Uno sportello per il mobbing 23/2/05 1. Mobbing e le molestie sul lavoro Il mobbing è una situazione di terrore psicologico, d'aggressione, d'esclusione, d'emarginazione che viene esercitato sul posto di lavoro nei confronti dell'individuo attraverso attacchi ripetuti da parte dei colleghi o dei datori lavori. Il termine mobbing deriva dal verbo inglese to mob, che significa "assalire tumultuando in massa, malmenare, aggredire". In Italiano si ricorre a termini ed espressioni più articolate come "molestie sul luogo di lavoro o terrore psicologico in ufficio". Le sue manifestazioni sono molteplici: dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue critiche alla sistematica persecuzione, dall'assegnazione di compiti dequalificanti alla compromissione dell'immagine sociale nei confronti di colleghi e superiori. Nei casi più gravi si arriva al sabotaggio del lavoro ed ad azioni illegali. Il mobbing, definito come terrore psicologico sul posto di lavoro, si manifesta con atti e strategie nei confronti della vittima, o mobbizzato. Gli aggressori, o mobber, possono essere colleghi, superiori, a volte l'azienda stessa. Il collega può essere un mobber per gelosia o per semplice antipatia, il superiore può esserlo perché nevrotico, o frustrato, l'azienda per indurre alle dimensioni volontarie dipendenti divenuti scomodi, il cui licenziamento potrebbe causare troppi problemi di tipo sindacale. Il mobbing rovina ed amareggia le persone sia quando si manifesta in maniera verticale, cioè attuato da un capo verso i sottoposti, sia quando è orizzontale, cioè tra pari grado. Il modo verticale avviene quando l'azienda mette in atto una strategia, diretta o indiretta, per rendere impossibile la vita ad un dipendente sgradito, in modo da costringerlo a licenziarsi. Il modo orizzontale invece si verifica quando un certo numero di colleghi emarginano qualcuno che, per qualsiasi motivo, il gruppo non vuole. Spesso questa manifestazione di violenza orizzontale può nascondere una dinamica psicologica di gruppo quasi inconsapevole, diretta a scaricare su un capro espiatorio le tensioni, l'aggressività e le gelosie del lavoro. In qualsiasi forma si presenti o a qualsiasi scopo tenda, è sempre e comunque un abuso perpetrato nei confronti di una persona, che ne subisce danni economici e soprattutto psicologici. Nel nostro quotidiano il mobbing non rappresenta altro che una comunicazione conflittuale sul posto di lavoro tra colleghi, o tra superiori e dipendenti. La persona attaccata, posta in una posizione di debolezza, è aggredita direttamente da una o più persone in modo frequente e sistematico, generalmente per un lungo periodo, con lo scopo e la conseguenza della sua estromissione dal mondo del lavoro. Dalle vittime questo processo è percepito come una vera e propria discriminazione. 2. Le finalità e le conseguenze del mobbing Lo scopo del mobbing è quello di eliminare una persona che è, o è divenuta, in qualche modo scomoda, distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da provocare il licenziamento o da indurla alla dimissioni. Le ricerche hanno dimostrato che l'instaurarsi del terrore psicologico nel mondo del lavoro non dipende esclusivamente da fattori individuali o caratteriali. Si fa mobbing su una persona perché ci sente surclassati ingiustamente o per gelosia, ma anche per costringerla a licenziarsi senza che si crei un caso sindacale. In questo esistono vere e proprie strategie aziendali messe in atto a questo scopo. Il mobbing coinvolge sia giovani sia anziani, ma la fascia d'età da cui provengono più richieste d'aiuto sono dal personale con molti anni di contributi pensionistici. Sicuramente un lavoratore giovane o appena assunto accetta, per paura di ritorsioni, più facilmente i piccoli soprusi quotidiani e raramente denuncia le situazioni di violenza psicologica. Al contrario un lavoratore anziano costa di più all'azienda, quindi diventa più frequentemente oggetto di mobbing verticale. Con la finalità di ottenere le dimissioni, ed assumere al suo posto un lavoratore giovane con meno pretese. I meccanismi messi in atto per mietere le proprie vittime cambiano secondo l'ambiente di lavoro, il livello culturale e professionale di chi agisce e di chi subisce. I metodi sono svariati e in alcuni casi così ben articolati che diventano difficilmente individuabili; - violenti: attuati con aggressioni verbali o fisiche, urla, allusioni pesanti alla sfera privata e sessuale; - sottili e silenziosi: si realizzano attraverso un susseguirsi d'episodi che portano al progressivo isolamento della vittima e alla sua esclusione graduale dal gruppo; - disciplinare: continue lettere di richiamo ingiustificate, il soggetto diventa oggetto di un controllo ossessivo allo scopo di coglierlo in errore, e in caso di malattia è perseguitato da continue visite fiscali; - logistici: trasferimento obbligatorio del lavoratore in una sede periferica, scomoda e lontana; - mansionari: un lavoratore è dequalificato costretto ad un compito inferiore; - paradossali: dipendente è promosso ad un compito più alto che però non sa svolgere così è messo nelle condizioni di sbagliare per poi essere punito. 3. Il rifiuto della comunicazione Secondo la maggior parte degli studiosi, che s'interessano di mobbing, la molestia sui luoghi di lavoro è spesso accompagnata da condotte improprie, che si manifestano con comportamenti, parole, atti, gesti, scritti capaci di arrecare offesa alla personalità, alla dignità e all'integrità fisica o psichica di una persona. La finalità sarà di mettere in pericolo l'impiego e di degradare il clima lavorativo, facendo diminuire la produttività e favorendo l'assenteismo. All'interno del mobbing è presente un rifiuto tra gli individui della comunicazione verbale, secondo i seguenti modelli rappresentativi: a. Rifiutare la comunicazione diretta L'aggressore non parla del conflitto ma si comporta ogni giorno con atteggiamenti tesi a svalutare la vittima. L'aggressore rifiuta di spiegare il proprio comportamento, rifiuto che paralizza la vittima rendendola incapace di difendersi. Rifiutando di parlare del conflitto si evita un confronto che permetterebbe di trovare una soluzione. Sottrarsi al dialogo è un modo per aggravare il conflitto, addossando all'interlocutore la responsabilità. L'altro non deve esistere. I rimproveri, vaghi ed imprecisi, devono lasciare spazio a tutte le possibili interpretazioni e malintesi. b. Squalificare E' una forma d'aggressione che non avviene apertamente. Essa non deve dare la possibilità di replica. E' praticata in modo nascosto utilizzando la comunicazione non verbale: sospiri esagerati, alzate di spalle, sguardi di disprezzo, non detti, sottintesi, allusioni destabilizzanti, osservazioni sgarbate, guardare qualcuno, non salutarlo, negare la sua presenza non rivolgendogli la parola. Tali atteggiamenti tendono ad insinuare nei colleghi e nella vittima il dubbio sulle sue competenze professionali. La vittima deve dubitare delle proprie percezioni e amplificare la mancanza d'autostima e di fiducia in se stesso rinunciando alla difesa delle molestie. c. Screditare Attraverso un insieme di sottintesi e di non detti, è possibile costruire calunnie o menzogne sulla persona da sfruttare a proprio vantaggio. Per annientare l'altro si ridicolizza, si umilia, si copre di sarcasmi, si affida un soprannome ridicolo, ci si fa beffe di una sua debolezza e di un suo insuccesso fino a fargli perdere ogni fiducia in sé. Tali manovre sono messe in atto da colleghi invidiosi che gettano la colpa sugli altri per uscire da una situazione umiliante e stressante. d. Isolare Attraverso l'isolamento si recide ogni possibile alleanza e s'impedisce al lavoratore di difendersi. Isolare vuol dire, da parte de superiore, privare progressivamente la vittima d'ogni informazione (non convocarla alle riunioni, farle conoscere il suo futuro in azienda) per poi metterla in quarantena non darle più da lavorare mentre gli altri sono sovraccarichi. Essere messo in quarantena genera più stress del superlavoro e attiva al proprio interno meccanismi distruttivi. Con preferenze ostentate si provocano gelosie, si aizzano le persone le une contro le altre, si semina discordia. Se l'isolamento è perpetrato da parte dei colleghi, il mobbizzato non è invitato alla pausa caffè ed è costretto a mangiare da sola in mensa. e. Angariare Consiste nell'affidare, alla vittima, incarichi inutili o degradanti. Le vengono fissate degli obiettivi che non si possono raggiungere, che lo obbligano a restare fino a tardi la sera o lavorare il sabato e la domenica, per poi magari vedere che quel lavoro tanto urgente non è utilizzato o addirittura cestinato. f. Spingere l'altro all'errore E' un mezzo ingegnoso per squalificare qualcuno, per spingerlo a sbagliare per criticarlo o sminuire, per far in modo che il soggetto abbia una cattiva immagine di sé. Con questo comportamento, provocatorio e sprezzante, è facile portare una persona impulsiva ad arrabbiarsi ad avere un comportamento aggressivo riconosciuto da tutti come tale. g. La molestia sessuale La molestia sessuale è generalmente considerata più intollerabile della molestia morale. Il molestatore non intende tanto ottenere favori di natura sessuale quanto dimostrare il proprio potere, considerare per esempio la donna un oggetto sessuale pertanto con poca voce nelle decisioni che contano. Una donna molestata sessualmente viene considerata dal suo aggressore come a sua disposizione. Queste le più frequenti tipologie di molestia sessuale: - molestia di genere uguale trattare la donna in modo diverso con atteggiamenti ed osservazioni sessisti; - il comportamento seduttivo; - il ricatto sessuale; - l'attenzione sessuale non desiderata; - l'impostazione sessuale; - l'aggressione sessuale. 4. L'azienda incoraggia il mobbing L'azienda può diventare essa stessa un sistema perverso quando in nome del profitto è disposta a tutto anche a distruggere degli individui per raggiungere i suoi obiettivi. Spesso si tratta d'aziende compiacenti nei confronti degli abusi poiché ciò incrementa i propri interessi e non suscita troppa ribellione tra i lavoratori. In un sistema d'accanita concorrenzialità, la freddezza e la durezza diventano la regola e la competizione, quali che siano i metodi utilizzati è considerata sana. Vi sono talune caratteristiche dell'azienda che facilitano l'attuazione della molestia: - la pressione eccessiva del lavoro tende ad accrescere i rendimenti dell'impresa senza alcuna considerazione degli aspetti umani; - la disorganizzazione, cattiva definizione dei ruoli, clima organizzativo instabile, mancanza di concertazione; - chiedere ai dipendenti di impegnarsi anima e corpo nel lavoro, utilizzo del personale in maniera eccessiva chiedendo sempre di più per poi sbarazzarsene quando non rende più abbastanza; - quando il personale è una pedina intercambiabile, dove gli impiegati non restano troppo a lungo nello stesso posto per impedire loro di acquisire troppe competenze, il personale è mantenuto in perpetuo stato d'ignoranza ed inferiorità e ognuno trattato come scolaretto indisciplinato. Spesso si tende a molestare un dipendente già indebolito da una causa esterna al lavoro (divorzio), si avverte che la persona ha abbassato la guardia e allora si comincia a riprenderla per cose che non si erano stato mai state rimproverate prima. Nel processo delle molestie c'è sempre un momento in cui l'azienda potrebbe trovare delle soluzioni e intervenire. Il deterioramento dell'atmosfera lavorativa ha come conseguenza una significativa diminuzione dell'efficienza e del rendimento del gruppo. La gestione del conflitto diventa la principale preoccupazione degli aggressori e degli aggrediti e talvolta anche dei testimoni, con perdite per l'azienda considerevoli. 5. Le malattie provocate dalle molestie La prima reazione che scatta nella mente di chi subisce le molestie e il terrorismo psicologico è l'autocolpevolizzazione. La vittima si chiede in che cosa e dove ha sbagliato nell'attività professionale o nei rapporti con i colleghi. Tende a trovare in se stesso, e non nell'ambiente di lavoro, la causa di tutti i suoi guai. Un altro sentimento che affiora subito dopo la molestia, è un gran senso di solitudine. La vittima pensa quasi sempre d'essere l'unica persona al mondo a subire questo tipo d'aggressione e non riesce ad immaginare di come questo fenomeno è ben diffuso. La vittima di mobbing vive in uno stato di perpetuo preallarme, con un'oscura sensazione nell'animo che sta per capitare qualcosa d'ineluttabile e di tremendo. Nel suo animo prova una sorta d'anestesia reattiva. Diventa incapace di reagire e resta immobile di fronte alle vessazioni crescenti. L'individuo in questa situazione non riconosce aspetti della propria identità. Diventa particolarmente vulnerabile con estrema facilità. Tutti diventano più fragili, più deboli psicologicamente e più a rischio da un punto di vista della salute fisica e psichica. Da un punto di vista di relazioni sociali i soggetti vivono una condizione d'isolamento che spesso causa gravi difficoltà anche nei rapporti con la famiglia, con il partner, con gli amici. Rispetto alla salute psichica le conseguenze principali sono lo stress, l'ansia, la depressione, la frustrazione, le fobie, gli attacchi di panico, il crollo dell'autostima e la rabbia. Malesseri che talvolta sconfinano nel tentativo di suicidio e più raramente nell'aggressività nei confronti d'altre persone. In questi soggetti la diagnosi secondo la maggior parte degli psichiatrici è definito come "disturbo postraumatico da stress". Formula che indica quell'insieme di disturbi psichici, come depressione, ansia, pensiero ossessivamente concentrato, stato di tensione, che compaiono dopo un trauma psichico acuto o cumulativo. Negli altri casi la diagnosi è "disturbo dell'adattamento", che ha gli stessi caratteri del disturbo post traumatico da stress ma in forma meno intensa e senza conseguenze croniche. Oltre allo stress possono insorgere anche diverse malattie fisiche che hanno all'origine un grave disagio psichico. I disturbi psicosomatici su cui il disagio viene scaricato sono numerosi e diversi: gastrite, bruciori di stomaco, ulcera, cefalea, tachicardia, dermatosi, mal di schiena. Si accentuano problemi legati all'abuso d'alcool e di droghe. C'è anche chi diventa bulimico o anoressico. Anche l'interesse sessuale viene perso. In generale si può affermare che si ha un calo delle difese immunitarie con un'altissima probabilità di ammalarsi. 6. Lo sportello d'ascolto Il compito che lo sportello d'ascolto, stazione di Milano Centrale, si pone è quello di aiutare le vittime d'aggressioni morali sul lavoro ad acquisire consapevolezza, a prendere coscienza d'essere oggetti di una precisa e definitiva condizione sociale patologica. Lo scopo sarà di attivare processi di sensibilizzazione e di prevenzione, ma soprattutto di aiutare in modo stabile e materiale le vittime di questo fenomeno. Qualsiasi persona potrà rivolgersi allo sportello per parlare liberamente del suo problema ed ottenere consigli utili. Spesso, infatti, a causa della disinformazione e dei pregiudizi su questi problemi, il mobbizzato si trova in una condizione d'isolamento anche al di fuori del posto di lavoro, non trovando nessun interlocutore che capisca la sua situazione. All'interno dello sportello è prevista la disponibilità di uno Psicologo che valuterà il caso specifico ed esprimerà un parere sulla possibile strategia da intraprendere ed eventuali servizi da avvicinare. Inoltre tutti gli operatori del servizio sono in grado, in base alle loro esperienze specifiche, di comprendere le strategie sindacali da seguire per affrontare le situazioni del mobbing in una particolare azienda. Gli esperti saranno tenuti ad informare l'azienda dell'esistenza di situazioni mobbizzanti nel suo interno e delle loro conseguenze prospettando possibili soluzioni. In conclusione per avviare un intervento di carattere integrato e sistemico nei confronti del mobbing occorre: - conoscere il fenomeno; - distinguere tra gli aspetti psicologici e medici, tematiche più prettamente sindacali e questioni legali; - sostegno alle categorie per individuare situazioni di mobbing e reinserimento dei lavoratori, attraverso apposite vertenze. Dott. Nicola Bratta Psicologo e Psicoterapeuta Resp.Sportello d'Ascolto Staz.C.le