L`esistenza umana non può sempre sottostare alla ragione proprio

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L’esistenza umana non può sempre sottostare alla ragione proprio perché
la spiritualità si colloca al di là della ragione e delle sue categorizzazioni
tra normale e patologico ( K. Jaspers)
La persona creativa e riconosciuta tale può essere soggetta ad aspettative
e richieste anche ambigue e contraddittorie .
I comportamenti sociali possono reprimere i comportamenti creativi e
portare le persone verso una situazione di emarginazione con la
conseguenza di finire in uno STATUS INFERIORE dove si conta meno degli
altri e nei confronti degli altri si sviluppano degli stereotipi e pregiudizi
negativi.
La società ha necessità di legittimare l’emarginazione .
Differenza tra emarginazione e marginalità
Diversa partecipazione alla vita sociale ,l’EMARGINATO si sente ancora
coinvolto e avverte il fatto di essere messo da parte ,ma può ancora
protestare e lottare . Il MARGINALE ha maturato un senso di estraneità
alla società ,non partecipa ,non cerca l’integrazione e si considera un
mondo a parte .
I gruppi marginali hanno una cultura propria (O. Lewis),cioè norme,
abitudini e tradizioni. Sono subculture dentro la più ampia cultura della
società,quasi una società nella società.
Gli emarginati non hanno una cultura propria ,ma condividono più o meno
quella dominante della società.
Si può essere nella società senza essere nel sistema di essa, posizione dei
marginati .Gli emarginati occupano nel sistema sociale posti periferici,ma
comunque ne sono dentro .
Il concetto di MARGINALITA’ risale a Park(1928) sociologo della famosa
scuola di Chicago,che applicò agli immigrati che non integrati nella nuova
società conducevano una vita a parte .
Studi sul’America latina ,con l’afflusso dalle campagne si sono ghetti con
propri problemi sociali (Germani 1969)
Le bidonvilles ,la non partecipazione alla vita sociale più ampia .
Necessità per la comunità scientifica di mettere in atto l’osservazione
partecipante già indicata da Anderson nella scuola sociologica di Chicago.
Si diventa emarginati attraverso un processo i cui fattori oggettivi
,soggettivi,scelte individuali e condizionamenti sociali interagiscono,ad
esempio il BARBONISMO ed un certo tipo di MORTALITA’ SCOLASTICA .
La persona emarginata tende a giustificare ai propri occhi la sua
situazione ,con la conseguenza di sviluppare convinzioni negative .
Rivedere il concetto di sé nell’esperienza di una REINTEGRAZIONE SOCIALE
è doloroso e può creare un trauma e si attiva il circolo di
AUTOAMPLIFICAZIONE della fuori uscita dalla società -INTERVENTO
delle AGENZIE EDUCATIVE .
MARGINALITA’ viene da” margine” ,indica qualcosa che non è al “centro”
in senso latamente culturale (storico, sociale ,pedagogico) il punto di
riferimento e di orientamento delle condotte dalla maggioranza delle
persone .
CENTRO-insieme dei saperi ,valori ,atteggiamenti ,costumi ,identità,
modelli di comportamento .ADEGUAMENTO al centro ,che ha contenuti
diversi secondo le culture ,come strumento fondamentale per lo sviluppo
del singolo ,ma anche per il mantenimento del’ordine sociale.
MARGINALITA’ TRASVERSALI a vari gruppi sociali non integrati come le
comunità di clandestini o immigrati “regolarizzati” ma di fatto esclusi dal
processo di partecipazione politica che forniscono identità e
riconoscimento.
Nel momento storico attuale ,tali forme di emarginazione cominciano a
prendere luce già nell’adolescenza in quello che viene definito
DISAGIO,riferito ad una condizione esistenziale e secondo Meresini e Ranci
esso è la manifestazione ,presso le nuove generazioni delle difficoltà di
assolvere ai compiti evolutivi che vengono richiesti dal contesto sociale
per il conseguimento dell’identità personale e per l’acquisizione delle
abilità necessarie alla soddisfacente gestione della relazione quotidiana.
All’adolescente si collega un desiderio di autonomia intellettuale ,alla
necessità di sviluppare convinzioni personali,a ciò si affianca una forma di
MARGINALITA’ SOCIALE, cioè un allontanamento dalle istituzioni sociali
L’autonomia intellettuale conduce all’elaborazione di un proprio sistema
morale che può abbracciare un’idea senza tener conto delle sue specifiche
conseguenze.
Lo psicanalista E.Erikson, autorevole sostenitore della concezione
dell’adolescenza come “età di crisi”,ossia da una difficoltà a riconoscersi in
una personalità determinata e a fare scelte coerenti con essa. Da ciò
scaturiscono contrasti interiori e con il mondo esterno, i quali danno vita
ad un DISAGIO che dovrebbe in seguito essere superato come momento
intermedio e non come condizione stabile del cammino verso la vita
adulta. Nella maggior parte dei casi il disagio giovanile tende a
stabilizzarsi senza degenerare ,ma non sono rare le situazioni nelle quali
esso non viene assorbito in seno al normale processo di crescita e si
deteriora in forme patologiche quali la DEVIANZA, intesa come una
violazione consistente delle norme stabilite e accettate dal gruppo di
appartenenza.
Fattori sociali del disagio giovanile:famiglia frammentata o in difficoltàsocietà adulta –civiltà televisiva –ambienti urbani degradati -la
disoccupazione protratta e l’assunzione spesso acritica di ideali ribelli e
antisociali proposta dal gruppo dei pari .
Avvisaglie del disadattamento sono in genere crisi interiori e difficoltà
relazionali che la famiglia e gli educatori tendono a sottovalutare ,uno
degli sbocchi di questo disadattamento prende quindi la forma della
DEVIANZA
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