l`alimentazione

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GRG - Gruppo di Ricerca Geriatrica
Alzheimer Ricerche Brescia
Dipartimento di Ricerca Clinica per la malattia di Alzheimer
Istituto S.Cuore Fatebenefratelli, Brescia
Conoscere e vivere
la malattia di Alzheimer
e le altre demenze
OrazioZanetti*
Marco Trabucchi*
Giuseppe Boschi^ Gabriele Tonini^
*Gruppo di Ricerca Geriatrica - Brescia
^USSL 41 - Brescia
PRESENTAZIONE
L'attesa di vita della popolazione è in costante aumento. In altre parole si
vive più a lungo. Ciò comporta che assumono un rilievo sociale crescente le
malattie che sono proprie della fase della vita caratterizzata dai sintomi
dell'invecchiamento.
Fra queste va annoverata la malattia di Alzheimer, la più frequente forma di
demenza senile nei paesi occidentali che, nella nostra regione, la Lombardia,
interessa circa sessantamila persone. Colpisce infatti un 5% degli
ultrasessantacinquenni e un 20% degli ultraottantenni.
Da questa constatazione è nata l'esigenza dell'USSL 41 di realizzare, in
collaborazione con il Dipartimento di Ricerca clinica perla Malattia di
Alzheimer dell'Istituto S. Cuore Fatebenefratelli, una pubblicazione che
favorisca una moderna cultura dell'assistenza al malato di mente.
La malattia vede agire tre soggetti: il malato, i suoi familiari, gli operatori
sanitari.
Oggi l'80%, forse il 90% delle persone afflitte da demenza, vive la sua
malattia in famiglia. Una malattia che, in molti casi, può protrarsi per
quindici-venti anni, con una durata media di sette-dieci anni.
I familiari delle persone ammalate dovranno dunque affrontare, e superare,
molteplici difficoltà. Sia nell'approccio alla malattia, sia nel favorire una terapia
di mantenimento, sia nel farsi carico dello specifico compito assistenziale
In
questo loro importante servizio socio-sanitario, vanno sostenuti dalle
competenze mediche.
L'obiettivo della presente pubblicazione è, appunto offrire consigli ed
indicazioni ai familiari ed a quanti per la prima volta si trovano a contatto con
la malattia mentale. Nel contempo si intende favorire un approccio propositivo
all'invecchiamento: una corretta attività mentale e fisica può rappresentare un
potente mezzo di difesa sia dell'organismo sia del cervello.
Il ringraziamento agli autori della pubblicazione, ed a quanti nelle diverse
istituzioni sanitarie hanno condiviso con loro un cammino di ricerca e di
approfondimento culturale, non è dunque una esercitazione rituale, ma nasce
dalla consapevolezza che su queste frontiere si misura il futuro di un'attività
pubblica che voglia unire, all'insegna dell'efficienza degli interventi e del
rispetto della dignità della persona, l'aspetto sanitario a quello della tutela
sociale.
IL COMMISSARIO REGIONALE USSL 41
Dr. Fabrizio Panté
INDICE
PRESENTAZIONE .....................................................................................................1
INDICE .........................................................................................................................2
L'INVECCHIAMENTO: MITI E PREGIUDIZI ......................................................3
LA MEMORIA ............................................................................................................5
LE DEMENZE .............................................................................................................9
LA MALATTIA Dl ALZHEIMER ..........................................................................11
LA DIAGNOSI, LA PROGNOSI ED IL RISCHIO DI SVILUPPARE
LA MALATTIA Dl ALZHEIMER ................................................................13
COME AFFRONTARE I PROBLEMI ASSISTENZIALI QUOTIDIANI ...........15
LA COMUNICAZIONE ..........................................................................................16
L' ABBIGLIAMENTO E LA CURA DELLA PERSONA .....................................17
L'ALIMENTAZIONE ...............................................................................................18
LE PIAGHE DA DECUBITO...................................................................................19
LE CADUTE ..............................................................................................................21
L'INCONTINENZA .................................................................................................23
LE MALATTIE CONCOMITANTI ........................................................................24
LA CONFUSIONE....................................................................................................25
I DISTURBI COMPORTAMENTALI .....................................................................27
IL DISORIENTAMENTO ........................................................................................28
LA DEPRESSIONE ...................................................................................................29
L'AGGRESSIVITA' E L'AGITAZIONE..................................................................30
IL VAGABONDAGGIO E L'INSONNIA ..............................................................31
I DELIRI E LE ALLUCINAZIONI..........................................................................32
LA FAMIGLIA ..........................................................................................................33
L'AMBIENTE E GLI AUSILI PER LE ATTIVITA' QUOTIDIANE ....................35
I SERVIZI RIVOLTI AL SOSTEGNO DELLA FAMIGLIA, LA CASA
DI RIPOSO E GLI INTERVENTI RIABILITATIVI ....................................39
I PROBLEMI ETICI ...................................................................................................41
GLI ASPETTI LEGALI .............................................................................................43
L'INVECCHIAMENTO: MITI E PREGIUDIZI
E' diffusa l'opinione che l'invecchiamento si accompagni inesorabilmente
alla perdita di numerose funzioni sia fisiche che mentali. Col trascorrere degli
anni udito, vista, memoria, intelligenza, agilità, equilibrio e così via subirebbero
un declino inevitabile. Secondo questa visione negativa della vecchiaia sono
tuttora validi l'antico aforisma "senectus ipsa morbus" e la più recente, ed
ugualmente insopportabile, immagine di Shakespeare secondo il quale sono
numerosi i tributi che si devono pagare alla vecchiaia: "senza memoria, senza
denti, senza occhi, senza tutto".
Il deterioramento delle capacità mentali - che una cultura obsoleta continua a
considerare "naturale" - è in realtà causato, più spesso di quanto non si creda,
oltre che da numerose malattie, alcune delle quali curabili, dall'abbandono,
dall'emarginazione sociale, dalla perdita di relazioni affettive, nonché dalla
carenza di esercizio mentale e fisico. La ricerca scientifica sempre più spesso
documenta come molte delle perdite attribuite alla macina del tempo sono
provocate da un cattivo stile di vita, da abitudini alimentari errate e dallo scarso
esercizio. Va sottolineato fin da ora che la grande maggioranza delle persone
anziane - oltre i 65 anni - conserva un cervello in grado di funzionare in modo
corretto.
Nel corso delle frequenti conversazioni con gli anziani ci piace spesso usare
la metafora dell'orologio: ciascuno di noi, alla nascita, ha al proprio interno un
orologio (verosimilmente ubicato nel cervello) che scandirà il tempo
dell'esistenza, la cui molla è caricata in modo da consentire una sopravvivenza
che nella grande maggioranza dei casi è di 110-120 anni. Se nei nostri geni - la
molla dell'orologio - è scritto, in parte, il nostro destino, la possibilità di
raggiungere l'età avanzata sarà condizionata dal modo in cui conserviamo
l'orologio, evitando con cura che si ammacchi, che si inceppi prematuramente
oppure che la molla possa arrugginirsi.
Recentemente inoltre è stato dimostrato che, accanto a fenomeni di perdita,
di cellule e di collegamenti, nel cervello senescente sono conservate capacità
riparative, e rigenerative; questa proprietà, nota col termine di plasticità
neuronale, potremmo immaginarla come quella di un orologiaio che interviene
a riparare alcuni danni.
La plasticità è il meccanismo del cervello che ne regola la caratteristica di
essere continuamente modificato e modificabile dal prodotto della sua stessa
attività.
L'invecchiamento cerebrale non è un processo monolitico, a senso unico, di
logoramento, dominato dalla perdita, ma è influenzato da variabili complesse
che possono, al contrario, nell'equilibrio instabile tra logoramento e plasticità,
favorire un invecchiamento di successo.
Proseguendo nella metafora, come possiamo aiutare l'orologiaio e come
consentire un buon funzionamento dell'orologio? In altri termini, come è
possibile conservare, ottimizzare o amplifica re la plasticità neuronale?
L'attività mentale e fisica rappresentano potenti mezzi per amplificare i
meccanismi di difesa dell'organismo e del cervello.
E' stato dimostrato che un ambiente stimolante e l'opportunità di un maggior
esercizio producono un aumento di spessore e peso del cervello, un aumento
dei collegamenti tra neuroni nonché un miglioramento delle performance
generali.
Numerose osservazioni, ottenute prevalentemente in laboratorio,
suggeriscono l'evidenza di un effetto protettivo della stimolazione: "Usalo o lo
perderai" titolava un recente articolo riferendosi al cervello; dovrebbe essere il
motto per tutta la vita.
Sono numerosi gli anziani che in età avanzata conservano la capacità di
svolgere compiti complessi (con l'esclusione naturalmente di quelli che
comportano agilità o forza fisica, che iniziano a declinare, per effetto
dell'invecchiamento, attorno ai 30 anni) e di rivestire incarichi sociali
impegnativi. Numerosi sono gli artisti che nella vecchiaia hanno prodotto
capolavori; altrettanto numerosi sono i politici che in vecchiaia, pensiamo a
Pertini, mantengono un'intensa attività.
E' stato dimostrato infine, in un gruppo di anziani che svolgevano
regolarmente attività fisica anche dopo il pensionamento, che la circolazione
cerebrale e le funzioni mentali erano meglio conservate rispetto a coloro che
avevano ridotto o sospeso l'attività fisica.
Ciò che si vuole sottolineare è il fatto che gli esempi, numerosi, di
invecchiamento di successo, costituiscono un punto di riferimento per tutti
quelli che invecchiano; sono la prova, inequivocabile, che è possibile
invecchiare, sia pure con qualche acciacco, conservando la propria autonomia
ed un cervello ben funzionante.
LA MEMORIA
I disturbi della memoria rappresentano uno dei motivi che più
frequentemente inducono l'anziano a rivolgersi ad un geriatra. Tuttavia spesso
ciò avviene solo quando la smemoratezza è tale da interferire pesantemente con
la possibilità di una vita autonoma; in questo caso, abitualmente, il paziente
non è consapevole delle proprie disabilità e sono i familiari a richiedere l'aiuto
di un esperto. E' ancora troppo diffusa, infatti, la convinzione che l'età
comporti, inesorabilmente, una riduzione più o meno evidente della memoria; è
così che disturbi lievi, ritenuti, erroneamente, inevitabili ed incurabili, vengono
spesso trascurati. E' opportuno, a questo riguardo, chiarire fin d'ora una regola
generale che si applica a numerose malattie tipiche dell'anziano: l'efficacia di un
intervento terapeutico, e quindi la possibilità di ottenere una guarigione o
comunque un controllo adeguato, è condizionata dalla tempestività con la quale
si riconosce una malattia. Anche nel caso dei disturbi di memoria vale questa
regola. Cos'è la memoria e come funziona? La memoria è, accanto
all'intelligenza, una delle funzioni più complesse dell'attività umana e può
essere definita come la capacità di riprodurre nella propria mente un'esperienza
precedente; in altri termini, è quell'insieme di funzioni localizzate nel cervello
che ci consentono di registrare messaggi o informazioni grazie alla
collaborazione degli organi di senso (udito, vista, tatto..) e di rievocarli
allorquando lo desideriamo. L'esperienza che viene memorizzata o rievocata
può essersi verificata pochi secondi o molti anni prima; può essere stata molto
breve oppure essere durata a lungo; può aver coinvolto tutti gli organi di senso
o essere stata soltanto un'esperienza visiva, verbale, olfattiva o motoria.
Quotidianamente, tramite i nostri sensi, il cervello riceve enormi quantità di
segnali di vario genere; dei quali siamo più o meno consapevoli, la maggior
parte dei quali non lascia traccia.
I sensi sono essenziali per l'acquisizione di nuove informazioni, che poi
vengono immagazzinate nella memoria. Ad esempio, una persona che soffre di
presbiacusia (cioè della incapacità di sentire i suoni di frequenza elevata) può
con facilità non sentire lo squillo del telefono, può avere difficoltà nell'ascoltare
la voce delle persone, specialmente delle donne, e può avere problemi
nell'interpretare le parole ricche di consonanti come F, S e Z. Le persone affette
da questo disturbo possono sembrare "smemorate", quando, invece, il vero
problema è la mancanza di corrette informazioni. In modo analogo anche i
disturbi della vista possono provocare, seppure indirettamente, deficit della
memoria. Il buon funzionamento della memoria dipende oltre che dal livello di
integrità degli organi di senso, anche dal grado di attenzione che il soggetto
rivolge ad un dato evento, dalla risonanza affettiva che quest'ultimo esercita,
nonchè dalle circostanze in cui l'evento deve essere richiamato. Una persona
può, per esempio, avere a disposizione un tempo adeguato per richiamare
un'informazione o essere forzato a rispondere molto rapidamente; può essere
rilassato oppure trovarsi in uno stato di apprensione o ansia, che influenzano
negativamente la memoria; e ancora può trovarsi in un ambiente accogliente e
distensivo oppure affollato, caotico e ricco di distrazioni.
La memoria è influenzata dalla presenza di malattie (endocrine, infettive,
tumori), la cui cura consente un completo recupero delle capacità di ricordare.
Anche l'uso improprio di farmaci, per esempio i sonniferi, può compromettere
il buon funzionamento della memoria.
La depressione e l'ansia costituiscono una causa frequente; e potenzialmente
reversibile, di disturbo della memoria. Si tratta di condizioni psichiche di
frequente osservazione, nelle quali il livello di attenzione dell'anziano è
compromesso, polarizzato attorno a sensazioni di impotenza, di sfiducia, paura,
e timori talvolta immotivati: non c'è spazio per i progetti, per il futuro.
Anche il presente viene subito passivamente. A loro volta la depressione
("l'esaurimento nervoso" del gergo popolare) e l'ansia possono essere scatenate
o favorite dalla riduzione dei rapporti sociali, dal pensionamento, dalla perdita
di persone care, oppure da condizioni di malattia che limitano l'autonomia o
provocano dolore. Si tratta di circostanze frequenti nell'anziano che possono
compromettere la memoria, la quale a sua volta può peggiorare l'ansia e
accentuare la depressione, instaurando così un circolo vizioso. Una percentuale
minoritaria di anziani (10% degli ultra65enni) soffre di disturbi della memoria
progressivamente sempre più gravi e tali da comportare la perdita
dell'autosufficienza; in queste situazioni la causa è da attribuire, nella
maggioranza dei pazienti, alla malattia di Alzheimer oppure alla demenza
multinfartuale (in passato definita arteriosclerotica). E' opportuno però
sottolineare che il 90% degli anziani non è demente ed ha un cervello in grado
di funzionare a patto che lo tenga in allenamento.
Numerosi sono i termini che vengono utilizzati per descrivere la memoria, i
suoi stadi ed i suoi vari aspetti. Le definizioni più note sono quelle che
distinguono la memoria a breve termine da quella a lungo termine o remota:
- la memoria a breve termine si riferisce alla capacità di rievocare percorsi,
numeri, cose dopo alcuni secondi o minuti dalla loro percezione
- la memoria a lungo termine o remota indica la capacità di ricordare eventi
dopo alcune ore o giorni; riguarda cioè fatti accaduti molto tempo prima, ed
è quella più resistente in caso di malattia cerebrale.
Nel corso dell'invecchiamento normale alcuni aspetti del funzionamento
della memoria presentano un declino; la capacità di ricomporre un numero
telefonico di dieci cifre, tenendo in mente dopo un segnale di "occupato",
oppure di ricordare informazioni ascoltate alla radio mentre si guida si
riducono nell'anziano rispetto al giovane. La presenza di fattori distraenti in
grado di disturbare la "ricezione" di informazioni influisce in modo negativo
nell'età avanzata. Così avviene anche per l'esecuzione di compiti per i quali il
soggetto ha a disposizione un tempo limitato.
Esistono aspetti della memoria che nell'anziano non mostrano alcun deficit o
addirittura presentano una prestazione migliore col passare degli anni. La
memoria cosidetta semantica, che si riferisce alla capacità di definire il
significato delle parole ed al patrimonio delle parole conosciute, ed è
influenzata dall'educazione, può migliorare sensibilmente con l'età.
Negli anziani, quindi, l'apprendimento e le capacità di memoria nel loro
complesso rimangono relativamente normali. Alcuni studiosi ritengono che la
memoria inizi a diminuire poichè una persona cessa di usare i metodi utilizzati
in passato per ricordare meglio. L'abilità non sfruttata viene perduta.
A questo riguardo si deve sottolineare che quasi tutti gli studi negativi
sull'apprendimento o la memoria dell'anziano sono stati eseguiti in laboratorio,
dove l'attenzione è focalizzata su questioni astratte, lontane dalla realtà
quotidiana. Nelle situazioni vive di ogni giorno, I'anziano è invece facilitato
rispetto al giovane, perchè le nuove informazioni vengono inserite in una rete
già esistente di conoscenze. L'elevata quantità di nozioni precedentemente
immagazzinate e la maggiore capacità critica facilitano l'apprendimento ed il
ricordo di cose nuove. Tuttavia, non ci si deve aspettare di ricordare fatti o
nomi velocemente come nella giovinezza; rievocare informazioni richiederà più
tempo ma la capacità di ricordare resterà fondamentalmente invariata. Esserne
consapevoli può evitare inutile ansia.
Quando una persona presenta disturbi di memoria che interferiscono con la
capacità di vita indipendente o che riguardano informazioni importanti è
opportuno consultare il medico curante.
E' opportuno sottolineare che in alcuni soggetti anziani normali si può
manifestare un disturbo della memoria connesso all'età che però non
compromette le abituali attività quotidiane; è pertanto importante non
drammatizzare. Si tratta di sintomi non patologici, come lo sono la presbiopia e
la diminuzione della forza muscolare.
Esistono metodi ed esercizi che possono aiutare a mantenere giovane la
memoria oppure a compensarne le lacune. Molti usano semplici espedienti per
ricordare il nome di qualcuno o altri dati; se anche l'anziano organizza le
informazioni nuove che riceve, le ripete ad alta voce o le associa a qualche
immagine visiva, la sua capacità di memoria migliora.
L'efficacia dell'esercizio è nota fin dai tempi di Cicerone: "memoria minuitur,
credo, nisi eam exerceas". L'esercizio può essere costituito da riassunti di letture
o di programmi televisivi, mentalmente oppure ad alta voce, almeno ùna volta
al giorno; un'alternativa è la ripetizione, che ricorda i tempi della scuola, di
filastrocche, poesie o storielle. La creazione di collegamenti tra nomi, oggetti o
fatti, oppure la loro trasposizione in immagini, colori o numeri richiedono
l'elaborazione del contenuto di una cosa da ricordare e costituiscono un altro
metodo diffusamente impiegato per facilitare il ricordo. In alternativa è utile
aumentare interessi ed attività in modo da esercitare indirettamente e
spontaneamente anche la memoria.
Se non ci si fida della memoria, è possibile aiutarla ricorrendo ad alcuni
ausili. Uno di questi, noto ma poco utilizzato, consiste nell'usare pro-memoria
quali calendari, bloc-notes o agende dove segnare appuntamenti, programmi
giornalieri, elenchi di articoli da acquistare. Anche il nodo al fazzoletto è ancora
valido, ma può essere sostituito con strumenti più "moderni", quali piccole
svegliette oppure "timer" che ricordano, tramite un segnale acustico, che si deve
fare qualcosa; questi metodi, rispetto ai pro-memoria hanno l'inconveniente di
non specificare ciò che si deve ricordare. Per coloro che hanno problemi di vista
non correggibili, è possibile ricorrere a registratori sui quali incidere i messaggi
e gli appuntamenti; esistono oggi apparecchi di piccole dimensioni ed
economici. Un problema frequente, soprattutto fra gli anziani, è costituito dalla
perdita degli oggetti: chiavi, penne, forbici, utensili... Per owiare a questo
inconveniente è importante cercare di essere organizzati assegnando a ciascun
oggetto una collocazione stabile; è utile rendere più visibili i piccoli oggetti che
si nascondono facilmente: un nastro rosso legato alle forbici, il cordoncino per
assicurare gli occhiali al collo. Un altro consiglio importante consiste nel portare
a termine le azioni cominciate per non rischiare di lasciarle in sospeso:
dimenticare il gas oppure le luci accesi.
Per concludere ecco alcuni suggerimenti sulla memoria:
- concedersi più tempo, rispetto al passato, per imparare cose nuove;
apprendere può richiedere più tempo ed una maggiore concentrazione;
- predisporre un ambiente adatto per l'apprendimento; la luce deve essere
viva; devono essere eventualmente usati occhiali o apparecchi acustici. Se
si è incerti circa le informazioni ricevute, è necessario richiedere che queste
vengano ripetute;
- non aspettarsi di ricordare fatti o nomi velocemente come nella
giovinezza;
- proporsi di esercitare la memoria facendo mentalmente o ad alta voce
brevi riassunti di letture o di trasmissioni televisive, almeno una volta al
giorno;
- le amnesie talvolta "nascondono" quello che non si vuol ricordare o che
non interessa;
- non esiste alcun "farmaco miracoloso" per la memoria.
Quando, nonostante l'applicazione delle regole sopraindicate, la persona
anziana ritiene di non ricordare bene è utile chiedere consiglio al medico.
LE DEMENZE
Con il termine di demenza si indica una malattia del cervello che comporta
la compromissione delle facoltà mentali (quali la memoria, il ragionamento, il
linguaggio), tale da pregiudicare la possibilità di una vita autonoma.
Contrariamente a quanto ancora spesso si pensa, la demenza non costituisce
una conseguenza inesorabile, un "destino ineluttabile" di chi invecchia. Molti
conoscono persone che, novantenni o centenarie, conservano, sia pure con
qualche acciacco, un cervello "arzillo" e ben funzionante: non si tratta di
"mostri", ma della testimonianza piu evidente che è possibile raggiungere i
confini dell'esistenza in salute. Sono la prova vivente di come sia possibile
invecchiare con dignità.
La demenza è una sindrome, ossia un insieme di sintomi, che può essere
provocata da un lungo elenco di malattie, alcune molto frequenti, altre rare.
La demenza rappresenta un problema rilevante, in particolare nella
popolazione anziana la cui numerosità, rispetto alla popolazione generale, è
sensibilmente aumentata nel corso degli ultimi decenni. Circa il 10% degli
ultrasessantacinquenni ed il 20% degli ultra80enni che risiedono al domicilio
manifestano un grado variabile di deterioramento delle funzioni cognitive.
Nel 50% circa dei casi la demenza è sostenuta dalla malattia di Alzheimer. Si
tratta di una malattia progressiva, che prende il nome da Alois Alzheimer, il
neurologo che nel 1907 l'identificò per la prima volta.
Nel 15% dei casi la demenza è dovuta all'arteriosclerosi cerebrale ed, in
particolare, a lesioni cerebrali multiple (lesioni ischemiche) provocate
dall'interruzione del flusso di sangue; è la demenza multi-infartuale. Questa
malattia è nota anche con il termine che in passato veniva impiegato per
indicare la quasi totalità dei disturbi mentali dell'anziano: arteriosclerosi
cerebrale. E' importante sottolineare che questa forma di demenza può, al
contrario della malattia di Alzheimer, essere prevenuta tramite il corretto
controllo dei fattori che ne favoriscono l'insorgenza, in particolare l'ipertensione
arteriosa ed il diabete mellito
Nel 15-20% dei casi la demenza è dovuta alla contemporanea presenza di
malattia di Alzheimer e di lesioni ischemiche: questa condizione si indica con il
termine di demenza mista.
Il restante 15-20% dei pazienti presenta una demenza sostenuta da malattie
suscettibili di guarigione (tra le altre, malattie endocrine, farmaci, idrocefalo
normoteso, depressione). Il deterioramento delle funzioni cognitive, infatti, non
è sempre sinonimo di demenza. Sintomi simili alla demenza possono infatti
manifestarsi nel corso di malattie acute febbrili oppure come conseguenza di
malattie croniche non ben controllate, in particolare disturbi di cuore e dei
polmoni. L'uso scorretto di alcuni farmaci (tranquillanti, sonniferi, farmaci per
il mal d'auto) può essere responsabile di disturbi di memoria o confusione.
Un'altra frequente causa di decadimento delle funzioni cognitive è
rappresentata dalla depressione (esaurimento nervoso), la malattia psichica più
diffusa nella popolazione anziana; soprattutto nelle sue forme più severe può
apparire indistinguibile da una demenza grave. D'altra parte, anche espressioni
più lievi di depressione possono provocare disturbi della memoria e
confusione.
Infine, il trasferimento in ambienti quali l'ospedale o la casa di riposo può
provocare uno stress tale da produrre una condizione di apparente demenza.
LA MALATTIA Dl ALZHEIMER
La malattia di Alzheimer rappresenta la più frequente forma di demenza
nei paesi occidentali. La prevalenza della malattia aumenta con l'età; meno
dell'1% degli individui al di sotto dei 65 anni ne risulta affetto, mentre sono
colpiti il 4-7% degli ultrasessantacinquenni e circa il 20% degli ultraottantenni.
E' stato stimato che nella sola Lombardia i soggetti affetti da malattia di
Alzheimer siano 55-60.000.
Le caratteristiche cliniche della malattia possono variare notevolmente da
soggetto a soggetto; tuttavia l'inizio è generalmente insidioso-subdolo ed il
decorso cronico-progressivo.
I sintomi iniziali dell'Alzheimer sono spesso attribuiti all'invecchiamento,
allo stress oppure a depressione. L'anziano può presentare modificazioni del
carattere, essere meno interessato ai propri hobby o al proprio lavoro, oppure
essere ripetitivo. Talvolta l'inizio della malattia è contrassegnato dalla
sospettosità nei confronti di altre persone, accusate di sottrarre oggetti o cose
che il malato non sa trovare. Altre volte ancora la malattia può iniziare in
seguito ad un trauma automobilistico, oppure manifestarsi durante un ricovero
ospedaliero o nei giorni che seguono un intervento chirurgico. Spesso i familiari
tendono ad attribuire ad un evento, un trauma o un intervento chirurgico, la
causa della malattia. In realtà queste evenienze costituiscono, nel caso della
malattia di Alzheimer, eventi stressanti che rendono evidente e manifesta una
malattia cerebrale già presente. Nella grande maggioranza dei casi, solo a
distanza di uno-due anni dall'esordio della malattia il disturbo della memoria è
tale che i familiari ricorrono all'aiuto di uno specialista. Il disturbo della
memoria costituisce il sintomo cardinale della malattia ed il primo a
manifestarsi rispetto ad altri che coinvolgono il linguaggio o la capacità di
ragionamento .
Il primo sintomo è generalmente una lieve perdita della capacità di ricordare
avvenimenti o fatti recenti, che progredisce gradualmente ed alla quale si
associano alterazioni della personalità e deficit delle altre funzioni cognitive. Il
pensiero astratto, la capacità di eseguire ragionamenti, risulta impoverito. La
capacità di giudizio è diminuita spesso precocemente, cosicché il paziente
manifesta un ridotto rendimento lavorativo e può essere incapace di affrontare
e risolvere problemi anche semplici relativi ai rapporti interpersonali o
familiari. Il deterioramento della capacità di giudizio determina grande
preoccupazione tra i familiari ed i colleghi di lavoro. Uno dei caratteri più
specifici è il cambiamento della personalità. Spesso, soprattutto negli anziani,
compare apatia; il paziente perde interesse per l'ambiente e per gli altri,
richiudendosi in se stesso. Spesso vengono esagerati i caratteri premorbosi della
personalità, quali atteggiamenti ossessivi, aggressività, sospettosità. In altri casi
vi è invece un mutamento della personalità, per cui soggetti solitamente
controllati e misurati diventano impulsivi, intrattabili ed a volte anche violenti.
In alcuni casi la malattia si manifesta con una difficoltà nella denominazione
degli oggetti oppure con un impoverimento del linguaggio ed il ricorso a frasi
stereotipate. Altre volte il sintomo che si associa al disturbo di memoria può
essere rappresentato dalla difficoltà nella guida dell'automobile. Un paziente
aveva danneggiato una fiancata della propria auto poiché nella manovra per
collocarla in garage non riusciva a prendere correttamente le misure. Questo
sintomo è dovuto alla difficoltà che i pazienti con malattia di Alzheimer
manifestano nel collocare gli oggetti nello spazio e nell'avere una visione
unitaria di ciò che li circonda. In un altro paziente, in passato provetto
meccanico per hobby, non era stato in grado di aggiustare la gomma forata
della bicicletta. Il paziente denuncia una progressiva incapacità a svolgere
compiti che per lui erano familiari. Questa fase della malattia è più facilmente
evidenziata nei giovani o in chi svolge ancora attività lavorative o professionali.
Può invece sfuggire in pazienti anziani o che non svolgono compiti impegnativi
da un punto di vista intellettivo. In questa fase il paziente può essere ignaro ed
inconsapevole dei propri disturbi; sono i familiari che notano per primi un
comportamento "strano".
Uno dei sintomi che più frequentemente accompagnano il disturbo della
memoria è la depressione. Talvolta questa deriva dalla consapevolezza di non
essere più all'altezza della situazione e di dover dipendere da altri
nell'esecuzione di compiti o attività consuete.
Accanto alla depressione, altri sintomi possono accompagnarsi alla demenza
ed essere fonte di stress per i familiari. Fra i più frequenti troviamo l'agitazione,
la paura di essere derubati, la sospettosità, i sentimenti d'abbandono, gli episodi
di esplosione verbale, il pianto immotivato o la violenza. I disturbi del sonno
rivestono grande importanza, anche perché determinano uno stress notevole
nei familiari. Il paziente di notte è insonne e vaga per la casa o per l'ospedale;
altre volte si sveglia in piena notte e ritiene sia ora di pranzare o di andare a fare
una passeggiata.
In una fase intermedia della malattia il paziente diviene incapace di
apprendere nuove informazioni, spesso si perde, anche in ambienti a lui
familiari. La memoria remota è compromessa, anche se non totalmente persa. Il
paziente è a rischio di cadute, può richiedere assistenza nelle attività della vita
quotidiana (quali lavarsi, vestirsi, alimentarsi, ecc.); generalmente è in grado di
deambulare ed alimentarsi autonomamente. Il comportamento diviene
ulteriormente compromesso; abitualmente è presente un completo
disorientamento spazio-temporale.
Nelle fasi avanzate della malattia di Alzheimer il paziente è incapace di
camminare e di svolgere qualsiasi attività della vita quotidiana, è incontinente.
La memoria, sia recente che remota, è totalmente persa ed il paziente può
divenire muto ed incapace di deambulare. Si manifesta difficoltà nella
deglutizione e può essere necessario alimentare il paziente artificialmente. Il
rischio di complicanze, quali malnutrizione, disidratazione, malattie infettive
(polmoniti soprattutto), piaghe da decubito, diviene elevato.
La malattia può avere un decorso variabile e sono state descritte
sopravvivenze dai 2 ai 20 anni, con una media di circa 7-10 anni.
LA DIAGNOSI, LA PROGNOSI ED IL RISCHIO DI
SVILUPPARE LA MALATTIA Dl ALZHEIMER
La molteplicità di condizioni che possono provocare i sintomi della
demenza e la frequente concomitanza di più malattie nell'anziano, richiedono
una valutazione approfondita e competente. Un corretto approccio diagnostico
di fronte ad un paziente che manifesta segni di decadimento mentale è di
fondamentale importanza per differenziare le forme reversibili da quelle
irreversibili. La diagnosi di demenza permette inoltre di formulare una
prognosi, sia in termini di sopravvivenza che di evoluzione della malattia; è
quindi il presupposto indispensabile per predisporre gli interventi terapeutici,
per impostare un corretto approccio preventivo e riabilitativo ed organizzare gli
interventi di supporto assistenziale al paziente ed alla famiglia.
E' di fondamentale importanza ricorrere al medico quando le prime
avvisaglie di un deterioramento cognitivo si manifestano; la possibilità, in caso
di malattia guaribile, di ottenere un ripristino delle normali funzioni mentali è
infatti condizionata dalla tempestività dell'intervento diagnostico e terapeutico.
Un aspetto fondamentale per orientare il medico sulla genesi dei disturbi
mentali è costituito dalla raccolta delle informazioni sulla storia recente e
passata del malato; l'apporto dei familiari o di chi conosce il paziente è molto
importante. Accanto all'esame del malato, le indagini necessarie per confortare
l'orientamento diagnostico sono costituite dall'analisi del sangue e delle urine,
da una radiografia del torace, un cardiogramma e dalla TAC (cioè la
Tomografia assiale computerizzata) del cervello. La diagnosi di malattia di
Alzheimer viene formulata quando sono state escluse altre condizioni
patologiche e anche qualora gli esami abitualmente eseguiti fossero
assolutamente normali. La TAC dell'encefalo, per esempio, nelle fasi iniziali
della malattia può essere indistinguibile da quella di una persona normale.
La prognosi di una condizione di demenza non suscettibile di intervento
risolutivo è condizionata dal tipo di demenza, e dai sintomi che la
caratterizzano, nonchè dall'età della persona.
L'evoluzione è abitualmente più rapida nei giovani ed in coloro che
presentano precocemente disturbi nella comunicazione (difficoltà nel
reperimento delle parole o di comprensione del linguaggio). Anche la presenza
di disturbi del comportamento (agitazione, deliri, vagabondaggio, insonnia)
accelerano la progressione della malattia. Nell'anziano l'evoluzione è
condizionata dalla presenza di altre malattie concomitanti. Nel caso della
demenza multi-infartuale, l'evoluzione della malattia avviene classicamente "a
gradini": a rapidi peggioramenti dell'autonomia si alternano fasi di relativa
stabilizzazione delle condizioni generali del malato. In quest'ultima condizione,
contrariamente a quanto avviene nella malattia di Alzheimer, il malato
conserva anche nelle fasi avanzate di malattia alcune capacità cognitive.
I pazienti dementi raramente decedono per conseguenza diretta della
malattia; la causa è costituita da polmonite, disidratazione, malnutrizione,
infezioni, piaghe da decubito oppure da malattie età correlate, quali i tumori o
patologie cardiocircolatorie.
I familiari di un paziente affetto da malattia di Alzheimer sono
maggiormente esposti al rischio di sviluppare la stessa malattia? E' questo uno
degli interrogativi più frequenti che vengono rivolti al medico. Sebbene i geni
possano svolgere un ruolo nel determinare una condizione di "maggior
suscettibilità" per la malattia di Alzheimer, la possibilità di una trasmissione
ereditaria della malattia è stata dimostrata in un piccola percentuale di soggetti,
inferiore al 5%. Nella grande maggioranza dei casi la malattia si manifesta in
modo casuale, imprevedibile, senza che esista la possibilità di una trasmissione
diretta.
Se si esclude una lieve prevalenza nel sesso femminile, la cui causa è
sconosciuta, la malattia di Alzheimer interessa senza distinzioni gruppi etnici e
classi sociali. La prevalenza della malattia aumenta con l'età, che costituisce
pertanto il fattore di rischio più consistente per lo sviluppo della malattia,
soprattutto tra 75 e 85 anni. Tuttavia fra i centenari la malattia di Alzheimer è
rara; oltre i 90 anni sembra infatti che si verifichi una riduzione del rischio.
COME AFFRONTARE I PROBLEMI ASSISTENZIALI
QUOTIDIANI
Superata la fase della diagnosi, per alcune persone (15-20%) c'è la
possibilità di un ritorno alla normalità, grazie ad interventi chirurgici o ad
opportuni trattamenti farmacologici. Nella maggior parte dei casi, tuttavia,
inizia un percorso caratterizzato dall'evoluzione della demenza, costellato di
problemi che coinvolgono l'intera famiglia ed i servizi sanitari ed assistenziali.
La storia di un paziente è profondamente diversa rispetto a quella di ogni
altro. E' pertanto difficile definire, se non in linea generale, quale possa essere la
successione dei problemi. E' consigliabile che questi ultimi vengano affrontati
man mano si presentano, tramite un colloquio costante con il proprio medico di
fiducia. Maggiore importanza per i familiari riveste la conoscenza delle cause di
alcuni sintomi e delle modalità più corrette per affrontarli. Soprattutto è
importante adottare e mettere in atto interventi affinché, nel limite del possibile,
molti problemi possano essere evitati o prevenuti. E' necessario essere
consapevoli che l'evoluzione della malattia impone ai familiari un costante
adeguamento nel proprio atteggiamento e nelle proprie aspettative alle mutate
condizioni del malato. E' altrettanto importante sapere che, malgrado
l'evoluzione progressiva della malattia, c'è sempre lo spazio per fare qualcosa,
perché il malato viva con dignità. C'è sempre lo spazio per tamponare lo stress
e conservare una buona qualità di vita.
Non si tratta di adottare un atteggiamento forzatamente dominato da un
vuoto ottimismo; al contrario è necessario sapere che, anche nel malato più
grave, c'è sempre lo spazio e l'opportunità per migliorare le condizioni di vita.
Lo sforzo di creare condizioni che contrastino le sopravvenute disabilità
richiede affetto, pazienza, ottimismo, fantasia e versatilità; queste qualità
vengono mostrate dalla grande maggioranza dei familiari che si impegnano
affinché il proprio caro possa vivere "comunque" nel migliore dei modi.
L'amore, la generosità, l'affetto e la gratitudine possono esse re corroborate
e rafforzate, ed il senso di frustrazione attenuato, dalla conoscenza della
malattia e da alcuni consigli su come gestire i problemi assistenziali. L'
atteggiamento più corretto deve evitare da una parte il senso di disperazione e
di impotenza, dall'altra le false speranze. E' fondamentale, infine, che i fornitori
d'assistenza dispongano, fin dall'inizio della malattia, di spazi di tempo libero
nell'arco della giornata, ricorrendo a familiari, amici oppure ai servizi pubblici.
Nelle pagine seguenti vengono affrontati i problemi principali che
caratterizzano il decorso della demenza.
LA COMUNICAZIONE
Nel corso della demenza si verifica una progressiva, crescente difficoltà di
comunicazione. Questa è dovuta a più fattori. Da una parte il vocabolario di
parole che una persona ha acquisito si riduce, con la conseguenza che il
paziente tenderà ad utilizzare frasi sempre più "povere" con vocaboli semplici e
di uso comune oppure ricorrerà a frasi o parole "passe-partout": per esempio,
per indicare un oggetto di cui non ricorda il nome, dirà "quella cosa li" oppure
"dammi la cosa che serve per mangiare". Dall'altra la capacità di memorizzare il
contenuto di ciò che un interlocutore gli sta dicendo si affievolisce sempre più.
Da queste semplici considerazioni derivano alcune regole da impiegare
quando si comunica con il malato. La principale consiste nell'utilizzare frasi
semplici e brevi. Se la persona ha un apparecchio uditivo o porta gli occhiali è
necessario assicurarsi che siano in buono stato e vengano correttamente usati. E'
fondamentale parlare lentamente e con chiarezza evitando di gridare. Può
inoltre essere necessario, senza innervosirsi, ripetere spesso le stesse
informazioni. Al contrario è consigliabile ripetere quanto detto cercando
eventualmente di rendere più semplice la costruzione della frase. Se si tratta di
un discorso lungo o complesso, è opportuno farlo comprendere per gradi,
concetto per concetto. L'aspetto non verbale della comunicazione è
importantissimo. sorrisi, gesti, il semplice tenere la mano aiutano a trasmettere
il messaggio. Un altro consiglio fondamentale consiste nel fare in modo che la
persona possa vedere le labbra mentre si parla. E' utile cercare di coinvolgere
l'ammalato nelle conversazioni familiari o con amici.
L' ABBIGLIAMENTO E LA CURA DELLA PERSONA
Una regola generale di tutte le attività giornaliere (vestirsi, lavarsi,
mangiare, ecc.) consiste nell'evitare di aiutare troppo il malato. Se questi non è
incoraggiato a compiere un'attività quotidiana tenderà a perdere più
precocemente la capacità di compierla. Al contrario è importante stimolarlo il
più possibile a cavarsela da solo: le abitudini e le capacità perse non si
riacquistano più.
La difficoltà a scegliere i vestiti ed a indossarli nella sequenza corretta
rappresenta uno dei sintomi più precoci che compaiono dopo i primi due-tre
anni di malattia.
Questa incapacità deriva sia dalla compromissione della memoria, sia dalla
difficoltà ad eseguire compiti di precisione, quali l'allacciarsi le scarpe, fare il
nodo alla cravatta oppure allacciare un bottone.
Anche se la persona è capace di vestirsi da sola, è consigliabile restarle
vicino; può essere necessario ricordarle quali capi indossare. E' necessario
limitare il numero dei vestiti nell'armadio: troppi creano confusione e rendono
difficile la scelta. Se il malato non è in grado di scegliere i vestiti è opportuno
preparare i singoli indumenti già in ordine corretto per la vestizione: prima la
biancheria, poi i vestiti, quindi le scarpe.
Se la persona indossa un indumento in modo sbagliato, è opportuno
intervenire con molto tatto, aiutandola a ripetere l'operazione in modo corretto.
Se compaiono difficoltà nell'allacciatura è utile dotare gli abiti di lunghe
cerniere lampo o chiusure in velcro.
E' preferibile evitare che la persona stia tutto il giorno in pantofole: scarpe
ben allacciate costituiscono un utile sostegno per il piede ed aiutano a
deambulare con sicurezza.
Un aspetto esteriore curato e ordinato è molto importante per la dignità del
malato: anche se mostrerà un progressivo calo di interesse per il proprio
aspetto, è necessario esortarlo a prendersene cura, per esempio lodandolo
quando è ben vestito e pettinato e conducendolo periodicamente dal
parrucchiere. Fin dalle prime fasi della malattia, è consigliabile persuadere il
malato ad utilizzare un rasoio elettrico: così sarà in grado di continuare a
radersi per più tempo e soprattutto senza pericolo.
L'ALIMENTAZIONE
La persona malata può essere sempre meno interessata all'alimentazione
oppure, al contrario richiedere insistentemente del cibo, talvolta anche a breve
distanza dal pasto precedente; può inoltre avere problemi nel mangiare certi
cibi o nell'usare le posate. E' regola fondamentale che l'alimentazione sia ben
bilanciata e contenga tutti gli elementi essenziali: proteine, grassi, carboidrati,
fibre, vitamine, minerali ed una buona quantità di liquidi, almeno un litro al
giorno. E' importante informare sempre l'ammalato di quale pasto della
giornata si appresti a consumare (colazione, cena, merenda, ecc.) e
consentendogli di scegliere ciò che desidera.
Può essere utile servire una portata per volta e solo dopo che questa è stata
finita passare alla successiva. Un criterio generale da seguire sempre consiste
nel non travolgere la persona con una eccessiva offerta: costringerla a fare una
scelta può solo disorientarla ed aumentarne la confusione. E' fondamentale che
i denti (o la dentiera) siano in buono stato.
Poiché le operazioni del pasto diventano sempre più difficoltose, è
consigliabile usare tovaglie di plastica, tovaglioli molto assorbenti, bicchieri che
non si rovesciano. Qualora il malato tenda ad usare le mani è opportuno fare in
modo che i cibi vengano serviti in forma solida ed in bocconi che possano
essere facilmente deglutiti. E' preferibile riservare il pasto principale all'ora di
pranzo, in modo da limitare problemi digestivi serali o irrequietezza durante la
notte.
Se la persona rifiuta di mangiare cibi essenziali, è necessario ricorrere ad
integratori alimentari.
Se non esistono condizioni di malattia quali il diabete o altre che richiedono
una dieta specifica, nell'Alzheimer l'alimentazione è assolutamente libera e
deve essere, oltre che fonte di nutrimento per l'organismo, anche un momento
piacevole della vita quotidiana. E' buona regola, pertanto, variare
quotidianamente il menù ed accondiscendere alle richieste del malato.
LE PIAGHE DA DECUBITO
Con il termine di "piaga da decubito" si intende una lesione localizzata
della cute e dei tessuti sottostanti, causata da una prolungata ed eccessiva
pressione che si sviluppa sulle parti del corpo a contatto con il piano di
appoggio.
La comparsa di piaghe da decubito è particolarmente frequente nella terza
età, perché è causata dall'immobilità e da altri fattori di rischio frequenti nella
popolazione geriatrica.
Le piaghe da decubito sono diffuse soprattutto nei reparti dove le
attrezzature sanitarie sono inadeguate ed il personale di assistenza non è
numericamente sufficiente ed opportunamente istruito.
I pazienti con piaghe da decubito e quelli a rischio mostrano una maggiore
utilizzazione delle risorse sanitarie; la lunghezza media del ricovero è infatti
dalle 3,5 alle 5 volte superiore. E' stato calcolato che una volta che una piaga da
decubito ha cominciato a svilupparsi, il tempo di assistenza aumenta del 50%.
Inoltre, coloro che sopravvivono presentano un elevato rischio di essere
istituzionalizzati.
Sono state proposte numerose classificazioni delle piaghe, ma ancora oggi
non è stato chiarito completamente il tipo e l'importanza dei fattori che le
provocano.
Fra tutti i fattori che condizionano la comparsa di piaghe l'immobilità è
sicuramente la più importante. Molte malattie fisiche e psichiche possono
esserne causa nell'anziano; le più comuni sono i disordini muscolo-scheletrici
(frattura di femore, artrosi), neurologici (esiti di paralisi) e cardiovascolari
(grave scompenso cardiaco, arteriopatie obliteranti periferiche).
L'immobilità agisce principalmente tramite due meccanismi: la compressione
e lo stiramento, che bloccano l'afflusso di sangue alla cute.
Nelle persone sane non si sviluppano le piaghe da decubito anche se stanno a
letto o sedute per lungo tempo, perché le zone compresse sono dolenti e
inducono al movimento, con il quale si ripristina il flusso sanguigno.
Nell'anziano, per modificazioni della sensibilità tattile e dolorifica che
accompagnano molte malattie, tale meccanismo di difesa è inefficiente e può
addirittura manca re. L'immobilità riduce od elimina totalmente la capacità di
compiere i movimenti volontari ed involontari necessari per scaricare
periodicamente le zone sottoposte a compressione. Una pressione elevata per
un tempo breve è meno lesiva per la cute che una bassa pressione per lunghi
periodi.
L'incontinenza fecale è un fattore di rischio per lo sviluppo delle piaghe da
decubito più importante rispetto all'incontinenza urinaria; se confrontata con
l'immobilità ha però un ruolo secondario, che è basato sulla macerazione
cutanea e sull'azione di batteri e tossine.
Le piaghe da decubito riconoscono spesso cause farmacologiche, come l'uso
di sonniferi e tranquillanti, che favoriscono la tendenza al sonno ed
all'immobilità. Anche la scarsa attenzione ed impegno terapeutico nei confronti
del paziente, l'insufficiente sorveglianza ed istruzione del personale di
assistenza, la sottovalutazione del danno iniziale e l'uso non corretto dei presidi
sanitari (padella, catetere, lenzuola, velli) sono da annoverare fra le cause legate
ad un errato intervento sanitario.
Alla base della prevenzione delle piaghe da decubito sta l'identificazione del
paziente a rischio. In tal modo è possibile concentrare su pochi soggetti l'uso di
tecniche specifiche e l'impegno assistenziale, che non possono essere estesi a
tutta la popolazione geriatrica.
E' a "rischio" il paziente che non è in grado di compiere movimenti volontari
o involontari tramite i quali scaricare periodicamente la pressione cui sono
sottoposte le aree del corpo a contatto con la superficie di appoggio.
Senza l'eliminazione della pressione locale ogni misura preventiva e
terapeutica è inutile. Per ridurre la pressione locale sono stati ideati vari tipi di
presidi dotati di "superfici mobili" e di "superfici non rigide", come il materasso
a pressione alternata, il letto a piano di appoggio variabile, il letto elettrico
rotante e rispettivamente il materasso ad acqua ed il materasso di materia le
supersoft.
E' importante precisare che l'uso di presidi antidecubito diminuisce, ma non
elimina il bisogno di cambiamenti di posizione. Non esiste un'unica posizione
corretta per il riposo a letto, perché è fondamentale il cambiamento periodico
del decubito.
Il paziente non deve mai giacere sulla sede della piaga nemmeno per pochi
minuti, anche, in presenza di presidi antidecubito. Girando il paziente ad
intervalli di due ore, giorno e notte, si riduce la durata della pressione
localizzata e si permette la ricircolazione del sangue nella cute, minimizzando
così il rischio delle piaghe.
Il cambiamento di posizione è un metodo tradizionale di prevenzione delle
piaghe da decubito e presenta alcuni limiti, come l'enorme tempo di assistenza
richiesto ed il disturbo arrecato al paziente, soprattutto se i movimenti sono
dolorosi. La notte è il momento di maggior rischio, perché l'attività generale è
minore e la tendenza naturale porterebbe a non disturbare il paziente.
LE CADUTE
Particolare importanza riveste la prevenzione delle cadute a causa delle loro
potenziali, gravi, conseguenze. Le cause di caduta nel paziente con demenza,
come nella popolazione anziana generale, sono molteplici. E' necessario
valutare, ai fini preventivi, rischi quali il consumo di farmaci (sedativi,
sonniferi, antidepressivi...), nonchè la presenza di patologie concomitanti;
poiché numerose malattie possono causare cadute, queste ultime devono essere
considerate "eventi seri" per la presenza di una patologia che va accuratamente
ricercata.
Come prevenire le cadute, che sono caratterizzate nell'anziano da pesanti
conseguenze sulla sopravvivenza e sulla qualità della vita?
L'evento "caduta" risulta dalla combinazione di più condizioni o fattori di
rischio, alcuni dei quali sono modificabili. Le mutate condizioni dell'anziano
per quanto riguarda il controllo dell'equilibrio e dell'andatura sono in parte
legate all'invecchiamento fisiologico ma soprattutto alla presenza di malattie
croniche. E' risaputa l'importanza della cura delle malattie nel prevenire le
cadute e degli interventi di riabilitazione per migliorare le capacità di
deambulazione. Altrettanto importanti sono le caratteristiche dell'ambiente in
cui l'anziano vive.
L'anziano viene a trovarsi, col tempo, in un ambiente (sia domiciliare,
ospedaliero o istituzionale), che non è stato pensato né realizzato per venire
incontro ai suoi bisogni. Nel demente l'ambiente diviene progressivamente
sempre più estraneo per la perdita della capacità di riconoscerne le
caratteristiche.
In camera da letto possibili fattori di rischio di caduta sono la mancanza delle
luci notturne, la difficile accessibilità agli interruttori della luce, ed in
particolare l'altezza del letto o della poltrona, che se non corretta rende molto
difficile il coricarsi ed alzarsi dal letto. Il bagno è uno spazio ad elevato rischio
di caduta: tutti i servizi sanitari, dalla vasca alla doccia, al bidet sono potenziali
cause di scivolamento, sia per le caratteristiche di queste superfici bagnate, sia
per i movimenti impegnativi che vengono effettuati durante la toilette.
Per l'anziano che vive solo, le scale sono la sede più comune di caduta,
dovuta molte volte alla scarsa illuminazione o ad un'insufficiente lunghezza del
corrimano. Circa il 10% delle cadute avviene sulle scale, e maggiormente
durante la discesa per mancato riconoscimento dell'ultimo gradino. Il corridoio
ed altri spazi normalmente presenti nelle case di riposo (giardino sala TV,
chiesa), nonchè la cucina per i residenti a domicilio, sono spesso caratterizzati
dalla presenza di ostacoli ambientali qual scaffali, armadietti, vasi di fiori, e
ancora tappeti o passatoie non, fissi, e da pavimentazioni sconnesse. Inoltre, il
rischio di una perdita dell'equilibrio aumenta quando le condizioni ambientali
stesse sono meno note: per esempio quando si cambia casa, oppure quando il
vecchio è da poco ricoverato in ospedale, o in casa di riposo.
Nella maggior parte dei casi le cadute avvengono durante l'esecuzione delle
attività abituali, come camminare o cambiare posizione. Solo una minoranza
delle cadute avviene durante attività pericolose, come salire sulla sedia o
praticare uno sport.
Quali possono essere le principali modifiche all'ambiente che si possono
introdurre sia al domicilio sia in casa di riposo?
L'illuminazione adeguata è un presupposto importante per la prevenzione
delle cadute. L'ambiente deve essere illuminato con luce diffusa e non diretta,
senza zone d'ombra; gli interruttori vanno posizionati in base alla statura media
dei soggetti, all'ingresso di ogni stanza. Utili sono le luci notturne messe in
passaggi pericolosi come tra la camera da letto ed il bagno, oltre che nelle stesse
stanze.
La regolarità dei pavimenti e dei gradini delle scale è molto importante e
deve essere controllata periodicamente; i tappeti o le passatoie vanno fissati a
terra. Per evitare che il pavimento sia scivoloso, nella cucina e nel bagno è
consigliabile l'adozione di tappetini antiscivolo ed in tutti gli ambienti le
comuni cere per pavimenti andrebbero sostituite con preparati antiscivolo che
garantiscono la stessa lucidità ed igiene. I corrimano devono essere collocati
lungo le scale, da ambo i lati, e per tutta la lunghezza delle scale; in bagno sono
indispensabili le maniglie di appoggio orizzontali o verticali, e, quando
possibile, l'adeguamento dell'altezza dei sanitari agli standard suggeriti dalla
legge.
In camera, per prevenire le cadute durante le fasi di entrata e di uscita dal
letto, è possibile adeguare l'altezza del letto stesso, che deve essere leggermente
più alto (60 cm. da terra) per i soggetti con difficoltà alla deambulazione.
In tutti gli altri ambienti è importante liberare i percorsi abituali da vasi,
armadi o altri ostacoli ingombranti, ed eliminare poltrone o sedie troppo basse:
sono consigliate sedie con schienale rigido ed i braccioli.- Adeguare l'ambiente
alla persona anziana non significa tuttavia apportare modifiche tali da
peggiorare l'estetica di un appartamento o di una casa di riposo: è possibile
infatti, senza privare l'anziano dei propri ricordi, migliorare la funzionalità
dell'ambiente in cui vive, per renderlo più sicuro.
Talvolta la zona notte è ubicata al piano superiore rispetto al giorno e ciò
richiede l'impiego delle scale; se vi è pericolo di caduta oppure il paziente non
deambula quasi più può essere opportuno attrezzare un angolo del piano
giorno con un letto ed un comodino, possibilmente vicino al bagno.
Gli interventi necessari per creare un ambiente privo di rischi possono
richiedere un impegno finanziario. I benefici di questi interventi sono
comprensibili se si pensa alle possibili conseguenze di una caduta nella persona
anziana, quali l'ospedalizzazione o il ricovero in una residenza sanitaria
assistenziale, accompagnati da compromissione dell'indipendenza, e della
qualità della vita.
L'INCONTINENZA
La comparsa di incontinenza accompagna costantemente ogni forma di
demenza.
Nella malattia di Alzheimer l'incontinenza si manifesta in uno stadio
intermedio della malattia. Nella demenza multi-infartuale (arteriosclerotica)
può essere presente fin dalle fasi iniziali.
L'incontinenza può inoltre essere il primo e precoce segno, accanto al
disturbo di memoria e a difficoltà nella deambulazione, di una forma di
demenza suscettibile di guarigione quale l'idrocefalo normoteso.
Più in generale l'incontinenza è presente nel 40-60% dei pazienti dementi
deambulanti; tuttavia è un sintomo che spesso può essere curato.
Le principali cause reversibili di incontinenza urinaria sono lo stato
confusionale acuto, la riduzione dell'autonomia nella deambulazione e
l'allettamento, le infezioni, la stitichezza, ed i farmaci. Prima di considerare
l'incontinenza incurabile è necessaria un'accurata valutazione di queste cause.
La comparsa di incontinenza deve indurre pertanto a cercare il consiglio di un
medico.
Spesso i pazienti dementi non sono in grado di inibire la minzione per il
tempo necessario a raggiungere la toilette. In questo caso è necessario
provvedere con raccoglitori di urine portatili. Anche l'impiego di un
abbigliamento che sia facile da togliere, sostituendo le cerniere o i bottoni con
chiusure a strappo, può facilitare la continenza. Spesso il paziente demente non
sa dove è localizzata la toilette; in questo caso possono essere utili indicazioni
colorate che tracciano il percorso verso il bagno. L'impiego dei colori per
indicare la destinazione d'uso di un ambiente consente di superare la difficoltà
che molti pazienti hanno a leggere cartelli riportanti scritte. D'altra parte può
essere utile l'impiego contemporaneo di cartelli purché le indicazioni scritte
siano chiare e ben leggibili.
Una volta instauratasi un'incontinenza irreversibile, è opportuno
programmare la minzione, accompagnando periodicamente il paziente in
bagno ogni 2-3 ore, soprattutto appena si sveglia al mattino, prima di coricarsi e
una volta durante la notte. Può essere utile impiegare raccoglitori per urine
esterni soprattutto di notte e limitare l'apporto di liquidi nelle ore serali.
L'impiego del catetere vescicale a permanenza è da limitare il più possibile
poiché predispone alle infezioni urinarie ed ha conseguenze negative sul piano
psicologico. L'impiego del catetere vescicale può essere preso in considerazione
nel paziente allettato con piaghe da decubito, oppure quando l'incontinenza
non può essere corretta con interventi medici, chirurgici o con presidi esterni.
La tempestiva valutazione delle forme reversibili di incontinenza ed il
corretto controllo delle forme croniche consentono di limitare le conseguenze
fisiche e psicologiche a carico del paziente, il sovraccarico assistenziale dei
familiari e degli operatori nonchè di contenere l'impatto economico derivante
dal ricorso ai presidi per l'incontinenza (pannoloni).
LE MALATTIE CONCOMITANTI
Il paziente demente è a rischio di sviluppare malattie - quali per esempio,
cadute, disidratazione, stitichezza, riacutizzazione o scompenso di malattie
croniche - che aumentano ulteriormente il grado di dipendenza. La presenza di
una malattia anche di lieve entità può rappresentare la causa di
un'accentuazione nel livello di confusione oppure della comparsa di irritabilità
o agitazione. Talvolta l'agitazione precede di qualche ora la comparsa di
sintomi indicativi di malattia, quali per esempio la febbre. Le difficoltà di
comunicazione del paziente, tuttavia, rendono spesso difficile l'identificazione
tempestiva dei sintomi della malattia concomitante.
E' necessario rivolgersi al medico curante qualora il paziente presenti un
improvviso peggioramento del livello di autonomia o delle capacità intellettive,
nonchè allorquando compaia una modificazione comportamentale; prima di
accettare le modificazioni, sia nell'autonomia che nel comportamento, come
conseguenza della demenza è importante escludere altre condizioni
patologiche, quali malattie cardiache, infezioni (urinarie o polmonari),
disidratazione, iper/ipoglicemia ed ipotensione arteriosa. Gli stessi sintomi
psichiatrici quali i deliri, le allucinazioni o l'agitazione possono essere scatenati
da malattie o da farmaci. I deficit della vista e dell'udito possono favorire la
comparsa di disturbi comportamentali, contribuendo al disorientamento ed alla
ridotta percezione dell'ambiente circostante.
La fatica, l'ansia e lo stress, particolarmente frequenti nei soggetti con deficit
cognitivi, possono anch'essi essere accentuati da un habitat inadeguato, da un
cambiamento di ambiente oppure da eccessive sollecitazioni dei familiari che
non possono essere corrisposte. I pazienti dementi presentano le stesse
condizioni patologiche, spesso concomitanti, tipiche della popolazione anziana:
artrosi, ipertensione arteriosa, ictus cerebrale, angina pectoris o infarto
miocardico, diabete mellito, cataratta, deficit uditivo, tumori. Se una persona
lamenta insistentemente un sintomo e lo riporta con le medesime caratteristiche
è opportuno avvertire il proprio medico. Al fine di prevenire alcune
complicazioni è necessario, nel limite del possibile, cercare di modificare
l'ambiente domestico per ridurre le fonti di pericolo, favorire un'alimentazione
ed un'idratazione adeguate (eventualmente ricorrendo a integratori alimentari),
un igiene accurata dei denti e dei piedi e controllare la regolarità della funzione
intestinale.
LA CONFUSIONE
Accade frequentemente nel corso della malattia che il malato presenti
accentuazioni, apparentemente inspiegabili, del livello di confusione: appare
talvolta assopito e rallentato nei movimenti; altre volte si presenta agitato o
irritabile.
L'episodio confusionale acuto, definito anche col termine di delirium, è un
evento frequente nell'anziano, che però è difficilmente identificabile nel
demente.
I fattori che predispongono l'anziano allo stato confusionale acuto sono
molteplici e includono i processi di invecchiamento del cervello, malattie
dell'encefalo, la compromissione della vista e dell'udito, l'alta prevalenza delle
malattie croniche, una ridotta resistenza alle malattie acute, una diversa risposta
ai farmaci, la riduzione del riposo notturno, il lutto o il collocamento
dell'anziano in ambienti non familiari. Lo stato confusionale acuto è
sospettabile in presenza di una modificazione acuta del paziente sia essa
comportamentale, funzionale o del livello di coscienza.
Lo stato confusionale acuto è una malattia caratterizzata da una
compromissione globale delle funzioni cognitive, ad inizio brusco, di breve
durata (solitamente meno di un mese) e accompagnata da disturbi
dell'attenzione, del ciclo sonno-veglia e del comportamento psicomotorio.
L'attenzione diviene fluttuante e può risultare difficile, se non impossibile,
interessare il paziente alla conversazione.
Il pensiero perde la sua usuale chiarezza e finalità, appare frammentato e
disorganizzato; il paziente non è in grado di mantenere un flusso coerente di
pensiero. Il linguaggio in certi casi è ridotto e in altri casi concitato e incoerente
con salti da un argomento all'altro. Frequenti sono le false interpretazioni, le
illusioni o le allucinazioni; lo sbattere della porta può essere interpretato come
un colpo di pistola; le pieghe della coperta possono sembrare oggetti animati.
Frequenti sono le allucinazioni visive.
Il ciclo sonno-veglia è quasi invariabilmente disturbato e frequenti sono le
fluttuazioni dall'insonnia alla sonnolenza. Il paziente è disorientato nello spazio
e nel tempo, spesso è iperattivo; la memoria è invarabilmente compromessa.
Possono essere presenti inoltre ansietà, paura, rabbia, euforia; tremori,
sudorazione e tachicardia.
Le malattie e i disordini che più comunemente causano stato confusionale
nell'anziano sono le infezioni, lo scompenso cardiaco, l'infarto del miocardio, il
diabete, l'insufficienza renale, l'ipoglicemia, la disidratazione e l'epilessia. Lo
stato confusionale acuto è particolarmente frequente tra i pazienti ricoverati in
unità chirurgiche per fratture del femore o per altri interventi chirurgici.
Un'altra causa frequente di confusione è l'uso scorretto di farmaci tra i quali i
sonniferi, gli ansiolitici, gli antidepressivi, i neurolettici.
La comparsa di episodi confusionali acuti può pertanto essere sostenuta da
molteplici fattori causali: malattie acute o croniche riacutizzate; farmaci dotati
di effetti sul cervello; modificazioni ambientali. Altre cause di episodio
confusionale acuto sono rappresentate dall'ospedalizzazione e dagli interventi
chirurgici. Anche il dolore fisico può scatenare uno stato confusionale; questa
causa deve essere tenuta in considerazione soprattutto nei soggetti incapaci di
comunicare.
Un corretto trattamento dello stato confusionale acuto presuppone che le
cause sottostanti siano identificate.
Una stanza silenziosa, bene illuminata, un grande orologio visibile, un
calendario, pochi oggetti familiari possono calmare il paziente e aiutarlo ad
orientarsi nello spazio, nel tempo. I pazienti devono essere informati e
rassicurati che lo stato confusionale è un disordine transitorio; se il paziente è
particolarmente agitato è necessario un intervento farmacologico.
La comparsa di un episodio confusionale acuto, sia per i problemi diagnostici
differenziali che pone sia per le necessità assistenziali, richiede un intervento
tempestivo ed intensivo espletabile in ambiente ospedaliero; deve essere
pertanto affrontato come un'urgenza geriatrica.
I DISTURBI COMPORTAMENTALI
Nel 1907 Alois Alzheimer descrisse una donna di 51 anni che presentava
disorientamento temporo-spaziale, disturbi della memoria, sintomi depressivi e
deliri di persecuzione e di gelosia. La paziente accusava il marito di infedeltà, il
medico ed i vicini casa di attentare alla sua vita e frequentemente presentava
allucinazioni uditive. Quella donna è il primo esempio della malattia che
prenderà il nome di demenza di Alzheimer.
Le demenze sono caratterizzate da un nucleo di disturbi secondari al deficit
di memoria e delle altre funzioni intellettive, quale si affiancano
invariabilmente e con modalità diverse un'ampia gamma di sintomi definiti con
il termine disturbi comportamentali o sintomi psichiatrici.
I sintomi comportamentali costituiscono un problema clinico d non sempre
semplice gestione, nonchè una pesante fonte di stress e sovraccarico
assistenziale per i familiari. La presenza di disturbi comportamentali, inoltre,
contribuisce a peggiorare ulteriormente il livello di autonomia nelle attività
quotidiane gi compromesso a causa dei deficit cognitivi.
Nella demenza di Alzheimer l'agitazione è presente nel 24-61%, l'aggressività
nel 21%, il vagabondaggio (vagare senza scopo) nel 26%, i deliri nel 30-50%, i
disturbi del sonno (insonnia o inversione del giorno con la notte) nel 50%, la
depressione ne 40-50% dei casi. Altri sintomi non cognitivi comprendono le
modificazioni della personalità, l'alterazione dell'alimentazione (fame eccessiva
oppure inappetenza), le allucinazioni, il peggioramento dello stato confusionale
nel corso del tardo pomeriggio nonchè le reazioni esagerate o catastrofiche.
Altri sintomi, ancora, consistono nella sospettosità, nell'apatia fino al mutismo,
nella ripetitività, nell'uso di linguaggio osceno o scurrile, nel rifiutare
l'assistenza, nel nascondere le cose, nel trascorrere la giornata in modo
affaccendato manipolando oggetti o parti dei propri vestiti (affaccendamento). I
deliri sono particolarmente frequenti anche all'esordio e nel primo anno di
malattia. Nella grande maggioranza dei casi il sintomo è costituito da deliri di
ladrocinio, gelosia e di persecuzione.
Nell'ambito dei sintomi psichiatrici particolare importanza rivestono le
reazioni catastrofiche per l'impatto che hanno sui familiari; si manifestano
talvolta in seguito ad eventi stressanti anche modesti e possono avere durata
variabile.
Contrariamente a quanto avviene per il disturbo di memoria, i sintomi
comportamentali sono spesso suscettibili di correzione tramite l'impiego di
farmaci. Disponiamo infatti di un ampio bagaglio terapeutico per l'insonnia e
per i deliri. Tuttavia, alcuni sintomi quali per esempio il gridare, il
vagabondare, il mutismo o l'anoressia, sono poco sensibili ai farmaci; talvolta si
attenuano o scompaiono se accanto al malato c'è la presenza costante di una
persona. Un sintomo frequente nelle demenze è il vagabondaggio, il
deambulare continuamente senza uno scopo. Anche in questo caso i farmaci
non sono efficaci; al contrario possono, provocando sedazione, favorire alcune
complicanze: cadute, stitichezza, inappetenza, secchezza della bocca.
Nelle pagine seguenti verranno trattati i problemi comportamentali che più
frequentemente costellano l'evoluzione della malattia.
IL DISORIENTAMENTO
Per disorientamento si indica una condizione in cui il malato non è in
grado di fornire le coordinate temporali e/o spaziali nelle quali si trova. Per
esempio non è in grado di riferire in che posto si trova. Spesso è accompagnato
da confusione: presente e passato, nei pensieri della persona si mischiano.
Abitualmente il primo disturbo a comparire è l'incapacità di orientarsi nel
tempo; solo successivamente anche lo spazio diventa estraneo. Potrà capitare
che il malato non si orienti nella propria abitazione e non riesca a trovare il
percorso per il bagno o per la cucina. Altre volte il malato, se in quel momento
si trova in un'abitazione diversa da quella della sua infanzia o giovinezza,
insisterà nell'affermare che quella non è casa sua.
E' utile installare in modo ben visibile strumenti che possano favorire le
informazioni essenziali riguardanti tempo (orologio e calendario con giorno e
mese ben visibili), luogo (cartelli alle porte indicanti il nome della stanza),
persone, fatti che avvengono o che devono avvenire. E' consigliabile l'impiego
di una lavagna o un promemoria per le informazioni sulle cose da fare o
ricordare; devono, però, essere sempre nello stesso posto e ben visibili.
E' utile fin dal risveglio richiamare alcune informazioni al malato: "Buona
giornata, sono Maria, tua moglie; oggi è martedì ed è proprio una bella
giornata". Se la persona insiste nella convinzione che sia un altro giorno è
consigliabile non insistere nel contrariarla. E' opportuno distrarre la sua
attenzione, cambiando argomento, ritornando eventualmente più tardi sulla
correzione. E' necessario essere molto cauti nel correggere il malato, perché il
venire continuamente contraddetto o redarguito può accentuare la confusione.
Se la persona ripete in continuazione le stesse domande è consigliabile
rispondere senza insofferenza, ricordando che realmente la persona si è
scordata la risposta o non ricorda di avervi già posto la domanda. In ogni caso
tanto più la persona è informata su che cosa succede e succederà, tanto meno
sentirà il bisogno di fare domande.
LA DEPRESSIONE
La depressione dell'umore costituisce un sintomo molto frequente sia
all'inizio che nel decorso della demenza. Si tratta di un sintomo per il quale
disponiamo di farmaci efficaci; un recente studio condotto su pazienti anziani
ha mostrato che l'86% dei pazienti dementi con depressione rispondeva al
trattamento con farmaci antidepressivi. Inoltre, tra i pazienti che presentavano
un miglioramento del quadro depressivo, la maggioranza aveva mostrato un
lieve ma significativo aumento delle prestazioni cognitive. Purtroppo, spesso la
depressione nel demente non viene adeguatamente diagnosticata ne tantomeno
trattata. Tra i sintomi più comuni di depressione si osservano la stanchezza, il
sonno irregolare, L'inappetenza e la perdita di peso e comportamenti non
specifici quali l'agitazione e l'aggressività. Secondo varie esperienze cliniche, la
presenza di tre o più di questi sintomi, per un periodo superiore a due
settimane può essere considerato un buon criterio per una diagnosi presuntiva
di depressione in pazienti dementi.
Attualmente esistono una serie di farmaci ben tollerati e la cui azione è stata
dimostrata essere efficace nel trattamento della depressione nel demente. Anche
i disturbi comportamentali che spesso accompagnano la depressione tendono a
scomparire dopo un adeguato trattamento antidepressivo.
E' importante, tuttavia, fare in modo che la persona abbia qualcosa di
interessante da fare ogni giorno, per esempio passeggiare, ascoltare musica,
giocare a carte, lavorare in giardino. Semplici attività ripetitive come
spolverare, pulire l'argento, lavare piatti possono giovare anche se il lavoro
svolto deve poi essere rifatto.
L'AGGRESSIVITA' E L'AGITAZIONE
La persona malata può talvolta presentarsi aggressiva. Ciò può essere
causato dal danno cerebrale, da altre malattie o semplicemente dal fatto che la
persona non capisce cosa stia succedendo intorno a lei.
Cosa si intende per "agitazione"?
Con questo termine si indicano lo stato d'ansia, di tensione, di irritabilità, il
non riuscire a star fermi, L'aggressività fisica e verbale, la confusione, L'attività
motoria ripetitiva e i disturbi del sonno.
I pazienti dementi frequentemente si presentano agitati sia dal punto di vista
motorio che verbale. Tuttavia l'agitazione può essere l'espressione o la spia di
altre condizioni di malattia quali il dolore, la stitichezza, la presenza di
un'infezione. Altre volte l'agitazione è da collegare alla presenza di depressione;
infine esistono forme di depressione caratterizzate da incapacità a rimanere
fermi, con insonnia, deliri e irritabilità.
Anche l'uso scorretto e inadeguato di psicofarmaci può causa re spiacevoli
effetti collaterali quali senso di inquietudine oppure agitazione psicomotoria.
In presenza di agitazione è opportuno rimanere il più possibile calmi,
parlando con gentilezza, e cercando di distrarre l'ammalato. Talvolta la
semplice vicinanza di un familiare o di un operatore è sufficiente per eliminare
il sintomo. In questi casi non si deve discutere: non si tratta di collera o
aggressione deliberata nei confronti di chi assiste bensì di un sintomo dovuto
alla malattia, alla confusione, al fatto che la persona è oppressa da situazioni
che eccedono la sua capacità di affrontarle o controllarle.
L'agitazione e la frustrazione possono costituire il preludio alle reazioni di
grave agitazione; una risposta calma ed autoritaria nello stesso tempo, associata
alla distrazione del paziente, possono essere utili.
Una volta sedata l'agitazione è necessario indagare sulle cause che possono
averla causata, evitando il più possibile che si ricreino. E' utile elogiare la
persona per le cose giuste che fa, e non rimproverarla per quelle sbagliate.
Se gli attacchi di aggressività diventano più seri e incontrollabili, è
opportuno rivolgersi al medico.
Esistono vari farmaci che possono controllare l'agitazione.
IL VAGABONDAGGIO E L'INSONNIA
Camminare incessantemente da un posto all'altro per la casa è un sintomo
frequente nel demente. Esso è dovuto principalmente alla semplice e
fondamentale necessità di muoversi, come lo è il bisogno di alimentarsi.
E' importante fare in modo che, all'interno della casa, il malato possa
spostarsi senza pericoli, eliminando ostacoli o tappeti. Se necessario si può
impedire l'uscita, nascondendo la chiave della porta o dotandola di chiavistelli
difficili da azionare, oppure ancora mettendo un catenaccio in un punto della
porta in cui la persona non riesca a vederlo. Si può anche utilizzare un
campanello simile a quello di negozi o uffici che avverta in caso di apertura
della porta.
Se vi è la tendenza a camminare per casa durante la notte può volre dire che
la persona non è abbastanza stanca per dormire: è opportuno cercare di
incrementare la sua attività fisica diurna evitando che dorma troppo durante la
giornata.
Il buio, comunque, aumenta nella persona la confusione e, quindi,
l'agitazione: si deve tranquillizzarla ed, eventualmente, installare lampadine da
notte nella camera da letto, nel corridoio e nel bagno per aiutare la persona ad
orientarsi nella camminata notturna.
Se la persona ha la tendenza a uscire di casa può essere utile accompagnarla
quotidianamente a fare una passeggiata.
L'insonnia è un problema frequente e spesso complicato dal vagabondaggio
notturno. Il malato può alzarsi alle due di notte e desiderare di fare una
passeggiata oppure voler fare colazione. Si tratta di un disturbo che affatica i
familiari e che può scatenare la richiesta di ricovero temporaneo o definitivo.
Come per altri disturbi possono essere presenti cause eliminabili; malattie
fisiche, dolori (per esempio crampi muscolari notturni), farmaci, ansia,
depressione sono cause frequenti di insonnia. Dopo averle escluse, è possibile
adottare interventi ambientali creando un clima rilassante, eventualmente con
una musica a basso volume e con fioche luci notturne. E' fondamentale evitare
sonnellini diurni. L'esercizio fisico moderato deve essere incoraggiato. Se il
paziente assume farmaci che favoriscono la diuresi somministrateli il mattino; è
utile limitare l'introduzione di liquidi nelle ore serali. Un bagno caldo può
favorire il desiderio di addormentarsi.
Se anche questi tentativi falliscono, è possibile ricorrere all'impiego di
medicamenti sotto il controllo del medico.
E' infine necessario accettare il fatto che il camminare incessantemente è una
conseguenza della malattia non del tutto eliminabile.
I DELIRI E LE ALLUCINAZIONI
Con il termine di deliri si intende la presenza di convinzioni errate della
realtà, non facilmente correggibili e che condizionano il comportamento del
malato. Le allucinazioni sono percezioni in assenza di stimoli esterni; nella
demenza sono prevalentemente visive.
Questi sintomi, soprattutto i deliri, sono di comunissimo riscontro nelle
persone dementi, sia con malattia di Alzheimer che con demenza
multi-infartuale. In una elevata percentuale di persone i deliri rappresentano un
sintomo presente fin dall'esordio della malattia, accanto al disturbo di memoria.
I deliri sono prevalentemente di tre tipi: di persecuzione, di ladrocinio,
oppure false identificazioni. Nei primi due tipi il paziente crede che qualcuno
gli voglia fare del male oppure voglia sottrargli i suoi averi.
Nel terzo tipo, il più frequente, il malato può essere convinto che ci sia
un'altra persona nell'abitazione; altre volte può non identificarsi nella propria
immagine riflessa nello specchio e reagire come di fronte ad un intruso o ad un
estraneo che è entrato in casa; ancora può dialogare con un personaggio
televisivo credendo che quest'ultimo si rivolga a lui; infine può non riconoscere
una persona familiare e scambiarla per un'altra.
Molto frequente è l'identificazione della moglie con la propria madre. In
presenza di deliri ed allucinazioni è opportuno tentare, con tatto e discrezione,
di riportare il paziente ad un rapporto corretto con la realtà. Tuttavia, talvolta,
questo comportamento irrita il malato che si sente contraddetto in una cosa di
cui è convinto. In altri casi può essere utile distrarre il malato. Talvolta è
necessario impedire che guardi la televisione. Può essere necessario eliminare,
magari coprendole con un drappo o un'immagine, le superfici riflettenti, a
specchio.
Se il delirio è insistente ed è fonte di ansia o agitazione per il malato è
possibile ricorrere ai farmaci, spesso efficaci.
LA FAMIGLIA
Nelle famiglie con un paziente demente si stabiliscono equilibri e
compensi delicati e complessi, dominati dalla fatica e dal dolore, ma non per
questo necessariamente fragili. Studi recenti indicano infatti quanto questo
equilibrio dinamico sia resistente e si infranga solo di fronte ad eventi gravi,
quali la malattia o la morte del fornitore d'assistenza (con conseguente
sovraccarico brusco per gli altri familiari) oppure in seguito ad un
aggravamento ulteriore e non più sopportabile delle condizioni del paziente.
Un ulteriore motivo di rottura dell'equilibrio assistenziale è costituito dai
disturbi comportamentali, in particolare l'insonnia ed il vagabondaggio
notturno.
Molto importante come elemento di sostegno alla famiglia è considerata
l'informazione fornita dal medico curante circa la malattia.
La possibilità di una corretta assistenza familiare si fonda, per quanto
riguarda il personale sanitario, su due aspetti fondamentali: l'informazione ed il
supporto. La famiglia deve essere informata sulla. natura della malattia, sulle
capacità effettive del paziente, sulla necessità di coinvolgerlo in tutte le attività
del vivere quotidiano, nonchè sulle eventuali modifiche da apportare
all'ambiente domestico per facilitare processi di adattamento. Nella tabella 1
sono mostrati, in rapporto ai vari stadi della malattia, i problemi ed i compiti
che la famiglia deve affrontare, per i quali è necessario un supporto
informativo.
Particolare attenzione va posta nella spiegazione del comportamento da
adottare di fronte ai numerosi sintomi che caratterizzano, in modo non sempre
prevedibile, il decorso della malattia; le indicazioni del medico assumono
particolare importanza per i disturbi quali, per esempio, il progressivo
decadimento cognitivo o la deambulazione incessante, per nulla o poco
controllabili farmacologicamente.
Un momento particolarmente delicato è rappresentato dai primi incontri con
il malato ed i familiari. E' necessario essere consapevoli che il comportamento,
definito "strano", per il quale "da un po' di tempo non è più lui", è dovuto alla
malattia; che certe reazioni non sono facilmente controllabili; è importante
inoltre essere preparati alla variabilità dell'evoluzione della malattia che
impone adeguamenti continui.
I familiari inoltre riferiscono in modo più o meno manifesto tristezza,
scoraggiamento, senso di solitudine o stanchezza; frequente è il senso di colpa,
collegato al rifiuto o alla vergogna per il proprio familiare, al fatto che talvolta si
perde la pazienza oppure al fatto che si pensa di volerlo ricoverare in casa di
riposo.
E' necessario esaminare questi sentimenti, valutandoli in modo oggettivo e
discutendoli, se possibile, con altri familiari con problemi analoghi.
E' fondamentale sapere che, realisticamente, esiste per tutto il decorso della
malattia la possibilità di aiutare il paziente a conservare il proprio benessere.
Da quanto esposto fino ad ora è indispensabile che, durante il decorso della
malattia, esistano punti di riferimento ai quali la famiglia possa costantemente
appoggiarsi man mano che si pongono nuovi problemi. In alcuni ospedali
esistono incontri di gruppo con i familiari dei pazienti, per fornire un sostegno
psicologico alle loro difficoltà di rapporto col demente. E' stato dimostrato come
un programma di educazione rivolto ai familiari consenta di migliorare la
qualità della vita e ridurre la mobilità psicologica dei fornitori di assistenza,
ritardando l'istituzionalizzazione del demente. I familiari dei dementi che
periodicamente si incontrano, sotto la guida di un operatore sanitario,
presentano una migliore conoscenza della malattia, un minor senso di
isolamento, il superamento di alcuni sentimenti indotti dalla malattia del
congiunto, una maggior consapevolezza del proprio compito, nonchè una
maggior capacità di affrontare i comuni problemi quotidiani.
Tabella 1
Stadi della demenza e problemi dei familiari
STADIO I
• Abitualmente riconosciuto solo più tardi.
• Durata: 2-4 anni.
• Sintomi: spesso solo segni minori di compromissione della memoria e
dell'intelligenza; perdita di spontaneità e cambiamenti di carattere.
• Problemi dei familiari: cercare consiglio medico per la formulazione della
diagnosi e per ricevere i primi suggerimenti.
STADIO II
• Inizia con la diagnosi e termina con la comparsa di incontinenza.
• Durata: ampia variazione, da uno a sette anni.
• Sintomi: crescenti difficoltà nella comunicazione; compaiono irregolarità
del sonno e compromissione dell'autonomia nelle attività quotidiane;
possono comparire deliri e deambulazione afinalistica.
• Problemi dei familiari: affrontare i sintomi comportamentali anche
tramite interventi ambientali. Informarsi sulle caratteristi che della
malattia e, se possibile, inserirsi in gruppi di supporto costituiti da
altri familiari con problemi analoghi. Imparare a gestire i problemi
routinari. Fornire al paziente opportunità di svago e ricreazione.
STADIO III
• Dall'incontinenza fino alla grave perdita di autonomia ed all'incapacità
di comunicare.
• Durata: 2-4 anni.
• Sintomi: Problemi alimentari. Perdita del controllo sfinterico. Problemi
nella deambulazione. Accentuazione di tutti i deficit cognitivi e
funzionali.
• Problemi dei familiari: Affrontare i crescenti problemi di gestione della
perdita dell'autonomia oppure ricoverare il paziente in istituto.
STADIO IV
• Dalla perdita della autonomia e della capacità di comunicare fino
all'exitus.
• Durata: 3-15 anni.
• Sintomi: regressione allo stadio fetale; problemi di deglutizione e di
alimentazione; rallentamento dei movimenti fino all'allettamento.
Decesso abitualmente secondario ad un processo infettivo.
• Problemi dei familiari: decidere quali terapie impiegare oppure no
(alimentazione artificiale, sondino naso gastrico, terapia antibiotica
"aggressiva"...).
L'AMBIENTE E GLI AUSILI PER LE ATTIVITA' QUOTIDIANE
L'adozione di interventi ambientali assume valenza terapeutica
fondamentale in condizioni di malattia, quali la demenza, caratterizzate da
disabilità ed handicap progressivamente crescenti. In ogni "fase" della malattia
l'ambiente può compensare o, al contrario, accentuare le conseguenze del deficit
cognitivo e pertanto condizionare sia lo stato funzionale sia il comportamento
del paziente. Lo spazio e l'ambiente vitale possono rappresentare perciò, per la
persona affetta da demenza, da un lato una risorsa terapeutica, purtroppo
spesso sottoutilizzata, dall'altra il motivo scatenante di alterazioni
comportamentali apparente mente ingiustificate. Le scelte degli interventi
ambientali sono condizionate dalle caratteristiche del paziente e,
principalmente, dalla gravità della compromissione cognitiva e dalla natura dei
disturbi comportamentali. Nella tabella 2 sono riportate le indicazioni generali
per l'adattamento dell'ambiente. Gli obiettivi terapeutici ed i relativi interventi
ambientali possono pertanto variare ampiamente da semplici modifiche, come
il rimuovere oggetti ingombranti nella propria casa, alla creazione di ambienti
specifici completamente nuovi e specificamente finalizzati ad ospitare pazienti
con deterioramento cognitivo. Tuttavia, le linee generali e gli obiettivi che
condizionano la scelta di uno specifico spazio di vita sono simili per qualsiasi
ambiente, sia esso la casa, l'ospedale, oppure la casa di riposo.
I principali obiettivi terapeutici che devono sorreggere e guidare le relative
scelte ambientali sono i seguenti:
1 ) garantire la sicurezza;
2) compensare le disabilità ed i disturbi della memoria e dell'orientamento;
3) evitare stimoli stressanti e/o ridondanti;
4) rispettare la privacy e le capacità decisionali residue.
Tabella 2
Linee guida per l'adattamento dell'ambiente
1) eliminare le fonti di pericolo;
2) semplificare al massimo l'ambiente e la disposizione degli oggetti;
3) evitare o ridurre al minimo i cambiamenti (cambiare disposizione ai
mobili oppure ai quadri può comportare problemi; lo spostamento del
letto, ad esempio, può favorire la comparsa di incontinenza poiché il
paziente non riesce a trovare la via per il bagno);
4) fornire indicazioni segnaletiche per orientarsi nelle varie stanze;
5) fare in modo che le stanze siano ben illuminate ed evitare la presenza
di rumori o suoni disturbanti.
E' opportuno prevedere, anche in casa, l'adozione di ausili e supporti
finalizzati a garantire la sicurezza personale quali l'uso di fornetti a gas con
sistemi automatici di controllo, l'eliminazione o la riduzione degli ostacoli
(tappeti o mobili), nonchè luci di sicurezza notturne ed un'illuminazione
adeguata di corridoi e vani scala. Nelle persone anziane sono frequenti i deficit
sensoriali, soprattutto della vista e dell'udito; nel paziente demente questi
deficit accentuano il livello di compromissione cognitiva e di disabilità.
Particolari attenzioni vanno adottate affinché i pazienti utilizzino le protesi in
modo corretto. I colori delle pareti, dei pavimenti e degli oggetti dovrebbero
essere ben contrastanti per migliorare la capacità di discriminazione da parte
dei pazienti; sono consigliati i colori primari, mentre sono da evitare le tonalità
morbide. L'impiego dei colori consente anche di compensare la riduzione della
capacità di comprendere messaggi verbali (segnali scritti); da qui l'utilità di
contrassegnare con i colori spazi o percorsi con diverse destinazioni.
Altri ausili ambientali sono costituiti da calendari o orologi, oppure dalla
fotografia personale collocata sulla porta di ingresso della propria stanza.
I soggetti affetti da demenza possono avere difficoltà a tollerare elevati livelli
di stimolazione ambientale senza sperimentare ansia o stress; ciò è da attribuire
alla scarsa capacità di conservare il controllo delle afferenze sensoriali e di
utilizzarle correttamente. Al contrario, alcuni ambienti istituzionali presentano
un livello così scarso di stimolazioni da comportare una condizione di
"deprivazione sensoriale" altrettanto deleteria. Esistono, in merito al livello di
stimolazioni ambientali ottimali, pareri contrastanti e diametralmente opposti: a
chi propone un ambiente ricco di stimoli vi è chi contrappone un ambiente
assolutamente asettico e "pulito"; riteniamo che la scelta vada commisurata alle
caratteristiche di ciascun paziente. Il soggetto affetto da demenza di Alzheimer
con grave compromissione cognitiva e con vagabondaggio afinalistico
incessante è sicuramente più "al sicuro" se può deambulare in una stanza priva
di suppellettili; al contrario, il paziente con lievi o moderati deficit cognitivi
vive meglio in un ambiente il più possibile simile ad un habitat consueto di vita
disponendo di uno spazio personale (il comodino, la poltrona o il posto a
tavola) e di un luogo in cui "ritirarsi" se lo ritiene opportuno. Gli interventi
finalizzati a modificare l'ambiente in cui il paziente vive rivestono particolare
importanza
in
quanto
consentono
una
migliore
conservazione
dell'orientamento, favoriscono la compensazione delle limitazioni funzionali e
facilitano il controllo di alcuni sintomi comportamentali.
La persona confusa spesso non è in grado di riconoscere oggetti o situazioni
pericolose per la salute. D'altro canto è difficile per i familiari decidere fino a
che punto restringere la libertà d'azione della persona. Dovete comunque
accettare il fatto che non tutti i rischi possono essere rimossi.
Controllate per tutta la casa che non vi siano situazioni idonee a creare
incidenti: cavi o apparecchi elettrici difettosi, spine rotte, tappeti arricciati o
sfrangiati che possano provocare cadute, ecc.
Attenzione speciale va posta per i fornelli a gas: adottate chiavette con
lucchetti o appositi allarmi chimici. Se la casa è a più piani le scale devono
essere ben illuminate e munite da ambedue i lati di corrimano. Sarebbe, però,
meglio che la persona possa vivere al piano terra senza bisogno di usare le
scale.
Custodite detersivi, coloranti, tutti i prodotti chimici in genere, comprese le
medicine, in posti non raggiungibili dalla persona.
Si elencano di seguito una serie di raccomandazioni dettagliate, da adottare
per l'arredamento e la gestione dell'ambiente familiare.
• la casa deve essere resa più semplice possibile, priva di mobili
ingombranti e con pochi oggetti esposti;
• gli oggetti di uso quotidiano devono essere sempre nello stesso posto;
• è necessario evitare la presenza di rumori di sottofondo (TV o radio) il
paziente demente abitualmente è più tranquillo in un ambiente calmo.
Talvolta può essere utile una musica rilassante;
• i tappeti devono essere rimossi oppure fissati al pavimento;
• le stanze devono essere ben illuminate;
• evitare che i pavimenti presentino disegni complessi o che abbiano lo
stesso colore delle pareti;
• è utile disporre delle luci notturne nei corridoi, nella camera da letto e
nel bagno;
• evitare che le scale o i vani scala presentino oggetti ingombranti
• dotare le scale di un cancelletto all'estremità;
• oggetti o strumenti potenzialmente pericolosi devono essere fuori dalla
portata (ferro da stiro, rasoi elettrici,...);
• pitture, solventi insetticidi ed altre sostanze tossiche devono essere riposte
in vani non accessibili al paziente;
• dotare, se necessario, le porte di chiusure di sicurezza al fine di impedire
l'uscita;
• modificare la chiusura delle porte affinché il paziente non possa
accidentalmente rimanere chiuso in una stanza.
In cucina:
• chiudere il fornello dopo l'uso;
• riporre i prodotti detergenti in un posto sicuro;
• riporre i coltelli in luogo sicuro.
In camera da letto:
• eliminare gli oggetti che non vengono impiegati quotidianamente; lasciare
solo i vestiti per il giorno;
• disporre di una buona lampada centrale e di una lampada da notte;
• eliminare i tappeti attorno al letto;
• fare in modo che ci sia un percorso facile per accedere al bagno (in
alternativa si può disporre di una comoda da collocare accanto al letto).
In bagno:
• lasciare in vista solo gli oggetti di uso quotidiano (nelle fasi più avanzate
anche gli oggetti quali lo spazzolino o il dentifricio possono essere usati
in modo improprio e dovranno essere quindi gestiti dal familiare);
• non lasciare medicinali alla portata di mano;
• fornire la vasca o la doccia di maniglioni di appoggio;
• fornire il WC di maniglioni di appoggio ed eventualmente di presidi per
innalzare in piano di appoggio;
• dotare il bagno di una luce notturna.
L'impiego di ausili, ossia di strumenti o accorgimenti ambientali, può
consentire all'anziano che ha problemi nell'espletare le comuni attività
quotidiane, di superare l'handicap derivante da una o, più spesso, condizioni
patologiche e dalla relativa limitazione funzionale. Uno dei principali problemi
che interessano l'anziano è costituito dall'incapacità di gestire autonomamente
la propria igiene. D'altra parte l'abilità di lavarsi, fra le varie attività di base
della vita quotidiana (mangiare, vestirsi, deambulare...), è spesso la prima ad
essere intaccata quando l'anziano inizia a presentare problemi di autonomia. La
conoscenza di strumenti, attrezzature o metodi da impiegare nella cura di sé
può aiutare l'anziano a riacquistare o conservare libertà e riservatezza.
La conoscenza di questi ausili riveste notevole importanza per coloro che
vivono nella propria casa; per gli anziani in istituzione le varie operazioni di
igiene personale sono abitualmente condotte dal personale di assistenza
talvolta, erroneamente, con scarso coinvolgimento dell'ospite.
Anche gli anziani che vivono a casa e che hanno problemi a lavarsi
dovrebbero avere vicino un familiare e lasciare la porta del bagno aperta.
Qualora gli ausili fossero insufficienti per una gestione autonoma delle varie
operazioni di igiene personale, è necessario l'aiuto diretto di un familiare o di
una infermiera domiciliare; come alternativa, in alcune città, è possibile
effettuare il bagno (ed altre operazioni: pedicure, taglio e riordino dei capelli...)
presso centri diurni .
E' necessario sottolineare che il bagno è il luogo dove più facilmente si
verificano cadute legate principalmente all'affollamento degli oggetti ed alla
scarsità degli spazi di manovra. Al fine di ridurre sia le difficoltà di movimento
sia il pericolo di incidenti è sempre consigliabile usare la doccia anziché la
vasca. Possono essere utili uno sgabello con foro per lo scorrimento dell'acqua,
un tappetino antisdrucciolo (sia nella tazza della doccia sia appena fuori). Facile
da realizzare inoltre è un portasapone a rete dotato di una cordicella la cui
estremità va fissata alla parete della doccia o della vasca; questo semplice
strumento evita che il sapone possa cadere a terra e consente di insaponarsi con
una sola mano. E' opportuno che la parete della doccia o della vasca sia dotata
di sbarre o maniglioni per permettere all'anziano di sedersi e rialzarsi
facilmente. Per chi possiede una vasca è opportuno dotarsi di alcuni ausili. Il
fondo della vasca deve essere ricoperto con un tappetino antisdrucciolo che per
aderire in modo solido richiede che la superficie di appoggio sia prima
inumidita. I tappeti da bagno tendono a logorarsi e devono pertanto essere
cambiati ogni due anni circa. Sempre per l'uso della vasca sono disponibili degli
sgabelli da appoggiare sul fondo per elevare il piano d'appoggio oppure tavole
di legno o di plastica da appoggiare sui bordi. Quest'ultimo ausilio può essere
particolarmente utile per le persone colpite da emiparesi; la persona si siede
sull'asse volgendo gli arti sani verso la vasca, porta la gamba sana all'interno e
quindi con il braccio integro solleva l'arto plegico e lo porta nella vasca. E'
necessario accertare periodicamente che assi e sgabelli non possano scivolare
sui bordi o sul fondo. L'operazione del lavarsi può infine essere facilitata
dall'uso di manici di diversa foggia, in rapporto alle varie limitazioni, muniti di
facili impugnature ed all'altra estremità di spugne, che permettono di
raggiungere varie sedi della superficie corporea; sono particolarmente utili per
coloro che presentano compromissione della mobilità delle spalle.
Tutti i bagni delle persone anziane dovrebbero essere dotate di sbarre
(corrimano) per facilitare gli spostamenti soprattutto nella doccia, sopra la
vasca e in prossimità del WC; in commercio esistono vari tipi di supporti in
grado di soddisfare le varie disponibilità economiche. L'anziano inoltre
presenta spesso difficoltà ad alzarsi dalle comuni tazze del water. E'
consigliabile munire il WC di un supporto che, appoggiato sul bordo eleva il
piano di appoggio, facilitando il movimento di alzarsi in piedi.
I SERVIZI RIVOLTI AL SOSTEGNO DELLA FAMIGLIA, LA
CASA DI RIPOSO E GLI INTERVENTI RIABILITATIVI
La scarsa diffusione sul territorio nazionale di servizi assistenziali e sanitari
territoriali addossa alla famiglia un ruolo spesso solitario nella gestione del
paziente demente. L'unica alternativa alla famiglia, nella grande maggioranza
dei casi, la casa di riposo In alcune città si stanno realizzando servizi
diversificati rispetto all'ospedale ed alla casa di riposo che offrono ai familiari
importanti punti di riferimento e sostegno per l'assistenza al malato.
Questi servizi, che favoriscono la permanenza dell'anziano nel proprio
ambiente di vita, sono costituiti dall'assistenza domiciliare integrata,
dall'ospedalizzazione al domicilio, e dai centri diurni.
L'assistenza domiciliare integrata consiste in un complesso di prestazioni
mediche, infermieristiche, riabilitative, socio-assistenziali, prestate al domicilio
a soggetti non autosufficienti e parzialmente autosufficienti al fine di consentire
la permanenza nel normale ambiente di vita e di ridurre il ricorso alle strutture
residenziali. Le prestazioni fornite tramite l'assistenza domiciliare integrata
sono sanitarie (di base e specialistiche), infermieristiche, riabilitative,
socio-assistenziali, aiuto domestico, igiene della persona, somministrazione
pasti, lavanderia, disbrigo commissioni, sostegno psicologico. Per accedere a
questo servizio è necessario rivolgersi ai servizi socio-assistenziali di
circoscrizione o di distretto.
L'ospedalizzazione domiciliare consiste in un servizio, per ora attivato in via
sperimentale in pochi centri urbani, al fine di trattenere a casa persone
bisognose di ricovero o di rinviare precocemente a casa persone ospedalizzate
per un proseguimento di cure a domicilio, sotto la responsabilità assistenziale
diretta del presidio ospedaliero, il quale opera tramite proprio personale o con
la collaborazione del personale dei servizi territoriali.
Sia l'assistenza domiciliare integrata che la ospedalizzazione domiciliare
sono possibili solo quando esistono familiari o conviventi in grado di garantire
un sostegno continuo all'anziano non autosufficiente.
I centri diurni sono strutture di tipo aperto che forniscono prestazioni di
assistenza e di sostegno alla famiglia.
Il centro diurno offre varie prestazioni: servizio di ristorazione, ritrovo,
segretariato sociale, di consulenza, attività ricreative e culturali, attività
sanitarie prevalentemente di tipo riabilitativo.
Nell'ambito dei servizi di centro diurno esistono fondamentalmente due
tipologie: la prima, che prevede un'utenza di anziani autosufficienti, la seconda
che, al contrario, prevede un'utenza di soggetti con vari gradi di disabilità.
Questa seconda tipologia di centro diurno può svolgere un compito
significativo nel supporto alle famiglie e ritardare le richieste di
istituzionalizzazione definitiva del paziente. Le poche esperienze esistenti in
Italia prevedono dei servizi di trasporto erogati dal comune, per trasferire il
paziente dall'abitazione al centro diurno, dove questi trascorre alcune ore della
giornata, abitualmente dalle 9 alle 16. Il personale di cui questi centri orientati
all'assistenza di anziani con problemi di autosufficienza deve prevedere la
presenza di personale ausiliario, infermieristico, riabilitativo e medico.
Le case di riposo saranno nel prossimo futuro sempre più spesso chiamate ad
assistere pazienti con decadimento cognitivo. Alcune case di riposo, nell'ottica
di una diversificazione delle risposte, stanno creando unità specifiche rivolte a
pazienti con disturbi comportamentali. Un altro servizio che alcune strutture
offrono e che dovrebbe essere più diffuso consiste nei ricoveri temporanei di
sollievo per i familiari, superando così la logica che vede nel ricovero in casa di
riposo una scelta definitiva.
Durante l'intero decorso della malattia, al fine di limitarne le conseguenza e
di rallentarne l'evoluzione, è possibile ricorrere ad interventi riabilitativi.
Gli interventi di riabilitazione si definiscono come strategie finalizzate a
ridurre l'impatto della malattia sul livello di autosufficienza. Questi interventi
adottano due modalità tra loro complementari:
a) interventi specifici di recupero diretti alla persona;
b) interventi sull'ambiente con lo scopo di facilitare le attività dell'ammalato e
ridurre il livello di handicap.
La Terapia di Orientamento nella Realtà (ROT - Reality Orientation Therapy),
nell'ambito degli interventi riabilitativi rivolti alla persona, è la più diffusa
terapia impiegata nei pazienti con confusione mentale e deterioramento
cognitivo. L'obiettivo principale della ROT consiste nel potenziare e conservare
il più a lungo possibile le funzioni cognitive tramite una serie di stimolazioni
relative all'orientamento personale, temporale e spaziale. Esistono due
principali modalità di ROT. La ROT informale prevede un processo di
stimolazione continua che implica la partecipazione di operatori sanitari e
familiari, i quali durante i loro contatti col paziente, nel corso delle 24 ore,
forniscono ripetutamente informazioni al demente. E' fondamentale che nel
corso della giornata vengano "ricordate" al malato alcune informazioni
importanti circa l'orientamento temporale e spaziale: ciò può avvenire anche
più volte nel corso della giornata sia durante la comunicazione sia tramite
calendari, orologi, cartelli segnaletici.
Fin dal risveglio è utile comunicare al proprio caro informazioni
apparentemente banali: il giorno, la stagione, il nome degli altri familiari. La
continua ripetizione delle informazioni aiuta il malato a conservarle
maggiormente nel tempo. Come intervento complementare o alternativo alla
ROT di 24 ore, è stato sviluppata una ROT formale che consiste in sedute
giornaliere condotte con gruppi di 4-6 persone, omogenee per grado di
deterioramento, durante le quali un operatore impiega una metodologia di
stimolazione standardizzata.
I PROBLEMI ETICI
L'assistenza al paziente demente nel periodo che segue la diagnosi pone
numerosi e specifici dilemmi etici, che assumono caratteristiche diverse durante
il decorso della malattia. I familiari rappresentano l'interlocutore con il quale
l'operatore sanitario cerca di fare una scelta corretta.
In particolare una valutazione etica si impone nelle fasi iniziali - 2-3 anni della malattia; nelle fasi terminali della demenza, i problemi sono infatti
analoghi a quelli che si possono presentare in anziani affetti da gravi malattie
croniche disabilitanti. Nelle fasi iniziali i principali interrogativi di carattere
etico riguardano la comunicazione della diagnosi al paziente e la definizione
dei limiti di libertà e competenza nelle decisioni personali. Sempre più spesso è
possibile porre una diagnosi di probabile malattia di Alzheimer in fase precoce
o addirittura in fase preclinica; la decisione di comunicare o meno ad una
persona la natura della malattia che lo ha colpito e l'evoluzione che ci si deve
attendere richiede, quindi un'attenta valutazione della personalità, della
cultura, del contesto sociale e familiare. Da un lato il rispetto per la libertà della
persona imporrebbe di comunicare la verità; dall'altro l'incertezza della
diagnosi, la mancanza di valide strategie terapeutiche, la drammaticità
dell'evoluzione impone di evitare una sofferenza a volte insopportabile.
Nelle fasi iniziali si pone, con grande rilevanza, il problema del rapporto tra
il malato e la famiglia, anche per la definizione del livello di competenza
decisionale circa alcune scelte fondamentali (ad esempio vivere da soli, guidare
automobili, gestire il proprio denaro, decidere circa i ricoveri e le cure ecc.). Il
sistema legislativo italiano in merito alla libertà decisionale del paziente offre
soluzioni rigide, quali l'interdizione, che non lasciano spazio a soluzioni
personalizzate.
Nelle fasi intermedie della malattia, quando vi è un significativo
deterioramento delle funzioni cognitive e quindi della competenza, i maggiori
problemi etici vengono posti dalla necessità di subordinare le scelte delle
strategie
diagnostiche,
terapeutiche,
assistenziali,
alla
ricerca
dell'ottimizzazione della qualità della vita, mantenendo un adeguato livello di
"care".
Nelle fasi finali della demenza si pongono numerosi problemi legati al
trattamento delle complicanze, alla necessità di cure intensive, di sostegno
all'alimentazione ed alle funzioni vitali. Uno dei problemi più frequenti è
rappresentato dalla necessità di ricorrere all'alimentazione enterale, tramite
sondino naso-gastrico o, come avviene più spesso in altri paesi, alla
gastrostomia percutanea, al fine di garantire una nutrizione adeguata del
paziente che rifiuta o non è in grado di alimentarsi autonomamente te neppure
con aiuto. In questi casi la decisione di adottare la nutrizione enterale deve
essere subordinata alle prospettive di vita del paziente ed alla necessità di
garantire, comunque, un'adeguata idratazione al fine di ridurre il grado
sofferenza. Il ricorso alla nutrizione tramite sondino naso-gastrico è
consigliabile in presenza di gravi complicanze da immobilizzazione, per
limitare le conseguenze dell'immobilizzazione stessa e per ridurre,
contemporaneamente, il carico assistenziale.
L'aggressività o la cautela terapeutica devono essere condizionate da una
valutazione personalizzata di ciascun ammalato. Secondo la legislazione
italiana, in assenza di una specifica volontà del paziente, le scelte terapeutiche
dipendono dalla responsabilità e dalla competenza del medico curante,
indipendentemente dalle decisioni o dai suggerimenti espressi da parte dei
familiari che devono tuttavia essere il più possibile coinvolti ed informati.
In alcuni paesi, soprattutto anglosassoni, si sta diffondendo il "living will",
ossia un testamento nel quale il paziente esprime la propria volontà in merito
agli interventi sanitari da adottare o da evitare in caso di necessità o qualora il
paziente stesso non sia in grado di fornire una scelta circostanziata nel
momento in cui questa viene richiesta. La critica che più frequentemente viene
rivolta ai "living will" scaturisce proprio dal fatto che le decisioni del paziente
non sono espresse nel momento in cui sono necessarie.
GLI ASPETTI LEGALI
La legislazione italiana per i pazienti che presentino, a causa di una
malattia, una persistente difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni della vita
quotidiana, prevede la possibilità di ottenere benefici (assegno mensile,
esenzione da ticket ecc.). L'erogazione di questi è condizionata al
riconoscimento dell'invalidità civile.
La domanda di invalidità civile va presentata agli uffici della medicina di
base oppure agli uffici invalidi civili della propria USL.
La domanda va corredata da:
- modulo di domanda in due copie
- certificato di residenza
- certificato di cittadinanza
- certificato del medico di base che specifica la diagnosi ed il grado di
disabilità
Per espletare la domanda di invalidità ci si può rivolgere alle assistenti sociali
comunali o di circoscrizione, oppure ai Patronati; la loro assistenza è gratuita.
All'atto della visita presso l'apposita commissione nominata in ogni USL, è
opportuno presentare una dettagliata documentazione sanitaria che attesti le
condizioni di salute del malato.
Qualora venga riconosciuta una invalidità permanente del 100%, può essere
concessa, dietro richiesta, un' "indennità di accompagnamento" che consiste in
un assegno mensile erogato al malato per le prestazioni sanitarie ed
assistenziali di cui necessita.
L'indennità di accompagnamento viene data alle persone che si trovano nella
impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore
oppure a chi "non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita,
abbisognano di un'assistenza continua".
L'indennità di accompagnamento viene concessa indipendentemente dall'età
e dal reddito e viene sospesa qualora il malato sia ricoverato in istituti con rette
a carico di enti pubblici.
In alcuni casi, al fine di tutelare gli interessi dell'ammalato, è necessario
richiedere l'inabilitazione o l'interdizione.
La domanda di interdizione o di inabilitazione deve essere presentata al
giudice tutelare della Procura della Repubblica presso il Tribunale competente
per territorio.
La sentenza di interdizione determina la totale incapacità di agire e pone
l'interdetto in stato di tutela.
L'inabilitazione, anch'essa sancita con sentenza, determina l'incapacità di
compiere gli atti eccedenti la semplice amministrazione rendendo necessaria,
per tali atti, L'assistenza di un curatore. Possono essere dichiarati inabilitati
coloro che si trovano in una condizione di abituale malattia di mente ma non
così grave da richiedere il ricorso all'interdizione.
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