La IC*in viaggio con Annibale

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LA IC…IN VIAGGIO CON ANNIBALE
Alla scoperta di uno dei più grandi nemici di Roma…
in mostra al Castello di Barletta.
LA NOSTRA GIORNATA INSIEME
Il 22 Novembre gli studenti delle classi I C e I B del Liceo Scientifico E. Fermi alle ore 8:00 si
sono riuniti, accompagnati dalle insegnanti, per andare a visitare la città di Barletta. Erano circa
le 8:15 quando il pullman si è fermato vicino al Castello di Barletta; dopo essere scesi, la nostra
attenzione è stata rapita da un manifesto all’entrata con scritto il nome della mostra: “Annibale,
un viaggio”.
Una volta entrati nel castello, prima di vedere la mostra, siamo saliti sul terrazzo per scattarci
una foto di classe. La mostra era composta da otto stanze, nelle quali era possibile vedere video
multimediali, reperti e leggere testi di approfondimento.
NELLA PRIMA STANZA, OVVERO QUELLA
PRINCIPALE, È CONSERVATO IL BUSTO DI
ANNIBALE, UN'IDEALE TESTIMONIANZA SUL SUO
RILIEVO STORICO NELL'AREA DEL
MEDITERRANEO…
MA CHI ERA ANNIBALE?
NON ABBIAMO VERI E PROPRI RITRATTI DI
QUESTO GENERALE…
Un modello da cui Annibale prese
ispirazione fu Ercole. Da lui cercò di
copiare il suo ‘’essere eroe’’ ed anche
alcuni aspetti fisici,tra cui la barba e i
capelli, questi elementi riportavano alle
caratteristiche orientali
LE FONTI SU ANNIBALE, INVECE,
ABBONDANO!
Sono molte le fonti storiche che affermano
l'esistenza del condottiero, ancora di più,
però sono lefonti che narrano le sue
imprese e i suoi ideali.
 La maggioranza delle fonti arrivate a noi
sono fonti scritte, in greco e latino,
racchiuse in libri storici e biografici.
 Tra le opere ricordiamo le Storie di Polibio,
il Liber de excellentibus ducibus exterarum
gentium Cornelio Nepote, e i libri Ab Urbe
Condita di Tito livio
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IL CONFLITTO, PERÒ, AFFONDA LE SUE
RADICI NEL MITO…
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L'Eneide, un poema epico scritto dal poeta e filosofo Virgilio tra il 31a.C. e il 19a.C. narra le vicende
dell’eroe troiano Enea, che dopo essere fuggito dalla guerra di Troia, viaggia lungo il mediterraneo
per poi fermarsi nel Lazio. Si dice che la città di Roma fu fondata proprio da lui e che egli diventò il
capostipite dei romani. Ma cosa c'entra l’Eneide con l’astio fra romani e cartaginesi? Il motivo di
questa malevolenza risale all’amore tra Didone ed Enea. Egli durante il suo viaggio lungo il
Mediterraneo si ferma a Cartagine, nell’attuale Tunisia; lì incontra la regina Didone, e subito i due si
innamorano. Il loro amore se lo dichiarano per la prima volta in una grotta, al riparo da un
temporale.”Per Didone questo è l’inizio della fine”. Da quel momento, la regina non nasconde a
nessuno l'amore che prova per Enea, facendo così infuriare Iarba, un suo pretendente che l'aveva
chiesta più volte in sposa. Iarba indispettito si rivolge al padre Giove che per aiutarlo manda
Mercurio, il messaggero degli dei, a rimproverare Enea e a ricordargli che la sua vera missione è
lasciare Didone, per poi partire verso l'Italia. Enea e Didone fanno un ultimo dialogo prima che egli
parta e nonostante l'amore che li lega i due si contrappongono nettamente. Didone cerca in tutti i
modi di trattenere Enea ma, invano alternando suppliche e sdegno. Enea soffre all'idea di perdere la
sua amata, ma è pronto a sacrificarsi per il compimento della sua missione voluta dal fato. Didone
rimane sola ed è infelice non solo per la partenza di Enea, ma anche per paura del suo futuro di
regina; infatti a causa del suo amore per lui si è schierata contro il suo stesso popolo ed è ora
circondata da gente ostile. Dopo la partenza di Enea, Didone disperata mette in atto un tragico piano
suicida. Dapprima brucia gli oggetti del suo amato e sempre più distrutta dal dolore, manda una
maledizione a lui e a tutta la sua generazione futura (cioè i romani), promettendo che un giorno dalle
sue ossa nascerà un vendicatore che porterà una guerra fra tutte le loro genti. Detto questo, con un
gesto fulmineo Didone si trafigge con la spada che Enea le aveva donato in passato.
Questa è la spiegazione eziologica dell'astio tra romani e cartaginesi. Il vendicatore nominato da
Didone, durante la maledizione, potrebbe essere proprio Annibale.
ANNIBALE IN TITO LIVIO
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Tito Livio descrive Annibale come un nemico,difatti all’epoca Roma e Cartagine erano
le due principali potenze ed era inevitabile che si sarebbero scontrate. Tito Livio ci dice
che le cause dello scoppio della seconda guerra punica erano le seguenti:Roma riteneva
un affronto che i vinti dichiarassero guerra ai vincitori, mentre Cartagine riteneva
ingiusto che i vincitori imponessero enormi tasse sui vinti. Amilcare, padre di Annibale
obbligò il figlio all’età di nove anni a compiere un giuramento, ovvero a promettere che
sarebbe stato sempre nemico del popolo romano. Il padre morì poco dopo, Annibale
era troppo giovane per governare,così il trono passò al fratello maggiore Asdrubale,egli
preferiva la “parola” alla forza bruta e questo gli favorì di stringere alleanze con i re
locali e di riuscire ad espandere così i limiti del regno dei Barca. Il preferire il dialogo
non lo salvò però dalla guerra, difatti venne trucidato da un barbaro davanti al suo
popolo. Dopo la morte del fratello, Annibale doveva diventare il nuovo generale
dell’esercito cartaginese, il fratello maggiore Annone però non voleva e così chiese al
Consiglio cartaginese di non mandarlo in guerra, ma il Consiglio rifiutò l’appello di
Annone e così Annibale partì per la Spagna. Annibale venne subito preso in simpatia
dall’esercito, veniva definito infatti “Giovane Amilcare” sia per i lineamenti sia per il
carattere, difatti egli era il primo a scendere nel campo di battaglia e l’ultimo a tornare,
però aveva anche dei difetti: non rispettava leggi e giuramenti,non credeva negli dei e
non li rispettava.
ANNIBALE IN CORNELIO NEPOTE
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Nel suo libro intitolato ‘’Excellentibus ducibus exterarium
gentium’’, Cornelio Nepote parla dell’odio profondo di
Annibale nei confronti dei Romani.
Cornelio Nepote vede Annibale come un grande guerriero,
coraggioso ,superiore per abilità a qualunque altro generale
,uscito sempre vittorioso dalle battaglie contro i Romani.
Quando parla dell’ odio profondo che Annibale ha nei
confronti dei romani ,dice questo odio gli è stato trasmesso
dal padre come per eredità e che lui ha fatto un giuramento
al padre in cui promette di non essere mai amico dei
romani .
ANNIBALE IN POLIBIO
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Polibio, scrittore greco nato nel I secolo a.C., scrisse molte biografie tra cui la principale
da annoverare è quella su Annibale.
Le fonti da cui trasse la biografia dell’eroe Cartaginese sono le più attendibili visto che i
due erano coetanei. Nel libro di Polibio vengono descritte principalmente le cause della
guerra, esse sono: ;
1. i romani dichiararono guerra ai cartaginesi i quali furono costretti a cedere la
Sardegna e a pagare milleduecento talenti perché non erano in grado di affrontare la
guerra contro i romani
2. Amilcare, padre di Annibale, aveva una grossa avversità nei confronti dei romani
perché fu precedentemente sconfitto in una battaglia navale dai essi, pertanto era
sempre intento a dichiarargli guerra.
3. Annibale, dopo aver ereditato la parte Iberica dell’Europa da parte di suo padre e suo
fratello, e sulla scorta dell’inclinazione del padre, anche se contro il volere della
popolazione Cartaginese, dichiarò guerra ai romani.
Il desiderio di Amilcare si avverò dieci anni dopo dalla sua morte. Infatti, Annibale,
dopo averla conquistata, partì dalla Spagna e risalendo tutta l’Europa per arrivare dalle
Alpi in Italia in compagnia degli elefanti.
Polibio vide Annibale come un eroe e un guerriero valoroso, ed è accomunato dallo
stesso modo di giudicare i romani.
LA STANZA PRINCIPALE DELLA MOSTRA…
LA FORZA DI ANNIBALE ERA ANCHE LA
SUA CITTÀ, CARTAGINE…
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Cartagine, fondata nell’814 a.C. da coloni fenici comandati da Didone, si trova sull’lato
orientale del lago di Tunisi. Divenne una potenza del Mediterraneo Occidentale. Si
scontrò con Siracusa e Roma per il controllo sui mari. Cartagine sorgeva su un
promontorio roccioso, quindi era una posizione molto strategica.
Per proteggere la città i cartaginesi alzarono 3 mura che correvano una vicino all’altra;
erano congiunte fra loro da volte. Tutte e tre erano lunghe 5 km; andavano dalla
laguna alle saline. La prima era larga più di 2 m e alta 14 m. Ogni 60 m si trovava una
torre di avvistamento. Il sistema difensivo della città prendeva l’aspetto di un
gigantesco bastione. Sotto le volte c’erano due piani: uno dedicato alla stalla per 300
elefanti e i depositi per il loro cibo, e l’altro era dedicato alle scuderie e fienili per 4000
cavalli e caserme per 20000 fanti e 4000 cavalieri.
Le case della città erano abbastanza vicine e potevano avere anche 6 piani.
Quest’ultime erano collegate da vie strette, infossate, anguste e tortuose, costituite
anch’esse per la difesa. Vicino al mare si stendeva la piazza del mercato. Nel centro era
presente un tempio e il maestoso palazzo del Senato. Nella città risiedevano il popolo,
i piccoli e i grandi mercanti. La potenza di Cartagine era fondata sui segreti: c’erano
delle stazioni di rifornimento per i naviganti e i carovanieri cartaginesi ovunque, le
miniere di metalli preziosi, ma il segreto più importante era la sua potentissima flotta.
Chiunque arrivasse avrebbe visto una città senza porto e navi.
GLI ELEFANTI DI ANNIBALE
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Gli elefanti erano l’arma principale che ha permesso di vincere la
battaglia a canne proprio da Annibale Barca. I tipi di elefanti usati erano
una variante del tipico elefante africano e si chiamava elefante delle
foreste ormai estinti da tempo invece il comandante (in questo caso
Annibale) usava l’elefante indiano che era molto più grosso ed a esso
veniva messa una torre di controllo per cavalcarlo. Essi venivano
corazzati con armature perfino sulla proboscide e sulle orecchie.
Una pecca degli elefanti da guerra era che se c’era molto rumore loro si
imbizzarrivano e quindi non erano più domabili, allora i cartaginesi
escogitarono un piano che consisteva in prendere un chiodo chiamato
cornac e ficcarlo nella testa dell’elefante per abbatterlo.
Ci sono fonti dell’attraversata di Annibale con gli elefanti come la
scultura dell’elefante tolemaico che vede in cima un soldato senza torre
ed un elefante non molto grosso.
Un noto scrittore francese di nome Flaubert fa notare l'arrivo degli
elefanti ,con armature scarlatte, nel territorio di canne e lo paragona a
un terremoto che distrugge tutto e uccide innumerevoli persone. Anche i
soldati romani rimasero allibiti.
L’ESERCITO DI ANNIBALE
Dal punto di vista tipologico il nucleo centrale dell’esercito punico (in
media, armate di 25-30.000 uomini, di cui un sesto cavalieri) era
costituito dalla fanteria pesante, appoggiata dalla fanteria leggera. Iberi
e Celti combattevano a piedi muniti di armi da taglio. La falange era
formata da guerrieri di origine greca, armati di lunghe lance. Della
cavalleria facevano parte soprattutto i Numidi, ma anche genti celtiche.
Per lungo tempo i Cartaginesi impiegarono anche i carri da guerra, non
più in uso però già al tempo delle Guerre Puniche, e sostituiti dagli
elefanti addestrati al combattimento. Il loro impiego è testimoniato a
partire dal 262 a.C. Di taglia piccola,questi animali si potevano muovere
velocemente e senza difficoltà anche su dei terreni accidentati,
preclusi ai tradizionali carri da guerra. L’organico di elefanti dell’esercito
punico doveva forse ammontare a qualche centinaio. In epoca ellenistica
si adottarono tanto le ultime novità in fatto di armamenti, quanto le
nuove strategie e tattiche in voga nel periodo tolemaico. Secondo lo
scrittore cristiano Tertulliano, l’ariete sarebbe stato inventato dai
Cartaginesi, ma esso doveva essere noto già prima agli Assiri.
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LA TRAVERSATA DELLE ALPI
- Annibale arrivato alle alpi incita i soldati che sfiniti si danno per
vinto dicendo: “un terrore improvviso ha pervaso i vostri cuori sempre
coraggiosi? Ricordate che tutta la Spagna è stata occupata da voi, che
il fiume Ebro è stato superato ad delendum nomen Romanum
liberandasque omnes gentes orbis terrarum. Quando poi superavate i
monti Pirenei e il fiume Rodano, tra genti molto selvagge, eravate
certi che avreste superato le Alpi ora dopo aver sconfitto tanti popoli
in vista delle Alpi perché pensate che il vostro coraggio sia minore
adesso? Cosa pensate che siano le Alpi? Vi dico che le api sono
abitate, coltivate danno il passo agli eserciti, e che sono state spesso
superate anche dai Romani”
ANNIBALE IN PUGLIA
Annibale dopo essere sopravvissuto all’insidia della valle del Volturno, decide di cercare un
posto per accamparsi durante l’inverno. Trova questo accampamento nel territorio
dell’Apulia in quanto era pianeggiante e quindi adatta alle caratteristiche del suo
esercito. Decise di recarsi alla città di Gereonio dove c’era grande quantità di frumento
in più c’erano solo de mura alla difesa della città perciò decise di stanziare i suoi
accampamenti invernale lì. Ma anche il capo dell’esercito romano decise di far recare il
suo esercito nell’Apulia settentrionale. Allora giungeva Annibale che dopo quel lungo e
frustrante viaggio approdava in una terra rigogliosa di grano, di vigneti e di oliveti,
d’ortaggi e frutteti, le saline salapine ; approdò in una terra ricca di cavalli che
vagavano liberi nella Murgia. In primavera riprese il suo viaggio ma senza lasciare in
pace le popolazioni di quel posto devastando qualunque cosa incontrava per evitare
velleità difensiva da parete dei locali. Annibale pretendeva uno scontro alla pari con i
romani, e quindi si diresse verso l’Ofanto e in breve tempo arrivò alla città di Canne; la
decisione del luogo di accampamento fi di tipo tattica in quanto riteneva che i romani
sarebbero arrivati svantaggiati perché il suo esercito disponeva di acqua illimitata, in
quanto era vicino ad un fiume, e disponibilità di navigazione. Questa era la Puglia che
Annibale trovò e intensamente coltivata e di pastori che portavano a spasso le pecore.
STRATEGIA DELLA BATTAGLIA DI CANNE
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Annibale aveva come suo unico scopo quello di sconfiggere
definitivamente i romani. Egli però non poteva entrare
direttamente nel territorio romano, altrimenti avrebbe
riscontrato una sconfitta dura e vergognosa. Pensò quindi
di architettare un’invasione particolare: attraversò l’Iberia e
la Gallia per poi arrivare alle Alpi; dopo averle attraversate,
scese nel territorio italiano fino ad arrivare a Roma. Il
viaggio non fu per niente facile: egli doveva oltrepassare le
Alpi insieme ai suoi 15mila cavalli e 37 elefanti (utilizzati
per creare scompiglio in Italia); inoltre, durante la marcia,
lui e il suo esercito dovevano proteggersi dalle popolazioni
barbare e dovevano sfuggire alla frane delle Alpi, in cui
alcune truppe dell’esercito non sopravvissero ad esse.
Per Annibale sconfiggere i romani non sarebbe stato facile: egli
doveva combattere contro un’ esercito nettamente superiore di
numero rispetto a quello cartaginese, anche perché una parte
dell’esercito di Annibale non riuscì a sopravvivere, e sicuramente più
lucido fisicamente, purchè l’esercito cartaginese rimasto era stremato
dal lungo viaggio. Allora Annibale incoraggiò i suoi compagni e
decise di mettere in atto una strategia militare che passò per la storia
cartaginese: il cosiddetto “attacco a tenaglia”. Esso consiste
nell’accerchiare il nemico con lo sfondamento del fronte sulle ali e
all’arrivo di altre forze alle spalle del nemico, che rimane tagliato
dalle proprie basi. All’inizio i romani seppero reagire, influendo gravi
perdite ai cartaginesi, ma poi i cartaginesi attaccarono di nuovo,
sterminando quasi tutto l’esercito romano.
LA MOSTRA È STATA ANCHE UN’OCCASIONE PER
VISITARE LO SPLENDIDO CASTELLO DI BARLETTA…
Le dimensioni dei lati esterni del castello, misurate alla base della cornice dei bastioni angolari, risultano variabili, con il fronte est, il più
lungo di tutti, di circa 127 metri, il fronte ovest, più corto di tre metri, e quelli sud e nord, entrambi lunghi circa 120 metri. La diagonale
tra le punte dei bastioni misura circa 125 metri, al cui interno vi sono due ordini di casematte sovrapposte di diametro pari a 16
metri. L'altezza del prospetto ovest, corrisponde a circa 24 metri mentre il fronte nord, il più basso, ha un'altezza massima di 19 metri. I
muri del castello presentano uno spessore variabile dai 5 ai 12 metri e sono costruiti in pietra calcarea , gran parte dei quali furono
ricavati dagli edifici distrutti durante il sacco del 1528. È circondato dai giardini, intitolati ai fratelli Cervi e da essi è separato mediante
l'ampio e profondo fossato, che nel punto più basso raggiunge i dieci metri di profondità rispetto al piano di calpestio del ponte
d'accesso al castello. L'edificio possiede un impianto polare di forma quadrangolare, con i caratteristici bastioni pentagonali lanceolati
nei quattro spigoli e i quattro bracci dell'edificio che li uniscono tra loro. Nel mezzo vi è il cortile quadrato.
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Abbiamo visitato anche un museo che custodiva
quadri di illustri pittori della città e oggetti d’uso
comune usati nelle varie epoche storiche. I
quadri raffiguravano persone, luoghi e azioni
della vita quotidiana nel paese.
Prima di tornare a casa, siamo andati un’ultima
volta sul terrazzo del castello per una piccola
sosta, mangiando e discutendo della visita
appena fatta. Dal terrazzo è possibile ammirare
la Cattedrale di Barletta e il mare!
INSOMMA…UNA BELLA GIORNATA
INSIEME!
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