
4
ns
ns
146,8±10 **
1,4
41,4±14,0 **
ns
62,7±7,7
**
***
*
***
0,01
*** p< 0,001
ns (non significativo)
28
***
*
**
ns
ns
* p<
** p<
Tab. V Confronti delle medie dei parametri seminali tra il basale e i ritorni (0/3; 0/6; 0/9; 0/12; 0/24)
RADIO
Basale
95 pz
M± DS
3 mesi
42 pz
M± DS
P
6 mesi
32 pz
M± DS
p
Volume
3,6±1,6
3,2±1,4
*
Conc/ml
34,4±34,2
9,5±15,4
*** 7,9±14,0
Tot/eiac. 115,9±110,1 30,0±51,9 **
Mot.
Ret.
Atipie
3,2±1,9
*
9 mesi
37 pz
M± DS
p
3,1±1,4
**
12 mesi
63 pz
M± DS
p
3,3±1,7
**
24 mesi
49 pz
M± DS
P
2,8±1,3
*** 13,4±13,0 *** 20,4±24,2 *** 42,9±35,0
25,1±46,1 *** 43,3±57,1 *** 67,0±87,9 **
111,2±81,1 ns
17,8±16,3 *** 15,9±19,2 **
39,6±13,1
ns
64,6±15,8
80,5±15,8 *** 80,1±22,1 *** 73,2±19,9 *** 71,1±15,2 *** 62,4±12,8
ns
29
28,5±17,1 *
ns
33,2±16,0
* p< 0,05
** p< 0,01
*** p< 0,001
ns (non significativo)
24,2±17,4 *
*
Figura 2:
Variazione dei parametri seminali dopo trattamento radioterapico
in funzione del tempo di osservazione espresso in mesi
Parametri seminali post radioterapia
4
3
2
1
3
6
9
12
24
0
Mesi
3
6
9
12
60
50
40
30
20
10
0
0
24
0
3
6
Mesi
3
6
9
12
9
Mesi
forme atipiche (%)
0
280
260
240
220
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
totale eiaculato/ml
Concentrazione/ml
5
motilità rettilinea (%)
volume (ml)
6
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
24
0
Mesi
3
6
9
Mesi
30
12
24
12
24
Figura 1: Variazione dei parametri seminali dopo trattamento chemioterapico in
funzione del tempo di osservazione espresso in mesi
Totale eiaculato/ml
Parametri seminali post chemioterapia
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Concentrazione/ml
5
4
3
2
1
0
3
6
9
12
24
0
Mesi
3
6
9
12
60
50
40
30
20
0
3
0
3
6
6
9
12
9
12
Mesi
10
0
24
Mesi
forme atipiche (%)
motilità rettilinea (%)
volume (ml)
6
280
260
240
220
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0
24
3
6
9
Mesi
Mesi
31
12
24
24
32
33
34
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